LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  15354  del  2006,  proposto  da  Santoro  Sergio,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Michele  Damiani,  con domicilio
eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Mordini n. 14;
   Contro  Agenzia  delle  Entrate di Roma 1 e contro Banca Monte dei
Paschi  Siena S.p.A., Concessionaria del servizio riscossione tributi
della  Provincia di Roma, rappresentata e difesa dall'avv. Alberto Di
Giambattista,  con  domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo
in  Roma,  via  dei  Normanni n. 1; per l'annullamento della cartella
esattoriale  n. 097  2004  0322138234  000  emessa  in relazione alla
dichiarazione  dei  redditi  IRPEF  modello UNICO 2001, nonche' della
conseguente  iscrizione  di  ipoteca ex art. 77 del d.P.R. n. 602 del
1973, come modificato dall'art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito alla pubblica udienza del 7 maggio 2007, relatore il giudice
dott.  prof.  Nunzio  Piazza,  l'avvocato  di  parte  attrice come da
verbale;
                              F a t t o
   Il ricorrente ha dedotto in fatto:
     che   in   data  17  aprile  2006  ha  ricevuto  dal  menzionato
Concessionario  avviso di iscrizione di ipoteca ai sensi dell'art. 77
del decreto  del  Presidente  della  Repubblica n.  602 del 1973, con
allegato  un  estratto  della citata cartella esattoriale n. 097 2004
0322138234 000, asseritamene notificatagli in data 25 novembre 2004;
     che  invece  la menzionata cartella esattoriale non gli e' stata
mai notificata;
     che  alla data dell'asserita notifica egli non risiedeva a Roma,
bensi'   a   Bologna,   come  da  documentazione  anagrafica  che  ha
depositato,  dalla  quale risulta che il proprio domicilio fiscale e'
stato  trasferito  a  Roma  a  seguito  di  sua  espressa  e motivata
richiesta, ma soltanto a decorrere dal 1 gennaio 2006;
     ne  segue  che  la cartella impugnata, in quanto mai validamente
notificata al contribuente, e' anzitutto illegittima per vizi propri;
     ad  avviso  del ricorrente, in ogni caso la notifica ad oggi non
risulta  in  alcun  modo eseguita, ne' successivamente l'ufficio, pur
edotto   del  cambiamento  di  domicilio  fiscale,  ha  provveduto  a
notificargli nuovamente la menzionata cartella esattoriale.
   Ha  dedotto  in  diritto  che,  ove,  per mera ipotesi, la pretesa
fiscale  si  riferisse alla dichiarazione dei redditi dell'anno 2000,
e'  gia' intervenuta decadenza del potere impositivo dell'ufficio, ai
sensi  delle norme di legge vigenti ed alla luce della giurisprudenza
costituzionale e di legittimita' sul punto.
   L'Agenzia  delle  Entrate - Ufficio di Roma 1 ed il Concessionario
del  servizio  riscossione  tributi  hanno  chiesto  la relezione del
ricorso, il Concessionario stesso eccependo in primis - nella propria
memoria  di  costituzione  in  giudizio,  ove  cita giurisprudenza di
merito  - l'inammissibilita' del ricorso per difetto di giurisdizione
del giudice tributario.
   Alla  pubblica  udienza  del  7  maggio  2007  la  causa  e' stata
trattenuta in decisione.
                            D i r i t t o
   Il  ricorrente  ha  chiesto l'annullamento della ripetuta cartella
esattoriale,  emessa  dal Concessionario della riscossione per l'anno
d'imposta  2000,  in  relazione  alla dichiarazione dei redditi IRPEF
modello  UNICO  2001  e  della  correlata  iscrizione  ipotecaria  su
immobili  per  importo  pari  ad doppio del credito iscritto a ruolo,
scaduto  e non pagato alla data di redazione della nota di iscrizione
dell'ipoteca.
   Alla  pubblica  udienza  di  discussione  il  ricorrente  nulla ha
opposto  all'eccezione,  sollevata dal Concessionario, sul difetto di
giurisdizione   del   giudice  tributario  fondata  sull'assunto  che
l'iscrizione  ipotecaria  prevista  dal  citato  art.  77  del d.P.R.
n. 602/1973 non rientra tra gli atti previsti dall'art. 19 del d.lgs.
n. 546/1992  come  impugnabili  dinanzi  alla  Commissione tributaria
provinciale   e   rientra,   invece,  nella  giurisdizione  esclusiva
dell'AGO.
   Invero,  osserva  il  Collegio  che  il vigente art. 2844 c.c., al
comma 1, si limita a disporre che:
     «Le  azioni  a  cui  le  iscrizioni  possono  dal luogo contro i
creditori    sono    promosse   davanti   all'autorita'   giudiziaria
competente,...........», senza precisare quale questa sia.
   Aggiunge   il   Collegio  che  il  legislatore  si  e'  da  ultimo
determinato  sulla  questione  affidando  la  menzionata attribuzione
giurisdizionale   al   giudice   tributario   con   l'art.   35,comma
26-quinquies,  del  decreto-legge  n. 223  del  2006,  convertito con
modificazioni  dalla legge n. 248 del 2006, con effetto dal 12 agosto
2006.
   Il  punto  e'  che  il  ricorso  all'esame  di  questa Commissione
tributaria  e'  stato tempestivamente proposto in data 9 giugno 2006,
cioe'  in  data  anteriore  all'entrata in vigore dell'intervento del
legislatore.
   Ritiene   peraltro   il   Collegio   che   la   dichiarazione   di
inammissibilita'   del  ricorso  per  difetto  di  giurisdizione  che
esaurisca definitivamente il giudizio, per non vanificare l'attivita'
processuale  svolta  e,  per  quel  piu' rileva, onde impedire che la
parte  subisca  gli  effetti  della decadenza nel frattempo maturata,
debba  comportare  la  translatio iudicii innanzi al giudice divenuto
competente, peraltro non prevista dall'art. 3 del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546.
   La  norma  infatti  si  limita  a  stabilire  che  il  difetto  di
giurisdizione  del  giudice  tributario  deve  essere  rilevato anche
«d'ufficio», precludendo ogni altra pronuncia intesa ad assicurare la
possibilita'  di riassumere il processo davanti al giudice fornito di
giurisdizione e, conseguentemente, di salvare gli effetti sostanziali
e processuali della domanda.
   Da  qui  la  rilevanza  nel  presente  giudizio della questione di
costituzionalita' dell'art. 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
   Difatti,  se  l'attuale  giudizio  si  concludesse  con  pronuncia
declaratoria    tout   court   sulla   giurisdizione,   senza   cioe'
l'indicazione  del  giudice  divenuto  nel  frattempo competente alla
prosecuzione  del  processo,  vanificherebbe  l'attivita' processuale
svolta,  determinando di fatto, altresi', la decadenza dal diritto di
proporre ricorso nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data
di  notificazione  dell'atto  impugnato,  ex art. 21, comma primo del
citato d.lgs. n. 546 del 1992.
   In definitiva, la situazione, quale si presenta al Collegio, oltre
che emblematica di inutile dispendio di energie processuali e risorse
economiche,  e'  anzi  tutto collidente con il diritto costituzionale
alla  durata ragionevole del processo che metta capo ad una pronuncia
sul  merito (legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), e la parte
subisce  passivamente, suo malgrado senza alcuna auto-responsabilita'
che  giustifichi  la  sopportazione  delle  conseguenze  negative, la
perdita  del  diritto alla tutela delle proprie situazioni giuridiche
soggettive ex artt. 24 e 113 Costituzione.
   In guisa tale che la durata del processo, non solo va a detrimento
di  chi  attraverso esso fa valere il proprio diritto, ma incide alla
radice   sull'azione   in   senso   concreto,   intesa  come  diritto
«all'attuazione  della  legge  spettante  a  chi  ha  ragione»  (c.d.
perpetuatio actionis).
   Ad  avviso del Collegio remittente, quanto esposto configura grave
vulnus degli artt. 24, 111 e 113 Cost.
   Conclusivamente  il  Collegio,  sulla  base  del i argomenti sopra
esposti solleva d'ufficio questione di costituzionalita' dell'art. 3,
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione agli artt.
24,  111,  113  Cost.  nella  parte  in  cui  non consente al giudice
tributario  che declini la giurisdizione di disporre la continuazione
del  processo  con  salvezza  degli effetti sostanziali e processuali
della domanda.