IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento relativo a Savino Agostino (nato a Torre Annunziata il 12 dicembre 1942 e residente in Cremona alla via Bissolati n. 117, libero sospeso ex art. 656, quinto comma c.p.p.) avente ad oggetto istanza di concessione di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 o.p. (in relazione alla pena residua, di cui al cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata in data 28 novembre 2006 (pena inflitta: anni 4, mesi 1, giorni 20 recl.). Si solleva ex officio questione di legittimita' costituzionale - in riferimento agli artt. 25, primo comma, 111, secondo comma e 97, primo comma Cost. - dell'art. 656, sesto comma c.p.p. nella parte in cui non prevede che nelle more della decisione sull'istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione, qualora sopravvengano altre sentenze definitive di condanna pronunciate da giudici di diverso astretto di Corte d'appello nei confronti della stessa persona e il p.m. competente determini la pena ai sensi dell'art. 663 c.p.p., la competenza a decidere rimanga ferma in favore del tribunale di sorveglianza del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che - al momento della presentazione di detta istanza da parte del condannato «libero sospeso» ai sensi dell'art. 656, quinto comma c.p.p. - era competente per l'esecuzione. 1) Non manifesta infondatezza della questione. La Procura generale presso la Corte d' appello di Napoli in data 13 febbraio 2002 ha sospeso ex art. 656, quinto comma c.p.p. l'ordine di carcerazione emesso nei confronti del Savino in riferimento alla pena inflitta dalla Corte d'appello di Napoli con sentenza del 7 marzo 2001 (anni 1, giorni 20 recl.); il Savino in data 21 marzo 2003 ha depositato - nella segreteria di detta procura generale - apposita istanza di concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 o.p. La suddetta sentenza, pronunciata dalla Corte d'appello di Napoli il 7 marzo 2001, e' stata poi assorbita nel cumulo emesso il 9 dicembre 2003 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari (pena inflitta: anni 2, mesi 3, giorni 20 recl.). Il Tribunale di sorveglianza di Napoli con ordinanza, emessa all'udienza del 3 maggio 2004, si e' dichiarato territorialmente incompetente ed ha rimesso gli atti al Tribunale di sorveglianza di Bari individuato come nuovo giudice competente per territorio. Tuttavia nelle more della decisione da parte di questo tribunale di sorveglianza si e' verificato che: a) la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata in data 28 novembre 2006 ha emesso un nuovo provvedimento di cumulo (pena inflitta: anni 4, mesi 1, giorni 20 recl., pena residua da espiare: anni 3, mesi 2, giorni 2 recl.), nel quale e' stato assorbito il suddetto cumulo emesso il 9 dicembre 2003 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari; b) il Tribunale di Torre Annunziata in funzione di giudice dell'esecuzione con provvedimento del 13 febbraio 2007 ha concesso al Savino - in relazione alla pena residua di cui al cumulo p.m. Torre Annunziata del 28 novembre 2006 - l'indulto per anni 3 di reclusione ai sensi della legge n. 241/2006, sicche' la pena residua attualmente da espiare e' di mesi 2, giorni 2 di reclusione. Orbene, si da' atto che ai sensi dell'art. 656, sesto comma c.p. il tribunale di sorveglianza territorialmente competente, qualora il condannato «libero sospeso» ai sensi dell'art. 656, quinto comma c.p.p. abbia presentato istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione, e' quello del luogo in cui ha sede l'ufficio del p.m. che cura l'esecuzione del titolo, in relazione al quale e' stata inoltrata detta istanza. Tuttavia, si ritiene che l'art. 656, sesto comma c.p.p. trovi applicazione solamente nell'ipotesi in cui la pena da espiare sia stata inflitta con una o piu' sentenze definitive, in riferimento alle quali prima il p.m. competente emetta apposito ordine di sospensione dell'esecuzione ai sensi dell'art. 656, quinto comma c.p.p. e poi il condannato «libero sospeso» presenti entro trenta giorni apposita istanza di accesso a misura alternativa alla detenzione. Infatti, il tenore della disposizione teste' richiamata e' chiaramente nel senso di legare strettamente tra loro sul piano logico-temporale i seguenti atti procedurali: emissione dell'ordine di carcerazione e del relativo provvedimento di sospensione dell'esecuzione da parte del p.m. competente; concessione del termine di trenta giorni entro cui e' possibile presentare istanza di applicazione di misura alternativa alla detenzione e deposito di detta istanza da parte del condannato in relazione esclusivamente a quelle sentenze definitive, la cui esecuzione e' stata gia' provvisoriamente sospesa dal p.m. competente. Per converso, l'art. 656, quinto e sesto commi c.p.p. nulla prevede nel caso in cui, dopo la presentazione da parte del condannato dell'istanza di accesso a misura alternativa alla detenzione in relazione alla pena inflitta con una o piu' sentenze definitive, sopraggiungano altre sentenze definitive di condanna emesse da giudici di diverso distretto di Corte d'appello e queste sentenze siano assorbite - come nella fattispecie sub iudice in un apposito provvedimento di cumulo adottato dal p.m. territorialmente competente ai sensi dell'art. 663 c.p.p. In questa particolare ipotesi trova applicazione il principio ricavabile dal combinato disposto degli artt. 655, primo comma e 665, quarto comma c.p.p., secondo cui la competenza - nel caso di sopravvenienza di altre sentenze di condanna pronunciate da giudici di diverso distretto di Corte d'appello - e' del tribunale di o sorveglianza del luogo in cui e' stata pronunciata la sentenza divenuta irrevocabile per ultima e, cioe', del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che, avendo emesso apposito provvedimento ai sensi dell'art. 663 c.p.p., ne cura l'esecuzione. A questo approdo ermeneutico si perviene sulla base della semplice constatazione che, qualora il condannato abbia beneficiato della sospensione dell'esecuzione della pena ai sensi dell'art. 656, comma c.p.p., la normativa processuale penale (cfr. il tenore dell'art. 656, sesto comma c.p.p. e dell'art. 677, secondo comma, ultimo periodo c.p.p.) e' chiaramente nel senso di agganciare e legare strettamente - sul piano territoriale - la competenza del tribunale di sorveglianza a quella del p.m. che cura l'esecuzione della condanna definitiva, prevedendo espressamente che l'individuazione del tribunale di sorveglianza territorialmente competente e' determinata dal luogo in cui ha sede l'ufficio del p.m. preposto ad eseguire il titolo. Questa scelta normativa valorizza il locus commissi delicti, il quale e' l'elemento oggettivo utilizzato per individuare prima l'ufficio del p.m. territorialmente competente per le indagini e il giudice che deve accertare la responsabilita' dell'imputato; poi il p.m. preposto ad eseguire la sentenza definitiva di condanna e a sospenderne eventualmente l'esecuzione ai sensi dell'art. 656, quinto comma c.p.p.; infine, il tribunale di sorveglianza competente a decidere sull'istanza di accesso a misura alternativa alla detenzione presentata dal condannato «libero sospeso» ex art. 656, quinto comma c.p.p. In altre parole, applicando al caso di specie il suddetto criterio legale, si perviene alla conclusione che il tribunale di sorveglianza competente e' quello del luogo in cui ha sede la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata e, segnatamente, il Tribunale di sorveglianza di Napoli. Si evidenzia, comunque, che la questione in oggetto, concernente l'individuazione de1 tribunale di sorveglianza territorialmente competente, non possa essere risolta, applicando analogicamente (analogia legis) il principio sancito dall'art. 5 c.p.c. secondo cui la competenza si determina con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e, percio', sono irrilevanti i successivi mutamenti dello stato medesimo (perpetuatio jurisdictionis). Infatti, e' noto che il ricorso alla cd. analogia legis e' possibile a condizione che la fattispecie sub iudice non sia affatto disciplinata dalla legge; per converso, si e' prima evidenziato che la questione della competenza territoriale, oggetto della presente procedura di sorveglianza, e' disciplinata dal combinato disposto degli artt. 655, primo comma e 665, quarto comma c.p.p. secondo cui - nel caso di sopravvenienza di altre sentenze definitive di condanna - e' competente il tribunale di sorveglianza del luogo in cui e' stata pronunciata la sentenza divenuta irrevocabile per ultima e, cioe', del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che, avendo emesso l'ultimo provvedimento di cumulo ai sensi dell'art. 663 c.p.p., ne cura l'esecuzione. Ne' si puo' applicare al caso di specie - per analogia juris - il principio generale della cd. perpetuatio jurisdictionis, in quanto valgono al riguardo le stesse ragioni che precludono il ricorso al criterio della cd. analogia legis e, segnatamente, il fatto che negli arti. 655, primo comma e 665, quarto comma c.p.p. come si e' gia' evidenziato - e' contemplato il criterio legale da utilizzare ai fini dell'individuazione del tribunale di sorveglianza territorialmente competente. Neppure si puo' invocare il criterio della perpetuatio jurisdictionis sancito dall'art. 677, primo comma c.p.p., perche' tale disposizione disciplina la diversa e autonoma ipotesi del condannato detenuto in istituto penitenziario e non gia' quella del condannato«libero sospeso», ai sensi dell'art. 656, quinto comma c.p.p. In definitiva, la questione della competenza territoriale nella presente procedura di sorveglianza va risolta secondo il principio enucleabile dal combinato disposto degli artt. 655, primo comma e 665, quarto comma c.p.p., secondo cui la competenza - nel caso di sopravvenienza di altre sentenze definitive di condanna pronunciate da giudici di diverso distretto di Corte d'appello appartiene al tribunale di sorveglianza del luogo in cui e' stata pronunciata la sentenza divenuta irrevocabile per ultima; cioe', nel caso di specie al Tribunale di sorveglianza di Napoli. Si ritiene, pero', che il criterio sulla competenza territoriale ricavabile dagli artt. 655, primo comma e 665, quarto comma c.p.p. sia estremamente «mobile», dal momento che consente al tribunale di sorveglianza originariamente competente ai sensi dell'art. 656, sesto comma c.p.p., come e' avvenuto nel caso di specie, di dichiararsi incompetente e percio' di trasmettere gli atti di procedura a quel diverso tribunale di sorveglianza che nel frattempo - a seguito della sopravvenienza di altra sentenza irrevocabile pronunciata da giudice di diverso distretto di Corte d'appello - sia diventato competente; a sua volta quest'ultimo tribunale di sorveglianza, qualora nelle more della decisione sopraggiungano altre sentenze definitive di altro distretto, sara' costretto a declinare la competenza in favore di quel tribunale di sorveglianza, che nel frattempo e' diventato territorialmente competente. Appare chiaro che questi continui e ripetuti spostamenti di competenza per territorio, la quale potra' cristallizzarsi definitivamente soltanto nel momento in cui il tribunale di sorveglianza decide prima che sopravvengano altre sentenze definitive di condanne pronunciate da giudici di altri distretti di Corte d'appello, si pongano in oggettivo contrasto con i principi sanciti dagli artt. 25, primo comma, 111, secondo comma e 97, primo comma Cost. Invero, il «rimbalzo» di competenza territoriale da un tribunale di sorveglianza all'altro: in primo luogo viola il principio di naturalita' e precostituzione del giudice, di cui all'art. 25, primo comma Cost., perche' rende impossibile individuare a priori il tribunale di sorveglianza territorialmente competente a decidere sull'istanza di applicazione di misura alternativa alla detenzione presentata da chi e' stato condannato con piu' sentenze emesse da giudici di diversi distretti di Corte d'appello; in secondo luogo allunga irragionevolmente i tempi di definizione del procedimento e, percio', non ne assicura la ragionevole durata, precludendo cosi' l'attuazione del principio sancito dall'art. 111, secondo comma Cost.; in terzo luogo rischia di far girare «a vuoto» - per un tempo piu' o meno lungo - la stessa attivita' giurisdizionale con conseguente dispendio di energie e risorse sul piano umano ed economico, concretizzando cosi' la violazione del principio costituzionale di «buon andamento», che informa l'attivita' di ogni amministrazione pubblica (art. 97, primo comma Cost.). 2) Rilevanza della questione nella fattispecie concreta per cui e' procedura. La questione di legittimita' costituzionale rileva nella presente procedura di sorveglianza. Infatti, se la questione venga ritenuta fondata e percio' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma censurata nel senso prospettato, il Tribunale di sorveglianza di Napoli sarebbe territorialmente competente a decidere sull'istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione presentata dal condannato; per converso, se la questione sia ritenuta inammissibile o rigettata, la competenza dovrebbe essere del Tribunale di sorveglianza di Bari.