IL TRIBUNALE Nel procedimento in grado di appello n. 3/07 proposto da Borsellino Gerlando e Borsellino Domenico innanzi il Tribunale di Pavia in composizione monocratica ha pronunciato la seguente ordinanza. Con sentenza del 16 novembre 2005 il Giudice di pace di Corteolona condannava i signori Borsellino Gerlando e Borsellino Domenico alla pena di € 600,00 di multa ciascuno, oltre al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita, avendoli ritenuti responsabili dei reati loro in concorso ascritti di lesioni e di ingiurie commessi il 30 maggio 2003, riuniti nel vincolo della continuazione, ritenuto piu' grave il delitto di lesioni. Avverso la decisione hanno interposto appello i condannati chiedendo la riforma della sentenza. All'udienza 9 ottobre 2007 all'uopo fissata innanzi il Tribunale monocratico il difensore degli imputati eccepiva la intervenuta prescrizione del reato di lesioni personali volontarie in danno di Canepari Gionata dovendo ritenersi applicabile il termine prescrizionale di tre anni di cui all'art. 157, quinto comma c.p. cosi' come novellato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 all'art. 6. Osserva il giudice che in effetti il termine di cui alla norma citata, pure considerando l'aumento per effetto dell'atto interruttivo costituito dalla pronuncia della sentenza di prime cure, e' scaduto e la prescrizione risulta essersi compiuta. Tuttavia ritiene il giudice che, pur essendo senz'altro applicabile al caso di specie, la norma invocata dal difensore ponga seri dubbi di costituzionalita' per altro gia' sottoposti da altri giudici al vaglio della Corte costituzionale. L'art. 157 c.p. come novellato dispone che «quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria» il termine di prescrizione e' di tre anni. Il testo della norma in argomento e' univoco, non potendosi attribuire altro significato al riferimento ai reati «per i quali la legge stabilisce pene diverse» se non quale richiamo a quelli attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali e' appunto prevista l'applicabilita' delle cosiddette sanzioni «paradetentive» della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilita' a norma dell'art. 52 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274. E' quindi del tutto evidente che al fine dell'odierna decisione la norma di riferimento applicabile al caso concreto e' quella dell'art. 157 c.p. nel testo novellato dovendosi escludere la possibilita' di ricorrere ad interpretazioni adeguatrici diverse che valgano a dissolvere i dubbi di costituzionalita' che si intendono sottoporre all'esame della Corte, come gia' ha osservato la Corte la Cassazione nella propria ordinanza di remissione in data 6 settembre 2006. Vale osservare che l'art. 52 della legge istitutiva della competenza penale del giudice di pace ha previsto la bipartizione in due categorie dei reati: quelli per i quali e' prevista la pena edittale della sola multa o dell'ammenda, per i quali si continuano ad applicare le pene vigenti e tutti gli altri per i quali il comma due dello stesso articolo stabilisce che in luogo delle pene detentive si applichi o la pena pecuniaria della specie corrispondente o la pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica utilita'. Sulla base del disposto dell'art. 157 c.p. novellato in esame si viene a creare una evidente contraddizione: per le ipotesi meno gravi, per le quali la sanzione applicabile e' solo la pena pecuniaria, il termine di prescrizione e' quello previsto dal primo comma (sei anni se si tratta di delitto, quattro anni se si tratta di contravvenzione), mentre nei casi di maggior gravita', quali quelli per i quali sono applicabili le pene c.d. «paradetentive», il termine, inspiegabilmente, si riduce a tre anni. L'irrazionalita' di tale scelta legislativa, alla luce dei principi costituzionali di ragionevolezza e di eguaglianza presidiati dall'art. 3 della Costituzione, emerge in tutta la sua evidenza nel caso di specie in cui si verificherebbe l'assurda situazione per cui il reato piu' grave di lesioni volontarie risulterebbe prescritto contrariamente a quello meno grave di ingiuria posto in continuazione. Va ancora aggiunta un'ulteriore osservazione sistematica che fa riferimento al fatto che le sanzioni c.d. «paradetentive», le quali «per ogni effetto si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella originaria (art. 58 del d.lgs. n. 274 del 2000, evocativo del meccanismo della "sostituzione" in fase applicativa della sanzione edittale) vengono configurate in ogni caso come facoltative, alternative rispetto alla sanzione pecuniaria, cosicche' la commisurazione del termine di prescrizione viene fatto dipendere non da una pena strettamente prevista e quindi di certa applicazione ma dalla mera possibilita' eventuale di irrogazione di una sanzione "paradetentiva"». Nessuna causa o ragione della disciplina in discussione emerge che valga a costituire una adeguata ragionevole causa giustificatrice della scelta legislativa sottostante. Da tutto cio' discende, ad avviso di questo giudice, la declaratoria di rilevanza e di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, quinto comma, c.p. come sostituito dall' art. 6 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede che quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria si applica, per la determinazione del tempo necessario a prescrivere il reato, il termine di tre anni in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.