LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da M.D., nato il 20 aprile 1968, avverso ordinanza Corte di appello di Cagliari, emessa il 15 gennaio 2007; Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Mario Gentile; Letta la requisitoria scritta, in data 24 aprile 2007, del P.G. della Cassazione nella persona del dott. Antonio Mura; che ha concluso: dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.593, primo comma c.p.p., sollevata dalla difesa. Udito il difensore avv. O s s e r v a i n f a t t o Con decreto del 17 giugno 2004, il G.u.p. del Tribunale di Cagliari disponeva il rinvio a giudizio nei confronti di M.D. per rispondere reati di cui agli artt. 81, 609-bis, 609-ter, ultimo comma c.p., in danno delle figlie M. F. nata il... e M. F., nata il... [capo a) della rubrica]; 609-quinquies c.p., in danno dei figli M. F, M. F., M. R. [capo b)]; 572 c.p., in danno della moglie V. A. nonche' dei figli M. F., M. F. e M. R. [capo c); ], fatti commessi in periodi distinti dal 1996 sino al 5 aprile 2001 [capo d)]. Il Tribunale di Cagliari, con sentenza emessa il 23 giugno 2006, visti gli artt. 88 c.p., 530 c.p.p., assolveva M.D. dai reati ascrittigli perche' trattasi di persona non imputabile per vizio totale di merito. Visti gli artt. 222 e 530, quarto comma c.p.p., applicava nei confronti di M. D. la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per la durata di anni due. M. D. proponeva appello avverso la citata sentenza limitatamente ai reati di cui ai citati capi a) e b) della rubrica. La difesa del M. nei motivi di appello sosteneva, in via preliminare ed in riferimento alla modifica dell'art. 593 c.p.p., a seguito della legge n. 46/2006, i seguenti assunti: 1) che l'art. 593, primo comma c.p., raggruppava sotto la «denominazione di sentenze di condanna» tutte le statuizioni giudiziali che avessero come conseguenza l'adozione di strumenti privativi della liberta', per cui era ammissibile proporre appello senza alcun limite e secondo il disposto degli artt. 579 ed eventualmente 680 c.p.p.; 2) che, in ipotesi subordinata ed alternativa a quella prospettata sopra, si era in presenza di un disposto costituzionalmente illegittimo che entrava in totale collisione con gli artt. 3, 13, 24, secondo comma della Carta costituzionale, con conseguente ed immediata eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 593 c.p.p. La Corte di appello di Cagliari, con ordinanza in data 15 gennaio 2007, dichiarava inammissibile l'appello proposto da M. D. ed ordinava trasmettersi gli atti al Tribunale di Cagliari per quanto di competenza in ordine alla misura di sicurezza. La Corte di Appello nella sua sintetica motivazione esponeva: a) che, per quanto riguardava il gravame relativo alla sussistenza della penale responsabilita' dell'imputato in ordine ai capi a) e b) della rubrica, l'appello era inammissibile alla luce del disposto di cui all'art. 1, legge n. 46/2606 (che aveva modificato l'art. 593 c.p.p.), che consentiva all'imputato di proporre appello in linea generale solo contro la sentenza di condanna. L'art. 10 della citata legge n. 46/2006 prevedeva che detta normativa si applicasse anche ai procedimenti in corso; b) che, viceversa, per quanto atteneva alle doglianze che concernevano la specie e la durata della misura di sicurezza, competente a giudicare l'Appello era il Tribunale di Sorveglianza al quale gli atti dovevano essere trasmessi ai sensi dell'art. 568, quinto comma c.p.p. La Corte di appello di Cagliari nulla osservava ed argomentava sulla sollevata questione di costituzionalita' dell'art. 593 c.p.p. La difesa di M. D. proponeva ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza del 15 gennaio 2007 deducendo violazione dell'art. 606 lett. c) c.p.p. Il M. nei motivi del ricorso, riproponeva sostanzialmente, con ulteriori argomentazioni, gli assunti difensivi gia' sostenuti in sede di appello, ed ossia: a) l'ammissibilita' dell'appello; b) in via subordinata ed alternativa, l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 593 c.p.p., come modificato dalla legge n. 46/2006, in relazione agli artt. 3, 13, 24, secondo comma della Carta costituzionale. Il P.G. della Cassazione, con requisitoria scritta in data 24 aprile 2007, chiedeva che la Corte di cassazione dichiarasse rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art. 593, primo comma c.p.p., sollevata dalla difesa. D i r i t t o La dedotta questione di costituzionalita' dell'art. 593, primo comma, c.p.p. come modificato dall'art. 1, legge 20 febbraio 2006, n. 46, e' rilevante e non manifestamente infondata nei termini di cui in motivazione. [I] E' rilevante per le ragioni che seguono. L'art. 593, primo comma, c.p.p., come modificato dall'art. 1, legge n. 46/2006, prevede in via generale che il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna. L'art. 10, citata legge n. 46/2006, prevede che la normativa in esame si applichi anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima, come nella fattispecie de qua. Non vi e' dubbio pertanto che la nuova disciplina legislativa, di cui all'attuale 593 c.p.p., si applica alla sentenza del Tribunale di Cagliari in data 23 giugno 2006, con la quale M.D. e' stato assolto dai reati ascrittigli perche' trattasi di persona non imputabile per vizio totale di mente. La sentenza di cui sopra - tenuto conto del dettato esplicito espresso nel primo comma dell'art. 593 c.p.p. - rientra certamente nel novero delle sentenze di assoluzione, per cui non e' consentito sostenere ed affermare - diversamente da quanto argomentato dalla difesa del M. - che sostanzialmente, nell'ipotesi di assoluzione per vizio totale di mente (art. 88 c.p.), trattasi di sentenza di condanna. Il peculiare contenuto della sentenza ex artt. 88 c.p., 530 c.p.p. - che, da un lato si fonda sull'accertamento della responsabilita' dell'imputato in ordine ai fatti - reato contestatigli; dall'altro, consente anche l'applicazione di misure di sicurezza limitative della liberta' personale - assume rilevanza giuridica ai fini della sollevata questione di costituzionalita' della norma de qua, come si esporra' nel prosieguo, ma non e' idoneo, sotto il profilo giuridico-processuale a mutare la natura e specie della sentenza in esame, si da trasformare la stessa da pronuncia di assoluzione in pronuncia di condanna. Ancora, nella fattispecie non si applica la previsione legislativa di cui all'art 593, secondo comma, c.p.p., che consente di appellare le sentenze di proscioglimento nell'ipotesi di cui all'art. 603, secondo comma, c.p. se la nuova prova e' decisiva. Nei motivi di appello, invero, la difesa del M. non ha chiesto la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per assumere prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di 1° grado. La difesa, invece, con articolate argomentazioni, in via principale assumeva che il quadro probatorio acquisito al processo e posto a base dell'accusa, come recepito nella sentenza di 1°grado, non era idoneo a suffragare una affermazione di responsabilita' del M., in ordine ai fatti ed ai reati di cui ai capi a) e b) della rubrica. Parimenti non soccorre - ai fini della non rilevanza della sollevata questione di costituzionalita' - la norma di cui all'art. 680, secondo comma, c.p.p., la quale prevede che il tribunale di sorveglianza - fuori dei casi previsti dall'art. 579, primo comma, c.p.p. - giudica anche sulle impugnazioni di condanna o di proscioglimento, concernenti le disposizioni che riguardano le misure di sicurezza. Detta norma, invero, si applica unicamente nell'ipotesi in cui viene proposta impugnazione contro le sole disposizioni delle sentenze che riguardano le misure di sicurezza, come si ricava in modo certo dall'esame degli artt. 579, primo e secondo comma, 680, secondo comma c.p.p. [Giurisprudenza consolidata: Cass., sez. I, sent. n. 6371 del 17 febbraio 2006, r.v. 233443; Cass., sez VI, sent. n. 26096 del 9 giugno 2004, r.v. 229645; Cass., sez. I, sent. n. 3450 del 5 aprile 1996, r.v. 204334; Cass., sez. I, Sent. n. 4492 del 21 dicembre 1993, r.v. 195907]. Nella fattispecie, invece, la difesa del M. con i motivi di appello, ha esplicitamente impugnato anche il capo della sentenza di primo grado, attinente alla statuizione di proscioglimento, ex art. 88 c.p., in relazione ai reati di cui ai capi a), b) della rubrica. [II] La questione di costituzionalita', sollevata dalla difesa e dal P.G. della cassazione nella requisitoria scritta del 24 aprile 2007, non e' manifestamente infondata. In primo luogo si osserva che la sentenza di assoluzione ai sensi degli artt. 530 c.p.p. e 88 c.p., si fonda sull'accertamento della responsabilita', soggettiva ed oggettiva, dell'imputato in ordine ai fatti ed ai reati contestatigli. L'imputato viene assolto unicamente perche' riconosciuto non punibile perche' affetto da vizio totale di mente al momento della commissione dei fatti. Ancora, la citata sentenza di assoluzione, ex art. 88 c.p., consente l'applicazione delle misure di sicurezza, tra cui il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, come nella specie. Trattasi di misura invasiva e limitativa della liberta' personale dell'imputato. Questi, pertanto, e' portatore di un interesse giuridico rilevante e protetto, ex art. 24, secondo comma, Corte costituzionale, affinche' gli sia consentito di proporre appello con doglianze di merito avverso la pronuncia di assoluzione, fondata pero' sull'accertamento della responsabilita' dell'imputato medesimo. La preclusione dell'appello da parte dell'imputato, nell'ipotesi in esame, costituisce una evidente menomazione del diritto di difesa - con conseguente contrasto con l'art. 24, secondo comma della Costituzione - non compensata dall'ampliamento dei motivi del ricorso per cassazione operata dall'art. 8, legge n. 46/2006, poiche' tale rimedio non coinvolge comunque la pienezza del riesame del merito, consentito dall'appello (vedi sul punto sent. Corte costituzionale n. 320 del 20 luglio 2007, con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, legge 20 febbraio 2006, n. 46, in relazione all'art. 443, primo comma, c.p.p. nella parte in cui escludeva che il P.M. potesse appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di rito abbreviato). Ancora, la preclusione dell'appello da parte dell'imputato, nell'ipotesi di assoluzione ai sensi dell'art. 88 c.p., determina una evidente e radicale asimmetria dei poteri fra imputato e parte pubblica, posto che - a seguito delle pronunce di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 e 2, legge n. 46/2006, di cui alle sentenze della Corte costituzionale n. 26 e 320 del 2007 - e' consentito al p.m., diversamente da quanto previsto tuttora per l'imputato, di proporre appello in via generale contro le sentenze di proscioglimento, pronunciate sia nel giudizio ordinario, sia a seguito di rito abbreviato. Va, peraltro, aggiunto che sussiste anche una intrinseca incoerenza della disciplina dell'impugnazione dell'imputato. Questi, invero - a seguito della modifica normativa de qua - resta privo del potere di appellare le sentenze di proscioglimento ex art. 88 c.p.; mentre mantiene il potere di appellare, fra le altre, anche le sentenze di condanna alla sola pena della multa; pronunce che certamente determinano effetti giuridici meno pregiudizievoli rispetto alla sentenza di proscioglimento ex art. 88 c.p. (vedi sul profilo de quo citata sent. n. 26, n. 320/07 Corte costituzionale). In conclusione ed alla luce delle considerazioni finora svolte, resta il ragionevole dubbio che la disciplina di cui all'art. 593, primo comma, c.p.p. come modificato dall'art. 1, legge n. 46/2006 - nella parte in cui preclude l'appello dell'imputato avverso la sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 88 c.p. - costituisca, violazione sia del diritto di difesa, sia del principio di parita' delle parti, non sorretta da adeguata ratio giustificativa, ponendosi cosi' (la norma censurata) in contrasto con gli artt. 24, secondo comma, 111, secondo comma, Costituzione.