LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 512/06 depositato il 18 febbraio 2006: avverso la sentenza n. 226/02/1995 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Catania contro Agenzia Entrate - Ufficio Catania 1, proposto dal ricorrente Castelli Fulvio, rappresentato e difeso da se stesso, via Etnea n. 205 - 95100 Catania; terzi chiamati in causa: A.P.O.C. - Associazione Produttori Olivicoli Catanesi, presidente e leg. rappr. sig. Giuseppe Galati, via Vittorio Emanuele n. 307 - 95047 Paterno' (Catania); avverso la sentenza n. 673/02/1997 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Catania contro Agenzia Entrate - Ufficio Catania 1, proposto dal ricorrente Castelli Fulvio, rappresentato e difeso da se stesso, via Etnea n. 205 - 95100 Catania; terzi chiamati in causa A.P.O.C. - Associazione Produttori Olivicoli Catanesi, presidente e leg. rappr. sig. Giuseppe Galati, via Vittorio Emanuele n. 307 - 95047 Paterno' (Catania); avverso la sentenza n. 674/02/1997 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Catania contro Agenzia Entrate - Ufficio Catania n. 1, proposto dal ricorrente Castelli Fulvio rappresentato e difeso da se stesso, via Etnea n. 205 - 95100 Catania; terzi chiamati in causa A.P.O.C. - Associazione Produttori Olivicoli Catanesi, presidente e leg. rappr. sig. Giuseppe Galati, via Vittorio Emanuele n. 307 - 95047 Paterno' (Catania). Atti impugnati: proc.verbale + avviso rettifica n. 606587/95 IVA 1991; proc. verbale + avv. irrog. sanzioni n. 606567/95 I.V.A. 1990; diniego rimb. I.V.A. 1990. «L'Associazione Produttori Olivicoli Catanesi - A.P.O.C.», nella dichiarazione IVA relativa al 1988 esponeva un credito di lire 489.826.000 che riportava nell'anno successivo. Nella dichiarazione relativa al 1989 i1 credito IVA ammontava lire 840.678.000. Tale credito si era formato perche' l'A.P.O.C, nei due periodi d'imposta 1988 e 1989, aveva costruito una centrale per lo stoccaggio dell'olio. Nella dichiarazione relativa al 1990, il credito IVA veniva esposto per lire 853.772.000, di cui 800.000.000 chiesti a rimborso e 53.772; 000 rinviati in detrazione per l'anno successivo. Nella dichiarazione relativa al 1991, il credito IVA ammontava a lire 61.155.000, di cui 11.150.000.000 chiesti a rimborso e rinviati in detrazione per l'anno 1992. L'Ufficio IVA di Catania, con atto del 1° agosto 1994, negava il rimborso di lire 800.000.000, perche' l'A.P.O.C., non avendo optato per il regime normale, era rimasta nell'ambito da regime agricolo di cui all'art. 34 del d.P.R. n. 633/1972 (detrazione forfetizzata in misura pari all'importo risultante dalla applicazione all'ammontare delle cessioni delle percentuali di compensazione). L'A.P.O.C. proponeva ricorso avverso detto atto di diniego. La C.T.P. di Catania, con sentenza n. 226/1995 del 7 marzo 1995, lo accoglieva ritenendo che l'Associazione, con il suo comportamento concludente, avesse espresso chiaramente l'intenzione di volere operare nell'ambito del regime ordinario. L'Ufficio IVA, inoltre, notificava all'Associazione un provvedimento con il quale rettificava la dichiarazione relativa al 1991 ed un altro provvedimento con il quale irrogava le sanzioni pecuniarie. Impugnati dall'Associazione questi due provvedimenti, i relativi ricorsi venivano entrambi accolti dalla C.T.P. di Catania con sentenza n. 673 del 2-12 dicembre 1997 e sentenza n. 674 del 2-16 dicembre 1997, perche' l'A.P.O.C. aveva effettuato l'opzione di cui all'art. 34 del d.P.R n. 633/1972, entro il termine di sessanta giorni dall'entrata in vigore dell'art. 3, comma 125, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. A seguito della sentenza favorevole n. 674/02/1997, relativa al ricorso contro la rettifica IVA anno 1991, l'A.P.O.C. cedeva all'avv. Fulvio Castelli il credito di lire 62.238.357, costituito per lire 50.000.000 dall'IVA a suo tempo chiesta a rimborso, piu' gli interessi di mora quantificati, al 31 dicembre 1998, in lire 12.238.357. Il predetto credito veniva ceduto pro-solvendo, per l'adempimento dell'obbligazione assunta dall'A.P.O.C. nei confronti dell'avv. Fulvio Castelli per le prestazioni professionali rese a favore dell'Associazione. Le suddette sentenze 226/1995, 673/1997, 674/1997, venivano appellate dall'Ufficio. La C.T.R. di Palermo, dopo avere disposto la riunione dei tre procedimenti, con sentenza n. 95/12/00 del 24 giugno 2000, depositata il 24 luglio 2000, rigettava l'appello dell'Ufficio contro la sentenza n. 226/1995 (diniego del rimborso di lire 800.000.000) e l'appello contro la sentenza n. 673/1997 (sanzioni per il periodo d'imposta 1990), in quanto l'A.P.O.C. relativamente al 1990, avvalendosi della legge n. 549/1995, aveva optato per il regime normale. Invece, accoglieva l'appello dell'Ufficio contro la sentenza n. 674/1997 (diniego del rimborso di lire 50.000.000), perche' l'Associazione aveva omesso l'opzione per l'anno 1991, a nulla rilevano il comportamento concludente previsto dal d.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, valevole solo per l'avvenire e non per il passato. Avverso detta sentenza l'avv. Fulvio Castelli proponeva ricorso per Cassazione limitatamente alla parte in cui la C.T.R. aveva confermato l'avviso di accertamento n. 606587/95, con cui l'Ufficio IVA aveva disconosciuto all'A.P.O.C. il diritto (e, quindi, anche nei confronti di se stesso quale cessionario del credito), al rimborso di lire 50.000.000, oltre gli interessi. L'avv. Castelli, con il primo motivo, eccepiva il diritto al rimborso, trattandosi di credito IVA riguardante l'acquisto di beni strumentali (centrale di stoccaggio di olio) e, quindi, rimborsabile indipendentemente dall'opzione per il regime normale. Con il secondo motivo sosteneva di avere il diritto al rimborso per l'efficacia retroattiva dell'art. 1 del d.P.R n. 442/1997, che faceva dipendere i regimi di determinazione dell'imposta dai comportamenti concludenti dei contribuenti, con efficacia retroattiva confermata non solo dal costante orientamento giurisprudenziale, ma soprattutto riconosciuta dalla legge n. 342 del 21 novembre 2000 che, interpretando l'art. 1 del d.P.R n. 442/1997, ne estendeva l'applicabilita' anche ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto n. 442/1997. Precisava, poi, che se la S.C. avesse interpretato l'ultima parte dell'art. 4 della legge n. 342/2000 come norma innovativa e, pertanto, non applicabile retroattivamente al periodo d'imposta 1991, riteneva necessaria sottoporre la questione alla Corte costituzionale per violazione degli articoli 53, 3, e 24 della Costituzione. Lamentava, poi, la contraddittorieta' della sentenza impugnata nel punto in cui i giudici d'appello davano rilevanza all'opzione per il regime IVA ordinario con riferimento al periodo d'imposta 1990, sulla base del fatto che i presupposti impositivi si erano verificati negli anni 1988 e 1989, mentre la negavano per l'anno 1991, pur provenendo il credito di lire 50.000.000 dagli stessi presupposti verificatisi nel biennio 1988-1989. Per questi motivi chiedeva che la sentenza impugnata fosse cassata limitatamente alla parte accolta dall'appello. Con atto del 19 gennaio 2001, l'A F. e l'Agenzia delle Entrate di Catania si costituivano in giudizio al solo fine di partecipare all'udienza di discussione. La Cassazione, con sentenza n. 12368/5 del 6 aprile 2005, dichiarava inammissibile il primo motivo, secondo cui l'A.P.O.C. avrebbe avuto diritto al rimborso, a prescindere dall'esercizio dell'opzione per il regime normale, perche' l'imposta a credito derivava principalmente dalla costruzione di bene ammortizzabile, ex art, 30, lettera c), terzo comma del d.P.R. n. 633/1972, in quanto motivo eccepito soltanto con il ricorso per cassazione. Accoglieva, invece, il secondo motivo, secondo cui l'opzione per il regime normale emergeva dal comportamento concludente adottato dall'Associazione, per l'applicabilita' dell'art. 4 della legge n. 342/2000 anche ai comportamenti tenuti dai contribuenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto n. 442/1997, considerata l'indiscussa natura interpretativa del suddetto articolo 4. Di conseguenza, dichiarava inammissibile il primo motivo, accoglieva il secondo motivo e, ritenendo assorbiti gli altri, cassava la decisione impugnata, rinviando la causa ad altra sezione della C.T.R. per la Sicilia, con il compito, ricorrendone i presupposti, di valutare anche l'ammissibilita' e la rilevanza della questione di costituzionalita' prospettata dall'avv. Castelli, e di pronunciarsi pure sulle spese. Con atti notificati il 14 febbraio 2006 e il 16 febbraio 2006, rispettivamente all'Agenzia delle Entrate di Catania e all'A.P.O.C., l'avv. Fulvio Castelli propone ricorso in riassunzione, chiedendo la conferma delle sentenze della C.T.P. n. 673 e n.674, del 2 dicembre 1997 e della decisione n. 226/02/1995 del 7 marzo 1995 per le parti impugnate per le quali non si era ancora formato il giudicato; l'annullamento del P.V.C. e del relativo avviso di rettifica n. 606587/95, nonche' delle sanzioni irrogate ed, infine, di disporre il rimborso del credito IVA 1991, piu' interessi, con vittoria delle spese. Produce memoria illustrative. L'Agenzia delle Entrate di Catania, costituendosi in giudizio, eccepisce la preclusione del diritto al rimborso per l'annualita' 1991, con conseguente rigetto della richiesta avanzata dal ricorrente, per effetto dell'art. 4 della legge n. 342/2000 e chiede, in conclusione, la riforma della sentenza n. 674/02/97, oppure il rigetto del ricorso della parte, e la compensazione delle spese di giudizio, stante la complessita' della controversia. Nell'udienza del 9 novembre 2006, l'avv. Castelli deposita avviso di ricevimento relativo alla notifica dell'atto di riassunzione eseguito nei confronti dell'A.P.O.C. La Commissione, rilevata l'omessa comunicazione della seduta di trattazione all'A.P.O.C., con ordinanza n. 188/17/06, rinvia al 28 dicembre 2006, disponendo che sia data comunicazione all'Associazione. Nell'udienza del 28 dicembre 2006, udito l'avv. Fulvio Castelli e, per l'Ufficio, il dott. Grasso, assente l'A.P.O.C., la Commissione si riserva di decidere. La riserva e' sciolta il 25 gennaio 2007. Al fine di chiarire i termini della presente controversia, si ritiene opportuno ricordare i contenuti delle leggi invocate dalle parti: 1) l'articolo 3, comma 125, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dispone che per i periodi d'imposta chiusi al 31 dicembre 1994 i produttori agricoli che non avessero effettuato la comunicazione di cui all'art. 34 del d.P.R. n.. 633/1972, avrebbero potuto effettuare l'opzione per il regime normale, con riferimento a ciascun periodo d'imposta e a condizioni che avessero osservato gli obblighi di cui al titolo II del d.P.R n. 633/1972, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge; 2) l' articolo 1 del d.P.R. n. 442 del 10 novembre 1997 stabilisce il principio in forza del quale: «l'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili, si desumono dai comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalita' di tenuta delle scritture contabili». 3) l'articolo 4 della legge n. 342 del 21 dicembre 2000 stabilisce, con norma interpretativa che «l'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili, si intende applicabile anche ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto n. 442 del 1997». Stabilendo, pero', nell'ultimo periodo che «Non si fa luogo a restituzione di imposte, soprattasse e pene pecuniarie gia' pagate». La suprema Corte, con la sentenza n. 12368 del 6 aprile 2005, annullando la decisione n. 95/12/00 della C.T.R. di Palermo, emessa il 24 giugno 2000, nel rinviare la causa ad altra sezione della Commissione tributaria regionale di Palermo, ha riaffermato (in conformita' a quanto in precedenza statuito con le sentenze n. 6886 del 21 maggio 2001, n. 11270 del 27 agosto 2001, n. 11411 del 5 settembre 2001, n.. 11512 del 7 settembre 2001), l'applicabilita' retroattiva del principio enunciato dall'art. 1 del d.P.R. n. 442/1997, ed ha assegnato ai giudici del rinvio il compito di esaminare, ricorrendone i presupposti, l' ammissibilita' e la rilevanza della questione di costituzionalita' prospettata dall'avv. Castelli. Cio' premesso, questo Collegio giudicante conferma le sentenze n. 226/1995 del 7 marzo 1995 e n. 673 del 2-12 dicembre 1997 emesse dalla C.T.P. di Catania, avendo l'A.P.O.C. effettuata l'opzione per il regime normale entro i sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 549/1995. In merito alla sentenza n. 674 del 2 dicembre 1997 della C.T.P. di Catania, ritiene che la controversia verta su due punti: il primo riguardante il riconoscimento o no del credito IVA di lire 61.155.000, di cui 50.000.000 chiesti a rimborso; il secondo se, una volta riconosciuto legittimo tale credito, esso sia rimborsabile o non rimborsabile alla luce dell'ultimo periodo dell'articolo 4 della legge n. 342/2000. Riguardo alla prima questione, questo Collegio, in forza della legge n. 342/2000, riconosce l'applicabilita' retroattiva del principio enunciato dall'art. l del d.P.R. n. 442/1997, essendo rilevante unicamente il comportamento concludente tenuto del contribuente ai fini della determinazione dell'imposta. Nel caso in specie, avendo l'A.P.O.C., sin dall'inizio del 1991, operato nell'ambito del regime normale di determinazione dell'imposta, il credito Iva di lire 61.155.000 relativo a tale anno deve essere definitivamente riconosciuto e, di conseguenza, si annulla l'avviso di rettifica n. 606587/95. Riguardo alla seconda questione concernente la rimborsabilita' del credito IVA di lire 50.000.000 (riconosciuto definitivamente esistente in virtu' di quanto deciso, con conseguente caducazione del disconoscimento di esso correlato alla mancata opzione formale nei termini di legge), questo Collegio, al di la' della questione se l'ultimo periodo dell'art. 4 della legge n. 342/2000 ha natura interpretativa, come prospettato dall'avv. Castelli, oppure innovativa, ritiene che l'ultimo periodo dell'art. 4 della piu' volte menzionata legge n. 342/2000, precluda, comunque, nei confronti dei contribuenti che abbiano omesso, nei termini di legge, di effettuare l'opzione per un dato regime di determinazione dell'IVA o di regimi contabili, qualsiasi rimborso di imposte, sanzioni e pene pecuniarie gia' pagate, in quanto si limita a riconoscere, anche per il passato, il comportamento concludente da loro tenuto, negando, pero', il diritto alla restituzione di somme pagate in conseguenza di tale comportamento. Riguardo a tale questione, il Collegio rileva che l'ultimo periodo dell'art. 4 della legge n. 342/2000 non sia conforme ai principi della Costituzione, in quanto in contrasto con l'articolo 3 della Carta, essendo evidente la disparita' di trattamento tra il soggetto che abbia formalmente optato, nei termini di legge, per un dato regime di determinazione dell'imposta ed il soggetto che abbia scelto lo stesso regime non attraverso una formale opzione, ma tramite un comportamento concludente, pienamente legittimo dal momento che la legge n. 342/2000, ha riconosciuto efficacia retroattiva all'art. 1 del d.P.R. n. 442/1997 il quale, oltretutto, con l'introduzione del principio del comportamento udente, ha soppresso l'opzione preventiva per i vari regimi di determinazione dell'imposta. La stessa Corte costituzionale con sentenza n. 416 dell'11 ottobre 2000, in merito ai benefici fiscali per l'acquisto della casa di abitazione, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, l'articolo 7, comma 10, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, limitatamente alle parole «e non danno luogo a rimborso», in quanto tale disposizione avrebbe comportato che chi si fosse opposto all'azione di recupero da' parte dell'Ufficio delle imposte normali (avendo gia' il contribuente usufruito delle agevolazioni relative alla casa di abitazione), non sarebbe stato piu' obbligato all'effettuazione di alcun pagamento, mentre chi avesse gia' pagato non avrebbe avuto il diritto, senza l'intervento della Corte costituzionale, al riconoscimento di alcun rimborso. In conclusione, il Collegio ritiene che l'ultima parte dell'art. 4 della legge n. 342/2000, riconoscendo il diritto al rimborso dell'IVA a credito derivante dalla dichiarazione annuale solo ai contribuenti che avessero formalmente, nei termini di legge, optato preventivamente per il regime normale, negandolo, invece, a chi avesse espresso l'opzione con il comportamento concludente assunto precedentemente alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 442 del 10 novembre 1997, violi il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione. Infatti, si considerino due contribuenti operanti nel settore agricolo che con la dichiarazione IVA relativa al 1991 chiedano entrambi il rimborso dell'eccedenza d'imposta. Il contribuente che abbia formalmente e preventivamente optato per il regime normale, ove non vi siano altri motivi di diniego, otterrebbe il rimborso dell'eccedenza IVA, mentre l'altro contribuente, pur avendo espresso con il proprio comportamento concludente, tenuto fin dall'inizio dell'esercizio, di volere operare nell'ambito del regime ordinario IVA, si vedrebbe negato, in forza dell'ultimo periodo dell'art. 4 della legge n. 342/2000, il diritto alla restituzione della somma pagata, come, del resto, nel caso de quo, sostiene l'Ufficio. Tutto cio' premesso, ritiene il Collegio che rilevante e non manifestamente infondata appare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, legge n. 342/2000, ultimo periodo, nella parte in cui sancisce che «non si fa luogo a restituzione di imposte, soprattasse e pene pecuniarie gia' pagate» per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Ed, invero, per quanto attiene alla rilevanza della questione nel procedimento in esame, osserva la Commissione che essa incide inequivocabilmente sul diritto al rimborso del credito IVA 1991 fatto valere dall'avv. Castelli, che il dato normativo in questione in maniera incontrovertibile esclude. La non manifesta infondatezza della questione suddetta emerge chiaramente, a parere del Collegio, sulla base delle summenzionate considerazioni inerenti alla posizione ingiustamente e irrazionalmente sperequata, con riferimento al diritto ai rimborso, del soggetto che ha formalmente e preventivamente optato per il regime normale e del soggetto che tale opzione abbia manifestato invece attraverso un comportamento concludente. Conclusivamente, ai sensi dell'art. 23, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il procedimento deve essere sospeso e gli atti rimessi alla Corte costituzionale.