Sentenza
nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1226,
della  legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2007),  promossi  con  ricorsi  della  Regione Veneto, delle Province
autonome di Bolzano e di Trento e della Regione Lombardia, notificati
il  23 e il 26 febbraio 2007, depositati in cancelleria il 1°, il 5 e
il  7  marzo  2007 ed iscritti ai numeri 10, 12, 13 e 14 del registro
ricorsi 2007;
   Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito nell'udienza pubblica dell'11 marzo 2008 il giudice relatore
Paolo Maddalena;
   Uditi  gli  avvocati  Mario  Bertolissi  per  la  Regione  Veneto,
Giuseppe  Franco  Ferrari  e  Roland Riz per la Provincia autonoma di
Bolzano,  Giandomenico  Falcon  per  la Provincia autonoma di Trento,
Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e gli avvocati
dello  Stato  Giuseppe  Fiengo, Massimo Salvatorelli e Michele Dipace
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1. - Con quattro distinti ricorsi, iscritti ai numeri 10, 12, 13 e
14  del  registro  dell'anno  2007  la  Regione  Veneto,  le Province
autonome di Bolzano e di Trento e la Regione Lombardia hanno promosso
questioni  di legittimita' costituzionale di numerosi commi dell'art.
1   della  legge  27  dicembre  2006,  n. 296  (Disposizioni  per  la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2007), e, tra questi, del comma 1226.
   1.1. - La disposizione impugnata prevede che «Al fine di prevenire
ulteriori  procedure di infrazione, le Regioni e le Province autonome
di  Trento  e  di Bolzano devono provvedere agli adempimenti previsti
dagli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente
della   Repubblica   8   settembre   1997,   n. 357,   e   successive
modificazioni,  o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di
entrata  in vigore della presente legge, sulla base di criteri minimi
uniformi  definiti  con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare».
   1.2. - La Regione Veneto censura tale previsione in riferimento al
principio di leale collaborazione.
   La  Provincia  autonoma  di Bolzano prospetta la violazione: degli
artt.  116  e  117  della  Costituzione  e  dell'art.  10 della legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione); dell'art. 8, numeri 1, 3, 5, 6, 7,
8,  11, 13, 14, 15, 16, 18, 20 e 21, dell'articolo 9, numeri 10 e 11,
e  dell'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti  lo  statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige); del
decreto  del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 (Norme
di  attuazione  dello  statuto  speciale per la regione Trentino-Alto
Adige  in  materia  di  minime  proprieta' colturali, caccia e pesca,
agricoltura  e  foreste); del decreto del Presidente della Repubblica
19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige
ed  alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del
decreto  del  Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), e,
specificamente,  degli  articoli  7  ed 8; del decreto del Presidente
della  Repubblica  20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello
statuto   speciale   per   il   Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
trasferimento  alle Province autonome di Trento e di Bolzano dei beni
demaniali  e  patrimoniali  dello Stato e della Regione); del decreto
del  Presidente  della  Repubblica  22  marzo  1974, n. 381 (Norme di
attuazione  dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige
in   materia   di   urbanistica  ed  opere  pubbliche);  del  decreto
legislativo  11  novembre  1999,  n. 463  (Norme  di attuazione dello
statuto  speciale  della  Regione  Trentino-Alto  Adige in materia di
demanio  idrico,  di  opere  idrauliche  e  di  concessioni di grandi
derivazioni  a  scopo  idroelettrico,  produzione  e distribuzione di
energia  elettrica);  del  decreto del Presidente della Repubblica 28
marzo  1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la Regione
Trentino-Alto  Adige  in materia di igiene e sanita); del decreto del
Presidente  della  Repubblica  26  gennaio  1980,  n. 197  (Norme  di
attuazione   dello   statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige
concernenti  integrazioni  alle  norme  di  attuazione  in materia di
igiene   e   sanita'  approvate  con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  28  marzo  1975,  n. 474);  nonche' degli artt. 2 e 4 del
decreto  legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la potesta' statale di indirizzo e coordinamento).
   La Provincia autonoma di Trento, a sua volta, deduce la violazione
dell'art.  8,  numeri 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 20 e 21,
dell'articolo 9, numeri 9 e 10, e dell'art. 16 dello statuto speciale
della  Regione Trentino-Alto Adige; dell'articolo 7 del d.P.R. n. 526
del 1987; degli artt. 2 e 4 del d. lgs. n. 266 del 1992.
   La  Regione Lombardia prospetta, infine, la violazione degli artt.
117, 118, 120 e 3 e 97 della Costituzione.
   2.  -  La  Regione  Veneto,  dopo avere raffrontato il testo della
disposizione impugnata e quello dei collegati artt. 4 e 6 del decreto
del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento
recante   attuazione   della   direttiva   92/43/CEE   relativa  alla
conservazione  degli  habitat  naturali e seminaturali, nonche' della
flora  e  della fauna selvatiche), rileva che con l'entrata in vigore
della  normativa impugnata i criteri in base ai quali le Regioni e le
Province  autonome  sono  tenute  ad  agire non sono piu' determinati
mediante  forme collaborative con gli enti territoriali, ma risultano
imposti  dallo  Stato. E assume che cio' sarebbe lesivo delle proprie
prerogative costituzionali.
   La circostanza che la materia dell'intervento normativo sia quella
della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di esclusiva competenza
statale,  ai  sensi  dell'art.  117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione,  non  legittimerebbe,  infatti,  la  pretermissione  di
strumenti   di  dialogo  e  di  intesa  tra  Stato  e  Regioni  nella
definizione  della  disciplina, dato che, per la giurisprudenza della
Corte  costituzionale  (la  ricorrente  richiama,  in  proposito,  le
sentenze  numeri  407  e  536 del 2002 e n. 222 del 2003), la materia
ambientale  non  sarebbe una «materia in senso tecnico», intesa quale
«sfera  di  competenza  statale  tale  da  escludere  ogni intervento
regionale,  giacche',  al  contrario,  essa  investe  e  si intreccia
inestricabilmente con altri interessi e competenze».
   Dalla  mancata  natura  di «materia in senso tecnico» della tutela
dell'ambiente discenderebbe, allora, per la ricorrente, la necessita'
di  subordinare  l'intervento normativo statale al principio di leale
collaborazione.  Principio  che,  nella specie, risulterebbe tuttavia
violato  per la omessa previsione di strumenti di dialogo e di intesa
tra lo Stato e le Regioni.
   3.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello  Stato,  si e' costituito,
sostenendo  l'inammissibilita'  e  l'infondatezza  del  ricorso della
Regione Veneto.
   3.1.  -  Per  la  difesa  erariale,  la disposizione impugnata non
avrebbe  carattere innovativo. Il ricorso ad un decreto ministeriale,
quale  parametro  cui  rapportare  le  modalita' di adempimento degli
obblighi  introdotti dalla direttiva 92/43/CEE, sarebbe gia' presente
ed  operante  nell'ordinamento  nazionale  e  troverebbe applicazione
anche  nei  confronti  della Regione ricorrente. Sarebbe, per contro,
ragionevole  fissare  un  breve termine per l'adempimento di obblighi
discendenti  da  una  direttiva  comunitaria,  essendo  ormai decorsi
tredici  anni  dalla  scadenza  del  termine da questa fissato per la
conformazione  degli  Stati  membri  e  dovendosi  evitare  ulteriori
condanne da parte della Corte di giustizia delle Comunita' europee.
   L'intervento   normativo   contestato,  oltretutto,  avrebbe,  per
l'Avvocatura  dello  Stato,  natura riduttiva e collaborativa, avendo
ridotto a criteri minimi uniformi le «linee guida», gia' solennemente
fissate  dal  decreto  ministeriale 3 settembre 2002, e comunque esso
non sarebbe in alcun modo lesivo del «diritto-dovere delle regioni di
dare  applicazione  nel loro territorio ad una direttiva comunitaria,
che  -  si  rammenta  -  e' stata recepita nell'ordinamento nazionale
attraverso l'adozione di un regolamento».
   3.2.  -  L'Avvocatura  generale sostiene, poi, che la disposizione
impugnata,   attenendo   alla   conservazione  di  habitat  naturali,
troverebbe  la  sua  giustificazione nelle competenze esclusive dello
Stato in materia (art. 117, lettere a ed s, della Costituzione).
   E  comunque  essa ritiene ragionevole interpretare la disposizione
impugnata  nel  senso  che  «ove  "i criteri minimi uniformi", che il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare va ad
approvare,  modifichino  le  linee  guida  di cui al d.m. 3 settembre
2002,  gli  stessi  debbano essere adottati con forme di cooperazione
previste  (e comunque equivalenti) a quelle dell'articolo 4, comma 2,
del d.P.R. 357/1997».
   4.  -  La  Provincia  autonoma  di  Bolzano rileva, anzitutto, che
l'art. 117, quinto comma, della Costituzione prevede che le Regioni e
le   Province   autonome   partecipano   all'attuazione  delle  norme
comunitarie  nelle  materie  di  competenza legislativa concorrente e
residuale,  e  che  l'art.  16, comma 1, della legge 4 febbraio 2005,
n. 11  (Norme  generali  sulla partecipazione dell'Italia al processo
normativo  dell'Unione  europea e sulle procedure di esecuzione degli
obblighi  comunitari), sancisce l'obbligo (e non piu' la facolta) per
le Regioni e le Province autonome di dare attuazione, tempestivamente
ed   autonomamente,   agli  obblighi  di  adeguamento  imposti  dalla
normativa comunitaria nelle materie di propria competenza.
   4.1.  -  La  difesa  provinciale  sostiene,  poi,  che la «materia
ambientale»  ricade nell'ambito della potesta' provinciale, in quanto
materia  trasversalmente  incidente in vari settori individuati dallo
statuto agli artt. 8 e 9 quali ambiti di competenza legislativa della
Provincia  (e correlativi ambiti di potesta' amministrativa di cui al
successivo  art. 16) e, piu' specificamente, nelle materie: «tutela e
conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare » (art. 8,
numero  3),  «urbanistica  e  piani  regolatori»  (art. 8, numero 5),
«tutela  del  paesaggio»  (art.  8,  numero 6), «usi civici» (art. 8,
numero  7),  «ordinamento della minime proprieta' culturali» (art. 8,
numero  8),  «porti  lacuali»  (art.  8,  numero  11), «prevenzione e
calamita'  pubbliche» (art. 8, numero 13), «miniere, cave e torbiere»
(art.  8, numero 14) «apicoltura (recte: alpicoltura) e parchi per la
protezione   della   flora  e  della  fauna»  (art.  8,  numero  16),
«comunicazioni  e trasporti di interesse provinciale» (art. 8, numero
18),   «turismo   e  industria  alberghiera»  (art.  8,  numero  20),
«agricoltura, foreste e corpo forestale» (art. 8, numero 21), «igiene
e  sanita»  (art.  9,  numero  10), «attivita' sportive e ricreative»
(art. 9, numero 11).
   Ne  discende, per la difesa provinciale, che «nella materia de qua
sarebbe  rintracciabile  un  vero  e  proprio  obbligo di adeguamento
diretto  ed  autonomo  delle  province  di  Trento  e di Bolzano alla
normativa   di   derivazione   comunitaria,   in  via  di  competenza
esclusiva».
   4.2.  -  La  Provincia  autonoma di Bolzano rimarca, poi, di avere
gia'   adempiuto   tale  obbligo,  dando  attuazione  alla  direttiva
92/43/CEE  con  due provvedimenti successivi e, specificamente, con i
decreti  del  Presidente  della  provincia  26  ottobre  2001,  n. 63
(Valutazione di incidenza per progetti e piani all'interno delle zone
facenti  parte  della  rete  ecologica  europea,  in attuazione della
direttiva  92/43/CEE),  e  22  febbraio 2006, n. 8, recante «Modifica
degli  elenchi  dei  siti  di  importanza  comunitaria  e dei siti di
protezione  speciale  di  cui  all'allegato  A  e  B  del decreto del
Presidente  della  provincia  26  ottobre  2001,  n. 63 nonche' della
relativa documentazione planimetrica».
   4.3.  -  Per  la  Provincia  autonoma,  la disposizione censurata,
reintroducendo, anche con riferimento ad essa, un obbligo generale di
adeguamento  alla  normativa  comunitaria  in  una  materia in cui la
ricorrente  ha  gia'  esercitato  le  proprie potesta' legislative ed
amministrative, e subordinando gli adempimenti posti a proprio carico
al  rispetto  di un emanando decreto ministeriale, il quale coinvolge
ambiti  di  competenza  provinciale,  senza  prevedere  tuttavia  una
qualsivoglia   forma   di  intesa,  neppure  in  sede  di  Conferenza
Stato-Regioni  e  Province  autonome,  violerebbe  sia  le competenze
legislative  ed amministrative provinciali in materia di ambiente sia
il  sistema  di  coordinamento  dei  poteri  normativi nazionali e di
quelli regionali e provinciali, previsto dal d.P.R. n. 526 del 1987.
   Ai  sensi  dell'art.  7  di  tale  decreto,  infatti,  spetta alle
Province   autonome   «dare   immediata   attuazione  alle  direttive
comunitarie,  salvo  adeguarsi,  nei  limiti  previsti  dallo statuto
speciale,   alle  leggi  statali  di  attuazione  dei  predetti  atti
comunitari».
   Non  sarebbe, allora, possibile vincolare la autonomia provinciale
ad  atti  regolamentari,  se  non  per supplire all'eventuale inerzia
nella   attuazione  del  diritto  comunitario  (viene  richiamata  la
sentenza  n. 425  del  1999  della  Corte costituzionale), e sarebbe,
dunque,   costituzionalmente  illegittima  una  norma,  quale  quella
impugnata,   che  pretenda  di  imporsi  direttamente  alle  Province
autonome  e  di  sottomettere  queste  ultime e le scelte normative e
regolamentari  da  esse  gia'  compiute  in  attuazione  del  dettato
comunitario  al  rispetto  di obblighi e vincoli ulteriori, «peraltro
sanciti con decreto ministeriale».
   4.4.  -  La  Provincia di Bolzano lamenta, pure, la violazione del
decreto legislativo n. 266 del 1992, nella parte in cui tale fonte di
attuazione  statutaria regola i rapporti tra atti legislativi statali
e  regionali  prevedendo  la  immediata applicabilita' nel territorio
regionale  delle  norme  internazionali  e  comunitarie  direttamente
applicabili;  nonche'  laddove  prevede la obbligatoria consultazione
della  Regione  o delle Province autonome da parte del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  in  merito a ciascun atto di indirizzo e di
coordinamento,  per quanto attiene alla compatibilita' di esso con lo
statuto   speciale   e  con  le  relative  norme  di  attuazione;  e,
soprattutto,  quando  vieta  la  attribuzione  ad  organi  statali di
funzioni  amministrative  non previste dallo statuto speciale o dalle
norme di attuazione nelle materie di competenza propria della Regione
o delle province autonome.
   4.5.  -  Conclusivamente  la Provincia autonoma di Bolzano ritiene
violate  le  richiamate  norme statutarie e di attuazione statutaria,
nonche'  gli  artt.  116,  primo  comma,  e  117,  primo comma, della
Costituzione,  che  riconoscono  la  speciale  autonomia  dell'ente e
vincolano la legislazione statale al rispetto della Costituzione.
   5.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si  e'  costituito,
sostenendo  l'inammissibilita'  e  l'infondatezza  del  ricorso della
Provincia autonoma di Bolzano.
   5.1.  -  La  difesa  erariale  svolge le medesime argomentazioni e
prospetta  le  medesime  possibili  interpretazioni  gia' proposte in
riferimento al ricorso della Regione Veneto.
   L'Avvocatura sostiene, infatti, che non sussiste, al riguardo, una
differenza  tra  le  posizioni  delle  ricorrenti Regione ordinaria e
Provincia  autonoma  e  che  l'intervento normativo contestato trova,
anche in tale caso, la sua giustificazione nelle competenze esclusive
dello  Stato  in  materia  (art.  117, secondo comma, lettere a ed s,
della   Costituzione),   posto   che   queste   competenze   non   si
ritroverebbero  non  solo nella disciplina costituzionale concernente
le  Regioni  ordinarie,  ma neppure nelle «indicazioni, piu' vecchie,
dello  statuto  d'autonomia della Regione Trentino-Alto Adige e della
Provincia autonoma di Bolzano».
   La  difesa  erariale  nota,  poi,  come  la direttiva «92/43/1997»
(recte  92/43/CEE)  sia  stata  recepita  nell'ordinamento  nazionale
mediante  un  regolamento.  Da cio' essa desume che sarebbe «privo di
pregio  l'argomentare  della  Provincia  ricorrente  in ordine ad una
preclusione  per  lo Stato di "limitare la potesta' regolamentare con
norme regolamentari"».
   6.  -  La  Provincia  autonoma  di Trento evidenzia, anzitutto, di
avere  «pacificamente»  competenza  in  materia di ambiente in base a
diverse  norme  statutarie (art. 8, numeri 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14,
15,  16,  17,  20 e 21, art. 9, numeri 9 e 10, e art. 16) e di avere,
nell'esercizio di tali competenze, gia' dato attuazione agli obblighi
derivanti dalle direttive 93/43/CEE e 74/409/CEE con gli articoli 9 e
10 della legge provinciale 15 «ottobre» (recte: dicembre) 2004, n. 10
(Disposizioni  in materia di urbanistica, tutela dell'ambiente, acque
pubbliche, trasporti, servizio antincendi, lavori pubblici e caccia),
modificati  dall'art.  55  della  legge provinciale 29 dicembre 2006,
n. 1,  recante  «Disposizioni  per la formazione del bilancio annuale
2007  e  pluriennale  2007-2009  della Provincia autonoma di Trento -
legge  finanziaria  2007»  e di avere adottato misure di salvaguardia
per  i  Siti  di  Importanza  Comunitaria (SIC) e «le misure prima di
salvaguardia  ed  ora  di  conservazione  per  le  Zone di Protezione
Speciale»  (ZPS) «individuate nel proprio territorio, rispettivamente
con deliberazione n. 655 dell'8 aprile 2005 (SIC) e con deliberazioni
n. 2956 del 30 dicembre 2005 e n. 2279 del 27 ottobre 2006 (ZPS)».
   6.1.  -  La  difesa  provinciale  richiama, poi, la sentenza della
Corte  costituzionale  n. 425 del 1999, per la quale il d.P.R. n. 357
del  1997,  seppure  incidente su materie di competenza regionale, e'
costituzionalmente   legittimo,  dato  che  ha  natura  suppletiva  e
cedevole   rispetto   alla  successiva  legislazione  provinciale  di
attuazione  della  direttiva comunitaria 92/43/CEE, mentre, dopo tale
attuazione,  trova  applicazione l'art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987,
in  base  al  quale le Province autonome sono vincolate solo da leggi
statali che concretano limiti statutari, non da atti sublegislativi.
   La disposizione dell'impugnato comma 1226, rivolgendosi anche alla
Provincia  autonoma  di  Trento  ed  imponendole  di  provvedere agli
adempimenti di cui agli artt. 4 e 6 del d.P.R. n. 357 del 1997, sulla
base  di  criteri  minimi  uniformi  definiti  con  apposito  decreto
ministeriale,  non  terrebbe tuttavia conto ed anzi si sovrapporrebbe
alla  gia' intervenuta attuazione legislativa ed amministrativa della
direttiva  comunitaria  da  parte  della  Provincia  autonoma e cosi'
violerebbe, secondo la ricorrente, le indicate competenze statutarie,
nonche'  la richiamata norma di attuazione statutaria dell'articolo 7
del d.P.R. n. 526 del 1987.
   6.2. - Il comma 1226, per altro verso, violerebbe anche l'articolo
2 del d.lgs. n. 266 del 1992, sia perche' un decreto ministeriale non
potrebbe  comunque  vincolare  l'attuazione  delle direttive da parte
della   Provincia,   neppure   la'  dove  mancasse  una  legislazione
provinciale  di recepimento, richiedendosi in tale ipotesi, comunque,
un  regolamento  governativo, da adottarsi nel rispetto del principio
di  legalita'  sostanziale e con il coinvolgimento delle Regioni, sia
perche'    il    previsto   decreto   ministeriale,   avendo   natura
sostanzialmente normativa, non potrebbe intervenire in una materia di
competenza legislativa provinciale.
   Ne'   legittima   risulterebbe   la   previsione  ove  il  decreto
ministeriale  in  questione  potesse  essere  considerato  un atto di
indirizzo e coordinamento, risultando, in questa prospettiva, violato
l'articolo  3  del  d.lgs.  n. 266  del  1992 sotto vari profili: non
essendo tale ipotetico atto di indirizzo e coordinamento adottato dal
Consiglio dei ministri; non essendo previsto un parere delle Province
per la sua adozione; non potendo un atto di indirizzo e coordinamento
comunque  vincolare  la Provincia ad uno specifico contenuto, ma solo
al conseguimento di determinati obiettivi e risultati.
   Ne',  d'altra  parte,  l'impugnato  comma  1226 potrebbe ritenersi
legittimo   riconoscendo  al  previsto  decreto  ministeriale  natura
amministrativa  e  non  normativa,  risultando,  in tale prospettiva,
comunque  violato  l'articolo  4  del d.lgs. n. 266 del 1992, che non
consente  di attribuire ad organi dello Stato funzioni amministrative
in materia di competenza provinciale.
   6.3.   -   La   difesa   provinciale  chiarisce,  infine,  che  la
disposizione  impugnata  non  sarebbe lesiva solo la' dove si potesse
ritenere  che  essa  non  si  applichi  alle  Regioni o alle Province
autonome che gia' abbiano data attuazione alle direttive comunitarie.
   Sennonche'  la  ricorrente  esclude  una tale interpretazione alla
luce  del  dato  letterale della disposizione, espressamente riferita
anche  alla  Provincia  di  Trento, e sostenendo che la previsione di
«standard  minimi  uniformi»  lascerebbe  pensare  che  si  tratti di
standard ai quali tutte le Regioni si debbano adeguare.
   7.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si  e'  costituito,
sostenendo  l'inammissibilita'  e  l'infondatezza  del  ricorso della
Provincia autonoma di Trento.
   7.1.  -  La  difesa  erariale  svolge le medesime argomentazioni e
prospetta  le  medesime  possibili  interpretazioni  gia' proposte in
riferimento  ai  ricorsi  della  Regione  Veneto  e  della  Provincia
autonoma di Bolzano.
   L'Avvocatura, peraltro, afferma che «nel caso di specie oltretutto
la  norma  non  dovrebbe  trovare  applicazione  nei  confronti della
Provincia  Autonoma  di  Trento laddove, come dichiarato nel ricorso,
avrebbe  gia'  provveduto  ad attuare e completare le misure previste
dalla disciplina comunitaria».
   8.   -   La  Regione  Lombardia  sostiene  che,  alla  luce  della
giurisprudenza  della Corte costituzionale (sentenze numeri 407 e 536
del  2002  e  numeri  222,  226, 227 del 2003), non potrebbe negarsi,
nonostante  l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione
attribuisca  alla  competenza  esclusiva dello Stato la materia della
tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema, che «nell'azione di tutela
dell'ambiente   siano   concretamente   coinvolti   tutti  i  livelli
territoriali in una logica di effettiva corresponsabilita' e che tale
concorso   di   competenze   sia  guidato  dal  principio  di  "leale
collaborazione"».
   Principio  che  risulterebbe  violato, nel caso di specie, al pari
degli  artt. 117, 118, 120, 3 e 97 della Costituzione, dacche' per la
determinazione  dei  criteri  minimi  per provvedere agli adempimenti
previsti  dagli articoli 4 e 6 del d.P.R. n. 357 del 1997 non sarebbe
prevista  ne' l'intesa ne' alcuna forma o modalita' di coinvolgimento
delle Regioni.
   La  difesa  regionale  richiama,  sul punto, alcune sentenze della
Corte  costituzionale,  che,  prima  della riforma del titolo V della
parte seconda della Costituzione, hanno dichiarato costituzionalmente
illegittime  disposizioni  statali «che non avevano previsto l'intesa
tra  lo  Stato  e  le  Regioni in materia di procedure di adeguamento
nella  disciplina  dei  parchi  (sent.  302 del 1994), di rilevamento
degli incendi boschivi (sent. 157 del 1995) e di programmazione degli
interventi  di  protezione  civile  (sent.  127 del 1995)» e, dopo la
predetta  riforma,  hanno  confermato tale orientamento ed «insistito
sulla  centralita'  del principio di leale collaborazione (cfr. sent.
27 del 2002)».
   9.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si  e'  costituito,
sostenendo  l'inammissibilita'  e  l'infondatezza  del  ricorso della
Regione Lombardia.
   9.1.  -  La  difesa  erariale  svolge le medesime argomentazioni e
prospetta  le  medesime  possibili  interpretazioni  gia' proposte in
riferimento ai ricorsi della Regione Veneto e delle Province autonome
di Trento e di Bolzano.
   10.  -  In prossimita' dell'udienza pubblica dell'11 marzo 2008 la
Provincia  autonoma  di Bolzano ha depositato una memoria e una copia
autentica  della  deliberazione  del  Consiglio  provinciale 28 marzo
2007,  n. 3,  di ratifica, ai sensi e per gli effetti di cui all'art.
54, numero 7, ed all'art. 98 dello statuto speciale del Trentino-Alto
Adige, della deliberazione della Giunta provinciale 19 febbraio 2007.
   Nella  memoria  la  difesa provinciale, sostanzialmente, ribadisce
gli argomenti gia' sviluppati nel ricorso.
   11.  - In prossimita' delle udienza pubblica dell'11 marzo 2008 la
Regione  Veneto  ha depositato una memoria, nella quale ribadisce gli
argomenti gia' sviluppati nel ricorso e replica a quelli svolti dalla
Avvocatura generale dello Stato.
   11.1.  -  In  particolare  la  difesa  regionale  contesta la tesi
dell'Avvocatura   generale  circa  il  carattere  non  innovativo  e,
pertanto, non lesivo dell'impugnato comma 1226.
   La  intervenuta adozione del decreto ministeriale 17 ottobre 2007,
recante  «Criteri  minimi  uniformi  per  la definizione di misure di
conservazione  relative  a  Zone  Speciali di Conservazione (ZSC) e a
Zone di Protezione Speciale (ZPS)», dimostrerebbe, per la ricorrente,
la erroneita' di detta tesi, dato che i criteri minimi uniformi hanno
carattere  di  estremo  dettaglio  e  non  sono specificativi, bensi'
ampliativi,  delle  linee  guida contenute nel decreto ministeriale 3
settembre 2002.
   Ne'  la  circostanza  che  tale  decreto ministeriale sia stato in
concreto  adottato sentita la Conferenza unificata varrebbe a rendere
legittima  la  previsione dell'impugnato comma 1226, posto che questa
norma,  pur  intervenendo  in  materia ambientale, dove «competenze e
responsabilita' sono ripartite tra Stato ed enti territoriali, non ha
previsto alcuna forma di collaborazione con le Regioni».
   12. - In prossimita' delle udienza pubblica dell'11 marzo 2008, la
Provincia  autonoma  di Trento ha depositato una memoria, nella quale
ribadisce  e sviluppa gli argomenti gia' svolti nel ricorso e replica
a quelli dell'Avvocatura generale dello Stato.
   12.1. - La Provincia autonoma, a conferma delle tesi sostenute nel
ricorso,  richiama,  anzitutto,  tra le altre, la sentenza n. 378 del
2007  della  Corte  costituzionale,  la  quale  ha  affermato  che la
disciplina delle ZSC e delle ZPS rientra nella competenza legislativa
esclusiva  provinciale  in  materia di parchi per la protezione della
flora  e  della  fauna (articolo 8, numero 16, dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige).
   12.2.  -  La difesa provinciale ricorda, poi, che le Zone Speciali
di   Conservazione   non  esistono  ancora,  dato  che,  pur  essendo
intervenuta  la  individuazione  dei  siti  di importanza comunitaria
(SIC),  non e' tuttavia ancora avvenuta la loro classificazione quali
ZSC.
   La procedura di infrazione comunitaria «menzionata» nel comma 1226
riguarderebbe,  pertanto, la sola direttiva 79/409/CEE, relativa alle
ZPS.   E   da   cio'   deriverebbe  l'incongruita'  della  previsione
dell'impugnato  comma  1226,  che  impone  alle Regioni di provvedere
anche  agli adempimenti di cui all'art. 4 del d.P.R. n. 357 del 1997,
relativo alle ZSC.
   12.3.  -  A  correzione  del ricorso introduttivo, la Provincia di
Trento  precisa, poi, di avere adottato (in attesa della designazione
come  Zone  speciali  di conservazione) le misure di salvaguardia dei
Siti  di  Importanza  Comunitaria  con  deliberazione  (della  Giunta
provinciale) n. 2956 del 30 dicembre 2005.
   12.4.  -  La  difesa  provinciale ricorda, inoltre, la intervenuta
adozione  del  decreto ministeriale 17 ottobre 2007 in attuazione del
comma  1226  e  ne sottolinea sia il carattere dettagliato sia il suo
espresso riferimento alle Province autonome.
   Cio',  da  un lato, dimostrerebbe che lo Stato, con il comma 1226,
ha  inteso adottare in una materia provinciale un atto ministeriale a
carattere   normativo   e   direttamente   applicabile,   dall'altro,
confuterebbe  la  tesi  dell'Avvocatura  dello Stato, per la quale la
norma  non  troverebbe  applicazione  in  riferimento  a  quegli enti
territoriali  che, come la Provincia di Trento, avessero gia' attuato
le misure di salvaguardia.
   12.5.  -  La  difesa  provinciale  contesta  poi  l'ulteriore tesi
dell'Avvocatura  dello  Stato,  per  la quale il decreto ministeriale
previsto  dal  comma 1226 non avrebbe natura innovativa, essendo gia'
previsto  un decreto ministeriale di indirizzo dall'articolo 4, comma
2, del d.P.R. n. 357 del 1997.
   Tale  tesi  non  considererebbe,  ne'  la  natura  cedevole  della
disciplina  dettata  dal  d.P.R.  n. 357  del  1997,  affermata dalla
sentenza  n. 425  del  1999  della  Corte  costituzionale, ne' il suo
superamento  dopo  la intervenuta attuazione da parte della Provincia
della disciplina comunitaria in materia di ZSC e ZPS.
   Oltretutto  il  predetto articolo 4, comma 2, prevede l'emanazione
di  linee  guida per la gestione delle aree della rete «Natura 2000»,
mentre  il  comma  1226 prevede un decreto ministeriale, che contiene
una  disciplina  dettagliata  e,  nella  sostanza,  gia' individua le
misure di conservazione.
   12.6.  -  La  difesa  provinciale esclude infine che la previsione
censurata  possa  trovare alcun fondamento nelle competenze esclusive
statali  di  cui  all'articolo  117, secondo comma, lettere a) ed s),
della  Costituzione,  essendo il primo titolo di competenza del tutto
inconferente  ed essendo la competenza statale in materia di ambiente
comunque   non  esercitabile  in  senso  limitativo  della  autonomia
speciale.
   13.  -  In prossimita' dell'udienza pubblica dell'11 marzo 2008 la
Regione  Lombardia  ha  depositato una memoria, nella quale ribadisce
gli argomenti gia' svolti nel ricorso e ne sviluppa di ulteriori.
   13.1   -   La  difesa  regionale  sostiene,  in  particolare,  che
l'intervento  normativo  censurato e' ascrivibile non solo all'ambito
della   competenza   esclusiva   statale   in   materia   di   tutela
dell'ambiente,  ma  anche  a  quello  della competenza concorrente in
materia di valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, posto che
le  ZPS  e le ZSC rientrerebbero «a pieno titolo» nella categoria dei
beni ambientali.
   Tale  competenza  regionale,  ai  sensi  dell'art. 152 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione   del   capo   I   della  legge  15  marzo  1997,  n. 59),
riguarderebbe,  per  la  ricorrente,  pure la previsione di misure di
salvaguardia.
   La  Regione richiama, in proposito, le sentenze numeri 94 del 2003
e  212  del  2006 della Corte costituzionale, le quali hanno ritenuto
legittima  una  legge  della  Regione  Lazio,  recante  disciplina di
salvaguardia  degli  esercizi  commerciali  ed  artigianali del Lazio
aperti al pubblico aventi valore storico, artistico ed ambientale, ed
hanno  riconosciuto  che la valorizzazione del patrimonio tartuficolo
regionale compete alla Regione.
   13.2. - La Regione Lombardia rileva, inoltre, che i criteri minimi
uniformi   concretamente  individuati  dal  decreto  ministeriale  17
ottobre  2007  (in  ordine  alla  cui adozione la Regione rammenta di
avere  espresso  parere  contrario  in sede di Conferenza permanente)
intervengono  su  aspetti  di  estremo  dettaglio e sostiene che essi
vengono ad interferire con ulteriori titoli di competenza regionali.
   La  difesa regionale esemplifica tale prospettazione, invocando le
competenze   concorrenti  o  residuali  in  materia  di  governo  del
territorio, di agricoltura e di turismo.
   13.3.   -   La   Regione   insiste,   infine,   nell'invocare   la
giurisprudenza  della Corte costituzionale (sentenza n. 58 del 2007),
per  la  quale  il  principio  di  leale  collaborazione e' la regola
fondamentale,   la'   dove  sussista  una  connessione  tra  funzioni
attribuite  a diversi livelli di governo costituzionalmente rilevanti
e  non  sia  possibile  una  netta  separazione  nell'esercizio delle
competenze.
                       Considerato in diritto
   1. - Con quattro distinti ricorsi, iscritti ai numeri 10, 12, 13 e
14  del  registro  ricorsi  dell'anno  2007,  la  Regione  Veneto, le
Province  autonome  di  Bolzano  e  di  Trento e la Regione Lombardia
promuovono questioni di legittimita' costituzionale di numerosi commi
dell'art.  1,  della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2007), e, tra questi, del comma 1226.
   1.1. - Il presente giudizio attiene unicamente all'impugnazione di
quest'ultimo   comma,  essendo  le  ulteriori  questioni  oggetto  di
separate pronunce.
   1.2. - Trattandosi della stessa materia, i quattro ricorsi possono
essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
   1.3.  -  L'impugnato  comma 1226 dispone che «Al fine di prevenire
ulteriori  procedure di infrazione, le Regioni e le Province autonome
di  Trento  e  di Bolzano devono provvedere agli adempimenti previsti
dagli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente
della   Repubblica   8   settembre   1997,   n. 357,   e   successive
modificazioni,  o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di
entrata  in vigore della presente legge, sulla base di criteri minimi
uniformi  definiti  con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare».
   2.  -  Le Regioni Veneto e Lombardia contestano tale disposizione,
la prima solo in riferimento al principio di leale collaborazione, la
seconda  anche  in riferimento agli artt. 117, 118, 120, 3 e 97 della
Costituzione,    sostenendo    entrambe    che    l'ambiente,   nella
interpretazione   datane  dalla  giurisprudenza  costituzionale,  non
sarebbe una «materia in senso tecnico», per cui ogni intervento dello
Stato  in  proposito  dovrebbe  essere subordinato all'osservanza del
sopra  detto  principio  di leale collaborazione, principio che nella
specie risulterebbe violato per la mancata previsione di strumenti di
dialogo e di intesa fra Stato e Regioni.
   3.  -  Deve  essere  preliminarmente  dichiarata  inammissibile la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 1226,
della legge n. 296 del 2006, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e
97 della Costituzione, dalla Regione Lombardia.
   Secondo  il  consolidato  orientamento di questa Corte, le Regioni
possono  far  valere il contrasto con norme costituzionali diverse da
quelle  attributive  di  competenza  solo  ove esso si risolva in una
lesione  di  sfere  di  competenza  regionali  (cosi',  fra le tante,
sentenze  n. 63 e n. 50 del 2008, n. 401 del 2007 e n. 116 del 2006).
Nel  caso  di  specie, le censure dedotte, oltre ad essere generiche,
non  sono  prospettate  in  maniera  da  far  derivare  dalla pretesa
violazione  dei  richiamati parametri costituzionali una compressione
dei poteri della Regione.
   4.  -  La  questione proposta dalle Regioni Veneto e Lombardia, in
riferimento  al  principio  di  leale  collaborazione  e,  dalla sola
Regione  Lombardia,  pure  in  riferimento  agli artt. 117, 118 e 120
della Costituzione, non e' fondata.
   5.  - La competenza a tutelare l'ambiente e l'ecosistema nella sua
interezza  e'  stata  affidata  in via esclusiva allo Stato dall'art.
117,  comma  secondo, lettera s), della Costituzione, e per «ambiente
ed  ecosistema»,  come affermato dalla Dichiarazione di Stoccolma del
1972,  deve  intendersi  quella  parte  di  «biosfera»  che  riguarda
l'intero territorio nazionale (sentenza n. 378 del 2007).
   In   base  alla  Costituzione,  «spetta  allo  Stato  disciplinare
l'ambiente  come  un'entita'  organica,  dettare cioe' delle norme di
tutela  che  hanno  ad  oggetto  il  tutto  e  le  singole componenti
considerate  come  parte  del  tutto.  Ed  e'  da  notare,  a  questo
proposito, che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente
inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale "primario"
(sentenza  n. 151 del 1986) ed "assoluto" (sentenza n. 641 del 1987),
e  deve  garantire (come prescrive il diritto comunitario) un elevato
livello  di  tutela, come tale inderogabile dalle altre discipline di
settore.  Si  deve  sottolineare,  tuttavia,  che,  accanto  al  bene
giuridico  ambiente  in senso unitario, possono coesistere altri beni
giuridici  aventi  ad oggetto componenti o aspetti del bene ambiente,
ma  concernenti interessi diversi, giuridicamente tutelati. Si parla,
in proposito, dell'ambiente come "materia trasversale", nel senso che
sullo   stesso  oggetto  insistono  interessi  diversi:  quello  alla
conservazione dell'ambiente e quelli inerenti alle sue utilizzazioni»
(vedi, ancora, la sentenza n. 378 del 2007).
   In  questi  casi,  la  disciplina  unitaria  di  tutela  del  bene
complessivo  ambiente,  rimessa  in via esclusiva allo Stato, viene a
prevalere  su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome,
in  materia  di  competenza  propria,  che riguardano l'utilizzazione
dell'ambiente, e, quindi, altri interessi.
   Cio'  comporta  che  la  disciplina  statale  relativa alla tutela
dell'ambiente  «viene a funzionare come un limite alla disciplina che
le  Regioni  e  le Province autonome dettano in altre materie di loro
competenza»,  salva la facolta' di queste ultime di adottare norme di
tutela ambientale piu' elevata nell'esercizio di competenze, previste
dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell'ambiente.
   E'  dunque in questo senso che puo' intendersi l'ambiente come una
«materia    trasversale»    (come   ripetutamente   affermato   dalla
giurisprudenza  di  questa  Corte;  si  veda,  per tutte, la sentenza
n. 246  del 2006), e non puo' certo dirsi, come vorrebbero le Regioni
Veneto  e  Lombardia,  che  «la  materia  ambientale  non sarebbe una
materia  in  senso  tecnico».  Al  contrario,  l'ambiente  e' un bene
giuridico,  che,  ai  sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
della   Costituzione,  funge  anche  da  discrimine  tra  la  materia
esclusiva statale e le altre materie di competenza regionale.
   5.1.  -  Le  Regioni  Veneto  e  Lombardia,  dunque,  non  possono
reclamare   un  loro  coinvolgimento  nell'esercizio  della  potesta'
legislativa  dello Stato in materia di tutela ambientale, trattandosi
di una competenza statale esclusiva.
   In   tale  ambito  di  esclusiva  competenza  statale  rientra  la
definizione  dei  livelli  uniformi  di  protezione  ambientale.  Non
contrasta,  pertanto,  con  i  parametri evocati dalle ricorrenti, il
rinvio,  da  parte  dell'impugnato comma 1226, ad un emanando decreto
ministeriale  che  preveda  i  criteri  ai  quali le Regioni Veneto e
Lombardia  debbono uniformarsi nell'imporre le misure di salvaguardia
sui siti di importanza comunitaria (SIC) e le misure di conservazione
sulle zone speciali di conservazione (ZSC) e sulle zone di protezione
speciale  (ZPS),  in esecuzione della direttiva comunitaria, recepita
con  il  decreto  del  Presidente  della Repubblica 8 settembre 1997,
n. 357  (Regolamento  recante  attuazione  della  direttiva 92/43/CEE
relativa  alla  conservazione  degli habitat naturali e seminaturali,
nonche' della flora e della fauna selvatiche).
   6.  - Le Province autonome di Trento e di Bolzano, dal canto loro,
censurano  il  comma  1226,  lamentando  che  non  rientrerebbe nella
competenza   statale  l'attuazione  delle  direttive  comunitarie  in
materia  di  ZSC e ZPS, dovendo le stesse essere attuate direttamente
dalle  Province,  competenti in materia, cosa che le stesse avrebbero
peraltro gia' fatto.
   Le  ricorrenti  lamentano,  poi,  che,  in ogni caso, lo Stato non
potrebbe  vincolare  le  Province  autonome  in  una  materia di loro
competenza mediante un atto sublegislativo.
   6.1.  -  La  Provincia  di  Bolzano prospetta la violazione: degli
artt.  116  e  117  della Costituzione e dell'articolo 10 della legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte  seconda  della Costituzione); dell'articolo 8, numeri 1, 3, 5,
6,  7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 18, 20 e 21, dell'articolo 9, numeri 10
e  11  e dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica
31  agosto  1972,  n. 670  (Approvazione  del testo unico delle leggi
costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige);  del  decreto  del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974,
n. 279  (Norme  di  attuazione  dello statuto speciale per la regione
Trentino-Alto Adige in materia di minime proprieta' colturali, caccia
e  pesca,  agricoltura  e  foreste); del decreto del Presidente della
Repubblica   19   novembre  1987,  n. 526  (Estensione  alla  Regione
Trentino-Alto  Adige  ed  alle  Province autonome di Trento e Bolzano
delle  disposizioni  del  decreto  del Presidente della Repubblica 24
luglio  1977,  n. 616),  e,  specificamente,  degli  artt. 7 ed 8 del
medesimo;  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica 20 gennaio
1973,  n. 115  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale per il
Trentino-Alto   Adige  in  materia  di  trasferimento  alle  Province
autonome  di  Trento  e  di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali
dello  Stato  e  della  Regione);  del  decreto  del Presidente della
Repubblica  22  marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica
ed opere pubbliche); del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463
(Norme   di   attuazione   dello   statuto   speciale  della  Regione
Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche
e  di  concessioni  di  grandi  derivazioni  a  scopo  idroelettrico,
produzione  e  distribuzione  di  energia elettrica); del decreto del
Presidente   della   Repubblica  28  marzo  1975,  n. 474  (Norme  di
attuazione  dello  statuto  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige in
materia  di  igiene  e  sanita);  del  decreto  del  Presidente della
Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige concernenti integrazioni alle
norme  di  attuazione  in  materia  di igiene e sanita' approvate con
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  28  marzo 1975, n. 474);
nonche'  degli  artt.  2  e  4 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n. 266   (Norme   di   attuazione   dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto  Adige  concernenti  il  rapporto  tra atti legislativi
statali  e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale
di indirizzo e coordinamento).
   6.2.  -  La  Provincia  autonoma  di  Trento prospetta, invece, la
violazione dell'art. 8, numeri 3, 5, 6, 7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 17,
20  e 21, dell'art. 9, numeri 9 e 10 e dell'articolo 16 dello Statuto
speciale  della  Regione  Trentino-  Alto  Adige; dell'articolo 7 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n. 526  del  1987; degli
articoli 2 e 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992.
   7.  -  Si  deve innanzitutto rilevare che le due Province autonome
sostengono  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 1226,
della  legge  n. 296  del 2006, affermando, preliminarmente, di avere
una  competenza generale in materia di ambiente, come risulterebbe da
una  lunga serie di disposizioni dello statuto e (per quanto riguarda
Bolzano) anche dalle relative norme di attuazione.
   Sennonche' la stragrande maggioranza delle elencate materie non ha
niente  a  che vedere con la tutela ambientale, mentre altre («tutela
del  paesaggio»,  «caccia  e  pesca», «parchi per la protezione della
flora  e della fauna», e «foreste»), comprese nell'elenco dell'art. 8
dello  statuto,  costituiscono  semplici  aspetti della materia della
tutela ambientale. E da questi aspetti, evidentemente, non puo' farsi
derivare una competenza generale in materia di ambiente.
   La  competenza  delle  Province autonome di Trento e di Bolzano si
fonda,  invece,  nel  caso  specifico,  sull'art. 8, numero 16, dello
statuto, che attribuisce ad esse una potesta' legislativa primaria in
materia di «parchi per la protezione della flora e della fauna».
   Deve   ribadirsi,   quindi,   come   piu'  volte  affermato  dalla
giurisprudenza  di  questa  Corte  (vedi  sentenze  n. 425 del 1999 e
n. 378  del  2007),  che  spetta alle Province autonome dare concreta
attuazione per il loro territorio alla direttiva 92/43/CEE (Direttiva
del  Consiglio  relativa  alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali  e della flora e della fauna selvatica), la quale impone
misure  di  salvaguardia  sui  siti di importanza comunitaria (SIC) e
misure  di conservazione sulle zone speciali di conservazione (ZSC) e
sulle   zone   di   protezione   speciale   (ZPS),  a  seguito  della
«definizione»  di  queste  ultime  di  intesa  con lo Stato (sentenza
n. 378 del 2007).
   8.  -  In  virtu'  della  richiamata  prescrizione statutaria e di
quanto espressamente stabilito dall'art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987
e dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, deve inoltre affermarsi che
lo  Stato,  diversamente  da quanto si evince dal rinvio da parte del
comma  1226  agli  artt.  4  e 6 del d.P.R. n. 357 del 1997, non puo'
imporre  alle  Province  autonome di conformarsi, nell'adozione delle
misure  di  salvaguardia e delle misure di conservazione, «ai criteri
minimi uniformi» di un emanando decreto ministeriale.