IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1710/2007 proposto dalla Vergine s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Paolo Cervo, rappresentata e difesa dagli avv. Pietro Quinto, Bice Annalisa Pasqualone e Luigi Quinto, come da mandato a margine del ricorso, presso lo studio degli stessi in Lecce, via Garibaldi n. 43, elettivamente domiciliata; Contro la Regione Puglia, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentata e difesa, in virtu' di mandato a margine dell'atto di costituzione in giudizio e presupposta delibera di G.R., dall'avv. Andrea Abbamonte, elettivamente domiciliata in Lecce, via Zanardelli n. 60, presso lo studio dell'avv. Federico Massa; la Provincia di Taranto, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentata e difesa, in virtu' di mandato in calce alla copia notificata del ricorso, dall'avv. Cesare Semeraro, legalmente domiciliata in Lecce, presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale; con l'intervento ad adiuvandum della Biosud s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Giampiero Perniola, della Ecocapitanata s.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Antonino Leonardo e della Serveco s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Piero Vito Chirulli, rappresentante e difese, in virtu' di mandato a margine dell'atto di intervento, dagli avv. Luigi e Pietro Quinto, presso lo studio degli stessi in Lecce, via Garibaldi n. 43, elettivamente domiciliate; e con intervento ad opponendum dei comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi, in virtu' di mandato a margine dell'atto di intervento e presupposte delibere di autorizzazione, dall'avv. Antonio Lupo, elettivamente domiciliati in Lecce, piazza Mazzini n. 72, presso lo studio dell'avv. Roberto G. Marra; del Comitato vigiliamo per la discarica, in persona del legale rappresentante pro tempore, prof. Antonia Ragusa, rappresentato e difeso, in virtu' di mandato a margine dell'atto di intervento e presupposta delibera di Assemblea, dall'avv. Antonio Lupo, elettivamente domiciliato in Lecce, piazza Mazzini n. 72, presso lo studio dell'avv. Roberto G. Marra; per l'annullamento della nota 7 novembre 2007 prot. n. 51103, con la quale il Settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto ha vietato lo smaltimento nella discarica di proprieta' della ricorrente dei «rifiuti speciali provenienti anche dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria», nonche' di ogni atto presupposto, connesso o comunque collegato. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione della Regione Puglia e della Provincia di Taranto; Visto l'intervento ad adiuvandum della Biosud s.r.l., della Ecocapitanata s.r.l. e della Serveco s.r.l.; Visto l'intervento ad opponendum dei Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano e del Comitato vigiliamo per la discarica; Visti gli atti tutti di causa; Data per letta alla pubblica udienza del 23 gennaio 2008 la relazione del consigliere dott. Luigi Viola e uditi altresi', gli avv. Pietro Quinto, Bice Annalisa Pasqualone e Luigi Quinto per la ricorrente, l'avv. Cantobelli in sostituzione dell'avv. Andrea Abbamonte per la Regione Puglia, gli avv. Pietro e Luigi Quinto per le intervenienti ad adiuvandum e l'avv. Antonio Lupo per gli intervenienti ad opponendum; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue. F a t t o La ricorrente e' proprietaria di un'area nel territorio del Comune di Taranto che si estende tra le localita' Mennole e Palombara ove ha sede una discarica di rifiuti speciali non pericolosi autorizzata con delibera n. 403/2000 di Giunta provinciale e decreto commissariale n. 265/2001. In data 31 ottobre 2007, il Consiglio regionale pugliese approvava la legge regionale di iniziativa popolare n. 29 recante la «disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella regione Puglia»; in particolare, la nuova legge regionale e' caratterizzata da una disciplina limitativa che legittima lo smaltimento sul territorio regionale dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi prodotti fuori dalla regione, solo nell'ipotesi in cui gli impianti di smaltimento «siti nella Regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati piu' vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali» (art. 3, comma 1, l.r. n. 29 del 2007), prevedendo, a questo proposito, un complesso sistema di controlli (che ruota intorno ad una serie di certificazioni delle autorita' extraregionali, sostituibili da autocertificazioni, in ordine al rispetto della condizione di «viciniorita» indispensabile per lo smaltimento dei rifiuti sul territorio regionale). Con nota 31 ottobre 2007, la ricorrente chiedeva al Settore ecologia ed ambiente della Provincia di Taranto se lo smaltimento di «rifiuti speciali non pericolosi provenienti da fuori regione, ed in particolare dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria» potesse ritenersi ancora consentito dalla nuova disciplina limitativa prevista dalla legge regionale n. 29 del 2007. Con nota 7 novembre 2007 prot. n. 51103, il Settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto vietava lo smaltimento nella discarica di proprieta' della ricorrente dei rifiuti speciali provenienti dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria, sulla base della seguente motivazione: «si comunica che e' stata pubblicata sul B.U.R.P. n. 157 del 2 novembre 2007 la l.r. n. 29 del 31 ottobre 2007 "Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia che transitano nel territorio regionale e sono destinati ad impianti di smaltimento siti nella Regione Puglia". In forma della predetta legge e' vietato lo smaltimento in Puglia dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti da altre regioni se non accompagnati da una certificazione attestante l'inesistenza o l'inoperativita' di impianti piu' vicini al luogo di produzione del medesimo rifiuto. Pertanto e' conseguentemente vietato il conferimento in Puglia di rifiuti speciali provenienti anche dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria». Il provvedimento del Settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto era impugnato dalla ricorrente per violazione e falsa applicazione art. 182, comma 3, lett. b) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, illegittimita' costituzionale della legge regionale 31 ottobre 2007, n. 29, per violazione degli artt. 117, primo e secondo comma, lett. s), 120, 41, 32 e 3 della Costituzione, eccesso di potere legislativo per irrazionalita'. Si costituivano in giudizio la Provincia di Taranto e la Regione Puglia, controdeducendo sul merito del ricorso. Alla Camera di consiglio del 21 novembre 2007, la sezione accoglieva, con l'ordinanza n. 1137/07, l'istanza cautelare proposta dalla ricorrente, sospendendo «il divieto di conferimento nella discarica .... dei rifiuti speciali provenienti da Lazio, Toscana e Umbria» e fissava udienza per la discussione del ricorso al 23 gennaio 2008. In data 28 novembre 2008, la Biosud s.r.l., la Ecocapitanata s.r.l. e la Serveco s.r.1., societa' operanti nel settore, sia come autotrasportatori che come titolari di impianti di smaltimento di rifiuti speciali nella Regione Puglia, depositavano atto di intervento ad adiuvandum regolarmente notificato ed instavano per l'accoglimento del ricorso. In data 2 gennaio 2008, interveniva in giudizio ad opponendum il Comitato vigiliamo per la discarica, promotore della legge regionale di iniziativa popolare n. 29 del 2007, in data 9 gennaio 2008, intervenivano altresi' in giudizio ad opponendum i Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano (enti esponenziali di comunita' che «subiscono da anni il pesante, pericoloso e incessante traffico di autocarri che trasportano ingentissime quantita' di rifiuti, passando all'interno dei rispettivi centri abitati»), tutti gli intervenienti ad opponendum concludevano per il rigetto del ricorso, tramite declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente ed eventuale rimessione alla Corte di giustizia delle Comunita' europee, ai sensi dell'art. 234 del Trattato, della conformita' alla direttiva 2006/12/CE e al Regolamento CE n. 1013/2006 della l.r. Puglia n. 29 del 2007. Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2008 il ricorso passava quindi in decisione. D i r i t t o 1. - In via preliminare, la sezione deve rilevare come la decisione del ricorso non possa prescindere dalla questione di legittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 117, terzo comma, 120 e, 41 della Costituzione, della legge regionale Puglia 31 ottobre 2007, n. 29 («Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella Regione Puglia»). In particolare, per quello che riguarda il profilo della rilevanza della questione di costituzionalita', e' sufficiente rilevare come il Tribunale amministrativo regionale sia chiamato alla pronunciarsi sulla nota-provvedimento 7 novembre 2007 prot. n. 51103 del Settore ecologia e ambiente della Provincia di Taranto, impugnato dalla ricorrente, che ha vietato lo smaltimento, nella discarica sita in Taranto dei rifiuti speciali provenienti dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria, sulla base dell'unica circostanza giustificativa costituita dalla normativa sopravvenuta costituita dalla l.r. Puglia 31 ottobre 2007, n. 29; non possono, quindi, sussistere dubbi in ordine al carattere provvedimentale del provvedimento impugnato (che, oltre a provenire dall'organo fornito di competenza in materia, reca un contenuto dispositivo individuabile proprio nella valutazione, in concreto, dell'impossibilita di smaltire nella discarica in questione i rifiuti provenienti da tre regioni italiane ben individuate) e dallo stretto collegamento esistente tra la nuova disciplina regionale dello smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, e l'emanazione dell'atto impugnato (contrariamente a quanto rilevato dalla difesa della Regione Puglia, deve, infatti, rilevarsi come il contenuto normativo della nuova disciplina regionale renda sostanzialmente impossibile lo smaltimento dei rifiuti provenienti dalle Regioni italiana non confinanti con la Regione Puglia, come nel caso di Lazio, Toscana e Umbria e come, quindi, il provvedimento impugnato costituisca piena applicazione della nuova legge regionale e non si ponga in contrasto con la stessa). 2. - Sostanzialmente irrilevante e' poi, ai fini della problematica della costituzionalita' delle previsioni della legge regionale n. 29 del 2007, il riferimento al diritto comunitario ampiamente sviluppato dalla difesa degli interventori ad opponendum. In particolare, l'art. 7, comma 4 della dir. 5 aprile 2006 n. 2006/12/CE («gli Stati membri hanno la facolta' di prendere i provvedimenti necessari per impedire movimenti di rifiuti non conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti. Tali provvedimenti devono essere comumcati alla Commissione e agli Stati membri») ed in generale, l'intera sistematica del provvedimento si limitano semplicemente a legittimare la potesta' degli Stati membri di limitare il movimento dei rifiuti, senza prevedere prescrizioni dal contenuto preciso ed autoapplicativo che possano trovare applicazione nel caso concreto. Il reg. CE 14 giugno 2006 n. 1013/2006 (regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo alle spedizioni dei rifiuti) contiene poi una serie di prescrizioni tese a regolamentate le spedizioni di rifiuti (soprattutto, provenienti da Stati siti al di fuori dell'Unione europea), ma non vieta in linea di principio la movimentazione degli stessi; soprattutto il regolamento non contiene disposizioni che possano direttamente essere applicate alla fattispecie in decisione. La problematica deve quindi essere decisa sulla base del diritto interno. 3. - Per quello che riguarda la questione di costituzionalita' della l.r. Puglia 31 ottobre 2007, n. 29, la sezione deve rilevare come, negli ultimi anni, la Corte costituzionale abbia seguito una linea ricostruttiva (Corte cost. 14 luglio 2000, n. 281; 19 ottobre 2001, n. 335; 4 dicembre 2002, n. 505; 21 aprile 2005, n. 161; 26 gennaio 2007, n. 12) che porta a concludere per la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' ampiamente sviluppata, sotto tutti i profili, dalle articolate censure che sorreggono il ricorso. In particolare, la Corte costituzionale ha affrontato la problematica in una sentenza (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335) resa in fattispecie (rifiuti speciali non pericolosi) assolutamente identica a quella oggi in decisione; in quella sede, e' stata ribadita la necessita' di scrutinare la questione di costituzionalita' delle leggi che vietano lo smaltimento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale, sulla base della sistematica complessiva del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi trasfuso nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale) che «disciplina la "gestione dei rifiuti" mediante disposizioni che si autoqualificano principi fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, nonche' "norme di riforma economico-sociale" nei confronti delle regioni a statuto speciale» (Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335). L'esame del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152) evidenzia chiaramente un contesto complessivo, fondato su una «duplice soluzione»: «la giurisprudenza costituzionale si e' occupata piu' volte del problema, posto dalla legislazione regionale, relativo al divieto di smaltimento in ambito regionale di rifiuti di provenienza extraregionale, pervenendo sostanzialmente ad una duplice soluzione in relazione alla tipologia dei rifiuti in questione. Da un lato, infatti, si e' statuito, proprio in riferimento alle stesse norme regionali in esame, che alla luce del principio dell'autosufficienza - stabilito espressamente dall'art. 5, comma 3, lettera a), del decreto n. 22 del 1997 - il divieto di smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale e' pienamente applicabile ai rifiuti urbani non pericolosi nonche' ai rifiuti speciali assimilabili (sentenza n. 196 del 1998); dall'altro lato, si e' invece statuito che il principio dell'autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono valere per quelli "pericolosi" - comprensivi quindi anche, secondo la disciplina introdotta dal decreto n. 22 del 1997, di quelli che la previgente normativa del d.P.R. n. 915 del 1982 definiva "tossici e nocivi" - i quali necessitano di processi di smaltimento appropriati e specializzati (sentenza n. 281 del 2000). E' pertanto nell'ambito di questa duplice soluzione giurisprudenziale che va inquadrata la questione in esame che riguarda i rifiuti "speciali" non pericolosi, antecedentemente definiti "non tossici e non nocivi", per i quali occorre dunque verificare se valga o meno il criterio prioritario della autosufficienza nello smaltimento, tenendo conto che la disciplina legislativa dei conferimenti nelle discariche prende in considerazione sia il luogo di produzione sia le caratteristiche di pericolosita' dei rifiuti. Ed invero il criterio del luogo d'origine, valutato insieme con l'assenza di elementi di pericolosita', e' stato seguito nei confronti dei rifiuti urbani non pericolosi, rispetto ai quali "l'ambito territoriale ottimale per lo smaltimento" e' considerato "logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di produzione", stabilendo, infatti, l'art. 23 del decreto n. 22 che esso coincida di regola con il territorio provinciale, in modo da garantire al suo interno l'autosufficienza dello smaltimento (sentenza n. 281 del 2000). Invece il criterio della pericolosita' e' stato ritenuto prevalente rispetto a quello del luogo di produzione in riferimento ai rifiuti che si definiscono appunto "pericolosi", giacche' per il loro smaltimento, date le loro caratteristiche, appare prioritaria, alla luce del principio desumibile dall'art. 5, comma 3, lettere b) e c), del decreto n. 22, l'esigenza di impianti appropriati e specializzati e di tecnologie idonee; esigenza che contrasta con una rigida predeterminazione di ambiti territoriali ottimali e con la connessa previsione di autosufficienza locale nello smaltimento» (Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335). Del resto, la costruzione della Corte costituzionale affonda le proprie radici nella stessa definizione normativa di rifiuti speciali (art. 7 del d.lgs. 22 del 1997; oggi art. 184 del d.lgs. 152 del 2006) che opera un riferimento «ad una variegata tipologia comprensiva, prescindendo dalle caratteristiche di eventuale pericolosita', di ben dieci (oggi dodici) categorie di rifiuti di diversa origine. La loro produzione e' generalmente connessa ad attivita' lavorative: di tipo agricolo, edilizio, industriale, artigianale, commerciale, sanitario e cosi' via, sicche' la loro localizzazione normalmente non e' distribuita in modo omogeneo sul territorio e comunque non e' facilmente predeterminabile, cosi' come non e' facilmente prevedibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire. Va inoltre considerata, in relazione a questa tipologia di rifiuti che presentano caratteristiche cosi' diverse tra di loro, la necessita' che siano utilizzati impianti di smaltimento appropriati o addirittura, per qualcuna delle categorie indicate, come ad esempio i rifiuti sanitari o i veicoli a motore, impianti "specializzati", secondo quanto appunto prevede l'art. 5, comma 3, lettera b), del decreto n. 22 del 1997, che, sul punto, oltre tutto, conferma l'impianto del previdente d.P.R. n. 915 del 1982. Risulta dunque evidente la ragione per cui anche per i rifiuti "speciali", al pari di quelli pericolosi, il legislatore statale non predetermina un ambito territoriale ottimale, che valga a garantire l'obiettivo specifico dell'autosufficienza nello smaltimento, fissato in modo espresso dall'art. 5, comma 3, lettera a), del decreto n. 22 per i soli rifiuti urbani non pericolosi» (Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335). Dalla ricostruzione sistematica sopra richiamata, la Corte costituzionale desume l'incostituzionalita', per violazione delle limitazioni derivanti dalla legislazione statale in materia di rifiuti (che come gia' rilevato, sono espressamente qualificate principi fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, nonche' norme di riforma economico-sociale nei confronti delle regioni a statuto speciale; art. 1, commi 2 e 3, d.lgs. 22 del 1997) e, comunque, della previsione dell'art. 120 della Costituzione, delle leggi regionali che vengano ad imporre il divieto di smaltimento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale: «in questa ottica appare quindi incongruo il divieto di conferimento nelle discariche regionali, imposto dalle norme censurate, di rifiuti speciali provenienti da altre regioni, in quanto tale divieto non solo puo' pregiudicare il conseguimento della finalita' di consentire lo smaltimento di tali rifiuti "in uno degli impianti appropriati piu' vicini" (art. 5, comma 3, lettera b del decreto n. 22 del 1997), ma introduce addirittura, in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, un ostacolo alla libera circolazione di cose tra le regioni, senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di ordine sanitario o ambientale (cfr. sentenze n. 207 del 2001, n. 362 del 1998 e n. 264 del 1996)» (Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335). La rilevanza economica dell'attivita' di smaltimento dei rifiuti (che, anche ai sensi del diritto comunitario, rimane comunque «un "prodotto", in quanto tale fruente, in via di principio e salvo specifiche eccezioni, della generale liberta' di circolazione delle merci»; Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335) permette poi di ravvisare la violazione aggiuntiva anche della previsione dell'art. 41 della Costituzione, relativo alla liberta' dell'iniziativa economica che sarebbe ingiustificatamente compressa, sia con riferimento alla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento (che sarebbero penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le regioni), sia dei produttori di rifiuti (che, in un settore in cui non e' possibile o e' assai difficile la programmazione della quantita' di rifiuti da smaltire, sarebbero soggetti ad un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti non sorretto da una corretta pianificazione e, quindi, fortemente soggetto ad inefficienze). In una successiva decisione (Corte cost. 4 dicembre 2002, n. 505), la Corte costituzionale ha poi chiarito come la propria giurisprudenza in materia di incostituzionalita' delle leggi regionali prevedenti divieti di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi di provenienza extraregionale, trovi applicazione, non solo con riferimento ai divieti assoluti di smaltimento, ma anche alle piu' diverse formulazioni che vengano ad introdurre dei «divieti relativi» (limiti quantitativi allo smaltimento, limitazioni territoriali; ecc.) caratterizzati da una natura sistematica sostanzialmente non dissimile: «l'impugnata legge regionale pone allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non assoluto, ma relativo, commisurato cioe' ad una percentuale della capacita' ricettiva delle discariche, peraltro diversamente calcolata secondo che si tratti di discariche nuove o gia' esistenti. Ma questa particolarita' non giustifica una valutazione diversa da quella riservata dalle citate sentenze alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto assoluto» (Corte cost. 4 dicembre 2002, n. 505). 4. - Nel caso di specie, la previsione dell'art 3, comma 1 della l.r. Puglia 31 ottobre 2007, n. 29, che limita lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi in cui gli impianti di smaltimento «siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati piu' vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali» viene ad integrare un «divieto relativo» (Corte cost. 4 dicembre 2002, n. 505) che, sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost. 14 luglio 2000, n. 281, 19 ottobre 2001, n. 335, 4 dicembre 2002, n. 505, 21 aprile 2005, n. 161, 26 gennaio 2007, n. 12), viene a contrastare con le previsioni: 1) dell'art. 117, terzo comma della Costituzione, in quanto non rispettosa dei principi fondamentali previsti dalla legislazione statale ed in particolare, dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi trasfuso nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale); 2) dell'art. 120 della Costituzione, in quanto viene ad integrare una ingiustificata limitazione della liberta' di circolazione delle cose tra le regioni; 3) dell'art. 41 della Costituzione, in quanto viene ad incidere ingiustificatamente, sia sulla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento (che vengono ad essere penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le regioni), sia dei produttori di rifiuti (che, in un settore in cui non e' possibile o e' assai difficile la programmazione della quantita' di rifiuti da smaltire, sono soggetti ad un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti non sorretto da una corretta pianificazione e, quindi, fortemente soggetto ad inefficienze). 5. - In conclusione, il Collegio ravvisa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1 della l.r. Puglia 31 ottobre 2007, n. 29, per violazione delle previsioni degli artt. 117, terzo comma, 120 e 41 della Costituzione. Va pertanto disposta - ai sensi degli artt. 134 della Costituzione; 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, oltre agli ulteriori adempimenti di legge meglio indicati in dispositivo. Nelle more della decisione del giudizio di costituzionalita', devono essere prolungati gli effetti dell'ordinanza cautelare della sezione 21 novembre 2007, n. 1137, fino alla decisione che sara' assunta dalla Corte costituzionale sulla presente ordinanza di rimessione.