Sentenza
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi 721
e  722  da  725  a  730  e da 733 a 735 della legge 27 dicembre 2006,
n. 296  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2007), promossi con
ricorsi  della  Regione  Veneto e della Provincia autonoma di Bolzano
notificati  il 23 febbraio 2007, depositati in cancelleria il 1° e il
15 marzo 2007 ed iscritti ai nn. 10 e 12 del registro ricorsi 2007;
   Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito nell'udienza pubblica dell'11 marzo 2008 il giudice relatore
Ugo De Siervo;
   Uditi  gli  avvocati  Mario  Bertolissi  per  la  Regione  Veneto,
Giuseppe  Franco  Ferrari  e  Roland Riz per la Provincia autonoma di
Bolzano   e   gli  avvocati  dello  Stato  Giuseppe  Fiengo,  Massimo
Salvatorelli  e  Michele  Dipace  per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso notificato il 23 febbraio 2007 e depositato il
successivo 1° marzo (iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2007), la
Regione  Veneto  ha promosso, tra le altre, questione di legittimita'
costituzionale,  dell'art.  1,  commi  721,  722 e 730 della legge 27
dicembre  2006,  n. 296  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  -  legge finanziaria 2007), in
riferimento  agli  artt.  117,  commi terzo e quarto, 118 e 119 della
Costituzione.
   1.1.   -  L'art.  1,  comma  721,  stabilisce  che  «ai  fini  del
contenimento  della  spesa pubblica, le regioni, entro sei mesi dalla
data   di   entrata   in   vigore   della  presente  legge,  adottano
disposizioni,  normative  o amministrative, finalizzate ad assicurare
la  riduzione  degli  oneri degli organismi politici e degli apparati
amministrativi,   con   particolare   riferimento   alla  diminuzione
dell'ammontare  dei  compensi e delle indennita' dei componenti degli
organi   rappresentativi   e   del  numero  di  questi  ultimi,  alla
soppressione   degli   enti  inutili,  alla  fusione  delle  societa'
partecipate e al ridimensionamento delle strutture organizzative». Il
successivo   comma  722,  qualifica  il  comma  721  come  «principio
fondamentale  di  coordinamento  della  finanza pubblica, ai fini del
rispetto  dei  parametri stabiliti dal patto di stabilita' e crescita
dell'Unione europea».
   La ricorrente, invece, ascrive il censurato comma 721 alla materia
«organizzazione   amministrativa   della   Regione»,   di  competenza
residuale.   Pertanto,   a   suo  avviso,  risulterebbe  «palese»  la
violazione  dell'art.  117,  quarto  comma,  della  Costituzione, «e,
conseguentemente,   degli   artt.   118  e  119  della  Costituzione,
concernenti  rispettivamente l'autonomia amministrativa e finanziaria
della Regione».
   1.2.  -  Avendo  lo  stesso  legislatore  statale  qualificato  la
disposizione  di  cui  al comma 721 quale «principio fondamentale» in
materia   di  «coordinamento  della  finanza  pubblica»,  la  Regione
ricorrente denuncia, in via subordinata, la violazione dell'art. 117,
terzo  comma,  della  Costituzione.  Essendo intervenute in un ambito
materiale  di  competenza  concorrente,  le  disposizioni  oggetto di
doglianza  non  si  sarebbero limitate a porre principi fondamentali,
bensi'  avrebbero  fissato  una  disciplina  normativa  di  dettaglio
«fortemente  invasiva  dell'autonomia  (legislativa, amministrativa e
finanziaria) regionale».
   Le  stesse  disposizioni,  inoltre,  violerebbero l'art. 119 della
Costituzione,  il  quale  «impedisce  allo  Stato  di  individuare le
singole  voci  di spesa da limitare, pur se in vista del rispetto dei
vincoli comunitari di politica economica e monetaria».
   1.3.  - Il comma 730 dello stesso art. 1 dispone che «le Regioni e
le  Province  autonome di Trento e di Bolzano adeguano ai principi di
cui  ai  commi  da  725  a  735  la  disciplina  dei  compensi  degli
amministratori  delle  societa'  da  esse  partecipate,  e del numero
massimo  dei  componenti  del  consiglio  di amministrazione di dette
societa'.  L'obbligo  di  cui  al  periodo  che  precede  costituisce
principio di coordinamento della finanza pubblica».
   Per  la  ricorrente,  i richiamati commi da 725 a 729 fisserebbero
«limiti  puntuali»  sia  al  numero  dei  componenti del consiglio di
amministrazione,   sia  al  compenso  degli  stessi  e  del  relativo
presidente,  nelle  societa'  a  totale  partecipazione  di  Comuni o
Province,  nelle  societa'  a  totale  partecipazione pubblica di una
pluralita'  di  enti locali, nelle societa' a partecipazione mista di
enti locali e di altri soggetti pubblici o privati.
   Dal  canto  loro,  i  commi  731  e 732 modificano rispettivamente
l'art. 82 e l'art. 234 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico
delle   leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali),  e  cioe'  due
disposizioni  che  non avrebbero alcun riferimento con gli oggetti di
cui al comma 730.
   Analogamente  dovrebbe  concludersi  per  i commi da 733 a 735. Il
comma  735 stabilisce che le disposizioni precedenti non si applicano
alle  societa'  quotate in borsa. Inoltre, per il comma 734, non puo'
essere   nominato   amministratore   di  ente,  istituzione,  azienda
pubblica,  societa' a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo
ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso
in perdita tre esercizi consecutivi. Infine, il comma 735 prevede che
gli incarichi di amministratore delle societa' di cui ai commi da 725
a  734  conferiti  da  soci  pubblici  ed  i  relativi compensi siano
pubblicati  nell'albo  e  nel  sito informatico dei soci pubblici. La
pubblicita'  e'  soggetta  ad aggiornamento semestrale. La violazione
dell'obbligo  di  pubblicazione  e  la mancata comunicazione da parte
degli  amministratori  societari  dei  loro  incarichi  e  compensi o
indennita' sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria fino
a 10.000 euro, irrogata dal prefetto nella cui circoscrizione ha sede
la societa'.
   Il  denunciato  comma 730, dunque, «palesemente» violerebbe l'art.
117,  quarto  comma,  della  Costituzione,  essendo intervenuto nella
materia,  di  competenza residuale, delle «societa' partecipate dalle
Regioni»,  e,  «conseguentemente», contrasterebbe anche con gli artt.
118 e 119 della Costituzione.
   Anche  accedendosi,  in  via  subordinata, alla autoqualificazione
della  prescrizione  come  «principio  di coordinamento della finanza
pubblica»,  ne  discenderebbe  comunque  l'inosservanza  del  dettato
costituzionale  e,  precisamente,  dell'art.  117, terzo comma, della
Costituzione,  non  essendosi  il  legislatore  statale  limitato  ad
enunciare norme di principio.
   Cosi' inquadrato, inoltre, il comma 730 violerebbe altresi' l'art.
119  della  Costituzione,  avendo identificato singole voci di spesa.
«Da  quanto  da  ultimo  detto»  conseguirebbe de plano la violazione
anche dell'art. 118 della Costituzione.
   2.  -  Con  atto  depositato  il 15 marzo 2007 si e' costituito in
giudizio  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.
   La   difesa   erariale   contesta,  innanzitutto,  l'inquadramento
materiale   formulato   nel  ricorso,  trattandosi  al  contrario  di
disposizioni  riconducibili  alla materia, di competenza concorrente,
del «coordinamento della finanza pubblica».
   Per  il  resistente,  pertanto,  non  sussisterebbe  la  lamentata
violazione   dell'art.   117,   terzo   comma,   della  Costituzione,
trattandosi  di  mere norme di principio. In questo ambito materiale,
il  legislatore  statale  e' legittimato ad imporre vincoli agli enti
locali,   allorche'  questi  siano  resi  necessari  da  «ragioni  di
coordinamento    finanziario   connesse   ad   obiettivi   nazionali,
comprensivi,  dunque, della c.d. "finanza pubblica allargata", a loro
volta  condizionati  dagli  obblighi comunitari» (viene richiamata la
sentenza della Corte costituzionale n. 35 del 2005).
   In coerenza con la giurisprudenza costituzionale, il comma 721 non
avrebbe  fatto  altro che indicare un obiettivo di contenimento della
spesa  pubblica  secondo  criteri volti, in particolare, a ridurre il
numero  ed i compensi dei componenti degli organi rappresentativi. Le
denunciate  disposizioni  avrebbero,  infatti,  espressamente rimesso
alle   stesse   Regioni   la   necessaria   attivita'   normativa   e
amministrativa per la concreta gestione della spesa.
   Quanto  al  comma  730, l'Avvocatura dello Stato ribadisce, in via
preliminare,   che   tale   norma   si  collocherebbe  nella  materia
concorrente    della   «armonizzazione   dei   bilanci   pubblici   e
coordinamento  della  finanza  pubblica e del sistema tributario». Il
legislatore statale si sarebbe, dunque, limitato a enunciare principi
e   criteri   direttivi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,
«principi  destinati  alle  Regioni  quali limiti all'esercizio della
potesta' legislativa da esse in concreto esercitata».
   3.  -  Con  ricorso notificato il 23 febbraio 2007 e depositato il
successivo  5 marzo (iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2007), la
Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, tra le altre, questione di
legittimita' costituzionale, dell'art. 1, commi da 725 a 730 e da 733
a  735, della legge n. 296 del 2006, in riferimento agli artt. 3, 81,
97,  116,  117, commi secondo, lettere g) e l), terzo e quarto, e 119
della   Costituzione,   in   relazione   all'art.   10   della  legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte  seconda della Costituzione), nonche' in riferimento agli artt.
4,  numero  3),  8,  numero  1),  ed  al  Titolo VI, «con particolare
riferimento  agli  artt.  80 e 81», del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), all'art. 3, commi 2
e  3,  del  d.lgs.  16  marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la potesta' statale di indirizzo e coordinamento), ed agli artt. 16 e
17  del  d.lgs.  16  marzo  1992,  n. 268  (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige in materia di finanza
regionale   e   provinciale),   ed   infine  al  principio  di  leale
collaborazione.
   3.1.  -  L'art.  1,  comma  730, della legge n. 296 del 2006, ed i
commi ivi richiamati - «con particolare riferimento ai commi da 725 a
729 e da 733 a 735», -anche ove si condividesse la autoqualificazione
di  norma  di  principio  in  materia  di «armonizzazione dei bilanci
pubblici  e  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario», violerebbero, per la Provincia ricorrente, innanzitutto,
l'art.   117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  dal  momento  che
fisserebbero norme di dettaglio in luogo dei principi fondamentali.
   Cio' sarebbe reso evidente dal contenuto del tutto analitico delle
diverse disposizioni.
   3.2.  -  Inoltre, le censurate disposizioni violerebbero gli artt.
81  e  119  della  Costituzione,  nonche'  il Titolo VI dello statuto
speciale  della Regione Trentino-Alto Adige Südtirol (con particolare
riferimento agli artt. 80 e 81) e gli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 268
del   1992.   Alla   luce  della  giurisprudenza  costituzionale,  il
legislatore  statale,  abilitato  nella suddetta materia ad enunciare
esclusivamente  norme  di  principio,  sarebbe  legittimato a fissare
soltanto  un  limite  complessivo,  lasciando  agli enti territoriali
ampia  liberta'  di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti ed
obiettivi di spesa.
   3.3.  -  Secondo  la  ricorrente,  inoltre,  «per  tali motivi» le
denunciate   previsioni   limiterebbero   illegittimamente  anche  il
peculiare  ambito di autonomia riconosciuto dagli Statuti e dall'art.
116  della  Costituzione  alle  Province autonome. In particolare, ai
sensi  dell'art.  8, numero 1), del predetto statuto speciale, spetta
in  via  esclusiva  alle Province autonome la potesta' legislativa in
materia  di  ordinamento  degli uffici provinciali e del personale ad
essi  addetto.  Questa  potesta'  esclusiva  risulterebbe compromessa
anche  dall'ipotetico esercizio, da parte dello Stato, della funzione
legislativa sia in materia di «ordinamento civile» (art. 117, secondo
comma,   lettera  l,  Cost.),  sia  in  materia  di  «ordinamento  ed
organizzazione  amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti pubblici
nazionali»  (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.). Disposizioni
del   genere   determinerebbero  una  «evidente  compressione»  della
predetta  potesta'  legislativa  esclusiva  delle  Province autonome,
trattandosi   «di   limitazioni   alla  generalita'  delle  attivita'
provinciali, riconducibili alle attribuzioni statutarie, suscettibili
di  essere  svolte  attraverso lo strumento delle societa' a capitale
totalmente o parzialmente pubblico».
   Dalle precedenti considerazioni si evincerebbe, per la ricorrente,
anche  la violazione dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione,
attesa  la  natura  residuale della potesta' legislativa regionale in
ordine alla disciplina dell'organizzazione amministrativa regionale e
provinciale.
   3.4.  -  La  Provincia  autonoma  di  Bolzano deduce, altresi', la
violazione  dell'art.  4, numero 3), dello statuto speciale. In forza
del  combinato  disposto  degli artt. 117, secondo comma, lettera p),
Cost.,  e  10 della legge cost. n. 3 del 2001, il legislatore statale
non  e'  abilitato  a  legiferare  in  ordine  alla «organizzazione e
funzionamento degli enti locali». Al riguardo, il gia' citato art. 17
del  d.lgs.  n. 268 del 1992 demanda alle stesse Province autonome il
potere  di  disciplinare  con  legge  i  criteri  per  assicurare  un
equilibrato sviluppo della finanza locale.
   3.5.  - Inoltre, i commi da 725 a 730 violerebbero il principio di
leale collaborazione, risultando pretermessa «qualunque reale sede di
confronto  con  la  Provincia  ricorrente». Risulterebbe analogamente
contraddetto  il  principio  di  cui  all'art. 3, comma 3, del d.lgs.
n. 266  del  1992,  in  virtu'  del  quale  la  Regione o le Province
autonome  di  Trento  e di Bolzano, secondo le rispettive competenze,
sono  consultate, a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri,
su  ciascun  atto di indirizzo e di controllo, ai fini della verifica
della  compatibilita'  dello  stesso  con  lo  statuto  speciale e le
relative  norme  di attuazione (sempre che «tali atti statali possano
ritenersi  ammissibili;  cosa peraltro da escludersi, a seguito della
revisione  del  Titolo  V,  che  non  ammette una funzione statale di
indirizzo e coordinamento»).
   Come  comprovato  dalla  previsione  del  comma 729, le denunciate
disposizioni  risulterebbero  difformi  rispetto  a  quanto stabilito
dall'art.  3, comma 2, del succitato d.lgs. n. 266 del 1992, il quale
stabilisce   che   «l'emanazione   delle   norme   di  organizzazione
eventualmente  occorrenti  per l'attuazione degli atti predetti (...)
e'  riservata,  per  quanto  di rispettiva competenza, alla regione o
alle  province  autonome».  Tale  previsione  appare,  a  detta della
ricorrente,  elusa  da  tutte quelle disposizioni che - come il comma
729 - disciplinano provvedimenti amministrativi vincolanti.
   Per la ricorrente, non varrebbe a superare le suesposte censure la
circostanza  che  il  medesimo  comma  729  introduca  un  momento di
confronto  e  coordinamento  tra  lo  Stato  e  le  autonomie locali,
nell'ambito  del  procedimento  finalizzato  alla determinazione, con
decreto  del  Presidente  del Consiglio dei ministri, dell'importo di
riferimento  del capitale sociale rilevante ai fini di individuare il
numero  massimo  di componenti del consiglio di amministrazione delle
societa'  in  oggetto,  «in  quanto la previsione di un intervento di
matrice   statale,  neppure  di  natura  legislativa,  nella  materia
esaminata  e' viziata in radice: l'emissione di tale decreto non puo'
sostituire l'esercizio di una potesta' legislativa costituzionalmente
affidata alla Provincia autonoma di Bolzano».
   3.6. - La disciplina censurata risulterebbe anche in contrasto con
gli   artt.  3  e  97  della  Costituzione,  «in  quanto  palesemente
irragionevole e contraria al principio di buon andamento». A sostegno
di  tale  doglianza, la ricorrente osserva che le disposizioni di cui
ai  commi  da 725 a 729 e da 733 a 735, imponendo regole uniformi per
tutti  gli  enti  locali,  inciderebbero  sulla autonomia finanziaria
riconosciuta  alle Province autonome dall'art. 119 della Costituzione
e,  in  particolare,  per  quanto  direttamente rileva, dal Titolo VI
dello  statuto  speciale  e dall'art. 116 della Costituzione, nonche'
sulla  potesta'  provinciale  in  materia  di  finanza locale, «nella
misura  in  cui  impon[gono]  vincoli di spesa agli enti locali della
provincia senza tenere conto delle risorse effettivamente disponibili
e  dello  stato dei bilanci, nonche' delle peculiarita' delle realta'
di riferimento».
   Al  riguardo,  la  Provincia  ricorrente  sottolinea  che tanto lo
statuto  quanto le relative norme di attuazione (nella specie, l'art.
8  ed  il  Titolo  VI dello statuto, con particolare riferimento agli
artt.  80  e  81,  nonche'  le  norme attuative contenute nei decreti
legislativi  n. 266  e  n. 268 del 1992), si trovano in una posizione
gerarchicamente   sovraordinata   rispetto   alle  leggi  statali  e,
prevalendo  sulle  stesse,  «compongono un quadro non suscettibile di
essere inciso unilateralmente dal legislatore statale».
   3.7.  - Inoltre, il comma 735, oltre a determinare una illegittima
ingerenza  nella materia esclusiva dell'organizzazione amministrativa
regionale e provinciale, parrebbe contraddire anche il disposto degli
artt.   81   e   119   della   Costituzione.  Infatti,  il  controllo
centralizzato  prescritto  dal  comma in esame non solo realizzerebbe
un'indebita  ingerenza  dello  Stato nelle competenze provinciali, in
quanto  configurerebbe  un'ipotesi di vigilanza da parte di un organo
statale  in  materie  che sono riconducibili all'alveo della predetta
potesta' legislativa esclusiva provinciale, ma «non e' giustificabile
nemmeno  alla  luce  dei  principi  di  cui agli artt. 81 e 119 della
Costituzione»,  i  quali vietano al legislatore statale di comprimere
l'ambito di autonomia della Provincia disciplinando nel dettaglio gli
strumenti  da  utilizzare per raggiungere gli obiettivi di equilibrio
di bilancio e coordinamento della finanza pubblica ad esso afferenti.
   E' ben vero - continua la ricorrente - che la Corte costituzionale
avrebbe   escluso   l'illegittimita'   di   prescrizioni  comportanti
specifici  poteri  di  controllo  statali sull'attivita' di Regioni e
Province  autonome  sulla  base  di  peculiari  presupposti, quali la
configurabilita'    dell'intervento   di   vigilanza   statale   come
«espressione  di  un  coordinamento  meramente informativo» (sentenza
n. 376 del 2003) e la natura mista dell'organo di controllo (sentenza
n. 412  del 1994). Tuttavia, tali ipotesi non ricorrerebbero nel caso
di specie.
   Il comma 735 in esame violerebbe, infine, il disposto dell'art. 4,
del  d.lgs.  n. 266  del  1992, in virtu' del quale «nelle materie di
competenza  propria  della regione o delle province autonome la legge
non  puo'  attribuire  agli  organi  statali funzioni amministrative,
comprese   quelle  di  vigilanza,  di  polizia  amministrativa  e  di
accertamento   di   violazioni   amministrative,  diverse  da  quelle
spettanti  allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme
di attuazione».
   4.  -  Con  atto  depositato  il 14 marzo 2007 si e' costituito in
giudizio  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.
   Le  censurate  disposizioni  -  a  detta  della  difesa erariale -
costituiscono  principi  fondamentali  di coordinamento della finanza
pubblica.   Ne'  le  stesse  previsioni  potrebbero  considerarsi  di
dettaglio,  trattandosi,  al  contrario, di principi generali «la cui
incisivita' ed il livello di specificazione deve essere commisurata a
quanto il Parlamento stesso, nella propria discrezionalita' politica,
che  nel  caso  in  esame  attiene  alla politica economica generale,
reputa rispondente alle esigenze unitarie della comunita' nazionale».
   D'altro  canto - prosegue l'Avvocatura dello Stato - le contestate
previsioni   non   sarebbero   neppure   ascrivibili   alla   materia
dell'organizzazione   degli   uffici   provinciali   e  del  relativo
personale,  atteso  che  gli  enti dalle stesse contemplati sono enti
esterni   all'organizzazione  delle  amministrazioni  locali,  «quali
strumenti   di   attuazione   di   servizi  pubblici  con  regole  di
organizzazione di tipo privatistico».
   5.   -   Nell'imminenza   dell'udienza  pubblica  le  parti  hanno
depositato  memorie,  ribadendo  le  argomentazioni  gia'  svolte  ed
insistendo sulle conclusioni gia' formulate.
                       Considerato in diritto
   1.  -  La  Regione  Veneto ha promosso, tra le altre, questione di
legittimita'  costituzionale, dell'art. 1, commi 721, 722 e 730 della
legge  27  dicembre  2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007),
in  riferimento agli artt. 117, commi terzo e quarto, 118 e 119 della
Costituzione.
   La ricorrente, riferendo il comma 721 alla materia «organizzazione
amministrativa  della  Regione»,  di  propria  competenza  residuale,
reputa «palese» la violazione dei suddetti parametri costituzionali.
   In  via subordinata, la Regione denuncia la violazione degli artt.
117,  terzo  comma, e 119 della Costituzione, poiche' le disposizioni
impugnate non si sarebbero limitate a porre principi fondamentali, ma
avrebbero  fissato  una  disciplina normativa di dettaglio fortemente
invasiva dell'autonomia regionale.
   Il  comma  730  dello  stesso  art.  1,  imponendo  che le Regioni
adeguino  «ai principi di cui ai commi da 725 a 735 la disciplina dei
compensi  degli  amministratori delle societa' da esse partecipate, e
del numero massimo dei componenti del consiglio di amministrazione di
dette  societa»,  violerebbe in modo palese l'art. 117, quarto comma,
della  Costituzione,  e  quindi  anche  gli  artt.  118  e  119 della
Costituzione,   essendo  intervenuto  nella  materia,  di  competenza
residuale, delle «societa' partecipate dalle Regioni».
   Anche  ove  la  disposizione  potesse essere ascritta alla materia
«coordinamento  della finanza pubblica», comunque sarebbe leso l'art.
117,  terzo  comma,  della Costituzione, non essendosi il legislatore
statale  limitato  ad  enunciare  norme  di principio. Di conseguenza
risulterebbero anche violati gli artt. 118 e 119 della Costituzione.
   2.  -  La Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, tra le altre,
questione di legittimita' costituzionale, dell'art. 1, commi da 725 a
730  e da 733 a 735, della medesima legge finanziaria per il 2007, in
riferimento agli artt. 3, 81, 97, 116, 117, commi secondo, lettere g)
e l), terzo e quarto, e 119 della Costituzione, in relazione all'art.
10  della  legge  costituzionale  18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
titolo   V  della  parte  seconda  della  Costituzione),  nonche'  in
riferimento  agli  artt. 4, numero 3), 8, numero 1), ed al Titolo VI,
«con  particolare  riferimento  agli  artt.  80  e 81», del d.P.R. 31
agosto  1972,  n. 670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige),  all'art.  3,  commi  2 e 3, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266
(Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale per il Trentino-Alto
Adige  concernenti  il  rapporto tra atti legislativi statali e leggi
regionali  e  provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e
coordinamento),  ed  agli  artt.  16  e  17 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 268  (Norme  di  attuazione dello statuto speciale per il Trentino
Alto-Adige  in materia di finanza regionale e provinciale), ed infine
al principio di leale collaborazione.
   Il  comma  730, in particolare, richiamando gli analitici commi da
725  a  729  e  da  733  a  735, anche ove riconducibile alla materia
«coordinamento   della  finanza  pubblica»,  violerebbe  innanzitutto
l'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  fissando  norme di
dettaglio in luogo dei richiesti principi fondamentali.
   Inoltre,  sarebbero violati gli artt. 81 e 119 della Costituzione,
nonche'   il   Titolo   VI   dello  statuto  speciale  della  Regione
Trentino-Alto  Adige Südtirol (con particolare riferimento agli artt.
80  e 81) e gli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 268 del 1992. Infatti, il
legislatore  statale  sarebbe  abilitato  ad enunciare esclusivamente
norme di principio, fissando soltanto limiti complessivi di spesa, ma
lasciando  agli enti territoriali ampia liberta' di allocazione delle
risorse fra i diversi ambiti ed obiettivi di spesa.
   Inoltre,  le  denunciate previsioni limiterebbero illegittimamente
il  peculiare  ambito  di  autonomia  riconosciuto  dagli  Statuti  e
dall'art.  116  della  Costituzione  alle Province autonome: ai sensi
dell'art.  8,  numero  1),  dello  statuto  speciale,  spetta  in via
esclusiva  alle  Province autonome la potesta' legislativa in materia
di  ordinamento  degli  uffici  provinciali  e  del personale ad essi
addetto.    Potesta'    legislativa    non    comprimibile    neppure
nell'esercizio,  da  parte dello Stato, della funzione legislativa in
materia  di  «ordinamento  civile»  o  in  materia di «ordinamento ed
organizzazione  amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti pubblici
nazionali»   (art.   117,   secondo  comma,  lettere  l  e  g,  della
Costituzione).
   Dalle precedenti considerazioni si evincerebbe anche la violazione
dell'art.  117,  quarto  comma,  della Costituzione, attesa la natura
residuale  della  potesta'  legislativa  provinciale  in  ordine alla
disciplina dell'organizzazione amministrativa.
   La  ricorrente  rileva,  altresi', che lo statuto speciale riserva
alla  Provincia la disciplina della finanza locale. Inoltre l'art. 17
del  d.lgs.  n. 268  del  1992  demanda  alle  leggi  provinciali  la
determinazione  dei  «criteri  per assicurare un equilibrato sviluppo
della finanza comunale».
   L'assenza  nei  commi da 725 a 730 di ogni forma «di confronto con
la  Provincia  ricorrente»  contrasterebbe  con il principio di leale
collaborazione, gia' espresso nell'art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 266
del  1992,  in  virtu' del quale la Regione o le Province autonome di
Trento   e   di  Bolzano,  secondo  le  rispettive  competenze,  sono
consultate,  a  cura  della Presidenza del Consiglio dei ministri, su
ciascun  atto  di indirizzo e di coordinamento ai fini della verifica
della  compatibilita'  dello  stesso  con  lo  statuto  speciale e le
relative norme di attuazione.
   Illegittimo sarebbe anche il comma 729, nonostante vi si introduca
un  momento  di  confronto  tra  lo  Stato  e  le  autonomie  locali,
nell'ambito  del  procedimento  finalizzato  alla determinazione, con
decreto  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  dell'importo del
capitale  sociale  rilevante ai fini di individuare il numero massimo
di   componenti  del  consiglio  di  amministrazione  delle  societa'
partecipate   oggetto   delle   disposizioni:   cio'   perche'  anche
«l'emissione  di  tale decreto non puo' sostituire l'esercizio di una
potesta'   legislativa  costituzionalmente  affidata  alla  Provincia
autonoma di Bolzano».
   La  disciplina  censurata, imponendo regole uniformi per tutti gli
enti  locali,  inciderebbe  sulla  autonomia finanziaria riconosciuta
alle Province autonome, nonche' sulla potesta' provinciale in materia
di  finanza  locale,  per  di  piu'  senza tenere conto delle risorse
effettivamente disponibili e dello stato dei bilanci, con conseguente
ed  «evidente violazione altresi' dei principi espressi dagli artt. 3
e 97 della Costituzione».
   Infine,  il  comma 735 sarebbe illegittimo in quanto finalizzato a
comprimere l'ambito di autonomia riconosciuto alla Provincia autonoma
di Bolzano in materia di ordinamento ed organizzazione amministrativa
delle  proprie  strutture  e  degli  enti  pubblici provinciali e del
personale  ad  essi  addetto.  Ne'  il  legislatore  statale potrebbe
disciplinare   nel   dettaglio   gli   strumenti  da  utilizzare  per
raggiungere  l'equilibrio  di  bilancio  ed  il  coordinamento  della
finanza  pubblica.  (viene  richiamata  la  sentenza  di questa Corte
n. 390 del 2004).
   Il  riconoscimento,  da parte della giurisprudenza costituzionale,
della  legittimita'  di  alcuni specifici poteri di controllo statali
sull'attivita'  di Regioni e Province autonome sarebbe possibile solo
sulla  base  di  peculiari  presupposti,  nella specie non esistenti.
Inoltre,  la  previsione  di  una sanzione amministrativa prefettizia
violerebbe il disposto dell'art. 4, del d.lgs. n. 266 del 1992.
   3.  -  In  considerazione  dell'identita'  della  materia  e della
parziale  identita'  dei  profili  di  illegittimita' fatti valere, i
ricorsi  possono  essere  riuniti  per  essere  decisi  con  un'unica
pronuncia,  quanto  alle norme censurate sopra indicate, riservandosi
invece  a  separate  pronunce  la decisione delle ulteriori e diverse
questioni di legittimita' costituzionale con essi promosse.
   4.  -  In via preliminare, occorre procedere alla dichiarazione di
inammissibilita'  di  alcune  delle censure avanzate dalla ricorrente
Provincia  di  Bolzano,  in  parte  basate  su  parametri palesemente
estranei alla sfera di competenza provinciale.
   Anzitutto  non  e' ammissibile che la Provincia ricorrente evochi,
quale  parametro  delle  censure  relative  a  tutte  le disposizioni
impugnate  che  si  riferiscono  all'ordinamento  degli  enti locali,
l'art.   4,   numero  3  dello  statuto  regionale,  che  attribuisce
competenza  legislativa  primaria  in tema di «ordinamento degli enti
locali  e  delle relative circoscrizioni» alla sola Regione (sentenza
n. 132  del  2006). Non essendo la Provincia legittimata a promuovere
questioni  di  legittimita'  costituzionale al di fuori della propria
specifica area di competenza, vanno dichiarate inammissibili tutte le
censure  basate su tale parametro, anche con riferimento al comma 729
ed ai commi 734 e 735 (in questi due ultimi casi, per la parte in cui
le disposizioni censurate si riferiscono agli enti locali).
   Palesemente  inammissibile  e',  inoltre,  la questione con cui si
lamenta  che  la disciplina impugnata sarebbe stata posta «in spregio
del  principio  di  leale  collaborazione,  nonche' in violazione del
principio  di  cui  all'art.  3,  comma  3,  d.lgs.  n. 266/1992»: e'
giurisprudenza    pacifica    di   questa   Corte   che   l'esercizio
dell'attivita'   legislativa   sfugge   alle   procedure   di   leale
collaborazione  (da  ultimo,  sentenza  n. 401  del 2007), ne' appare
conferente,  in  ordine  al  procedimento  legislativo,  il  richiamo
all'art.  3,  commi  2  e 3, del d.lgs. n. 266 del 1992 (e cio' senza
considerare  il  superamento  della  figura degli atti di indirizzo e
coordinamento,  sancito  espressamente  dall'art.  8,  comma 6, della
legge  5 giugno 2003, n. 131, nelle materie di competenza concorrente
o residuale delle Regioni: sentenza n. 329 del 2003).
   La  palese estraneita' al caso di specie dei parametri in tal modo
invocati  si  traduce  in radice nell'inammissibilita' della relativa
questione.
   Sono  inoltre  inammissibili, per assoluta genericita', le censure
basate sugli artt. 81 e 116 della Costituzione.
   Infine,  appare  inammissibile  che  la  ricorrente  indichi fra i
molteplici   parametri   che  sarebbero  violati  dalle  disposizioni
impugnate  anche  l'art. 117, comma secondo, lettera g), in relazione
alla  competenza  esclusiva  in tema di «ordinamento e organizzazione
dello  Stato  e  degli  enti  pubblici  nazionali»,  e lettera l), in
relazione   alla   competenza   esclusiva  dello  Stato  in  tema  di
«ordinamento  civile»,  della  Costituzione,  relativi  a  titoli  di
competenza  legislativa  dello  Stato  e non delle Regioni e Province
autonome.  Questa  Corte ha gia' avuto occasione di affermare che «il
perimetro  entro  il  quale  assumono  rilievo  gli  interessi al cui
perseguimento  e'  tesa l'attivita' legislativa risulta rigorosamente
conformato  dalle  norme  attributive di competenza» (sentenza n. 116
del 2006).
   Analogamente e' inammissibile che vengano addotti dalla ricorrente
come  parametri violati i «principi espressi dagli artt. 3 e 97 della
Costituzione»,  essendo  evidente  che  si tratta di disposizioni del
tutto estranee alle materie di competenza della Provincia autonoma di
Bolzano.
   5.  - Venendo al merito delle questioni poste, le censure relative
ai commi 721 e 722 sollevate dalla Regione Veneto non sono fondate.
   Il  comma 721 prescrive che, «ai fini del contenimento della spesa
pubblica,  le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della    presente   legge,   adottano   disposizioni,   normative   o
amministrative,  finalizzate  ad  assicurare la riduzione degli oneri
degli   organismi  politici  e  degli  apparati  amministrativi,  con
particolare  riferimento alla diminuzione dell'ammontare dei compensi
e  delle indennita' dei componenti degli organi rappresentativi e del
numero  di  questi ultimi, alla soppressione degli enti inutili, alla
fusione  delle  societa'  partecipate  e  al  ridimensionamento delle
strutture   organizzative».   Questa  disposizione  e'  espressamente
qualificata  dal  comma  722,  anch'esso  impugnato,  come «principio
fondamentale  di  coordinamento  della  finanza pubblica, ai fini del
rispetto  dei  parametri stabiliti dal patto di stabilita' e crescita
dell'Unione europea». Coerentemente a questa qualificazione, il comma
723  (non impugnato dalla ricorrente) quantifica «i risparmi di spesa
derivanti dall'attuazione del comma 721» nel dieci per cento rispetto
ai saldi dell'anno precedente.
   Dinanzi  ad  un  intervento  legislativo  statale di coordinamento
della  finanza pubblica riferito alle Regioni, e cioe' nell'ambito di
una  materia  di tipo concorrente, e' naturale che ne derivi una, per
quanto   parziale,   compressione   degli  spazi  entro  cui  possano
esercitarsi  le competenze legislative ed amministrative di Regioni e
Province  autonome (specie in tema di organizzazione amministrativa o
di disciplina del personale), nonche' della stessa autonomia di spesa
loro  spettante  (fra le molte, si vedano le sentenze n. 169 e n. 162
del 2007; n. 353 e n. 36 del 2004).
   L'incidenza   delle   misure  prefigurate  dalle  norme  impugnate
sull'autonomia  organizzativa  e  di  spesa  della  ricorrente non e'
pertanto  risolutiva  della questione di legittimita' costituzionale,
ove  tali  disposizioni  siano state legittimamente poste dallo Stato
nell'esercizio   della   propria   competenza   a   dettare  principi
fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica.
   Nel  caso  di specie, e' rispettato il limite, che questa Corte ha
costantemente  ribadito,  che  le  disposizioni  statali pongano solo
criteri  ed  obiettivi  cui  dovranno attenersi le Regioni e gli enti
locali  nell'esercizio  della  propria  autonomia  finanziaria, senza
invece  imporre  loro precetti specifici e puntuali (fra le molte, si
vedano  le  sentenze  n. 95  del  2007,  n. 449 del 2005 e n. 390 del
2004).
   Difatti,   le   disposizioni   impugnate   non   vanno   oltre  la
individuazione  di  obiettivi  finanziari  globali  (comma  723) e la
indicazione  che  le  Regioni  intervengano,  entro  sei mesi, in via
legislativa  od anche solo amministrativa, per ridurre le spese nella
vasta e, in certa misura, perfino eterogenea area dell'organizzazione
regionale individuata dalla disposizione impugnata.
   6.  -  Le questioni relative al comma 730 sono fondate nei termini
di seguito indicati.
   6.1.  - Sia la Regione Veneto sia la Provincia autonoma di Bolzano
hanno  impugnato  il  comma  730,  secondo  il quale «le Regioni e le
Province  autonome di Trento e di Bolzano adeguano ai principi di cui
ai commi da 725 a 735 la disciplina dei compensi degli amministratori
delle  societa'  da  esse  partecipate,  e  del  numero  massimo  dei
componenti  del  consiglio  di  amministrazione  di  dette  societa'.
L'obbligo  di  cui  al  periodo  che precede costituisce principio di
coordinamento della finanza pubblica».
   La  Regione  Veneto,  in  via  prioritaria,  asserisce  che questa
disposizione sarebbe illegittima costituzionalmente perche' lesiva di
una  materia  di  propria  competenza  residuale,  definita «societa'
partecipata   dalle  Regioni»:  tesi  manifestamente  infondata,  dal
momento  che  semmai  si  opera  all'interno della piu' ampia materia
dell'organizzazione   e   funzionamento   della   Regione,  anch'essa
riconducibile  al  quarto  comma dell'art. 117 Costituzione, salve le
competenze  che  l'art. 123 della Costituzione assegna in tale ambito
materiale  alla  fonte statutaria (sentenza n. 387 e n. 188 del 2007;
n. 233 del 2006).
   Peraltro  -  come  espresso al punto precedente - cio' non esclude
che  una  disposizione  statale di principio in tema di coordinamento
della  finanza  pubblica,  ove  costituzionalmente  legittima,  possa
incidere  su una materia di competenza della Regione e delle Province
autonome (sentenze n. 188 del 2007, n. 2 del 2004 e n. 274 del 2003),
come   l'organizzazione   ed  il  funzionamento  dell'amministrazione
regionale e provinciale.
   Infatti, la Provincia di Bolzano deduce l'illegittimita' del comma
730  anche sulla base della propria speciale autonomia legislativa di
tipo  primario in tema di «ordinamento degli uffici provinciali e del
personale  ad  essi  addetto»  (art.  8,  numero  1  dello  statuto),
eventualmente integrata (ove non si reputi di ricomprendere in questa
competenza  l'ordinamento  degli  enti  e  delle societa' partecipate
dalla   Provincia)   dalla   materia   relativa  alla  organizzazione
amministrativa  autonoma, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, della
Costituzione,   applicabile   ai   sensi  dell'art.  10  della  legge
costituzionale  n. 3  del 2001. Anche in tal caso deve affermarsi che
questo  tipo di argomentazione non e' risolutivo, dal momento che una
disposizione  statale  di  principio  in  tema di coordinamento della
finanza pubblica, ove costituzionalmente legittima, ben puo' incidere
su  una  materia  regionale come l'organizzazione ed il funzionamento
amministrativo, fermo, per di piu', quanto gia' rilevato in ordine al
difetto  di  competenze  statutarie  della  Provincia  in  materia di
ordinamento degli enti locali.
   La  Regione  Veneto  sostiene altresi', seppur in via subordinata,
che  illegittimo  sarebbe  stato  comunque anche l'esercizio da parte
dello  Stato  del proprio potere legislativo in tema di coordinamento
della  finanza  pubblica,  dal  momento  che,  lungi  dal determinare
principi, attraverso il richiamo delle analitiche norme contenute nei
commi  da  725 a 735, esso finirebbe, «nei fatti, per individuare una
singola voce di spesa da limitare, in palese contrasto sia con l'art.
117,  comma 3, della Costituzione, il quale impone che lo Stato nelle
materie di potesta' legislativa concorrente, quale e', per l'appunto,
il  «coordinamento della finanza pubblica», si limiti a fissare norme
di  principio,  sia con l'art. 119 della Costituzione, che garantisce
piena autonomia di spesa alle Regioni, autonomia che si traduce nello
scegliere quali spese limitare a vantaggio di altre».
   A  sua  volta,  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  sviluppa una
argomentazione   analoga   a   quest'ultima,   allorche'  rileva  che
l'esercizio  da  parte  dello  Stato  del  proprio  potere in tema di
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica»,  pacificamente  riferibile  anche  alle  Regioni a statuto
speciale (tra le molte, si veda la sentenza n. 353 del 2004), sarebbe
stato  esercitato  in  contrasto  con  l'art. 117, terzo comma, della
Costituzione,  dal  momento  che il comma 730 porrebbe una disciplina
non  gia' di principio, bensi' molto dettagliata. Lo stesso rinvio ad
una   legge   regionale   o  provinciale  non  esclude  «la  evidente
incostituzionalita'  delle previsioni censurate, in quanto non lascia
a  livello  regionale e provinciale alcuna facolta' di desumere dalle
previsioni  stesse  i  principi  cui  ispirare ed adeguare la propria
produzione legislativa, essendo le disposizioni sostanziali di cui ai
commi  725-729 e 733-735 di estremo dettaglio». Del pari analogo alla
tesi  sostenuta  dalla  Regione  Veneto  e'  il riferimento all'altro
parametro  asseritamene  leso  e cioe' l' autonomia finanziaria della
Provincia, agevolmente deducibile dalla speciale disciplina contenuta
nel  Titolo  VI  dello  statuto  speciale della Regione Trentino-Alto
Adige  Südtirol  (con  particolare  riferimento agli artt. 80 e 81) e
dagli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 268 del 1992.
   6.2.  -  In  effetti, il contenuto del comma 730 rende evidente la
impossibilita'   di   ricondurre  la  disposizione  censurata  ad  un
esercizio  del  potere  legislativo  di  determinazione  di  principi
fondamentali,  nel  rispetto  del tipo di legislazione concorrente di
cui al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione.
   Dal   «principio   di   coordinamento   della   finanza  pubblica»
discenderebbe l'obbligo per il legislatore regionale o provinciale di
adeguare  i  compensi ed il numero massimo degli amministratori delle
societa' partecipate «ai principi di cui ai commi da 725 a 735».
   Peraltro,    le    disposizioni   normative   sono   tutte   assai
particolareggiate  ed anche in parte tra loro eterogenee. In effetti,
i  commi  da  725  a  729  contengono  una  serie  di norme del tutto
analitiche e strettamente riferite all'ordinamento degli enti locali,
mentre  i  commi  731  e  732 modificano addirittura disposizioni del
testo  unico  sugli  enti  locali  di  cui  al d.lgs. n. 267 del 2000
relativamente   ad   istituti   del   tutto  estranei  alle  societa'
partecipate;  infine,  il  contenuto  dei  commi 733, 734 e 735 rende
evidente che si tratta di disposizioni che non possono non applicarsi
integralmente,  senza spazi per adeguamento alcuno, anche a Regioni e
Province autonome.
   Tutto   cio'   porta   a   concludere   che   il   comma   730  e'
costituzionalmente   illegittimo   perche'   irriducibile   a  quanto
prescritto  nell'ultimo  periodo  del terzo comma dell'art. 117 della
Costituzione:   quand'anche   la   norma  impugnata  venga  collocata
nell'area  del coordinamento della finanza pubblica, e' palese che il
legislatore   statale,   vincolando   Regioni   e  Province  autonome
all'adozione  di  misure  analitiche  e di dettaglio, ne ha compresso
illegittimamente  l'autonomia finanziaria, esorbitando dal compito di
formulare i soli principi fondamentali della materia.
   Le altre censure risultano assorbite.
   7.  -  La sola Provincia autonoma di Bolzano impugna anche i commi
da 725 a 729 e da 733 a 735 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006.
   La  decisione  di  tali  questioni esige un loro esame distinto, a
seconda  dei  soggetti  destinatari  delle  disposizioni  impugnate e
quindi  considerando  i differenziati titoli di competenza in base ai
quali le norme censurate sono state adottate.
   Va,  peraltro,  premesso  che la ricorrente non ha specificato che
interesse essa abbia ad impugnare il comma 733, il quale, limitandosi
ad  affermare  che  le  norme censurate non trovano applicazione alle
societa'   quotate   in   borsa,   con   ogni   evidenza  circoscrive
semplicemente  il campo operativo delle disposizioni di cui si chiede
la   declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale:  le  questioni
relative  a  tale  norma,  peraltro  prive  di  autonoma motivazione,
debbono quindi ritenersi inammissibili.
   7.1.  -  I  comma  da  725  a 729 definiscono in modo analitico il
numero  complessivo,  i  compensi  e le indennita' dei componenti del
consiglio  di amministrazione delle «societa' a totale partecipazione
di  comuni  o  province»  o delle «societa' a partecipazione mista di
enti  locali  e  altri  soggetti  pubblici o privati», non quotate in
borsa.
   Le  norme  impugnate  hanno evidente attinenza sia con l'autonomia
finanziaria, sia con i profili organizzativi degli enti locali, posto
che  esse  coinvolgono  le  modalita'  con  cui tali enti perseguono,
quand'anche  nelle  forme  del  diritto privato, le proprie finalita'
istituzionali.
   Queste  disposizioni  vengono  ritenute  dall'Avvocatura  generale
dello  Stato  espressive  di «principi di coordinamento della finanza
pubblica»  sulla  base  della qualificazione in tal senso operata dal
legislatore  statale  nel  comma  730,  peraltro riferibile alle sole
societa' partecipate dalle Regioni e dalle Province autonome.
   Non  meno  significativi  sono, tuttavia, i profili organizzativi:
d'altra  parte, se nel secondo comma dell'art. 119 della Costituzione
ci  si  riferisce  anche  per  gli enti locali al coordinamento della
finanza  pubblica,  cio' non esclude che l'esercizio delle competenze
che  comportino  una  spesa avvenga entro le coordinate organizzative
tracciate dalla legge competente in materia.
   In altre parole, con riferimento alle Regioni a statuto ordinario,
spetta   al   legislatore   statale   sia   disciplinare   i  profili
organizzativi  concernenti  l'ordinamento degli enti locali (sentenza
n. 377  del  2003),  sia adottare la disciplina quadro, entro cui, in
attuazione  dell'art.  119,  secondo  comma,  della  Costituzione, si
esplichera' l'autonomia finanziaria dell'ente.
   D'altra  parte,  e'  il contenuto dei commi censurati che mette in
evidenza  il  loro  stretto  rapporto  con la legislazione sugli enti
locali  preesistente  (in  particolare  con il testo unico sugli enti
locali,  alcune  delle cui disposizioni vengono estese o richiamate),
con anche il coinvolgimento nella procedura di cui al comma 729 degli
stessi soggetti istituzionali preposti a livello nazionale al settore
dell'amministrazione locale.
   E'  invece  da  escludere  che  questi  commi siano espressivi del
potere  legislativo  statale  in  tema  di  ordinamento civile di cui
all'art.  117,  comma secondo, lettera l), della Costituzione (per le
Regioni  ad  autonomia speciale ci si dovrebbe riferire al cosiddetto
limite  del  «diritto  civile»):  cio'  perche'  queste  disposizioni
pongono   semplicemente   alcuni   ulteriori  limiti  alle  forme  di
partecipazione  degli  enti  locali  in  societa'  di diritto privato
rispetto   a   quelli   gia'   ampiamente   previsti  dalle  speciali
disposizioni  legislative  sull'amministrazione  locale  (art.  4 del
decreto-legge  31  gennaio 1995, n. 26, recante «Disposizioni urgenti
per  la  ripresa  delle  attivita'  imprenditoriali»,  convertito con
modificazioni dall'art. 1, comma 1, della legge 29 marzo 1995, n. 20,
d.P.R.  16  settembre 1996, n. 533 recante «Regolamento recante norme
sulla  costituzione  di societa' miste in materia di servizi pubblici
degli  enti  territoriali»;  artt.  113-bis,  115 e 116 del d.lgs. 18
agosto    2000,    n. 267,   recante   «Testo   unico   delle   leggi
sull'ordinamento  degli enti locali»), mentre le societa' partecipate
dagli   enti   locali   restano,  dal  punto  di  vista  civilistico,
disciplinate  dalle  pertinenti  disposizioni del codice civile ed in
particolare - per quanto qui rileva - dall'art. 2449 c.c.
   Spettera'  ai  rappresentanti  dell'ente  locale, sulla base delle
nuove    prescrizioni   legislative,   operare   per   le   modifiche
eventualmente  necessarie al fine dell'adeguamento statutario o della
adozione  delle deliberazioni assembleari richieste in tema di numero
e di compenso degli amministratori.
   7.2.  -  Quanto  in  precedenza  ricordato,  ove  rapportato  alla
normativa  statutaria  della  Regione  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,
esige  che  si  consideri  la  distinta  attribuzione  nello  statuto
regionale  della  potesta' legislativa di tipo primario in materia di
«ordinamento  degli  enti  locali»  (art.  4, numero 3) alla Regione,
mentre  alle Province l'art. 80 dello statuto attribuisce la potesta'
legislativa  di  tipo  concorrente  «in  materia  di finanza locale».
Inoltre,  questa  competenza  delle  Provincie  e'  stata specificata
dall'apposita  norma  di  attuazione,  nel  senso  che  le  Provincie
«disciplinano  con  legge  i  criteri  per  assicurare un equilibrato
sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione
di  personale, le modalita' del ricorso all'indebitamento, nonche' le
procedure per l'attivita' contrattuale» (art. 17, comma 3, del d.lgs.
16 marzo 1992, n. 268).
   Pertanto  occorre,  in presenza di un ricorso della sola Provincia
di   Bolzano,   valutare  se  siano  rilevabili  distinti  titoli  di
competenza  per  i  singoli  commi censurati, dal momento che solo su
questa  base  puo' anzitutto valutarsi la stessa legittimazione della
Provincia a promuovere la questione di legittimita' costituzionale, e
poi considerare il suo fondamento.
   Come  anticipato,  nei  commi  da  725  a  729  sembra evidente la
compresenza  di  esigenze  sia ordinamentali, sia di disciplina della
spesa  degli  enti  locali:  si  e' gia' rilevato che la Provincia e'
abilitata  a  dedurre  la  lesione  della  sola autonomia finanziaria
dell'ente  locale,  in  quanto  spetta  alla Regione la competenza in
materia ordinamentale.
   Peraltro,  non  appare  dubbio  che  nei commi 725, 726, 727 e 728
prevalgono  le esigenze di tipo finanziario, implicate dal livello di
spesa direttamente conseguente alla determinazione del compenso degli
amministratori,  mentre nel comma 729 appaiono prevalenti le esigenze
di tipo ordinamentale, che si esprimono nelle modalita' partecipative
dell'ente alla societa', tramite la nomina degli amministratori.
   Da  queste  qualificazioni  deriva  anzitutto  la inammissibilita'
dell'impugnativa  da  parte  della  Provincia  del  comma  729  (come
argomentato al punto 4).
   Peraltro,  la  prevalenza  delle  esigenze di tipo finanziario nei
commi  725,  726,  727  e  728 legittima la Provincia, ai sensi degli
articoli  5  e 80 dello Statuto, a dedurre in questa sede la indebita
compressione  dell'autonomia  finanziaria  dei  propri enti locali da
parte della legge statale.
   La   questione   e'   fondata:  il  carattere  analitico  e  molto
dettagliato delle norme impugnate e' gia' stato posto in rilievo e ne
comporta  l'illegittimita'  costituzionale,  per  il territorio della
sola  Provincia  di  Bolzano  e,  data  l'identita'  delle competenze
statutarie,  della  Provincia di Trento, cui si estendono gli effetti
della presente declaratoria.
   Le residue censure risultano assorbite.
   8.  -  Le  questioni  relative  al comma 734, sollevate dalla sola
Provincia  autonoma  di  Bolzano, sono solo in parte fondate, secondo
quanto di seguito chiarito.
   8.1.  -  Il comma 734 pone un limite alla possibilita' di nominare
ad «amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, societa' a
totale  o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque
anni  precedenti  incarichi  analoghi,  abbia  chiuso  in perdita tre
esercizi consecutivi».
   La ricorrente avanza anche a questo proposito una eterogenea serie
di  censure a tutela della autonomia finanziaria ed organizzativa sia
degli  enti  locali  sia della stessa Provincia: ipotizzandosi che la
disposizione   venga   giustificata   come   principio   in  tema  di
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica  e del sistema tributario», si obietta che si tratterebbe di
una disciplina non di principio, bensi' di dettaglio, con conseguente
violazione  dell'art.  117,  terzo comma, Cost.; analogamente, ove si
intendesse  in  tal  modo  determinare una legislazione di cornice in
tema di finanza locale, sarebbero in tal caso lesi gli artt. 81 e 119
della Costituzione, nonche' il Titolo VI dello statuto speciale della
Regione  Trentino-Alto  Adige (con particolare riferimento agli artt.
80  e 81) e gli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 268 del 1992. Inoltre, si
afferma   che   anche  questa  disposizione  lederebbe  la  autonomia
organizzativa della Provincia autonoma, garantita dall'art. 116 della
Costituzione  e  dall'art. 8, numero 1), dello statuto speciale della
Regione  Trentino-Alto  Adige,  che  riserva  in  via  esclusiva alle
Province  autonome  la potesta' legislativa in materia di ordinamento
degli  uffici  provinciali  e  del  personale ad essi addetto, se non
anche  dall'art.  117,  quarto  comma,  della Costituzione, attesa la
natura  residuale della potesta' legislativa regionale in ordine alla
disciplina    dell'organizzazione    amministrativa    regionale    e
provinciale. Infine, la ricorrente deduce la violazione dell' art. 4,
numero  3), dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige,
che  precluderebbe al legislatore statale di legiferare in materia di
«organizzazione e funzionamento degli enti locali».
   Per   valutare   le   censure   dedotte,  occorre  preliminarmente
considerare il contenuto effettivo della disposizione impugnata: essa
e' riferita all'intera pubblica amministrazione, statale, regionale e
locale e deve essere pertanto valutata in relazione ai diversi titoli
di  competenza  del  legislatore  nazionale. Al tempo stesso, occorre
verificare la legittimazione della Provincia autonoma ad impugnare in
via principale i differenziati profili della disposizione.
   Non  si  puo'  evidentemente  negare la competenza del legislatore
statale  in tema di organizzazione amministrativa dello Stato e degli
enti  pubblici  nazionali  (art. 117, secondo comma, lettera g, della
Costituzione);  per  quanto  riguarda  gli enti locali presenti nelle
Regioni  ad  autonomia  ordinaria,  viene  in  rilievo  la competenza
esclusiva  prevista  dall'art.  117, secondo comma, lettera p), della
Costituzione  (ma  gia'  diverso  e'  il  problema  nelle  Regioni ad
autonomia  speciale, i cui statuti attribuiscono alle leggi regionali
la competenza in tema di ordinamento degli enti locali). Per cio' che
concerne,  invece,  i  profili  organizzativi  delle  Regioni e delle
Province  autonome,  sembra  evidente  che il legislatore statale non
dispone  in  materia  di una propria competenza, la quale appartiene,
invece, alle stesse Regioni e Province autonome.
   8.2.  -  Il  ricorso  della  Provincia di Bolzano non si riferisce
all'impatto  della  disposizione  sulle  nomine che riguardino enti e
societa' a partecipazione statale. Esso non e' ammissibile per quanto
concerne  la  sua  incidenza sull'ordinamento degli enti locali (come
argomentato  al  punto  4), avendo lo statuto regionale attribuito la
competenza in materia alla Regione e non alla Provincia.
   Fondata e', invece, la censura riferita alla lesione apportata dal
comma  734  alla  autonomia organizzativa di Regioni e Province. Tale
autonomia  e',  infatti,  garantita  non  solo  dalle  loro  speciali
disposizioni  statutarie,  ma  altresi' dall' art. 117, quarto comma,
della  Costituzione, da intendersi applicabile a tutte le Regioni, ai
sensi  dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, il quale riserva
alla   potesta'   legislativa   residuale   regionale  la  disciplina
dell'autonomia dell'organizzazione amministrativa.
   Peraltro,   anche  ove  si  volesse  accedere  all'interpretazione
prospettata  dall'Avvocatura  dello  Stato,  secondo cui il comma 734
atterrebbe  alla  materia  del  coordinamento della finanza pubblica,
resta  non  superabile  il  rilievo, costante nella giurisprudenza di
questa  Corte, che disposizioni di principio in tema di coordinamento
della finanza pubblica possono prescrivere solo criteri ed obiettivi,
ma non imporre vincoli specifici e puntuali.
   Il  comma 734 va quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo,
nella  parte  in  cui  si  riferisce  alle  Regioni  e  alle Province
autonome.
   9.  -  Le  questioni  relative  al  comma 735, promosse dalla sola
Provincia  autonoma  di  Bolzano  in  riferimento all'autonomia delle
Regioni e delle Province autonome, non sono fondate.
   Questa  Corte  ha  piu'  volte affermato la non lesivita' rispetto
all'autonomia    regionale    degli    «obblighi    di   trasmissione
all'amministrazione  centrale  di  dati  ed  informazioni  a scopo di
monitoraggio»  (sentenza  n. 36  del  2004)  ed  equivalenti appaiono
prescrizioni,  come  quelle  impugnate,  relative  al conferimento di
piena pubblicita' per alcune categorie di dati. Inoltre, questa Corte
ha  piu'  volte  ritenuto  riferibile  anche alle autonomie regionali
speciali  la  titolarita' esclusiva statale in tema di «coordinamento
informativo  statistico  e  informatico dei dati dell'amministrazione
statale,  regionale  e  locale»,  di cui all'art. 117, comma secondo,
lettera r) (sentenze n. 240 del 2007 e n. 35 del 2005).
   Peraltro,  se  si  opera  nell'ambito  di una competenza esclusiva
statale,   spetta  al  legislatore  statale  prevedere  eventualmente
sanzioni  amministrative,  in coerenza con la costante giurisprudenza
di  questa  Corte  secondo la quale la disciplina in tema di sanzioni
accede  alla  disciplina  sostanziale  (fra  le  molte,  si vedano le
sentenze n. 240 del 2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004).
   Ne'  puo'  condividersi  la tesi della ricorrente secondo la quale
l'attribuzione  di  funzioni  amministrative di tipo sanzionatorio al
prefetto  contrasta con quanto previsto dall'art. 4 del d.lgs. n. 266
del  1992  (in  virtu' del quale «nelle materie di competenza propria
della  regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire
agli  organi  statali  funzioni  amministrative,  comprese  quelle di
vigilanza,  di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni
amministrative,  diverse  da  quelle  spettanti allo Stato secondo lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione»), dal momento che
nel  caso  di  specie  si  opera  invece in una materia di competenza
esclusiva dello Stato.