ORDINANZA
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 45, comma 2,
del   decreto  legislativo  15  dicembre  1997,  n. 446  (Istituzione
dell'imposta  regionale  sulle  attivita' produttive, revisione degli
scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione
di  una  addizionale regionale a tale imposta, nonche' riordino della
disciplina  dei  tributi locali), quale modificato dall'art. 6, comma
17,  lettera  b),  della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni
per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -
legge  finanziaria  2000),  promosso con ordinanza del 13 maggio 2004
dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di  Napoli  sui  ricorsi
riuniti  proposti  dalla s.p.a. Banco di Napoli (ora s.p.a. San Paolo
IMI -  Banco  di  Napoli  s.p.a.) contro la Direzione regionale delle
entrate  della Campania (ora Agenzia delle entrate, ufficio di Napoli
1)  ed  altri,  iscritta  al  n. 644  del  registro  ordinanze 2007 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  12 marzo 2008 il giudice
relatore Franco Gallo;
   Ritenuto  che,  nel  corso  di due giudizi riuniti - nei quali una
banca  aveva proposto ricorso avverso il silenzio-rifiuto formatosi a
seguito  dell'istanza di rimborso delle somme corrisposte a titolo di
imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP), rispettivamente,
per  gli  anni  d'imposta  1998  e  1999 -, la Commissione tributaria
provinciale di Napoli, con ordinanza depositata il 13 maggio 2004, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 53 della Costituzione,
questioni   di  legittimita'  dell'art.  45,  comma  2,  del  decreto
legislativo   15  dicembre  1997,  n. 446  (Istituzione  dell'imposta
regionale  sulle  attivita'  produttive,  revisione  degli scaglioni,
delle  aliquote  e  delle  detrazioni dell'Irpef e istituzione di una
addizionale   regionale   a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della
disciplina  dei  tributi locali), quale modificato dall'art. 6, comma
17,  lettera  b),  della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni
per  la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -
legge finanziaria 2000);
     che  la Commissione rimettente premette, in punto di fatto, che:
a)   l'istituto   di   credito   ricorrente   aveva   corrisposto  al
concessionario  della  riscossione  di  Napoli,  per l'accredito alla
tesoreria  competente,  l'IRAP  relativa  agli  esercizi 1998 e 1999,
calcolata  applicando al valore della produzione netta l'aliquota del
5,4  per  cento,  fissata  a carico delle banche, in via transitoria,
dalla  censurata  disposizione;  b)  il  ricorrente,  sul presupposto
dell'illegittimita' costituzionale della indicata aliquota d'imposta,
aveva richiesto il rimborso delle somme versate in eccedenza rispetto
all'aliquota  ordinaria  del  4,25  per  cento,  prevista dal comma 1
dell'art. 16 del citato d.lgs. n. 446 del 1997 (nel testo applicabile
ratione  temporis  alle  fattispecie),  ed aveva proposto ricorso nei
confronti  sia  dell'Agenzia  delle entrate, sia delle Regioni tra le
quali era stato ripartito il gettito dell'IRAP;
     che il giudice a quo premette altresi', in punto di diritto, che
-  nello  stabilire  che  l'IRAP,  in  quanto  imposta sostitutiva di
precedenti tributi e contributi, dovesse originariamente mantenere un
gettito   erariale  pari  a  quello  dei  prelievi  sostituiti  -  il
legislatore: a) ha fissato per detta imposta una «aliquota base» pari
al  4,25  per  cento,  costituente  «l'aliquota  di equilibrio per il
settore privato dell'economia», cioe' tale da consentire «di ottenere
il  gettito  necessario  per  compensare  le  mancate  entrate dovute
all'abolizione  dei  tributi  e  contributi  prima  esistenti»; b) ha
effettuato  una  redistribuzione  del  carico d'imposta tra i settori
produttivi,  «stabilendo tra essi diverse aliquote (minori o maggiori
rispetto  all'aliquota  base)  in modo tale che l'importo del gettito
finale  della  nuova  imposizione  non  cambiasse»; c) ha fissato, in
particolare,  «un'aliquota  del 3% per l'agricoltura e un'aliquota al
5%  per  il  settore bancario e intermediazione finanziaria, aliquota
che  poi  con  la legge n. 488/1999 e' stata ulteriormente aumentata,
anche se in via transitoria, al 5,4%»;
     che,  quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il
rimettente afferma che la disposizione denunciata - nel disporre, con
riferimento  alle  banche, che per i periodi d'imposta in corso al 1°
gennaio  1998  ed  al  1° gennaio 1999 «l'aliquota e' stabilita nella
misura   del   5,4   per  cento  [...]»  (cioe'  in  maniera  diversa
dall'aliquota  base del 4,25 per cento) - crea, tra i diversi settori
di  attivita'  produttiva, una disparita' di trattamento arbitraria e
priva di giustificazione «nel sistema»;
     che,  secondo  il  giudice a quo, la nuova nozione di «capacita'
contributiva   reale»,   introdotta  dal  legislatore  per  l'IRAP  e
rappresentata  dal  «dominio  sui  fattori  della  produzione e dalla
potenzialita'  economica  e  produttiva  dell'impresa», esclude «ogni
[...] differenziazione di aliquote tra i vari settori [...] in quanto
vi  e'  un  settore  che  e'  sottoposto  ad una pressione tributaria
maggiore  (banche  ed intermediari finanziari) e un settore che viene
agevolato  nella  imposizione  delle  aliquote  (agricolo),  senza un
razionale motivo»;
     che,  sempre ad avviso del rimettente, la differenziazione delle
aliquote   d'imposta   a  seconda  dei  diversi  settori  produttivi,
stabilita  dalla disposizione censurata, viola gli artt. 3 e 53 della
Costituzione,  perche'  -  pur in presenza di una identica «capacita'
contributiva reale», rappresentata dalla «differenza tra i ricavi e i
costi» dell'impresa di cui sono titolari i soggetti passivi d'imposta
- sottopone le imprese del settore finanziario (come le banche) ad un
prelievo   fiscale   maggiore   rispetto   agli   altri   settori  e,
conseguentemente, pone a carico di dette imprese l'onere economico di
colmare  il  minore  gettito dell'IRAP derivante dall'applicazione di
aliquote d'imposta piu' basse nel settore dell'agricoltura;
     che,  secondo  il  giudice  a quo, la disposizione censurata non
prevede   agevolazioni   o  benefici  tributari,  ma  pone  sacrifici
esclusivamente  a  carico  di  alcuni settori produttivi, «al fine di
determinare  un  equilibrio  di  gettito  finanziario  carente per le
agevolazioni  concesse»  a soggetti passivi operanti in altri settori
produttivi  e  dotati  di pari capacita' contributiva «reale», con la
conseguenza  che  non  puo'  invocarsi  a sostegno della legittimita'
costituzionale di detta disposizione la giurisprudenza costituzionale
secondo  cui  rientrano  nella  discrezionalita'  del  legislatore la
previsione  e  la  conformazione  delle  agevolazioni  e dei benefici
tributari (sentenze n. 52 del 1988; n. 543 del 1987);
     che,  infine,  quanto  alla  rilevanza,  il  giudice  rimettente
osserva  che  «La  Commissione  giudica  rilevante  [...] la proposta
eccezione di legittimita' costituzionale»;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale  ha  chiesto  che  le  questioni  siano  dichiarate
manifestamente  infondate, perche' su di esse la Corte costituzionale
si e' gia' pronunciata nel senso della non fondatezza con la sentenza
n. 21 del 2005;
     che,  in  particolare,  la  difesa  erariale,  richiamando detta
sentenza,   afferma   che:  a)  rientra  nella  discrezionalita'  del
legislatore  la  previsione  di  aliquote  differenziate  per settori
produttivi   e   per   tipologie   di  soggetti;  b)  la  transitoria
differenziazione  delle  aliquote  prevista dalla norma denunciata e'
stata  ragionevolmente  disposta  dal legislatore; c) non sussiste la
denunciata  violazione  del  principio della generalita' dell'obbligo
contributivo  e non e' corretto assumere che le agevolazioni concesse
transitoriamente    al    settore   agricolo   sono   esattamente   e
esclusivamente finanziate, con correlazione causale necessaria, dalle
maggiori   aliquote  transitoriamente  poste  a  carico  del  settore
bancario, finanziario e assicurativo.
   Considerato  che  la  Commissione tributaria provinciale di Napoli
dubita,  in  riferimento  agli artt. 3 e 53 della Costituzione, della
legittimita'  dell'art.  45,  comma  2,  del  decreto  legislativo 15
dicembre  1997,  n. 446  (Istituzione  dell'imposta  regionale  sulle
attivita'  produttive,  revisione  degli  scaglioni, delle aliquote e
delle   detrazioni   dell'Irpef  e  istituzione  di  una  addizionale
regionale  a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della disciplina dei
tributi  locali) - come modificato dall'art. 6, comma 17, lettera b),
della  legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2000) -, il quale prevede che, per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7
del  medesimo  d.lgs.  n. 446  del  1997  (cioe'  per  le banche, gli
istituti  finanziari  e  le  imprese  di  assicurazioni),  l'aliquota
dell'IRAP  e'  dovuta, per i periodi d'imposta in corso al 1° gennaio
1998  ed  al  1° gennaio 1999, nella misura del 5,4 per cento, invece
che  nella  misura  ordinaria  del 4,25 per cento fissata dal comma 1
dell'art.   16  dello  stesso  d.lgs.  n. 446  del  1997,  nel  testo
applicabile  ratione  temporis  alla  fattispecie,  e cioe' nel testo
anteriore  all'entrata  in  vigore dall'art. 1, comma 50, lettera h),
della  legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2008), che detta aliquota ha modificato;
     che,  ad  avviso  del  rimettente,  la transitoria previsione di
aliquote maggiori dell'IRAP per i soggetti di cui ai menzionati artt.
6  e  7  del d.lgs. n. 446 del 1997 - pur in presenza di una identica
«capacita' contributiva reale», rappresentata dalla «differenza tra i
ricavi  e  i  costi»  dell'impresa  di  cui  sono titolari i soggetti
passivi  d'imposta  -  sottopone  irragionevolmente  le  imprese  del
settore  finanziario (come le banche) ad un prelievo fiscale maggiore
rispetto agli altri settori produttivi e, conseguentemente, crea, tra
i  diversi  settori  di  attivita',  una  disparita'  di  trattamento
arbitraria  e  priva  di giustificazione nel sistema, in particolare,
ponendo  a  carico  di  dette imprese del settore finanziario l'onere
economico   di   colmare   il   minor   gettito  dell'IRAP  derivante
dall'applicazione  di  aliquote  d'imposta  piu'  basse  nel  settore
dell'agricoltura;
     che  questioni  identiche a quelle sollevate dal rimettente sono
state  gia'  dichiarate  non  fondate da questa Corte con la sentenza
n. 21 del 2005, successiva all'ordinanza di rimessione;
     che,  in  particolare,  con  tale pronuncia si e' escluso che la
censurata  disposizione  violi  gli  artt. 3 e 53 Cost., perche', nel
caso  della  transitoria  differenziazione  delle  aliquote  disposta
dall'art.  45,  comma  2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, la
previsione di aliquote diverse per settori produttivi e per tipologie
di   soggetti   passivi   -  differenziazione  che  comunque  rientra
pienamente nella discrezionalita' del legislatore, se sorretta da non
irragionevoli  motivi  di politica economica e redistributiva - trova
il  suo  specifico  fondamento  «nel  carattere  dell'IRAP di tributo
sostitutivo  di  altri  tributi  e prestazioni imposte e, quindi, nel
ragionevole  intento  del legislatore delegato di garantire una certa
continuita'  tra  il  precedente  e  il  nuovo regime, soprattutto in
termini redistributivi e di gettito»;
     che con la medesima sentenza si e' anche affermato che l'aumento
provvisorio  e  calibrato  delle  aliquote  per  i  settori bancario,
finanziario   e   assicurativo   non   viola   i  suddetti  parametri
costituzionali,  essendo esso la conseguenza, da una parte, della non
irragionevole  «valutazione  del  legislatore circa il minore impatto
del nuovo tributo sui detti settori» e, dall'altra, «di una scelta di
politica redistributiva volta ad assicurare, in ragione del carattere
surrogatorio  del  tributo, la continuita' del prelievo e ad evitare,
quindi,  possibili  divergenze  tra  la  precedente  ripartizione del
carico  fiscale  e quella che si sarebbe verificata ove nella fase di
prima   applicazione   si   fosse   adottata  una  aliquota  unica  e
indifferenziata per tutti i settori produttivi del comparto privato»;
     che  l'indicata  pronuncia,  infine,  ha  rilevato  l'erroneita'
dell'assunto  (posto  a base di alcune argomentazioni dei rimettenti)
che  le  agevolazioni transitoriamente attribuite dal legislatore con
l'art.  45  del  d.lgs.  n. 446  del 1997 al settore agricolo e delle
cooperative  della piccola pesca e loro consorzi siano esattamente ed
esclusivamente finanziate, con correlazione causale necessaria, dalle
maggiori   aliquote  transitoriamente  poste  a  carico  del  settore
bancario, finanziario ed assicurativo;
     che  il  rimettente  non prospetta, pertanto, profili diversi da
quelli  gia'  presi  in esame con la citata sentenza n. 21 del 2005 o
comunque  tali  da  indurre  questa  Corte a modificare il precedente
orientamento;
     che    le    questioni,   dunque,   devono   essere   dichiarate
manifestamente infondate.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.