IL GIUDICE DI PACE
   Letti gli atti del procedimento a carico di Giangregorio Giovanni;
   Rilevato  che  la  questione  di  legittimita' costituzionale puo'
essere sollevata di ufficio dal giudice;
   Rilevato  che nel presente giudizio risulta contestato il reato di
cui all'art. 582 c.p.;
   Rilevato  che  per il reato contestato la sanzione applicabile del
g.d.p.,  originariamente  e'  la  multa  da  lire  1.000.000  a  lire
5.000.000  o  pena  della  permanenza  domiciliare  da 15 giorni a 45
giorni,  ovvero pena di pubblica utilita' per un periodo da giorni 20
a mesi 6 (art. 52, comma 2, lett. b, d.lgs. n. 274/2000);
     che  a  seguito  dell'entrata  in  vigore della legge 5 dicembre
2005,  n. 251,  in  tema  di prescrizione del reato, dovrebbe trovare
applicazione il disposto dell'art. 6 n. 1 in base al quale quando per
il  reato  la  legge  stabilisce congiuntamente o alternativamente la
pena  detentiva  o  la  pena  pecuniaria,  per  determinare  il tempo
necessario  a prescrivere si ha riguardo solo alla pena detentiva, ma
quando  per  il  reato  la  legge  stabilisce  pene diverse da quella
detentiva   e   da   quella  pecuniaria  si  applica  il  termine  di
prescrizione di anni tre;
   Rilevato  che  e' gia' stata sollevata da altri giudici (Tribunale
di  Perugia,  ord.  20 marzo 2006 e Cass. penale ord. 31 agosto 2006)
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 5 c.p.
cosi'  come  sostituito  dall'art.  6 della citata legge n. 251/2005,
nella  parte  in  cui  prevede  che  quando  per  il  reato  la legge
stabilisce pene diverse da quella detentiva o da quella pecuniaria si
applica il termine di prescrizione di anni tre.
   Rilevato che la questione di applicabilita' o meno della norma sui
nuovi  termini appare rilevante ai fini del presente giudizio, attesa
la  possibilita'  di  un'avvenuta  prescrizione  del  reato  in  capo
all'imputato;
   Osservato  che conformemente a quanto rilevato dagli altri giudici
che  hanno  gia'  rimesso  alla  Corte costituzionale la questione di
legittimita' costituzionale della norma in esame, la questione stessa
appare non manifestamente infondata.
   Ritenuta  pertanto  la  non  manifesta  infondatezza della dedotta
incostituzionalita'  della  norma sopra esaminata in quanto contraria
ai  principi  di  ragionevolezza ed ai canoni di uguaglianza tutelati
dall'art. 3 della Costituzione.