Sentenza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 5 e 6 della
legge   18   dicembre  1970,  n. 1138  (Nuove  norme  in  materia  di
enfiteusi),  promosso  con ordinanza del 24 aprile 2007 dal Tribunale
ordinario  di  Ferrara  nel  procedimento civile vertente tra Mignone
Francesco  ed altri e Bernasciutti Nadia ed altre, iscritta al n. 532
del  registro  ordinanze  2007  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 32, 1ª serie speciale, dell'anno 2007;
   Udito  nella  Camera  di consiglio del 13 febbraio 2008 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con ordinanza del 24 aprile 2007, il Tribunale ordinario di
Ferrara  ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3 e 42, secondo e
terzo   comma,   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
costituzionale  degli  artt.  5  e  6  della  legge 18 dicembre 1970,
n. 1138  (Nuove  norme  in materia di enfiteusi), nella parte in cui,
per  i  rapporti  di  enfiteusi  urbana  ed  edificatoria  costituiti
anteriormente  al  28  ottobre  1941,  non prevedono che il valore di
riferimento    per   la   determinazione   del   capitale   ai   fini
dell'affrancazione   delle   stesse   sia  periodicamente  aggiornato
mediante  l'applicazione  di  coefficienti  di maggiorazione idonei a
mantenerne   adeguata,   con   una  ragionevole  approssimazione,  la
corrispondenza con la effettiva realta' economica.
   Riferisce  il  rimettente che, con ricorso depositato il 13 giugno
2000, Bernasciutti Nadia, Verri Roberta e Verri Anna Rita, acquirenti
con  atto  notarile  del  30  luglio  1997 di un fabbricato urbano di
vecchia  costruzione  sito  in  Ferrara,  gravato da enfiteusi urbana
costituita  anteriormente al 28 ottobre 1941, e precisamente con atto
notarile  del  10  ottobre  1921, per un canone annuo perpetuo pari a
lire  2.250  (lire duemiladuecentocinquanta), hanno chiesto, ai sensi
degli artt. 2 e seguenti della legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in
materia    di    enfiteusi   e   prestazioni   fondiarie   perpetue),
l'affrancazione  del  fondo,  previo  deposito  della  somma  che  il
Tribunale avesse determinato come capitale d'affranco.
   Con comparsa depositata in data 31 gennaio 2001 si sono costituiti
nella   procedura  i  controinteressati  Mignone  Francesco,  Mignone
Michelangelo   e   Mignone   Giuseppe,  quali  eredi  dei  concedenti
l'immobile  gravato  dalla  enfiteusi  in questione, che, nel merito,
hanno  lamentato  l'inadempimento  delle ricorrenti per morosita' nel
versamento dei canoni enfiteutici, chiedendo, in via riconvenzionale,
la  risoluzione  del contratto enfiteutico (con devoluzione del fondo
in  proprio  favore)  e,  in subordine, per l'ipotesi di accoglimento
della  domanda  di  affrancazione,  la  determinazione  del piu' equo
capitale di affranco.
   Con  provvedimento  del  29  settembre  2001 il giudice della fase
sommaria,  verificata  la  regolarita'  del  contraddittorio e tenuto
conto  che  il  canone annuo convenzionalmente fissato all'inizio del
rapporto   enfiteutico  in  questione  era  pari  a  lire  2.250,  ha
determinato  il  capitale  di affranco, in applicazione del combinato
disposto  degli  artt.  5,  6 e 9 della legge n. 1138 del 1970, nella
somma  complessiva  di  lire 664.740, pari a 15 volte l'ammontare del
canone  annuo originario moltiplicato per 16 volte ai sensi dell'art.
1  della  legge 1° luglio 1952, n. 701 (Norme in materia di revisione
di  canoni  enfiteutici  e di affrancazione), e rivalutato in base ai
parametri  dell'ISTAT  per  il  periodo 1° gennaio 1963 - 31 dicembre
1968   (ai   sensi   dell'art.  6  della  legge  n. 1138  del  1970).
Successivamente,  con  ordinanza  emessa  in  data  4 aprile 2002, il
giudice, verificato il deposito della somma da parte delle ricorrenti
presso  l'ufficio postale di Ferrara, ha disposto l'affrancazione del
fondo in oggetto.
   Con  atto  depositato  in  data  7  agosto 2002 Mignone Francesco,
Mignone  Michelangelo  e  Mignone  Giuseppe  hanno  proposto  formale
opposizione,  ai  sensi  dell'art.  5,  comma  quinto, della legge 22
luglio  1966,  n. 607  (Norme  in  materia di enfiteusi e prestazioni
fondiarie perpetue), avverso l'ordinanza di affrancazione.
   Nel  corso  del  giudizio,  e'  stata  disposta consulenza tecnica
d'ufficio  per  la  determinazione del capitale di affranco del fondo
enfiteutico  in  questione.  Il consulente tecnico ha stimato in euro
685.000 il valore del fondo.
   Dopo  la precisazione delle conclusioni il rimettente, ritenuta la
rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione,  ha
sollevato   d'ufficio   la   suddetta   questione   di   legittimita'
costituzionale.
   Quanto  alla  rilevanza della questione, viene evidenziato che nel
giudizio  a quo e' stata proposta rituale domanda, ai sensi dell'art.
5,  comma  quinto, della legge n. 607 del 1966, di determinazione del
capitale  di  affranco  di  un  fondo  gravato da enfiteusi urbana ed
edificatoria costituita il 10 settembre 1921.
   Quanto  al  profilo  della  contestata  legittimazione  attiva dei
Mignone,  si osserva che appare indubitabile l'interesse ad agire, ai
sensi  dell'art.  5,  comma  quinto, della legge n. 607 del 1966, dei
suddetti  Mignone,  quali  eredi degli originari titolari del dominio
diretto  sul  fondo  in  questione,  e che proprio in tale veste sono
stati  legittimamente  convenuti  dagli enfiteuti nella fase sommaria
del giudizio, introdotta con il ricorso di cui all'art. 2 della legge
n. 607 del 1966.
   Ai  fini  della  decisione  sulla  domanda  di  determinazione del
capitale  di  affranco,  proposta  ai  sensi  dell'art. 5 della legge
n. 607  del  1966,  tenuto  conto  che in base all'art. 9 della legge
n. 1138  del  1970  «l'affrancazione  del fondo si opera in ogni caso
[...]  mediante il pagamento di una somma pari a 15 volte l'ammontare
del  canone»,  e'  necessario ed imprescindibile, osserva il Collegio
rimettente,  fare  applicazione  dell'art.  5 della legge n. 1138 del
1970, il quale stabilisce che «il canone annuo delle enfiteusi urbane
ed edificatorie non puo' essere superiore a quello fissato all'inizio
del   rapporto   enfiteutico,   salva,   per  i  rapporti  costituiti
anteriormente  al 28 ottobre 1941, la rivalutazione di cui alla legge
10  luglio 1952, n. 701», e dell'art. 6 della legge n. 1138 del 1970,
per  effetto  del quale e' prevista in ogni caso la rivalutazione dei
canoni, a richiesta della parte interessata, «in misura proporzionale
al  mutato  potere  di  acquisto  della  lira,  quale  risulta  dalle
statistiche  dell'ISTAT,  dal  1°  gennaio  1963  (o  dalla  data  di
costituzione del rapporto se successiva) al 31 dicembre 1968».
   Secondo  il  giudice  a  quo,  applicando  il suddetto criterio di
calcolo al caso in decisione, nel quale il canone enfiteutico annuale
all'origine   del   rapporto   e'   stato   dalle   parti  «stabilito
invariabilmente  in  lire  2.250  annue, il capitale di affrancazione
risulterebbe  ad  oggi  pari  ad  euro  337,62,  somma  da  ritenersi
sostanzialmente  del  tutto irrisoria o comunque inferiore al livello
di  una  equa  valutazione,  tenuto  conto  del fatto che la porzione
immobiliare  urbana  di  cui e' causa ha, nel complesso, un valore di
mercato  pari  ad  euro  685.000,  secondo  le  stime  effettuate dal
consulente  tecnico  d'ufficio nella relazione peritale agli atti del
giudizio».
   Il  Collegio a quo si fa carico della sentenza n. 53 del 1974, con
la  quale la Corte costituzionale, nel dichiarare la inammissibilita'
della  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 9 della
legge  n. 1138  del  1970 - con cui era stato introdotto anche per le
enfiteusi  urbane  o edificatorie il criterio di calcolo del capitale
in  misura  pari  a  quindici  volte  l'ammontare  del  canone,  gia'
stabilito per le enfiteusi rustiche con l'art. 1, quarto comma, della
legge n. 607 del 1966 -, aveva, tuttavia, affermato che gli artt. 5 e
6  della  legge  n. 1138  del  1970  erano  disposizioni che potevano
ritenersi   «ineccepibili   sotto   il   profilo  della  legittimita'
costituzionale,  se  riferite alle enfiteusi costituite anteriormente
all'entrata  in  vigore  del  libro  della  "proprieta'"  del  codice
civile».  Nella  citata  sentenza  n. 53  del 1974, la Corte, facendo
proprie  le  considerazioni  che nella pronuncia n. 37 del 1969 erano
state  gia'  ritenute  determinanti  in materia di enfiteusi su fondi
rustici ai fini della declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 1
della  legge  n. 607  del  1966,  nella  parte  in  cui tale norma si
riferiva  anche  ai rapporti costituiti successivamente alla data del
28 ottobre 1941, ha sostenuto che «il diritto a chiedere la revisione
periodica  del canone riconosciuto ad entrambe le parti dall'art. 962
del  codice  civile,  ha  conferito al contratto un nuovo elemento di
rilievo,  rispetto  al  tipo  tradizionale,  talche'  la  data del 28
ottobre  1941  segna  una  importante  demarcazione tra i rapporti di
antica  o  meno  recente  costituzione e quelli costituiti e svoltisi
successivamente,  sotto  la  garanzia della possibile operativita' di
quel diritto, e di un sistema normativo in cui la posizione giuridica
del  concedente era stata oggetto di piu' equilibrata considerazione,
nel fine di promuovere la costituzione di nuovi rapporti».
   Sulla base di tali motivazioni, pertanto, la Corte costituzionale,
con  la  citata sentenza n. 53 del 1974, aveva adottato una decisione
analoga  a  quella  gia'  presa nel 1969 per le enfiteusi rustiche in
relazione  all'art.  1  della  legge  n. 607  del  1966,  dichiarando
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge n. 1138
del  1970 di disciplina delle enfiteusi urbane ed edificatorie, nella
parte   in   cui  comprendevano  nella  normativa  anche  i  rapporti
costituiti  successivamente  alla  data  del  28 ottobre 1941, «per i
quali  la possibilita' di rivalutazione dei canoni prevista dall'art.
6  con esclusivo riferimento al periodo 1° gennaio 1963 - 31 dicembre
1968  risulta  manifestamente  inadeguata a sostituire il criterio di
revisione stabilito dall'art. 962 del codice civile».
   Secondo    il    rimettente,   alla   declaratoria   di   parziale
incostituzionalita'  delle  norme di cui agli artt. 5 e 6 della legge
n. 1138  del  1970 e' conseguito, quindi, che per le enfiteusi urbane
costituite in epoca anteriore al 28 ottobre 1941, come quella oggetto
del   presente   giudizio,   costituita   il   10   settembre   1921,
l'affrancazione  si  opera  ancora  mediante  pagamento  di una somma
corrispondente  a  15 volte il canone enfiteutico, il quale «non puo'
essere   superiore   a   quello   fissato   all'inizio  del  rapporto
enfiteutico, salva [...] la rivalutazione di cui alla legge 1° luglio
1952,  n. 701»  (art.  5  della  legge  n. 1138 del 1970), oltre alla
rivalutazione  ISTAT,  a  richiesta  della  parte interessata, per il
periodo  1°  gennaio  1963  -  31  dicembre  1968 (art. 6 della legge
n. 1138 della 1970).
   Alla  luce, tuttavia, dell'esiguita' della somma che si otterrebbe
nella   fattispecie  applicando  le  norme  attualmente  vigenti  per
l'affranco  delle  enfiteusi urbane ed edificatorie anteriori al 1941
(pari,  come  detto,  ad euro 337,62, secondo la stima effettuata dal
consulente tecnico), il rimettente ritiene sussistenti profili di non
manifesta  infondatezza della sollevata questione, potendosi supporre
violato  il  principio  costituzionale  di  tutela  della  proprieta'
privata  (art.  42,  secondo  e  terzo  comma,  Cost.),  oltre che il
principio costituzionale di eguaglianza (art. 3 Cost.).
   Pur  tenendo conto, infatti, che l'affrancazione determina la sola
acquisizione  del dominio diretto e che i concedenti hanno goduto dei
canoni, ritiene il giudice a quo che vi sia un limite al di sotto del
quale  le  regole  che  determinano  il  capitale per l'affrancazione
contrastino con l'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione,
poiche'  vi  sarebbe una distanza incolmabile tra il momento al quale
va  riferito  il calcolo del valore del diritto di affranco, ancorato
ad  un  canone  pattuito  in un tempo remoto, ed il momento in cui il
diritto  da indennizzare viene effettivamente colpito, caratterizzato
da una realta' economica incomparabilmente diversa.
   Proprio  sulla  scia  di  tali considerazioni, del resto, la Corte
costituzionale,   con   la   sentenza  n. 143  del  23  maggio  1997,
dichiarando  in parte qua l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1
della  legge n. 607 del 1966, ha ritenuto di estendere alle enfiteusi
rustiche  costituite  in  epoca  anteriore  al  28  ottobre  1941  il
principio  gia'  enunciato nella precedente pronuncia n. 406 del 1988
per  i  rapporti  enfiteutici  della  stessa  natura  successivi alla
suddetta  data,  principio  secondo  cui  il  valore  di  riferimento
prescelto  per  tutte  le  enfiteusi  di natura rustica ai fini della
determinazione  del  canone in base al quale e' calcolato il capitale
per  l'affrancazione  deve essere «periodicamente aggiornato mediante
l'applicazione  di  coefficienti  di maggiorazione idonei a mantenere
adeguata,  con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con
la effettiva realta' economica».
   Considerata  la  linea  evolutiva  che  la Corte costituzionale ha
tracciato  nel  tempo  per  la  disciplina  delle enfiteusi rustiche,
oggettivamente  distinta  ma  in un certo senso simmetrica rispetto a
quella  delle  enfiteusi  urbane, gli artt. 5 e 6 della legge n. 1138
del  1970  sembrano al Collegio rimettente violare anche il parametro
costituito  dall'art.  3  della Costituzione, e cio' sotto un duplice
profilo.
   Da   un   lato,   infatti,   non   si   rinviene  una  ragionevole
giustificazione alla base della disparita' di trattamento attualmente
esistente  per  la  determinazione  del  capitale  di  affranco delle
enfiteusi urbane ed edificatorie anteriori al 28 ottobre 1941, per le
quali  il  valore  di riferimento e' un canone pattizio inalterabile,
rispetto  alle  enfiteusi  urbane  posteriori  alla  stessa  data, in
relazione  alle  quali  il  congegno  legislativo  in  esame e' stato
espressamente  dichiarato incostituzionale (sentenza n. 53 del 1974),
e cio' tenuto conto del fatto che la regola della revisione periodica
del  canone  introdotta  dall'art.  962  del codice civile, che aveva
cosi'  innovato la tradizione preesistente recepita dal codice civile
del  1865, e' stata soppressa anche per le nuove enfiteusi in ragione
dell'art.  4  della  legge  n. 1138 del 1970, e che «comune a tutti i
rapporti  enfiteutici,  anzi piu' accentuato per quelli costituiti in
epoca  remota,  e'  il  divario tra il capitale di affrancazione e la
realta'  economica» (cosi' testualmente la citata sentenza n. 143 del
1997,  nella  quale la Corte ha espressamente escluso una ragionevole
giustificazione  nella  «diversita'  di trattamento che risulta nelle
regole  di  determinazione  del capitale di affranco per le enfiteusi
rustiche  anteriori  al 28 ottobre 1941, per le quali non e' previsto
alcun  meccanismo  di  adeguamento  del  calcolo  in  base  ai valori
catastali  del  1939,  rivalutati  nel  1947, rispetto alle enfiteusi
rustiche   costituite   successivamente   alla   data  che  segna  il
discrimine,  e per le quali opera a seguito della sentenza n. 406 del
1988   il   principio   dell'applicazione   di   un  coefficiente  di
maggiorazione»).
   Dall'altro lato, proprio a seguito della sentenza n. 143 del 1997,
appare   plausibile,   secondo  il  giudice  a  quo,  dubitare  della
legittimita'  costituzionale di un sistema che, mentre per i rapporti
enfiteutici fondiari anteriori alla data del 28 ottobre 1941, prevede
un  meccanismo  che  consente  di mantenere adeguata, con ragionevole
approssimazione,  la  corrispondenza  tra  capitale  di  affranco  ed
effettiva  realta'  economica  (sentenza  n. 143  del 1997), cio' non
consente,  allo  stato  della  legislazione  attuale,  per i rapporti
enfiteutici  urbani  ed edificatori anteriori alla stessa data del 28
ottobre  1941,  rimasti  tuttora  ancorati ai rigidi parametri di cui
agli  artt. 5 e 6 della legge n. 1138 del 1970, in relazione ai quali
non  sussistono  margini interpretativi proprio in ragione del chiaro
principio fissato nella sentenza della Corte costituzionale n. 53 del
1974,    che   ha   espressamente   limitato   la   declaratoria   di
incostituzionalita'  delle  norme in esame alle sole enfiteusi urbane
successive alla data individuata come discrimine.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il Tribunale ordinario di Ferrara dubita della legittimita'
costituzionale  degli  artt.  5  e  6  della  legge 18 dicembre 1970,
n. 1138  (Nuove  norme  in materia di enfiteusi), nella parte in cui,
per  i  rapporti  di  enfiteusi  urbana  ed  edificatoria  costituiti
anteriormente  al  28  ottobre  1941,  non prevedono che il valore di
riferimento    per   la   determinazione   del   capitale   ai   fini
dell'affrancazione   delle   stesse   sia  periodicamente  aggiornato
mediante  l'applicazione  di  coefficienti  di maggiorazione idonei a
mantenerne   adeguata,   con   una  ragionevole  approssimazione,  la
corrispondenza con la effettiva realta' economica. Le norme censurate
si  porrebbero  in  contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per la
ingiustificata  disparita' di trattamento, quanto alla determinazione
del  capitale  di  affranco,  tra le enfiteusi urbane ed edificatorie
anteriori  al  28 ottobre 1941, per le quali il valore di riferimento
e'  un  canone pattizio inalterabile, e quelle urbane posteriori alla
stessa data, in relazione alle quali il congegno legislativo in esame
e'  stato  espressamente  dichiarato incostituzionale (sentenza n. 53
del  1974).  Inoltre,  le  norme  denunciate  violerebbero l'art. 42,
secondo  e  terzo comma, della Costituzione, in quanto, pur tenendosi
conto  del  fatto  che l'affrancazione determina la sola acquisizione
del  dominio  diretto  e che i concedenti hanno goduto dei canoni, vi
sarebbe  un limite al di sotto del quale le regole che determinano il
capitale  per  l'affrancazione  contrastano  con l'art. 42, secondo e
terzo  comma,  della  Costituzione,  dal  momento  che vi sarebbe una
distanza  incolmabile  tra  il momento cui va riferito il calcolo del
valore  del diritto di affranco, ancorato ad un canone pattuito in un
tempo  remoto,  ed  il momento in cui il diritto viene effettivamente
colpito,  caratterizzato  da  una realta' economica incomparabilmente
diversa.
   2. - La questione e' fondata.
   In  materia  di enfiteusi si distinguono: a) le enfiteusi rustiche
costituite  anteriormente  al  28  ottobre  1941;  b) quelle rustiche
costituite successivamente al 28 ottobre 1941; c) le enfiteusi urbane
costituite  prima  del  28  ottobre 1941; d) quelle urbane costituite
dopo il 28 ottobre 1941.
   Nel  codice civile del 1865, non era prevista la rivalutazione del
canone.
   Dal  28  ottobre  1941  sono entrate in vigore le norme in tema di
enfiteusi  dell'attuale  codice  civile, che consentivano una sia pur
limitata rivalutazione.
   Nel  1952 e' poi entrata in vigore la legge 1° luglio 1952, n. 701
(Norme   in   materia   di  revisione  di  canoni  enfiteutici  e  di
affrancazione), che all'art. 1, primo comma, stabilisce che «I canoni
in  danaro  di  enfiteusi costituite anteriormente al 28 ottobre 1941
sono aumentati a sedici volte l'ammontare dovuto a quella data».
   Successivamente,  sono  entrate  in  vigore, nel 1966, la legge 22
luglio  1966,  n. 607  (Norme  in  materia di enfiteusi e prestazioni
fondiarie  perpetue),  che ha abolito la possibilita' di aumentare il
canone,  e, nel 1970, la legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme
in  materia di enfiteusi), il cui art. 5 (oggi censurato) dispone che
il  canone  delle  enfiteusi  urbane  non puo' essere rivalutato («Il
canone  annuo  delle enfiteusi urbane ed edificatorie non puo' essere
superiore a quello fissato all'inizio del rapporto enfiteutico salva,
per  i  rapporti  istituiti  anteriormente  al  28  ottobre  1941, la
rivalutazione di cui alla legge 1° luglio 1952, n. 701»).
   Il  successivo  art.  6  della  stessa  legge  n. 1138  del  1970,
parimenti   censurato,   stabilisce,  poi,  che  «il  canone  di  cui
all'articolo  precedente  puo'  essere  in  ogni  caso  rivalutato, a
richiesta  della parte interessata, in misura proporzionale al mutato
potere  di  acquisto  della  lira  quale  risulta  dalle  statistiche
dell'ISTAT, dal 1° gennaio 1963».
   Gli  artt.  5  e  6  sono stati dichiarati incostituzionali con la
sentenza  n. 53  del 1974 limitatamente alla parte in cui comprendono
anche  i  rapporti  di  enfiteusi  urbana  ed edificatoria costituiti
successivamente alla data del 28 ottobre 1941.
   Pertanto,  questi  due  articoli  rimangono  in vigore solo per le
enfiteusi urbane che sono state costituite prima del 28 ottobre 1941.
   Nel  corso  degli  anni  sono state sollevate diverse questioni di
legittimita'   costituzionale  aventi  ad  oggetto  la  modestia  del
capitale di affrancazione.
   Per  le  enfiteusi,  sia  rustiche  che  urbane,  successive al 28
ottobre   1941,   questa   Corte   ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1 della legge 14 giugno 1974, n. 270 (Norme
in  materia  di  enfiteusi)  nella  parte in cui non prevedeva che il
valore  di  riferimento  da  esso prescelto per la determinazione del
canone   enfiteutico   fosse   periodicamente   aggiornato   mediante
l'applicazione  di  coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne
adeguata,  con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con
la effettiva realta' economica (sentenza n. 406 del 1988).
   Analogamente,  con  riferimento alle enfiteusi rustiche costituite
anteriormente al 28 ottobre 1941 e' stata dichiarata l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1, primo e quarto comma, della legge n. 607
del  1966,  nella  parte  in  cui  non  prevedeva  che  il  valore di
riferimento  per  la  determinazione del capitale per l'affrancazione
delle  stesse fosse periodicamente aggiornato mediante l'applicazione
di  coefficienti  di  maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con
una  ragionevole  approssimazione, la corrispondenza con la effettiva
realta' economica (sentenza n. 143 del 1997).
   Partendo dal precedente del 1988, la Corte, con la sentenza n. 143
del  1997, ha affermato che «la diversita' di trattamento che risulta
nelle  regole  di  determinazione  del  capitale  di  affranco per le
enfiteusi  anteriori al 28 ottobre 1941, per le quali non e' previsto
alcun  meccanismo  di  adeguamento  del  calcolo  in  base  ai valori
catastali  del  1939,  rivalutati  nel  1947, rispetto alle enfiteusi
costituite  successivamente  alla data che segna il discrimine, e per
le quali opera a seguito della sentenza n. 406 del 1988, il principio
dell'applicazione  di  un  coefficiente  di  maggiorazione, non trova
ragionevole   giustificazione.  Difatti  la  regola  della  revisione
periodica  del  canone,  originariamente  prevista dall'art. 962 cod.
civ. solo per le nuove enfiteusi, e' stata soppressa anche per queste
ultime  (art. 18, secondo comma, della legge n. 607 del 1966), mentre
comune  a  tutti  i  rapporti  enfiteutici,  anzi piu' accentuati per
quelli  costituiti  in epoca remota, e' il divario tra il capitale di
affrancazione e la realta' economica».
   A seguito delle richiamate pronunce, per tre delle quattro ipotesi
di  enfiteusi  (enfiteusi  rustiche  costituite  prima  e  dopo il 28
ottobre  1941;  enfiteusi urbane costituite dopo il 28 ottobre 1941),
e'   stata   affermata  l'incostituzionalita'  delle  norme  che  non
prevedono   l'aggiornamento   del   valore   di  riferimento  per  la
determinazione del capitale per l'affrancazione, rimanendo in vigore,
peraltro,  il  divieto  di  aggiornamento  solamente per le enfiteusi
urbane costituite prima del 28 ottobre 1941.
   La   diversita'   di  trattamento  che  risulta  nelle  regole  di
determinazione  del capitale di affrancazione per le enfiteusi urbane
anteriori   al   28   ottobre   1941  non  trova  dunque  ragionevole
giustificazione,  ed  e', percio', in contrasto con gli artt. 3 e 42,
secondo e terzo comma, della Costituzione.
   Non vi e', infatti, a parte il diverso oggetto, una differenza tra
enfiteusi  urbane  e  rustiche  che  possa  giustificare  un distinto
criterio per la determinazione del capitale di affrancazione; infatti
per  entrambe  e'  previsto  in  capo  all'enfiteuta  un  obbligo  di
migliorare  il fondo, e anzi i concessionari in enfiteusi di immobili
urbani  o  di  suoli  edificatori  non  appartengono,  di  massima, a
categorie  sociali  piu' deboli e meritevoli di protezione rispetto a
quelle  dei  concedenti  enfiteusi  rustiche  (in  questo  senso cfr.
sentenza n. 53 del 1974).