IL GIUDICE DI PACE
   Nel   procedimento   di  opposizione  a  sanzione  amministrativa,
proposta  da  Casula  Mario  Massimo  contro il Prefetto di Nuoro, ha
pronunciato fuori udienza la seguente ordinanza di trasmissione degli
atti  alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87.
   Con  ricorso  del  26  marzo  2008  Casula Mario Massimo proponeva
tempestiva opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione del Prefetto di
Nuoro  n. 4847/05  Pat.  in  data 27 febbraio 2008 - a lui notificata
l'11  marzo  successivo -  con  la  quale  gli era stata inflitta una
sanzione  amministrativa  pecuniaria  per violazione dell'art. 116/13
c.d.s. (guida senza patente) commessa il 12 agosto 2005 da suo figlio
Gianfranco, allora minorenne.
   Chiedeva  egli  la provvisoria sospensione del provvedimento ed il
suo   defmitivo  annullamento,  essendo  stato  superato  il  termine
previsto  dall'art. 2, legge 7 agosto 1990, n. 241 per la conclusione
del procedimento sanzionatorio.
   Ritiene  il giudicante di dover sospendere il procedimento, fino a
pronuncia  della Corte costituzionale sulla questione di legittimita'
dell'art.  18,  legge 24 novembre 1981, n. 689, che - gia' sottoposta
al   suo   giudizio   da   questo  ufficio,  nel  corso  dell'analogo
procedimento  134/C/06,  Murru/Pref.Nuoro  e dichiarata inammissibile
con  ordinanza  n. 58/08  del  13  marzo 2008 per carente motivazione
della  sua  rilevanza  in  quel  processo  e per indeterminatezza del
petitum - con il presente atto viene riproposta.
   Perdura,  in  effetti,  nel  giudicante  il dubbio di legittimita'
dell'art.  18  citato che, non ponendo un termine massimo alla durata
del processo sanzionatorio, fa coincidere quest'ultima, di fatto, con
il    periodo    quinquennale    di   prescrizione   delle   sanzioni
amministrative, di cui all'art. 28 della legge stessa.
   Cio' premesso, il giudice di pace ritenuto:
     1)  Quanto  alla  rilevanza  della questione di legittimita' qui
appresso  riproposta,  che  nel  presente  processo  tale  condizione
sussista pienamente, poiche':
      l'intervallo   di   oltre   due   anni,   tra   l'infrazione  e
l'irrogazione   della   sanzione,   e'  l'unico  concreto  motivo  di
opposizione,  avanzato  dal  ricorrente  con esplicito riferimento al
termine, previsto dall'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
      tale termine - non essendo stato indicato dal Prefetto di Nuoro
un  termine  diverso,  eventualmente determinato ai sensi del comma 2
del citato articolo - e' quello di 90 giorni, fissato dal comma 3;
      sul motivo addotto questo Giudice deve, pertanto, pronunciarsi;
     2)  Quanto  alla  non  manifesta sua infondatezza, che anch'essa
debba  essere  riconosciuta,  per  quanto  in  appresso  osservato  e
considerato.
   L'illecito  di guida di autoveicolo senza patente - oggi di natura
penale  -  era  nel  2005  una violazione amministrativa, inclusa tra
quelle  per  le  quali  non era ammesso (art. 202, comma 3-bis codice
della strada) il pagamento nella misura ridotta del minimo edittale.
   La   determinazione,   pertanto,  della  sanzione  pecuniaria  per
quell'infrazione  era  rimessa  al  prefetto,  al quale il verbale di
contestazione  doveva  essere  trasmesso  d'ufficio,  per l'emissione
della  necessaria  ordinanza-ingiunzione:  procedimento sanzionatorio
che,  per  il  disposto  dell'art.  194  c.d.s., sembra soggetto alla
disciplina  generale  prevista  dall'art.  18, legge n. 689/1981 (non
essendo   verosimilmente   applicabile   quella   speciale,  prevista
dall'art.  204  c.d.s.  per  le  sole  ordinanze  emesse a seguito di
«ricorso» del trasgressore.
   In  materia,  mentre  con  numerose  sentenze (segnatamente con la
n. 4616 del 6 marzo 2004, confermativa delle precedenti decisioni nn.
4204  e  5936 del 1999, n. 10541 del 2000, nn. 1813 e 15709 del 2001,
nn.  874,  11390  e  13978  del  2002)  la  Corte di cassazione aveva
affermato  «l'applicabilita' della norma di cui all'art 2 della legge
n. 241/1990 ai procedimenti sanzionatori e l'illegittimita' dell'atto
per la sua inosservanza», con recente pronuncia n. 9591 del 27 aprile
2006  delle  sezioni  unite  ha  invece  sostenuto  il  carattere  di
«specialita»  della legge 24 novembre 1981 n. 689 e, pertanto, la sua
prevalenza  sui  principi  generali  di  «celerita» ed «immediatezza»
sanciti dalla suddetta legge 7 agosto 1990, n. 241 (principi tuttavia
«particolarmente  presenti»  nei  procedimenti in argomento, a tutela
del   diritto  di  difesa,  come  dalla  stessa  Corte  affermato  in
precedenza). Con tale ultimo verdetto - che, ad avviso di chi scrive,
rivela   la   preoccupazione   della   Corte   di  tutelare  comunque
l'Amministrazione,  anche nei suoi momenti di inefficienza ed anche a
rischio   di   stridente  contrasto  con  l'esplicito  richiamo  alla
«giustizia    amministrativa»    esercitata   dalle   amministrazioni
pubbliche, contenuto nel comma 1 dell'art. 29 della legge n. 241/1990
come modificato dall'art. 19 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 - si
e'  inteso  affermare che, di fatto, deve restare senza alcun termine
(e,  quindi, senza quell'obbligo di «ragionevole durata» che, facendo
parte  dei  principi  costituzionali  e  comunitari, tanti interventi
della  CEE  ha  determinato nei confronti dell'Italia) la generalita'
dei  procedimenti,  iniziati  d'ufficio e destinati a concludersi con
ordinanza-ingiunzione:  unico limite restando quello dei cinque anni,
previsti   per  la  prescrizione  del  diritto  -  sostanziale  -  di
riscossione delle sanzioni pecuniarie.
   Se,  come  e'  plausibile,  e'  ormai  quella  delle sezioni unite
l'interpretazione  da  dare alla normativa vigente (e, quindi, quella
da  applicare nel concreto) non resta che chiedersi se, cosi' intesa,
tale  normativa - in certo modo assimilabile a quella penale presa in
esame  dall'art.  111  Cost., per l'evidente contiguita' ed affinita'
fra questa e le materie depenalizzate, cioe' trasformate nel tempo in
illeciti amministrativi - non sia in contrasto:
     a)  con  il principio di ragionevolezza: non e' facile, infatti,
comprendere  la  «ratio»  per  cui  il  trasgressore abbia l'onere di
inviare  scritti  difensivi entro il breve termine di 30 giorni dalla
contestazione  (art.  18,  comma  1 legge n. 689), mentre l'autorita'
procedente  -  che ha, dopo i suddetti 30 giorni, il potere/dovere di
decidere -  potrebbe  a dispone del tempo, ben piu' lungo, di quasi 5
anni;
     b)  con  gli  artt. 24 e 111 della Costituzione, che al suddetto
principio fanno implicito riferimento allorche' assicurano alle parti
parita' di diritti e ragionevole durata del processo;
     c)  con  l'art.  3  della Costituzione, che - come suggerisce la
citata  sentenza  n. 4616  -  riconosce ai cittadini pari garanzie ed
uguale  trattamento:  sia  che  abbiano  proposto  opposizione  ad un
verbale  per violazione del c.d.s. (opposizione alla quale l'art. 204
citato  garantisce  un  rapido  esito), sia che - senza aver proposto
opposizione  alcuna -  debbano  attendere,  per conoscere e pagare la
sanzione dovuta, le determinazioni del prefetto.
   3) Quanto all'onere di formulare uno specifico petitum, che l'art.
18  legge  n. 689/1981 -  come interpretato dalle sezioni unite della
Corte  di  cassazione,  cioe'  svincolato dal termine temporale posto
dall'art.  2,  legge  n. 241/1990 - possa essere adeguato ai principi
costituzionali  sopra  ricordati (la cui lesione e' stata ipotizzata,
ben  prima  che  da  questo giudice di pace, da diverse Sezioni della
Corte  stessa),  con formulazione di un espresso richiamo all'obbligo
delle  Pubbliche  Amministrazioni  di  osservare,  anche  in  sede di
emissione di ordinanza-ingiunzione, il termine autodeterminato per la
conclusione  del procedimento (art. 2 citato, comma 2) o, in difetto,
quello legale di giorni 90 (art. 2 citato, comma 3), come da ribadita
previsione di cui all'art. 29 della stessa legge n. 241.