IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti n. 1664 e n. 6998 del 2007 proposti dalla Unione Regionale Sanita' Privata - URSAP, in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore, unitamente a Laboratorio Analisi Cliniche De Santis Monaldi S.r.l., in persona dell'amministatore unico (per il ricorso 1664/2007) ed unitamente a Unione Regionale Sanita' Privata - URSAP, Unione di categoria di Federlazio (Associazione piccole e medie imprese del Lazio), in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, nonche' da Analisi Cliniche Portuense S.r.l., Cinthianum Labac s.r.l., Biolab S.r.l., Laboratorio Facastoro S.r.l., T. De Sanctis Monaldi S.r.l.; Laboratorio Analisi Cliniche «Igea» s.n.c., SA.FI.M., Ricerche Cliniche Clodio s.n.c., Laboratorio analisi cliniche Giordani, analisi cliniche OBios S.r.l., Centro diagnostico Fleming S.r.l., Polilab S.r.l., Sermolab S.r.l., Bioroma S.r.l., Centro medico di patologia clinica Redi S.r.l., Laboratorio analisi cliniche S. Anastasia Gigilioli, Studio medico specialistico Colombo S.r.l., analitica Asklepeion S.r.l., laboratorio analisi cliniche S. Anastasia S.r.l., Caffaro S.r.l., Marilab S.r.l. studio medico Somalia Salus, Laboratorio Salus S.r.l., Gilar S.r.l., Laboratorio Iris S.r.l., Biomedical s.r.l., laboratorio analisi cliniche delle Valli s.r.l., Laboratorio analisi cliniche iperiore S.r.l., Casa di cura Nuova Villa Claudia S.r.l., Laboratorio Tor Bella Monaca S.r.l. (per il ricorso n. 6998/2007), rappresentati e difesi in entrambi i giudizi dagli avvocati Angelo Clarizia e Stefano Tarullo, domiciliati in Roma, via Principessa Clotilde n. 2, presso lo studio del primo; Contro il Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e delle finanze in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Teresa Chieppa dell'Avvocatura regionale, presso la quale e' domiciliata in Roma, via Marcantonio Colonna n. 27 (per il ricorso n. 6998/2007); e nei confronti della regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio (per il ricorso n 1664/2007); per l'annullamento: quanto al ricorso n 1664/2007: del decreto del Ministro della salute 12 settembre 2006, adottato di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze, relativo a «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie»; di ogni atto connesso; quanto al ricorso n. 6998/2007: 1) della delibera della Giunta regionale Lazio n. 436 del 19 giugno 2007 di approvazione del sistema di finanziamento e di remunerazione delle prestazioni assistenziali specialistiche ambulatoriali erogate da soggetti pubblici, equiparati e privati accreditati, cosi' come descritto nell'allegato n. 3; 2) del suddetto allegato n. 3 «Sistema di finanziamento e di remunerazione delle prestazioni dell'attivita' specialistica ambulatoriale per l'anno 2007», criteri utilizzati per il budget 2007); 3) del Piano di rientro approvato con delibera di G.R. n. 93 del 12 febbraio 2007, atto presupposto; 4) della delibera della G.R. 6 marzo 2007 n. 149 di approvazione dell'accordo sul Piano con il Ministero della salute; 5) di ogni altro atto connesso, in parte qua; Visti ricorsi con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni resistenti; Viste le memorie prodotte dalle parti; Visti gli atti di causa; Uditi, alla pubblica udienza del 17 ottobre 2007, con designazione del cons. Carlo Taglienti relatore della causa, gli avvocati come da verbale di udienza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o I) Con il primo dei ricorsi in epigrafe (n. 1664/07) notificato il 9 febbraio 2007 e depositato il 23 successivo, l'Unione regionale sanita' privata URSAP, unitamente ad un laboratorio di analisi, ha impugnato il decreto del Ministero della salute 12 settembre 2006 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2006, n. 289, recante «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie» contestando in particolare l'art. 3 che richiama il d.m. sanita' 22 luglio 1996 per individuare il limite massimo tariffario per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale, consentendo tariffe maggiori con relativo onere a carico delle regioni che intendano deliberarle. Ricostruito il quadro normativo, a livello nazionale e regionali, i ricorrenti avanzano i seguenti profili di censura: 1) violazione dell'art. 8-sexies, comma 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502; dell'art. 1, comma 170 della legge 30 dicembre 2004 n. 311; dell'art. 41 Cost; del «Patto per la salute» del 28 settembre 2006; eccesso di potere per carenza dei presupposti, errore e travisamento di fatti, illogicita', contraddittorieta', disparita' di trattamento, ingiustizia manifesta, carenza istruttoria e di motivazione: il d.m. del 1996 (c.d. decreto Bindi) risulta annullato dal Consiglio di Stato con decisione della sez. IV 29 marzo 2001 n. 1839 passata in giudicato che ha, tra l'altro censurato la mancata valutazione dei costi nella determinazione delle tariffe e l'assoluta carenza istruttoria, correlazione resa obbligatoria per legge dall'art 8-sexies, comma 5 del d.lgs. n. 502/1992 introdotto dall'art 8 del d.lgs. 19 giugno 1999, n 229, ed ora anche dall'art. 1, comma 170 della finanziaria 2005 (legge n. 311/2004); la remunerazione a tariffa interessa di fatto solo le strutture private; i decreti ministeriali correttivi del d.m. 22 luglio 1996 risultano irrilevanti ai fini della presente vertenza, per la specificita' e parzialita' degli interventi; la Conferenza permanente Stato--regioni aveva espresso parere contrario al d.m. qui impugnato, il quale nulla dice a tale proposito per superare nel merito i rilievi effettuati dal suddetto organo. Si sono costituite le amministrazioni statali intimate, depositando un rapporto del Ministero della salute, nel quale si sostiene che il decreto impugnato e' atto di prima attuazione dell'art. 1, comma 170 della legge n. 311/2004, la quale prevede espressamente che gli importi tariffari fissati dalle singole regioni, superiori a quelli massimi stabiliti dal Ministero della salute, sono a carico delle regioni stesse che determina i rapporti economici tra Stato e regioni e si inserisce nell'ambito delle risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale; che il d.m. del 1996 venne annullato solo parzialmente; che comunque quello attuale risponde ad una diversa logica, e cioe' quella del riparto degli oneri tra Stato e regioni; che il riferimento agli importi numerici del 1996 scaturisce da un accertamento economico finanziario dal quale risulta che in molte regioni quei parametri appaiono tutt'ora congrui; che l'art. 1, comma 796, lett. o) della legge n. 296/2006 opera una riduzione percentuale delle tariffe indicate nel d.m. del 1996. Con memoria i ricorrenti evidenziano che, nei fatti, la regione Lazio non ha adottato tariffe superiori a quelle di riferimento del 1996, che la finanziaria del 2007 ha operato una ulteriore decurtazione tariffaria, che non risulta depositato alcun documento istruttorio della presunta «ricognizione»; dagli atti parlamentari relativi alla finanziaria 2007 risulta che e' stato respinto il tentativo di reintrodurre per legge il tariffario «Bindi»; questo risulta applicato solo nelle Regioni Emilia Romagna, Toscana e Umbria ove in pratica non vi sono strutture private; la non remunerativita' delle tariffe del 96 deriva, oltre che dal lungo lasso di tempo trascorso, dalla notoria svalutazione conseguente all'introduzione dell'euro nel nostro sistema monetario. II) Con il secondo dei ricorsi epigrafati (n. 6998/07), notificato il 31 luglio 2007 e depositato il 1 agosto successivo, l'URSAP, unitamente ad altri laboratori, impugua gli atti della Regione Lazio di approvazione delle tariffe massime: ed atti connessi, meglio indicati in epigrafe, individuate, secondo i ricorrenti, tra quelle piu' basse del «decreto Bindi» e quelle del precedente d.m. 7 novembre 1991, con applicazione dell'ulteriore sconto del 20 % sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2 % sulle restanti prestazioni, in base alla finanziaria 2007. Premessa anche qui una ricostruzione normativo-amministrativa della vicenda, i ricorrenti deducono: a) sul nuovo tariffario regionale: illegittimita' derivata per illegittimita' del d.m. 12 settembre 2006; violazione dell'art. 8-sexies, comma 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502; violazione dell'art. 1, comma 170 della legge 30 dicembre 2004, n. 311; violazione degli articoli 3, 7, 8, 9, 10 e 21-quinquies della legge n. 241/1990; violazione del principio di buona fede e dell'affidamento, dell'art. 41 Cost., del «Patto per la salute» del 28 settembre 2006; eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, filogicita', contraddittorieta', disparita' di trattamento, ingiustizia manifesta, carenza d'istruttoria, difetto di motivazione; violazione degli articoli 10 e 81 del Trattato CE: il d.m. 22 luglio 1996 (decreto «Bindi») e' stato annullato dal Consiglio di Stato che aveva rilevato una carenza istruttoria; la stessa carenza istruttoria inficia il decreto del 2006; la delibera regionale n. 436/2007 presenta profili di contraddittorieta' con la delibera di poco precedente n. 268/2007, che gia' realizzava un risparmio superiore a quello programmato; non sono state sentite le associazioni di categoria; non e' stata seguita la procedura per gli atti di revoca (art. 21-quinquies, legge n. 241/1990); il tentativo di reintrodurre legislativamente il tariffario «Bindi» in finanziaria risulta frustrato dagli atti parlamentari; non e' stata effettuata la ricognizione delle tariffe ex art. 1, comma 170, legge n. 311/2004; la delibera n. 436/2007 dimostra che l'ipotesi di tariffe regionali piu' elevate era meramente teorica, non si e' tenuto minimamente conto del notevole aumento dei costi nel decennio trascorso (risulterebbero tariffe ad es. di euro 1 per le analisi delle urine ed euro 0,43 per un prelievo venoso); i provvedimenti violano gli artt. 10 e 81 del Trattato CE sulla libera concorrenza. b) sulla rideterminazione dei tetti di spesa: invalidita' derivata, violazione di legge violazione del principio di buon andamento ex art. 97 Cost; violazione artt. 3 e 41 cost. violazione del principio del giusto procedimento, anche in relazione alla violazione dell'art. 8-sexies del d.lgs. n. 502/1992; violazione della legge regionale Lazio n. 4/2003, dell'art. 3 della legge n. 241/90; eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento dei fatti, difetto d'istruttoria, disparita' di trattamento, difetto di motivazione, contraddittorieta', illogicita', violazione del principio di affidamento e del divieto di retroattivita' delle determinazioni tariffarie: le delibere regionali sono illegittime per derivazione dalla illegittimita' del d.m 12 settembre 2006; le tabelle 3-bis e 3-ter della delibera n. 436/2007 operano una applicazione retroattiva delle tariffe, dimezzando i budget dell'anno precedente, in un primo tempo autorizzati anche per l'anno in corso; non e' stato operato nessun bilanciamento tra privato affidamento ed esigenze finanziarie disparita' di trattamento si verifica con le strutture pubbliche, solo formalmente remunerate a tariffa, ma normalmente «ripianate» a pie' di lista con finanziamenti regionali, non soggette a tetti di spesa ne' alla riduzione del 20 %; viene compressa la liberta' di scelta del cittadino. Con memoria del 2 ottobre 2007 i ricorrenti ribadiscono tesi e ragioni. Si e' costituita in giudizio la regione Lazio. Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2007 le cause sono state chiamate unitariamente per la discussione e sono quindi state spedite in decisione. D i r i t t o Preliminarmente il Collegio dispone la riunione dei due ricorsi in epigrafe indicati, per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, onde pervenire alla loro soluzione con unica decisione. 1) Con il primo si contesta la legittimita' del d.m. Sanita' 12 settembre 2006 recante «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie», ed in particolare dell'art. 3 che richiama le tariffe approvate con d.m. Sanita' 22 luglio 1996. In primo luogo non e' seriamente dubitabile della lesivita' dell'atto impugnato, anche se in esso si prevede che le regioni possono fissare tariffe piu' elevate di quelle a carico del Servizio sanitario nazionale. A prescindere infatti dalla circostanza di fatto, verificabile col secondo dei ricorsi in epigrafe, che la Regione Lazio in particolare non si e' avvalsa di tale facolta', che comportava comunque la necessita' di finanziarie col proprio bilancio tali aumenti di tariffe, appare evidente come i parametri tariffari stabiliti dall'Amministrazione statale costituiscano un punto fermo ed un orientamento preciso per le regioni, mentre possibili (solo teoricamente) tariffe massime piu' elevate costituiscono nella fattispecie una mera eventualita'; costituiscono altresi' un chiaro condizionamento del comportamento regionale in quanto a tariffe piu' elevate corrisponderebbe una minore necessita' di adottare provvedimenti con onere a carico delle regioni stesse. Il ricorso nel merito e' fondato e deve essere accolto. I ricorrenti contestano in primo luogo la determinazione contenuta al primo comma, lettera a), dell'art. 3 di detto decreto che testualmente recita: «le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono quelle individuate dal decreto del Ministro della sanita' del 22 luglio 1996 «Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell'ambito del servizio sanitario nazionale e relative tariffe.». La censura di difetto d'istruttoria e di motivazione e di violazione dell'art. 8-sexies, comma 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'art. 8, comma 4 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 e dell'art. 1, comma 170 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, appare fondata. In primo luogo il decreto qui impugnato richiama e rende ora applicabili le tariffe determinate con un decreto ministeriale che risulta annullato in sede giurisdizionale dal Consiglio di Stato con sentenza della sez. IV 29 marzo 2001, n. 1839; a prescindere dalla questione, peraltro poco comprensibile, posta dalla difesa dell'Amministrazione sulla possibilita' di far rivivere solo le tariffe e non il decreto in quanto caducato, il Collegio rileva come il principale difetto istruttorio derivi dal fatto che l'atto impugnato non da' minimamente conto di tale questione; che l'abbia ignorata perche' non a conoscenza dell'annullamento giurisdizionale, ovvero perche' riteneva comunque possibile, nonostante l'annullamento, far rivivere dette tariffe, appare comunque evidente il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento sotto tale profilo. Peraltro tale circostanza ha condotto l'amministrazione ad incorrere negli stessi vizi rilevati dal Consiglio di Stato, che, in buona sostanza aveva evidenziato un difetto di istruttoria nella determinazione delle tariffe per mancata applicazione dei precisi criteri dettati dallo stesso Ministero col d.m. 15 aprile 1994, all'art 3: qui si dice espressamente che le tariffe devono essere fissate sulla base del costo standard di produzione e dei costi generali, in quota percentuale rispetto ai costi standard di produzione. Il comma 2 detta poi criteri assai dettagliati per calcolare le componenti del costo standard. Premesso che gia' il Consiglio di Stato ritenne applicabili al decreto ministeriale di fissazione delle tariffe allora impugnato i criteri contenuti nel d.m. del 1994, il dubbio puo' comunque ritenersi non proponibile nella presente fattispecie, in quanto nelle premesse del decreto qui impugnato si richiama espressamente il d.m. Sanita' 14 aprile 1994, che quindi la stessa amministrazione resistente ritiene ancora in vigore ed applicabile. Peraltro la necessita' (logica) di fissare le tariffe massime tenendo conto dei costi di produzione standard e delle quote standard dei costi generali, risulta ora recepito in norma di legge chiara quale l'art. 8-sexies, comma 5 del d.lgs. n. 502/1992, introdotto dall'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 229/1999. Sinteticamente il principio si trova anche nell'art. 1, comma 170, della legge finanziaria 30 dicembre 2004 n. 311. Ora, che l'amministtazione non abbia seguito i suddetti criteri e non abbia quindi effettuato una analitica istruttoria sui costi di produzione, prima di determinare le tariffe massime da remunerare tramite Servizio sanitario nazionale lo dimostra sia la circostanza che non e' stato prodotto in giudizio nessun atto istruttorio di tal genere, sia soprattutto il fatto che il provvedimento richiama puramente e semplicemente in atto di dieci anni prima, la cui istruttoria, ammesso che potesse considerarsi allora adeguata «in disparte» la circostanza che detto atto e' stato annullato dal Giudice amministrativo proprio per difetto istruttorio), avrebbe sicuramente avuto necessita' di un aggiornamento di verifica per valutare la congruita' dei costi di dieci anni prima (basterebbe al riguardo richiamare il «fatto notorio» del cambiamento valutario che ha comportato un significativo aumento generalizzato dei costi). I ricorrenti evidenziano altresi' un ulteriore profilo di illegittimita', di natura procedurale, costituito dal fatto che il provvedimento impugnato non reca alcuna motivazione per superare il parere contrario della Conferenza Stato-regioni. E pur vero che l'originaria previsione, contenuta nel citato art 8-sexies, comma 5, dell'obbligo di intesa del Ministro della Sanita' con la Conferenza e' stata poi modificata in mero parere obbligatorio dall'art. 1, comma 170 della finanziaria per il 2005, tuttavia appare evidente la necessita' comunque di motivare, seppure sinteticamente, sulle ragioni che hanno condotto l'amministrazione agente a disattendere il parere di un cosi' importante organo (col quale in precedenza era necessaria l'intesa), anche se i profili attenevano, almeno secondo quanto affermato nell'atto dall'amministrazione, alla opportunita'. Nei termini sopra indicati il d.m. salute 12 settembre 2006 deve essere annullato in parte qua. 2) Col secondo ricorso viene in primo luogo impugnata la delibera regionale che ha dato applicazione al suddetto d.m. salute. In particolare la deliberazione di Giunta regionale 19 giugno 2007, n. 436, premessa la necessita' di adeguare le proprie tariffe a quanto stabilito col d.m. salute 12 settembre 2006, prevede, al punto 7, di approvare il sistema di finanziamento e di remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogate da soggetti erogatori pubblici, equiparati e privati accreditati, cosi' come descritto nell'allegato 3; nell'allegato 3 si stabilisce che per il triennio 2007-2009 «il tariffario applicato alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e' quello previsto dal d.m. 12 settembre 2006 che, per le prestazioni di diagnostica di laboratorio verra' applicato a decorrere dal 1Ë giugno 2007»; «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20 % sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2 % sulle restanti branche», cio' in base a quanto disposto con la finanziaria per il 2007 all'art. 1, comma 796, lett o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Orbene, considerato che le tariffe regionali recepiscono e fanno esplicito riferimento al d.m. Salute 12 settembre 2006, deve ritenersi fondato il primo profilo di gravame relativo alla illegittimita' derivata, infatti, come rilevato in precedenza, il suddetto decreto ministeriale deve considerarsi illegittimo per i profili sopra evidenziati al punto 1, riverberando la sua illegittimita' sugli atti regionali che fanno diretta applicazione di detto decreto, non venendo minimamente qui in rilievo il d.m. 22 luglio 1996. 2.1.) La delibera regionale n. 436/2007 reca al punto 2, all. 3, una ulteriore disposizione, come detto, del seguente tenore: «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche». Negli allegati 3-bis e 3-ter applica ai singoli laboratori i criteri sopra detti, determinando il budget per l'anno 2007. Trattasi all'evidenza dell'applicazione diretta della norma contenuta nell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296. La contestazione di tale disposizione regionale non puo' quindi che passare attraverso una eventuale questione di costituzionalita' della suddetta disposizione di legge, ove ritenuta non manifestamente infondata; per tale motivo essa appare rilevante ai fini del decidere, infatti al riguardo il Collegio, richiama l'ordinanza del T.a.r. Puglia, Lecce, sez. II, 19 ottobre 2007, n. 3631, che ha gia' rimesso alla Corte costituzionale detta questione, Ritiene che la succitata norma di legge presenta profili di violazione di norme costituzionali. Per cio' che attiene quindi alla non manifesta infondatezza della q.l.c., il Collegio Ritiene che le norme censurate siano confliggenti con gli artt. 24 e 113, 32, 41, 97 e 117 Cost., per le seguenti ragioni. 2.1.1.) In primo luogo la norma rende applicabile un decreto ministeriale, quello del 22 luglio 1996 che era stato annullato, con sentenza coperta da giudicato, dal Consiglio di Stato, con decisione della IV sezione, 29 marzo 2001, n. 1839. Appare evidente la sovrapposizione della legge ad un giudicato formatosi gia' da tempo, con palese violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione. E' noto infatti il principio piu' volte affermato dalla Corte costituzionale (cfr. da ultimo ad es. sentenza 15 luglio 2005, n. 282,) in base al quale l'emanazione di leggi incontra una serie di limiti che attengono alla salvaguardia di fondamentali valori di civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari delle norme e dello stesso ordinamento, tra i quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di uguaglianza, l'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato nello Stato di diritto ed il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario, essendo comunque precluso al legislatore di intervenire con norme aventi portata tale da annullare gli effetti di un giudicato. 2.1.2.) Nel caso di specie, la tariffa viene fissata con legge e la relativa norma si limita ad imporre uno sconto (oltretutto anche del 20 %) sulle tariffe vigenti, senza dare conto delle ragioni della misura fissata: risultano quindi violati anche i principi di cui all'art. 41 cost. Tra l'altro, lo sconto viene applicato su tariffe molto risalenti (quelle statali rimontano al 1996) e cio' appare irragionevole, non potendosi dubitare del fatto che, in dieci anni, i costi dei fattori produttivi (si pensi, per tutti, alla remunerazione del personale) siano cresciuti a volte anche sensibilmente. Ma in ogni caso, anche se per ipotesi i costi di produzione fossero rimasti costanti o addirittura diminuiti nel periodo di tempo summenzionato, cio' avrebbe dovuto risultare da una compiuta istruttoria, necessaria anche per la norma di legge quando essa si pone come provvedimento amministrativo seppure a carattere generale. Ed in effetti, tenuto conto del fatto che il d.m. 12 settembre 2006 ha confermato le tariffe del 1996, con cio' volendo significare che quelle tariffe sono da ritenere ancora congrue a distanza di dieci anni dalla loro determinazione, non si puo' non rilevare la contraddittorieta' del legislatore statale, il quale, dopo appena tre mesi dall'approvazione del d.m. 12 settembre 2006 - pubblicato fra l'altro nella Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2006 - Ritiene non piu' congrue le predette tariffe ed opera una ulteriore riduzione. 2.1.3.) Naturalmente, le difficolta' che alle strutture private derivano dall'applicazione delle regole di cui all'art. 1, comma 796, lett o) della legge n. 296/2006 sono in grado di compromettere anche la piena esplicazione del diritto di cui all'art. 32 Cost, visto che le strutture private accreditate potrebbero incontrare difficolta' a garantire la piena funzionalita' dei servizi, il che, in un sistema che vede la sanita' pubblica non in gaado di assicurare tempestivamente l'erogazione delle prestazioni sanitarie, puo' compromettere il diritto alla salute e il diritto di libera scelta dei cittadini-utenti. A questo riguardo, si deve evidenziare che la presenza significativa degli operatori privati nel S.S.N. risponde ad esigenze insopprimibili dell'Amministrazione sanitaria, la quale non riesce, con le proprie strutture, a garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie a favore degli utenti, per cui non si potrebbe nemmeno sostenere che le strutture private, se ritengono non convenienti le tariffe, possono «uscite» dal sistema. Spetta invece all'amministrazione competente, previa adeguata istruttoria, decidere se rilasciare o meno l'accreditamento e stabilire annualmente il volume di prestazioni che intende acquistare dai privati; nel momento in cui rilascia l'accreditamento e fissa i tetti di spesa annuali, l'Amministrazione sanitaria riconosce di aver bisogno dell'ausilio degli operatori privati, i quali vanno pero' adeguatamente remunerati. 2.1.4.) La mancanza (o comunque la non allegazione) di una compiuta istruttoria da' luogo altresi' ad una violazione dell'art. 97 Cost., in quanto la p.a. (e la cosa vale anche per il Legislatore-amministratore, ovviamente) deve sempre porre a base del proprio operato un'adeguata conoscenza dei fatti della quale deve dare conto nella motivazione del provvedimento terminale. Nel caso della legge, naturalmente, la motivazione puo' anche consistere nel richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti (nella specie, pero', l'istruttoria, che pure il legislatore della legge n. 296/2006 Ritiene necessaria, viene espressamente posticipata, il che da' luogo ad un'illogica inversione del procedimento). 2.1.5.) Da ultimo, il sistema delineato dall'art. 1, comma 796, lett. o) della legge finanziaria per il 2007, si pone in contrasto con l'art. 117 Cost., nel momento in cui lo Stato non si limita a dettare i criteri per la fissazione delle tariffe da parte delle regioni, ma le fissa direttamente. A tal proposito pur potendosi astrattamente ritenere che le esigenze di contenimento della spesa pubblica e il conseguente potere dello Stato di dettare norme di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost) militino nel senso della legittimita' in parte qua della legge n. 296/2006, si deve tenere conto dei recenti arresti della Corte costituzionale in materia di limiti della legislazione statale in tema di individuazione dei settori in cui le regioni debbono operare «tagli»: il riferimento e' alle note sentenze della Consulta 390 del 2004, 417 e 449 del 2005, 88 del 2006 e 157 del 2007, in cui si e' ritenuto non spettare allo Stato l'individuazione dettagliata delle voci di costo dei bilanci regionali da ridurre, potendo il legislatore statale stabilire solo i principi fondamentali della materia e, al limite, la misura delle riduzioni di spesa. Nel caso di specie, pero', il legislatore statale non si e' limitato a cio', in quanto lo sconto del 2% e del 20 % viene applicato al tariffario vigente nella sua globalita', il che e' come dire che lo Stato ha rideterminato nel dettaglio le tariffe in questione. 2.1.6.) Per tutto quanto detto, non appare nemmeno utile l'invocazione- contenuta nell'incipit del comma 796 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007 alle esigenze di «....garantire il rispetto degli obbligli comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006...», sia perche' tali ragioni non possono essere opposte, in assenza di adeguata istruttoria, agli operatori privati, sia perche' non appare costituzionalmente giustificata l'incisione di interessi privati in norme delle sempre invocate ragioni di contenimento della spesa pubblica. 3) Conclusivamente il Collegio: 1) accoglie il primo ricorso e per l'effetto annulla il d.m. Salute 12 settembre 2006 in parte qua; 2) accoglie in parte il secondo ricorso e per l'effetto annulla la delibera della Giunta regionale Lazio 19 giugno 2007, n. 436, all. 3, punto 1, nella parte in cui recepisce le tariffe del d.m. 12 settembre 2006; 3) per il resto sospende il giudizio e rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge 27 dicembre 2006 n. 296 per violazione degli articoli 24 e -113, 32, 41, 97 e 117 della Costituzione. Rinvia al definitivo la statuizione sulle spese di causa.