Sentenza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli articoli 3, comma
1, lettera w), numero 1), 5, comma 1, lettera b), 7, comma 1, lettera
b),  19, comma 3, lettera b), 20 e 24, commi 1 e 2, della legge della
Provincia  autonoma  di Bolzano 26 maggio 2006, n. 4 (La gestione dei
rifiuti  e  la tutela del suolo), promosso con ricorso del Presidente
del Consiglio dei ministri notificato il 9-18 agosto 2006, depositato
in  cancelleria  il  10 agosto 2006 ed iscritto al n. 94 del registro
ricorsi 2006.
   Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  15  gennaio  2008  il  giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
   Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Glauco Nori per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e l'avvocato Giuseppe Franco Ferrari per la
Provincia autonoma di Bolzano.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  notificato il 9-18 agosto 2006, depositato in
cancelleria il 10 agosto, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
promosso  questioni  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 19,
comma  3,  lettera  b),  20  e  24,  commi  1  e 2, della legge della
Provincia  autonoma  di Bolzano 26 maggio 2006, n. 4 (La gestione dei
rifiuti e la tutela del suolo), in riferimento all'art. 9, numero 10,
del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi   costituzionali   concernenti   lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto    Adige),    nonche'    questioni    di   legittimita'
costituzionale  degli  artt.  3,  comma  1, lettera w), numero 1), 5,
comma  1, lettera b), e 7, comma 1, lettera b), della medesima legge,
in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione.
   1.1.  -  Il  ricorrente premette in via generale che la disciplina
dei rifiuti e' riconducibile ad un ambito, la «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema»  di  cui  all'art.  117,  secondo comma, lettera s),
della  Costituzione,  che,  secondo  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale,   non   e'  configurabile  come  materia  oggetto  di
competenza  statale  circoscritta  e delimitata, delineando piuttosto
una  materia  «trasversale»,  in  ordine  alla  quale  si manifestano
competenze diverse, anche regionali (sentenza n. 407 del 2002).
   Passando   poi  ad  individuare  la  base  giuridica  delle  norme
impugnate,  il ricorrente precisa che essa «dovrebbe essere la tutela
della  salute»,  riservata  dall'art.  9, numero 10, dello statuto di
autonomia alla potesta' legislativa concorrente della Provincia, «nei
limiti  indicati dall'art. 5», vale a dire «nei limiti del precedente
articolo»  -  percio'  «in  armonia  con la Costituzione e i principi
dell'ordinamento  giuridico  della Repubblica e con il rispetto degli
obblighi  internazionali  e  degli  interessi  nazionali»  -  «e  dei
principi stabiliti dalle leggi dello Stato».
   Sull'assunto, dunque, che l'intervento legislativo della Provincia
abbia  come  «base  statutaria» il citato art. 9, numero 10, il quale
impone  l'armonia  con  i  principi  dell'ordinamento giuridico della
Repubblica,  il  Presidente del Consiglio dei ministri deduce che gli
artt.  19,  comma  3,  lettera  b), 20 e 24, commi 1 e 2, della legge
provinciale   n. 4   del  2006  violerebbero  i  principi  enunciati,
rispettivamente,  dagli  artt.  193,  comma  4, 212 e 208 del decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n. 152  (Norme in materia ambientale),
eccedendo  i  limiti  della  competenza  concorrente  attribuita alla
Provincia in materia di «igiene e sanita».
   In  particolare,  l'art.  19,  comma  3,  lettera  b), della legge
provinciale,  prevedendo,  senza distinguere tra rifiuti pericolosi e
rifiuti  non  pericolosi,  che  le  disposizioni  di cui al comma 1 -
secondo  cui  durante  il  trasporto  effettuato  da enti o imprese i
rifiuti  sono  accompagnati da un formulario di identificazione - non
si  applicano  «ai  trasporti di rifiuti speciali che non eccedano la
quantita'  di  30 chilogrammi o di 30 litri al giorno, effettuati dal
produttore dei rifiuti speciali stessi», si porrebbe in contrasto con
il principio desumibile dall'art. 193, comma 4, del d.lgs. n. 152 del
2006,   che   esenta   dall'obbligo   relativo   al   formulario   di
identificazione  unicamente  i  «trasporti  di rifiuti non pericolosi
effettuati  dal  produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e
saltuario,  che  non eccedano la quantita' di trenta chilogrammi o di
trenta litri».
   Inoltre,  l'impugnato art. 20, comma 2, con riguardo all'obbligo e
alle modalita' di iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali di
cui  al comma 1, autorizza la Giunta provinciale ad «emanare ai sensi
dell'articolo  32  norme  in deroga, onde consentire l'iscrizione con
procedure  semplificate  per  determinate attivita' ossia l'esenzione
dall'obbligo  di  iscrizione»,  cosi'  violando  il principio dettato
dall'art.  212  del  d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui l'iscrizione
all'Albo,  salvo  i  casi  di esonero elencati nella stessa norma, e'
requisito  per lo svolgimento delle attivita' di raccolta e trasporto
di  rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, di raccolta e trasporto
di  rifiuti  pericolosi,  di  bonifica dei siti, di bonifica dei beni
contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza
detenzione  dei  rifiuti  stessi,  nonche' di gestione di impianti di
smaltimento  e  di  recupero di titolarita' di terzi e di gestione di
impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti.
   Infine,  l'art.  24 della legge provinciale - stabilendo, al comma
1,   che   «Almeno   15   giorni   prima  della  messa  in  esercizio
dell'impianto,  l'interessato  presenta  all'Agenzia  provinciale  la
domanda   di   collaudo   ed  autorizzazione  dell'impianto.  Con  la
presentazione della richiesta di autorizzazione l'impianto si intende
provvisoriamente  autorizzato  a  partire dalla data dell'attivazione
indicata  nella richiesta stessa» e, al comma 2, che «Entro 90 giorni
dalla  messa in esercizio dell'impianto l'Agenzia provinciale accerta
la  regolarita'  dell'impianto  e  rilascia l'autorizzazione [...]» -
consentirebbe  la  messa in esercizio di un impianto di smaltimento o
recupero  di  rifiuti  prima  della  valutazione  in  ordine alla sua
regolarita',  al  di  fuori  della previsione di cui all'art. 208 del
d.lgs.  n. 152  del 2006, che disciplina l'autorizzazione unica per i
nuovi  impianti  di  smaltimento  e  di  recupero  dei  rifiuti senza
configurare alcuna forma di autorizzazione tacita provvisoria.
   1.2.  - Il ricorrente deduce altresi' la violazione dell'art. 117,
primo  comma,  della  Costituzione  ad  opera degli artt. 3, comma 1,
lettera  w),  numero  1,  e  5,  comma  1,  lettera  b),  della legge
provinciale n. 4 del 2006.
   La  prima  delle due norme denunciate qualifica come materia prima
secondaria  per  attivita'  siderurgiche  e  metallurgiche  i rottami
ferrosi   e  non  ferrosi  derivanti  da  operazioni  di  recupero  e
rispondenti  a  determinate  specifiche  nazionali ed internazionali,
mentre  il  citato  art.  5,  comma  1, lettera b), stabilisce che ai
materiali,  alle  sostanze  e  agli  oggetti che, senza necessita' di
operazioni  di  trasformazione,  gia'  presentano  le caratteristiche
delle  materie  prime  secondarie  non  si  applica  la normativa sui
rifiuti,  a  condizione  che  il detentore non se ne disfi, non abbia
l'intenzione o non abbia l'obbligo di disfarsene.
   Tale  disciplina  contrasterebbe  con  la normativa comunitaria in
tema di rifiuti, come dimostrato dalla circostanza che la Commissione
europea, con lettera n. 2005/4051 del 5 luglio 2005, aveva contestato
all'Italia  -  in  relazione all'art. 1, commi 25, 26, 27 e 29, della
legge  statale  15  dicembre  2004,  n. 308 (Delega al Governo per il
riordino,  il  coordinamento  e  l'integrazione della legislazione in
materia  ambientale  e  misure  di  diretta  applicazione),  che pure
classificava  i  rottami  ferrosi  e non ferrosi tra le materie prime
secondarie  -  la  violazione della direttiva 75/442/CE del 15 luglio
1975   (Direttiva   del   Consiglio  relativa  ai  rifiuti),  poiche'
quest'ultima  non  prevedeva  alcuna  esclusione  dal  suo  ambito di
applicazione  per  i  rottami  derivanti  come  scarti di lavorazione
oppure  originati  da  cicli produttivi o di consumo e riutilizzabili
nell'industria siderurgica o metallurgica.
   Analogamente,  l'art.  1,  primo  comma, lettera a), della vigente
direttiva  2006/12/CE  del  5  aprile  2006 (Direttiva del Parlamento
europeo  e  del  Consiglio  relativa  ai rifiuti) definisce «rifiuto»
qualsiasi  sostanza  od oggetto che rientri nelle categorie riportate
nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o
l'obbligo di disfarsi.
   1.3. - L'art. 7, comma 1, lettera b), della legge provinciale n. 4
del  2006, escludendo dall'applicazione della medesima legge le terre
e  le  rocce da scavo ed i residui della lavorazione della pietra non
contaminati,   destinati   all'effettivo   utilizzo   per  reinterri,
riempimenti, rilevati e macinati, violerebbe l'art. 117, primo comma,
della  Costituzione,  in  quanto  si  porrebbe  in  contrasto  con la
definizione  di  rifiuto  data  dalla  direttiva  2006/12/CE, nel cui
allegato I, al punto Q11, sono indicati tra le categorie di rifiuti i
«residui  provenienti  dall'estrazione  e  dalla  preparazione  delle
materie  prime (ad esempio residui provenienti da attivita' minerarie
o petrolifere, ecc.)».
   A  sostegno  delle censure, il ricorrente richiama alcune sentenze
della  Corte  di  giustizia  delle Comunita' europee, secondo cui, in
base  ai principi di precauzione e dell'azione preventiva, la nozione
di  rifiuto  non  puo'  essere  interpretata  in senso restrittivo e,
dunque,  la  natura  di  residuo  di  produzione di una sostanza puo'
essere  esclusa  solo  allorquando  il  suo  riutilizzo  non sia solo
eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del
processo  di produzione (Corte di giustizia, sentenza 15 giugno 2000,
cause  riunite  C-418/97  e  C-419/97,  ARCO  Chemie  Nederland Ltd.;
sentenza 18 aprile 2002, causa Câ€'9/00, Palin Granit Oy; sentenza 11
novembre 2004, causa C-457/02, Niselli).
   1.4. - Nella memoria successivamente depositata, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha  ripetuto  le  argomentazioni svolte nel
ricorso   e   dedotto   un  ulteriore  profilo  d'incostituzionalita'
dell'art.  19, comma 3, lettera b), della legge provinciale, il quale
avrebbe  «esteso  l'esclusione  ai  trasporti  che  non  eccedano  la
quantita'  di  30 chilogrammi o di 30 litri al giorno, effettuati dal
produttore  dei  rifiuti  speciali  stessi, trasporti che non possono
certamente  essere  definiti occasionali e saltuari come e' richiesto
dalla  legge  statale»; infine, ha ribadito che gli artt. 3, comma 1,
lettera  w),  numero  1,  e  5,  comma  1,  lettera  b),  della legge
provinciale  n. 4 del 2006 sono «da esaminare in coordinamento tra di
loro».
   2.  -  Nel  giudizio  si  e'  costituita  la Provincia autonoma di
Bolzano,  chiedendo,  anche  nella  memoria depositata in prossimita'
dell'udienza,  che  la  Corte  dichiari  il  ricorso inammissibile o,
comunque, infondato.
   In    via    preliminare,    riguardo    alle   censure   relative
all'inosservanza  degli  obblighi comunitari, la resistente eccepisce
la  carenza  d'interesse  del  ricorrente,  sul  rilievo che la legge
impugnata  «non  ha  fatto  altro che ricalcare in larga parte quella
nazionale».  Inoltre,  l'atto introduttivo - omettendo di prendere in
considerazione  altresi'  gli  artt.  11  e  117, quinto comma, della
Costituzione,  nonche'  l'art.  9  dello  statuto  di autonomia, «che
riconosce  espressamente  i  limiti  posti  dagli  artt.  4 e 5» alla
competenza   legislativa  provinciale  -  non  avrebbe  correttamente
individuato  i  parametri  del giudizio di costituzionalita'. In ogni
caso,   le  doglianze  non  sarebbero  sorrette  da  una  sufficiente
motivazione.
   Anche  le questioni promosse in riferimento all'art. 9, numero 10,
dello statuto speciale sarebbero inammissibili, poiche' il ricorrente
non  avrebbe  spiegato  «per  quale  ragione  debba  essere  preso in
considerazione quale parametro statutario violato il predetto art. 9,
n. 10, d.P.R. n. 670/1972, piuttosto che l'art. 8, n. 6».
   Nel  merito,  la  legge  n. 4 del 2006 sarebbe stata emanata dalla
Provincia  nell'esercizio  della  potesta'  esclusiva  in  materia di
tutela  del paesaggio (art. 8, numero 6, dello statuto di autonomia),
«con  risvolti  rispetto  a  numerose  altre materie nelle quali alla
Provincia  autonoma  e' attribuita parimenti la competenza primaria»,
quale  l'urbanistica;  non  opererebbe, di conseguenza, il limite dei
principi  stabiliti  dalle  leggi dello Stato di cui all'art. 5 dello
statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol.
   Pertanto,  in  virtu' di detta competenza, ad essa spetterebbe «il
potere  di  disciplinare  autonomamente  le  procedure  di iscrizione
all'albo   dei   trasportatori  o  anche  disciplinare  le  esenzioni
dall'iscrizione».
   Inoltre,  il  testo  dell'art.  19,  comma  3, lettera b), sarebbe
«pressoche'  identico»  a  quello  dell'art. 193, comma 4, del d.lgs.
n. 152  del 2006 e, introducendo una deroga agli obblighi relativi al
formulario   d'identificazione  ragionevole  e  giustificabile,  «non
intacca  i  nuclei  essenziali  del  contenuto  normativo della legge
statale».  D'altra parte, tale deroga non riguarderebbe, in base alla
giurisprudenza   della   Corte   costituzionale,   norme  di  riforma
economico-sociale (sentenza n. 312 del 2003).
   L'art.  24  della  legge  provinciale avrebbe istituito un sistema
piu' rigoroso di quello delineato dall'art. 208 del d.lgs. n. 152 del
2006,  prevedendo  non solo l'approvazione del progetto, ma anche una
verifica  obbligatoria,  non  eventuale, sull'effettivo funzionamento
dell'impianto provvisoriamente autorizzato.
   Infine,  l'art.  7,  comma 1, lettera b), della legge provinciale,
secondo  la resistente, e' compatibile con i principi affermati nella
materia  dal  giudice  comunitario  (Corte  di giustizia, sentenza 18
aprile  2002,  causa  Câ€'9/00, Palin Granit Oy; sentenza 11 novembre
2004,  causa  C-457/02, Niselli), in quanto, per un verso, ammettendo
alle  esclusioni  solo  i  terreni  non  contaminati,  impone  che la
determinazione  della  contaminazione  avvenga in maniera preventiva,
non  gia'  a  destinazione; per altro verso, stabilisce modalita' che
garantiscono  un  riutilizzo  effettivo,  dunque  certo  e  non  solo
eventuale, dei residui.
   Neppure  le  previsioni relative alle materie prime secondarie per
attivita' siderurgiche e metallurgiche si porrebbero in contrasto con
la  evocata  direttiva  comunitaria sui rifiuti, posto che «a partire
dalla  trasformazione  dei  rottami  ferrosi in prodotti siderurgici,
essi  non  possono piu' essere distinti da altri prodotti siderurgici
scaturiti  da  materie  prime primarie, salvo naturalmente il caso in
cui  vengano  abbandonati»  (Corte di giustizia, sentenza 11 novembre
2004, causa C-457/02, Niselli).
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  promosso
questioni  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 19, comma 3,
lettera  b),  20  e  24,  commi  1  e  2, della legge della Provincia
autonoma  di  Bolzano 26 maggio 2006, n. 4 (La gestione dei rifiuti e
la  tutela  del  suolo),  in  riferimento  all'art. 9, numero 10, del
d.P.R.  31  agosto  1972,  n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi   costituzionali   concernenti   lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto    Adige),    nonche'    questioni    di   legittimita'
costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera w), numero 1, 5, comma
1,  lettera  b),  e  7, comma 1, lettera b), della medesima legge, in
riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione.
   2.  - Il primo gruppo di questioni riguarda gli artt. 19, comma 3,
lettera b), 20 e 24, commi 1 e 2, della legge n. 4 del 2006, i quali,
secondo  la  prospettazione  del  ricorrente,  eccederebbero i limiti
della   competenza  concorrente  in  materia  di  igiene  e  sanita',
attribuita  alla  Provincia  dall'art. 9, numero 10, dello statuto di
autonomia,  ponendosi  in  contrasto con i «principi dell'ordinamento
giuridico  della  Repubblica»  fissati,  rispettivamente, negli artt.
193, comma 4, 212 e 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia ambientale).
   2.1. - In particolare, l'art. 19, comma 3, lettera b), della legge
provinciale  e'  impugnato  in quanto, stabilendo, «senza distinguere
tra rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi», che le disposizioni
di  cui  al  comma 1 - secondo cui durante il trasporto effettuato da
enti  o  imprese  i  rifiuti  sono  accompagnati  da un formulario di
identificazione  - «non si applicano ai trasporti di rifiuti speciali
che  non  eccedano  la  quantita'  di 30 chilogrammi o di 30 litri al
giorno,  effettuati  dal  produttore  dei  rifiuti  speciali stessi»,
avrebbe esteso illegittimamente ai rifiuti pericolosi l'esenzione dal
generale obbligo relativo al formulario di identificazione introdotta
dall'art. 193, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006.
   Le   ulteriori  censure  formulate  nella  memoria  depositata  in
prossimita'  dell'udienza  pubblica  in  relazione al citato art. 19,
comma  3,  lettera b), non possono essere prese in considerazione, in
quanto  siffatta  memoria e' destinata esclusivamente ad illustrare e
chiarire  le  ragioni  svolte  nell'atto  introduttivo,  non  essendo
possibile con essa dedurne di nuove (sentenza n. 430 del 2007).
   2.2. - L'art. 20 della legge provinciale - da intendersi impugnato
nel  solo  comma  2,  il  comma  1 limitandosi a ribadire che «Per lo
svolgimento della attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti, [...]
e'  prevista  l'iscrizione  all'Albo nazionale gestori ambientali, di
seguito  denominato  albo  nazionale,  ai sensi dell'articolo 212 del
decreto  legislativo  3  aprile 2006, n. 152» - prevede, con riguardo
all'obbligo e alle modalita' di iscrizione all'Albo nazionale gestori
ambientali,   che  la  Giunta  provinciale  puo'  «emanare  ai  sensi
dell'articolo  32  norme  in deroga, onde consentire l'iscrizione con
procedure  semplificate  per  determinate attivita' ossia l'esenzione
dall'obbligo  di  iscrizione».  Per questo, il predetto art. 20 della
legge  provinciale  violerebbe l'art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006,
in  base  al  quale  l'iscrizione  all'Albo,  salvo i casi di esonero
elencati  nella  stessa  norma, e' requisito per lo svolgimento delle
attivita'  di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti
da  terzi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica
dei  siti,  di  bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed
intermediazione  dei  rifiuti  senza  detenzione  dei rifiuti stessi,
nonche'  di  gestione  di  impianti  di  smaltimento e di recupero di
titolarita'  di terzi e di gestione di impianti mobili di smaltimento
e di recupero di rifiuti.
   2.3.  - Infine, l'art. 24 della legge provinciale - stabilendo, al
comma  1,  che  «Almeno  15  giorni  prima  della  messa in esercizio
dell'impianto,  l'interessato  presenta  all'Agenzia  provinciale  la
domanda   di   collaudo   ed  autorizzazione  dell'impianto.  Con  la
presentazione della richiesta di autorizzazione l'impianto si intende
provvisoriamente  autorizzato  a  partire dalla data dell'attivazione
indicata  nella richiesta stessa» e, al comma 2, che «Entro 90 giorni
dalla  messa in esercizio dell'impianto l'Agenzia provinciale accerta
la  regolarita'  dell'impianto  e  rilascia l'autorizzazione [...]» -
violerebbe l'art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale disciplina
l'autorizzazione  unica  per  i  nuovi  impianti  di smaltimento e di
recupero  rifiuti  senza  configurare  alcuna forma di autorizzazione
tacita provvisoria.
   3.  -  Con  un  secondo  gruppo  di questioni viene prospettata la
violazione  dell'art.  117, primo comma, della Costituzione, ad opera
degli  artt.  3, comma 1, lettera w), numero 1, e 5, comma 1, lettera
b), nonche' dell'art. 7, comma 1, lettera b), della legge provinciale
n. 4 del 2006.
   L'art.  3,  comma  1, lettera w), numero 1, qualifica come materia
prima secondaria per attivita' siderurgiche e metallurgiche i rottami
ferrosi   e  non  ferrosi  derivanti  da  operazioni  di  recupero  e
rispondenti  a  determinate  specifiche  nazionali ed internazionali;
l'art.  5,  comma  1,  lettera  b), stabilisce che ai materiali, alle
sostanze  e  agli  oggetti  che,  senza  necessita'  di operazioni di
trasformazione,  gia'  presentano  le  caratteristiche  delle materie
prime   secondarie  non  si  applica  la  normativa  sui  rifiuti,  a
condizione che il detentore non se ne disfi, non abbia l'intenzione o
non abbia l'obbligo di disfarsene.
   La   disciplina  posta  dalle  due  norme  contrasterebbe  con  la
normativa  comunitaria  in  tema di rifiuti e, in particolare, con la
direttiva  2006/12/CE  del  5  aprile  2006 (Direttiva del Parlamento
europeo  e  del  Consiglio relativa ai rifiuti), la quale non prevede
alcuna  esclusione  dal  suo  ambito  di  applicazione  per i rottami
derivanti  come  scarti  di  lavorazione  oppure  originati  da cicli
produttivi o di consumo e riutilizzabili nell'industria siderurgica o
metallurgica.
   Anche  l'art. 7, comma 1, lettera b), della legge provinciale n. 4
del  2006, escludendo dall'applicazione della legge medesima le terre
e  le  rocce da scavo ed i residui della lavorazione della pietra non
contaminati,   destinati   all'effettivo   utilizzo   per  reinterri,
riempimenti,  rilevati  e  macinati,  sarebbe  in  contrasto  con  la
direttiva 2006/12/CE e con la nozione di rifiuto in essa contenuta.
   4.  -  Successivamente  alla  proposizione  del ricorso, tre delle
norme  censurate - artt. 7, comma 1, lettera b), 19, comma 3, lettera
b),  20,  comma 2, della legge provinciale n. 4 del 2006 - sono state
modificate,  rispettivamente,  dai  commi  1, 2 e 3 dall'art. 9 della
legge   provinciale  18  ottobre  2006,  n. 11  (Modifiche  di  leggi
provinciali  in vari settori). In forza del principio di effettivita'
della  tutela  delle parti nei giudizi in via di azione, si impone il
trasferimento   delle   questioni  alle  nuove  norme,  che  lasciano
sostanzialmente immutato il contenuto precettivo di quelle oggetto di
censura (sentenze n. 162 del 2007, n. 449 del 2006).
   5.  -  La  questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3,
comma  1, lettera w), numero 1, e 5, comma 1, lettera b), della legge
provinciale n. 4 del 2006 e' inammissibile.
   Il  ricorrente,  infatti,  non  ha  sufficientemente  motivato  la
censura,  omettendo, in particolare, di specificare le ragioni per le
quali  le  due  norme - la prima riguardante i «rottami ferrosi e non
ferrosi  derivanti  da  operazioni  di  recupero  [...]»,  la seconda
concernente  «i  materiali,  le  sostanze  e  gli  oggetti che, senza
necessita'  di  operazioni  di  trasformazione,  gia'  presentino  le
caratteristiche delle materie prime secondarie» - siano «da esaminare
in coordinamento tra loro».
   6.  -  Le  eccezioni  d'inammissibilita' sollevate con riferimento
alle  ulteriori  questioni  non sono fondate, in quanto nel ricorso i
parametri  del  giudizio  sono  identificati in modo sufficientemente
chiaro  e  le  censure,  seppur  succintamente,  sono  argomentate in
riferimento a ciascuno di essi.
   Inoltre,  sussiste  l'interesse  del  ricorrente  all'impugnazione
dell'art.  7,  comma  1,  lettera b), della citata legge provinciale,
concernente  l'esenzione  dal  regime dei rifiuti di terre e rocce da
scavo,   nonche'  di  residui  della  lavorazione  della  pietra  non
contaminati,  poiche', indipendentemente dalla sostituzione del testo
dell'art.  186  del  d.lgs.  3  aprile 2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale)  ad  opera dell'art. 2, comma 23, del decreto legislativo
16   gennaio   2008,   n. 4  (Ulteriori  disposizioni  correttive  ed
integrative  del  d.lgs.  3  aprile  2006,  n. 152,  recante norme in
materia  ambientale),  il  parametro  addotto  inerisce non gia' alla
violazione  della competenza statale, ma all'inosservanza dei vincoli
derivanti  dall'ordinamento  comunitario,  i quali si impongono anche
alle Province autonome.
   7.  -  Le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 19,
comma  3,  lettera  b),  20,  comma 2, e 24, commi 1 e 2, della legge
provinciale  n. 4  del  2006  sono fondate entro i termini di seguito
precisati.
   L'imputazione  delle  norme  impugnate alla competenza legislativa
concorrente  della  Provincia  in  materia di igiene e sanita' di cui
all'art.  9,  numero  10,  dello statuto speciale, da esercitarsi nei
limiti  complessivamente  indicati  dagli  artt.  4  e 5 dello stesso
statuto, e' corretta.
   La legge provinciale, ai sensi dell'art. 1, per quanto qui rileva,
«disciplina  la  gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti
di  imballaggio,  nelle varie fasi di raccolta, trasporto, recupero e
smaltimento, compreso il controllo di queste operazioni».
   Come dedotto dal ricorrente, la disciplina dei rifiuti si colloca,
per  consolidata  giurisprudenza  di  questa Corte, nell'ambito della
tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  di  competenza  esclusiva
statale  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo comma, lettera s), della
Costituzione.   Lo   statuto   speciale  conferma  questa  competenza
esclusiva  dello  Stato,  ma  riserva alla competenza della Provincia
alcuni segmenti della tutela ambientale.
   La  competenza  statale  nella  materia  ambientale,  infatti,  si
intreccia  con  altri  interessi  e  competenze,  di  modo  che  deve
intendersi  riservato  allo  Stato  il  potere di fissare standard di
tutela  uniforme  sull'intero territorio nazionale, restando ferma la
competenza  delle  Regioni  alla  cura  di  interessi  funzionalmente
collegati  con  quelli  propriamente  ambientali (ex multis, sentenza
n. 407 del 2002).
   Pertanto,  anche  nel  settore  dei  rifiuti, accanto ad interessi
inerenti in via primaria alla tutela dell'ambiente, possono venire in
rilievo   interessi   sottostanti   ad  altre  materie,  per  cui  la
«competenza  statale  non esclude la concomitante possibilita' per le
Regioni   di  intervenire  [...],  cosi'  nell'esercizio  delle  loro
competenze  in  tema di tutela della salute», ovviamente nel rispetto
dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (sentenza n. 62
del  2005; altresi', sentenze n. 380 del 2007, n. 12 del 2007, n. 247
del 2006).
   La  legge  provinciale  n. 4  del 2006 esplicita le sue «finalita»
nell'art.  2, inserito nel titolo relativo alla gestione dei rifiuti,
comprendendovi   anche   l'esigenza  della  protezione  della  salute
dell'uomo  («i  rifiuti  devono  essere  recuperati  e smaltiti senza
pericolo  per  la  salute dell'uomo»). Essa, come la precedente legge
della  Provincia  di  Bolzano  6  settembre 1973, n. 61 (Norme per la
tutela  del suolo da inquinamenti e per la disciplina della raccolta,
trasporto,   e   smaltimento  dei  rifiuti  solidi  e  semisolidi)  -
«specificamente  rivolta  alla disciplina della raccolta, trasporto e
smaltimento  dei rifiuti», abrogata dall'art. 46 della legge n. 4 del
2006,  e  adottata, secondo questa Corte, nell'esercizio «di potesta'
legislativa  esclusiva  in  materia  di  tutela  del  paesaggio  e di
urbanistica,  nonche'  di potesta' legislativa concorrente in materia
di  igiene  e  sanita»  (sentenza n. 312 del 2003) - ha ad oggetto la
cura  di  una  molteplicita'  di  interessi  pubblici, in alcuni casi
afferenti  alla  conservazione  ed  alla fruizione del territorio (si
pensi  alla  localizzazione  degli impianti di smaltimento e recupero
dei rifiuti).
   La  competenza  legislativa  esclusiva  in  materia di «tutela del
paesaggio» e «urbanistica» e la competenza legislativa concorrente in
materia  di «igiene e sanita» possono costituire un valido fondamento
dell'intervento   provinciale,   ma  tali  competenze  devono  essere
esercitate  nel  rispetto dei limiti generali di cui all'art. 4 dello
statuto  speciale,  richiamati dall'art. 5 ed evocati dal ricorrente,
limiti che nella specie non risultano osservati.
   Anche di recente si e' ribadito che «la disciplina ambientale, che
scaturisce  dall'esercizio  di una competenza esclusiva dello Stato»,
quella  in  materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», cui,
come   precisato,  pacificamente  e'  riconducibile  il  settore  dei
rifiuti,  «viene  a  funzionare come un limite alla disciplina che le
Regioni  e  le  Province  autonome  dettano  in altre materie di loro
competenza,  per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare
o  peggiorare  il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato»
(sentenza n. 378 del 2007).
   8.  - In applicazione degli enunciati principi, deve rilevarsi che
l'art.  19,  comma 3, lettera b), della legge provinciale, stabilendo
che  «Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai trasporti
di rifiuti speciali che non eccedano la quantita' di 30 chilogrammi o
di 30 litri al giorno, effettuati dal produttore dei rifiuti speciali
stessi»,  ha  introdotto  una  esenzione  per  i  rifiuti  pericolosi
dall'obbligo del formulario d'identificazione in contrasto con l'art.
193  del  d.lgs.  n. 152 del 2006, destinato in ogni caso a prevalere
(sentenza  n. 378  del  2007), secondo cui «Le disposizioni di cui al
comma 1 non si applicano [...] ai trasporti di rifiuti non pericolosi
effettuati  dal  produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e
saltuario,  che  non eccedano la quantita' di trenta chilogrammi o di
trenta litri» (comma 4).
   Il  legislatore  statale,  invero,  ha  istituito  un  regime piu'
rigoroso  di  controlli  sul  trasporto  dei  rifiuti  pericolosi, in
ragione della loro specificita' (artt. 178, comma 1, e 184 del d.lgs.
n. 152  del  2006)  e  in attuazione degli obblighi assunti in ambito
comunitario,  in  base  ai  quali  «per  quanto  riguarda  i  rifiuti
pericolosi  i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto [...]
riguardano l'origine e la destinazione dei rifiuti» (art. 5, comma 2,
della  direttiva 91/689/CEE del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti
pericolosi),  poiche'  «una  corretta gestione dei rifiuti pericolosi
richiede  norme  supplementari  e piu' severe che tengano conto della
natura  di  questi  rifiuti»  (quarto  considerando  della  direttiva
citata).
   Il  formulario  d'identificazione, strumento indicato dall'art. 5,
comma  3, della citata direttiva 91/689/CEE, in mancanza del quale la
legge  statale,  ove  i  rifiuti  siano  pericolosi, commina sanzioni
penali  (art.  258, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006), consente di
controllare  costantemente il trasporto dei rifiuti, onde evitare che
questi  siano avviati per destinazioni ignote. La relativa disciplina
statale,  proponendosi  come  standard  di tutela uniforme in materia
ambientale,  si impone nell'intero territorio nazionale e non ammette
deroghe  quali  quelle  previste  dall'art.  19, comma 3, lettera b),
della legge provinciale in esame.
   9.  -  L'art.  20,  comma 2, della legge provinciale n. 4 del 2006
concerne  l'Albo  nazionale  gestori  ambientali,  struttura unitaria
posta  a  presidio dell'affidabilita' delle singole imprese aspiranti
ad  esercitare  attivita'  nel  settore  dei rifiuti, che, come tale,
presuppone una uniformita' di disciplina sul territorio nazionale.
   Secondo l'art. 212, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, nel testo
modificato   dall'art.  2,  comma  30,  del  d.lgs.  n. 4  del  2008,
«L'iscrizione   all'Albo   e'  requisito  per  lo  svolgimento  delle
attivita'  di  raccolta  e  trasporto  di  rifiuti non pericolosi, di
raccolta  e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei siti, di
bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione
dei  rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi, nonche' di gestione
di impianti di smaltimento e di recupero di titolarita' di terzi e di
gestione  di impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti,
nei limiti di cui all'art. 208, comma 15».
   L'iscrizione   all'Albo   e'  posta  dal  legislatore  statale  in
correlazione   con   l'esigenza   di   dare  attuazione  a  direttive
comunitarie  (art.  12  della  direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio  2006/12/CE  del  5  aprile  2006,  relativa ai rifiuti, e,
prima, art. 12 della direttiva del Consiglio 75/442/CEE del 15 luglio
1975,  relativa  ai  rifiuti;  Corte  di giustizia, sentenza 9 giugno
2005, in causa C-270/03, Commissione c. Repubblica italiana).
   L'impugnato  art.  20,  comma  2,  nel  disporre  che  «La  Giunta
provinciale   puo',   con   riguardo  all'obbligo  e  alle  modalita'
d'iscrizione  nell'Albo  nazionale, emanare ai sensi dell'articolo 32
norme   in   deroga,   onde  consentire  l'iscrizione  con  procedure
semplificate    per    determinate   attivita'   oppure   l'esenzione
dall'obbligo   di   iscrizione»,   ammette  deroghe  alla  disciplina
contenuta   nell'art.   212   del  citato  decreto  delegato,  mentre
l'adozione di norme e condizioni per l'esonero dall'iscrizione ovvero
per  l'applicazione  in  proposito  di procedure semplificate attiene
necessariamente   alla   competenza  statale,  nell'osservanza  della
pertinente normativa comunitaria.
   10.  -  Anche l'art. 24, commi 1 e 2, della legge provinciale n. 4
del  2006  interviene  in  senso  riduttivo sulla disciplina uniforme
stabilita dal legislatore statale nella materia ambientale, in ordine
all'autorizzazione  degli  impianti  di  smaltimento  e  recupero dei
rifiuti,  disciplina,  cui, secondo precedenti affermazioni di questa
Corte,   «la   legislazione  regionale  deve  attenersi,  proprio  in
considerazione  dei  valori  della  salute  e  dell'ambiente  che  si
intendono tutelare in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale»
(sentenza  n. 173  del  1998; si vedano, altresi', le sentenze n. 194
del 1993, n. 307 del 1992).
   Le norme impugnate, invero, consentono la messa in esercizio di un
impianto  di  smaltimento  o  recupero  di  rifiuti  prima che la sua
regolarita'  sia  valutata,  in  contrasto  con  l'opposto  principio
espresso dall'art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, pure nel
testo modificato dall'art. 2, comma 29-ter, del d.lgs. n. 4 del 2008,
disciplina   l'autorizzazione   unica  per  i  nuovi  impianti  senza
prevedere alcuna forma di autorizzazione tacita, neppure provvisoria,
e  cio'  in ottemperanza alle prescrizioni delle pertinenti direttive
comunitarie,  configurando queste ultime un sistema di autorizzazioni
previe  (artt. da 9 a 11 della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 2006/12/CE del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti e, prima,
artt.  da  9  a  11  della  direttiva del Consiglio 75/442/CEE del 15
luglio  1975,  relativa ai rifiuti; art. 3 della direttiva 91/689/CEE
del  Consiglio  relativa  ai  rifiuti pericolosi; Corte di giustizia,
sentenza 14 giugno 2001, in causa C-230/00, Commissione c. Belgio).
   11.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 7,
comma  1,  lettera  b),  della  legge  provinciale  n. 4  del 2006 e'
fondata,   in   riferimento   all'art.   117,   primo   comma,  della
Costituzione.
   Invero,  alla luce dei principi espressi nella materia dalla Corte
di giustizia - da ultimo ribaditi nella sentenza 18 dicembre 2007, in
relazione all'esclusione delle terre e delle rocce da scavo destinate
all'effettivo  riutilizzo  per  reinterri,  riempimenti,  rilevati  e
macinati  dall'ambito  di applicazione della disciplina nazionale sui
rifiuti,  ad  opera  dell'art.10  della  legge  23  marzo 2001, n. 93
(Disposizioni  in  campo  ambientale)  e  dell'art. 1, commi 17 e 19,
della  legge  21 dicembre 2001, n. 443, recante «Delega al Governo in
materia  di  infrastrutture  ed insediamenti produttivi strategici ed
altri  interventi  per il rilancio delle attivita' produttive» (Corte
di  giustizia,  sentenza  18  dicembre  2007,  in  causa  Câ€'194/05,
Commissione  c.  Repubblica  italiana)  - deve ritenersi che la norma
denunciata si ponga in contrasto con la direttiva 2006/12/CE.
   Ai  sensi  dell'art.  1,  comma  1,  lettera  a),  della direttiva
2006/12/CE  si intende per rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto che
rientri  nelle  categorie  riportate  nell'allegato  I  e  di  cui il
detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi».
   Le  «terre  e  rocce»  di  cui  al capitolo 17, sezione 17 05, del
catalogo  europeo  dei  rifiuti contenuto nella decisione 2000/532/CE
del  3  maggio  2000  (Decisione della Commissione che sostituisce la
decisione  94/3/CE  che istituisce un elenco di rifiuti conformemente
all'articolo  1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio
relativa  ai  rifiuti  e  la  decisione  94/904/CE  del Consiglio che
istituisce  un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell'articolo 1,
paragrafo  4,  della  direttiva  91/689/CEE del Consiglio relativa ai
rifiuti),  vanno qualificate come «rifiuti», ai sensi della direttiva
sopra  citata,  se  il detentore se ne disfa ovvero ha l'intenzione o
l'obbligo di disfarsene.
   Tenuto conto dell'obbligo di interpretare in modo ampio la nozione
di  rifiuto,  la  possibilita' di considerare un bene, un materiale o
una  materia  prima  derivante  da  un  processo  di  estrazione o di
fabbricazione  che  non  e'  principalmente  destinato a produrlo, un
sottoprodotto  di  cui il detentore non intende disfarsi, deve essere
limitata  alle  situazioni  in cui il riutilizzo non e' semplicemente
eventuale,  bensi' certo, non richiede una trasformazione preliminare
e  interviene nel corso del processo di produzione o di utilizzazione
(Corte  di  giustizia,  sentenza  11  novembre  2004, causa C-457/02,
Niselli;  sentenza  11 settembre 2003, causa C-114/01, Avesta Polarit
Chrome; sentenza 18 aprile 2002, causa Câ€'9/00, Palin Granit Oy).
   Al riguardo la Corte di giustizia ha precisato che la modalita' di
utilizzo  di  una sostanza non e' determinante per qualificare o meno
quest'ultima come rifiuto, poiche' la relativa nozione non esclude le
sostanze  e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica. Il
sistema  di  sorveglianza e di gestione istituito dalla direttiva sui
rifiuti intende, infatti, riferirsi a tutti gli oggetti e le sostanze
di  cui  il  proprietario  si  disfa,  anche  se essi hanno un valore
commerciale  e  sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo,
di recupero o di riutilizzo (Corte di giustizia, sentenza 18 dicembre
2007,  in  causa  Câ€'194/05,  Commissione  c.  Repubblica  italiana;
sentenza 18 aprile 2002, causa Câ€'9/00, Palin Granit Oy; sentenza 25
giugno  1997,  cause  riunite  Câ€'304/94,  Câ€'330/94,  Câ€'342/94 e
Câ€'224/95, Tombesi).
   La   norma  provinciale  fa  sorgere  la  presunzione  che,  nelle
situazioni  da esse previste, le terre e rocce da scavo costituiscano
sottoprodotti  che  presentano  per  il  loro  detentore, data la sua
volonta'  di  riutilizzarli,  un  vantaggio  o  un  valore  economico
anziche' un onere di cui egli cercherebbe di disfarsi.
   Se  tale  ipotesi  in  determinati  casi  puo'  corrispondere alla
realta',  non  puo' esistere alcuna presunzione generale in base alla
quale  un  detentore  di  terre  e  rocce  da  scavo  tragga dal loro
riutilizzo un vantaggio maggiore rispetto a quello derivante dal mero
fatto  di potersene disfare (Corte di giustizia, sentenza 18 dicembre
2007, in causa Câ€'194/05, Commissione c. Repubblica italiana).
   L'art.  7,  comma  1, lettera b), della legge provinciale, dunque,
sottraendo alla nozione di rifiuto taluni residui che invece, in base
a quanto esposto, corrispondono alla definizione sancita dall'art. 1,
lettera  a),  della direttiva 2006/12/CE, si pone in contrasto con la
direttiva  medesima,  la  quale  funge  da  norma  interposta atta ad
integrare  il  parametro  per  la  valutazione  di  conformita' della
normativa  regionale  all'ordinamento  comunitario,  in base all'art.
117, primo comma, della Costituzione.