IL TRIBUNALE Nel procedimento penale a carico di Spini Sara, nata il 15 gennaio 1972 a Morbegno (SO ), imputata: del reato di cui all'art. 5, comma 3, d.lgs. n. 153/1997, per che', nella sua qualita' di legale rappresentante della «FORWARDER» S.r.l., con sede in Sondrio, effettuava n. 1963 operazio di trasferimento di denaro all'estero in assenza dell'iscrizione presso l'albo degli agenti in attivita' finanziaria istituito presso l'Ufficio Italiano Cambi. Commesso in Sondrio dal 9 settembre 2002 al 7 giugno 2004. All'odierna udienza la difesa dell'imputata ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 3, d.lgs. n. 153/1997, in relazione agli artt. 76, 77 Cost. ed all'art. 15, comma 1, lett. c), legge n. 52/1996; in particolare, la difesa ha eccepito l'illegittimita' costituzionale del l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 153/1997, assumendo che il legislatore del d.lgs. cit. avrebbe ecceduto i limiti della delega, contenuti nella legge n. 52/1996 (legge comunitaria 1994), nella parte in cui quest'ultima fa riferimento a quanto previsto nel d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991), dove si configurano unicamente fattispecie contravvenzionali, diversamente rispetto a quanto prevede l'art. 5, comma 3, d.lgs. cit., che invece ha introdotto una fattispecie delittuosa. Il p.m. si e' rimesso. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 3, d.lgs. n.153/1997 risulta, sulla base della prospettazione di cui al capo di imputazione, munita del requisito del la rilevanza, posto che viene contestato all'imputata l'esercizio di attivita' finanziaria di trasferimento di denaro, in assenza dell'iscrizione nel prescritto elenco degli agenti in attivita' finanziaria, di cui all'art. 3 d.lgs. n. 374/1999, con correlata potenziale applicazione della fattispecie delittuosa prevista dalla norma in questione. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale A seguito dell'adozione della dir. n. 91/308/CEE del 10 giugno 1991 (relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' illecite), il legislatore nazionale ha proceduto a darvi attuazione mediante la legge comunitaria n. 52/1996, contenente, tra l'altro, alcune deleghe legislative ed i limiti cui il legislatore delegato avrebbe dovuto attenersi ne1l'esercizio delle stesse. In particolare, per quanto rileva in questa sede, l'art. 15, comma 1, lett. c), legge n. 52/1996 (rubricato «Riciclaggio dei capitali di provenienza illecita e circolazione trasfrontaliera dei capitali: criteri di delega») dispone di «estendere, ai sensi dell'articolo 12 della direttiva 91/308/CEE, in tutto od in parte, l'applicazione delle disposizioni di cui al citato decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, a quelle attivita' particolarmente suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio per il fatto di realizzare l'accumulazione o il trasferimento di ingenti disponibilita' economiche o finanziarie o risultare comunque esposte ad infiltrazioni da parte della criminalita' organizzata. La formazione o l'integrazione dell'elenco di tali attivita' e categorie di imprese, con gli eventuali requisiti di onorabilita' e misure di controllo, avverra' con uno o piu' decreti legislativi da emanare, su proposta del Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri di grazia e giustizia, dell'interno e delle finanze, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto attuativo della presente delega, con la procedura di cui al comma 4 dell'articolo 1 della presente legge». L'art. 15, comma 2, della citata legge prevede altresi' che «in sede di riordinamento normativo, ai sensi dell'articolo 8, delle materie concernenti il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore, nonche' il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, potra' procedersi al riordino delle sanzioni amministrative e penali previste nelle leggi richiamate al comma 1, nei limiti massimi ivi contemplati». Cio' premesso, la questione di costituzionalita' si incentra sulla violazione, da parte dell'art. 5, comma 3, d.lgs. n. 153/1997 (emanato in attuazione della legge n. 52/1996, a sua volta attuativa della dir. n. 91/308/CEE), dei criteri contenuti all'art. 15, comma 1, lett. c), e comma 2, legge n. 52/1996, posto che il richiamo al d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991) avrebbe dovuto comportare, per il legislatore delegato, solo il potere di estendere, in tutto o in parte, l'applicazione delle disposizioni di cui al cit. d.l. n. 143/1991 a quelle attivita' particolarmente suscettibili di utilizzo a fini di riciclaggio. In sostanza, il legislatore delegato, nel d.lgs. n. 153/1997, avrebbe dovuto limitarsi al l'attivita' di integrazione degli elenchi relativi alle tipologie di impresa interessate al controllo antiriciclaggio di cui alla legge-delega n. 52/1996 - pervenendo anche all'estensione della disciplina di controllo e sanzionatoria di cui al d.1. n. 143/1991 ad ipotesi diverse ed ulteriori rispetto a quelle ricadenti nel suo diretto ambito di operativita', ma gli sarebbe stata preclusa ogni statuizione che implicasse l'introduzione di un trattamento piu' grave ed incidente rispetto a quello contenuto nel d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991). Ancora in attuazione della legge-delega n. 52/1996, il legislatore nazionale ha emanato il d.lgs. n. 374/1999 do ve ha previsto, tra le altre, le agenzie in attivita' finanzia ria, secondo la previsione dell'art. 106 d.lgs. n. 385/1993, e l'intermediazione finanziaria esercitata mediante l'incasso ed il trasferimento di fondi, condotta contestata a carico dell' odierna imputata. Orbene, ad avviso di questo tribunale nessuna violazione dei criteri e principi di cui alla legge-delega n. 52/1996 puo' essere ravvisata con riferimento alla individuazione della condotta incriminata all'art. 5, comma 3 d.lgs. n. 153/1997. Invero il legislatore delegato, conformemente ai dettami contenuti all'art. 15, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 52/1996, ha individuato, da un lato con il d.lgs. n. 374/1999, dall'altro con il d.lgs. n. 153/1997, attivita' suscettibili di utilizza zione a fini di riciclaggio, per il fatto di realizzare l'accumulazione o il trasferimento di ingenti disponibilita' economiche o finanziarie o risultare comunque esposte ad infiltrazioni della criminalita' organizzata. Il legislatore delegante ha infatti conferito al delegato il compito di estendere, in tutto o in parte, le previsioni contenute al d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991), attribuendo pertanto al legislatore delegato la facolta' di ampliare l'indicata disciplina anche a quelle attivita' che, pur non essendo in esso direttamente contemplate, potevano essere giudicate meritevoli della medesima normativa, in quanto potenzialmente utilizzabili a fini di riciclaggio. Nulla quaestio, conseguentemente, circa il fatto che la legge delegata (art. 5, comma 3 d.lgs. n. 153/1997) abbia individuato e sanzionato attivita' diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste dal d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991). Diversamente deve concludersi per quanto riguarda l'opzione sanzionatoria compiuta dal legislatore delegato. A fronte, infatti, della statuizione, contenuta all'art. 15, comma 2, legge n. 52/1996, dove si prevede che il legislatore delegato avrebbe potuto, nelle materie relative al trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore, nonche' al riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, procedere al riordino delle sanzioni amministrative e penali previste nelle leggi richiamate al comma 1 nel rispetto dei limiti massimi ivi contemplati (segnatamente, quelle di cui al d.l. n. 143/1991, conv. in legge n. 197/1991), e' invece accaduto che il legislatore delegato del d.lgs. n. 153/1997 ha introdotto una fattispecie di reato non gia' contravvenzionale, bensi' di delitto. L'art. 5, comma 3 d.lgs. n. 153/1997 stabilisce infatti che «Chiunque esercita le attivita' individuate dai decreti legislativi emanati ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera c), della legge 6 febbraio 1996, n. 52, senza essere iscritto nell'elenco di cui al comma 2, e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni (euro 2.065) a lire venti milioni (euro 10.329)». E' evidente che, lungi dall'essersi attenuto al principio della legge-delega, ove - rimandando alla disciplina del d.l. n. 143/l 91 - si faceva riferimento a fattispecie contravvenzionale - differente pertanto quanto a gravita' e disciplina, il legislatore delegato abbia contravvenuto limiti e criteri di cui alla legge n. 52/1996. Conseguentemente, deve riscontrasi l'avvenuto superamento, ad opera del legislatore delegato nel d.lgs. n. 153/1997, dei criteri e limiti previsti dalla normativa di riferimento legittimante l'emanazione del decreto, con l'introduzione di una fattispecie di delitto in cui vengono comminate congiuntamente reclusione e multa, ben piu' grave quindi rispetto alle sanzioni previste dal d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991), costituente per il Governo soglia massima vincolante (stante il rinvio di cui all'art. 15, comma 1, lett. c), legge n. 52/1996) nel definire la gravita' delle misure da applicarsi alle nuove fattispecie oggetto di trattamento sanzionatorio generate dall'estensione della disciplina contenuta al d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991) a nuove condotte parimenti offensive in materia di trasferimento di denaro. D'altro canto, la Corte costituzionale, pronunciandosi sulla legittimita' dell'art. 29, comma 3 del T.U. 22 dicembre 1954 n. 1217, sulla disciplina fiscale della lavorazione dei semi oleosi, affermo' come tale norma fosse viziata di illegittimita' costituzionale per eccesso di delega, ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione, perche' puniva come contrabbando, e cioe' come delitto, la violazione delle norme stabilite dal precedente art. 28; violazione, questa, che l'art. 2 della legge di delega 20 dicembre 1952, consentiva di configurare soltanto come contravvenzione (cfr. Corte cost. n. 37 del 25 maggio 1960). In conclusione, con riferimento al profilo normativo sopra segnalato, la questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione.