ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 12, settimo
comma,  del  d.P.R.  31  dicembre  1971, n. 1420 (Norme in materia di
assicurazione  obbligatoria  per  l'invalidita',  la  vecchiaia  ed i
superstiti  gestita dall'Ente nazionale di previdenza e di assistenza
per  i  lavoratori  dello  spettacolo),  come sostituito dall'art. 1,
comma  10,  del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, promossi,
dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra M. P. ed
altro  e  l'ENPALS e dal Tribunale di Sanremo nel procedimento civile
vertente tra M. B. e l'ENPALS, con ordinanze del 26 agosto 2006 e del
27  novembre  2006  rispettivamente  iscritte  ai  nn.  293 e 344 del
registro  ordinanze  2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 17 e 20, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
   Visti  gli atti di costituzione di M. P. ed altro, dell'ENPALS, di
C.  M. vedova di M. B., nonche' gli atti di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 1° aprile 2008 il giudice relatore
Francesco Amirante;
   Uditi  gli  avvocati  Roberto  Carapelle,  Mario Mangino, Vincenzo
Martino  e  Mario  Menghini  per  M.  P.  ed altro, Angelo Pandolfo e
Rossana Cardano per l'ENPALS, Federico Sorrentino per C. M. vedova di
M.  B.  e  l'avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso di una controversia previdenziale - promossa nei
confronti  dell'Ente  nazionale  di  previdenza e di assistenza per i
lavoratori  dello spettacolo per ottenere il ricalcolo della pensione
sulla  base della retribuzione giornaliera effettivamente percepita -
il  Tribunale  di  Sanremo,  in  funzione  di  giudice del lavoro, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 38 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, settimo comma,
del   d.P.R.   31   dicembre  1971,  n. 1420  (Norme  in  materia  di
assicurazione  obbligatoria  per  l'invalidita',  la  vecchiaia  ed i
superstiti  gestita dall'Ente nazionale di previdenza e di assistenza
per i lavoratori dello spettacolo), sia nel testo attualmente vigente
-  formulato dall'art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile
1997,  n. 182  -  sia  in  quello precedente, la cui vigenza e' stata
confermata in via transitoria dall'art. 13 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 503.
   Rileva  preliminarmente il giudice a quo che la medesima questione
e' stata gia' sollevata nello stesso giudizio e che questa Corte l'ha
dichiarata  inammissibile  -  con  la  sentenza n. 120 del 2006 - per
mancanza  di adeguata considerazione del quadro normativo complessivo
e,  piu'  specificamente,  dell'art.  5  del decreto-legge 18 gennaio
1993,  n. 11,  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 19 marzo
1993,  n. 70; cio' premesso, il Tribunale ritiene che tali vizi siano
emendabili e che la questione possa essere quindi riproposta.
   L'ordinanza  di remissione precisa percio' che il ricorrente, gia'
dipendente  a  tempo  indeterminato del Casino' municipale di Sanremo
con la qualifica di impiegato, e' stato collocato a riposo in data 31
dicembre  1998  all'eta'  di  sessantaquattro  anni,  avendo maturato
trentaquattro  anni  di  anzianita'  di  servizio, pari a complessive
10.620  giornate  di contribuzione. La pensione erogata in suo favore
dall'ENPALS  a decorrere dal 1° gennaio 1999 e' stata calcolata - sia
per  la  quota  a)  sia per la quota b) - assumendo come massimale di
retribuzione  giornaliera  pensionabile  una somma inferiore a quella
realmente   percepita,   con   la   conseguenza  che  il  trattamento
pensionistico globale e' risultato inferiore rispetto a quello che il
ricorrente  avrebbe  ottenuto  ove il criterio di calcolo fosse stato
quello della retribuzione effettiva.
   La  norma  censurata prevedeva, nel testo previgente confermato in
via  transitoria  dall'art.  13  del  d.lgs.  n. 503 del 1992, che il
limite  massimo  della  retribuzione  giornaliera  pensionabile fosse
quello  di  cui  alla  penultima  classe  della tabella F allegata al
d.P.R.  27 aprile 1968, n. 488, aumentata del 5 per cento, ossia pari
in  concreto  a lire 315.000 (euro 162,68); mentre nella formulazione
vigente detto limite e' stato esplicitamente fissato in lire 315.000,
sia  pure  col  meccanismo  correttivo  della rivalutazione annuale a
decorrere  dal 1° gennaio 1998. Ai fini della rilevanza, il Tribunale
osserva  che  la  domanda  formulata dal ricorrente non sarebbe, allo
stato,  accoglibile,  ma  che  la  decisione della presente questione
assume carattere pregiudiziale, perche' il giudizio in corso non puo'
essere deciso a prescindere dalla soluzione della medesima.
   Nel  merito, la questione pare al giudice a quo non manifestamente
infondata.  Per  i  lavoratori assicurati col regime generale gestito
dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, infatti, l'art. 21,
comma   6,   della  legge  11  marzo  1988,  n. 67,  prevede  che  la
retribuzione  eccedente  quella  fissata nel tetto pensionabile venga
computata,  con aliquota decrescente, ai fini della determinazione di
una quota aggiuntiva di pensione che va a costituire parte integrante
di  quella  gia'  erogata. L'art. 5 del d.l. n. 11 del 1993, dettando
una  norma  di interpretazione autentica, estende anche ai lavoratori
assicurati  presso  l'ENPALS l'applicazione del citato art. 21, comma
6;  senonche'  - a parere del giudice a quo - mentre per i lavoratori
assicurati    presso    l'INPS   quest'ultima   disposizione   riceve
«applicazione piena, senza limitazioni di sorta», per i dipendenti in
regime  ENPALS  il  medesimo  effetto  e' impedito dalla disposizione
censurata,  la  quale  consente  che  le quote aggiuntive di pensione
vengano  riconosciute  «soltanto fino al raggiungimento del massimale
di   retribuzione   pensionabile   giornaliera   rivalutato  in  base
all'indice  ISTAT».  E  cio'  costituisce violazione del principio di
eguaglianza  in  quanto l'art. 2, terzo comma, del d.P.R. n. 1420 del
1971 stabilisce che le retribuzioni fino alla soglia di un milione di
lire  siano  soggette  a  prelievo  contributivo  in favore del Fondo
pensioni  gestito  dall'ENPALS,  creando  un'evidente  ingiustificata
discriminazione  tra  retribuzione sottoposta a contribuzione piena e
retribuzione  utile  ai  fini del calcolo della pensione. Il prelievo
contributivo  eccedente  la  soglia  della retribuzione pensionabile,
secondo  il  remittente,  «si  traduce integralmente in contributo di
solidarieta».
   Da  tanto  consegue  una  violazione  dell'art.  3  Cost.  per  la
disparita'   di  trattamento  tra  le  due  categorie  di  lavoratori
dipendenti  sopra  confrontate,  tanto  piu' evidente in relazione al
profilo professionale cui appartiene il ricorrente (dipendente di una
casa  da  gioco), disparita' che si e' andata ancora piu' accentuando
con  l'entrata  in  vigore della disposizione (art. 11 della legge 30
dicembre  1991,  n. 412)  che  ha  elevato  la soglia di retribuzione
soggetta  a  prelievo  contributivo; da cio' conseguirebbe un secondo
profilo      di      illegittimita'     costituzionale,     «relativo
all'irragionevolezza   di   una  disciplina  che  rende  pensionabile
soltanto   meno   di  un  terzo  della  retribuzione  assoggettata  a
contribuzione piena».
   2.  -  Si  e'  costituita  in  giudizio  la  vedova del lavoratore
ricorrente,    nella    qualita'   di   unica   erede,   sollecitando
l'accoglimento della prospettata questione.
   Dopo  aver  precisato che la medesima, ancorche' gia' proposta per
due volte nello stesso giudizio, e' certamente riproponibile, poiche'
questa  Corte  ne ha dichiarato in entrambi i casi l'inammissibilita'
(ordinanza  n. 385  del  2002  e  sentenza n. 120 del 2006), la parte
osserva   che  la  questione  e'  pure  rilevante,  poiche'  dal  suo
accoglimento deriva anche l'accoglimento del ricorso.
   La  ricorrente rammenta che la pensione dei dipendenti dell'ENPALS
viene  calcolata,  in base all'art. 13 del d.lgs. n. 503 del 1992, in
due diverse quote, riferibili l'una al periodo contributivo anteriore
al  1°  gennaio  1993 e l'altra al periodo successivo a tale data, il
che spiega la ragione per cui ai fini della presente questione rileva
anche  il testo della disposizione censurata precedente a quello oggi
in vigore.
   Il  Tribunale di Sanremo ha ravvisato nelle disposizioni censurate
due   possibili   ragioni  di  illegittimita'  costituzionale,  l'una
relativa  alla  disparita'  di  trattamento tra pensionati assicurati
presso enti previdenziali diversi e l'altra interna al regime ENPALS,
conseguente   alla   sproporzione   tra  contributi,  retribuzione  e
pensione.  Quanto  al primo profilo di incostituzionalita', pare alla
parte  privata  evidente  la disparita' di trattamento conseguente al
fatto   che   il  meccanismo  correttivo  rappresentato  dalle  quote
aggiuntive  di  pensione  e'  limitato,  per i dipendenti ENPALS, dal
tetto  fissato  dal  contestato  art.  12,  settimo comma, del d.P.R.
n. 1420 del 1971; in altre parole, la norma estensiva di cui all'art.
5  del  d.l.  n. 11  del  1993  non  potrebbe  in concreto operare in
considerazione  della  soglia  legislativa  fissata  a  lire 315.000.
D'altra  parte, la giurisprudenza di questa Corte ha sempre affermato
che  non  e'  possibile  fare  raffronti  tra  sistemi  previdenziali
diversi,   purche'   rimanga   fermo   il   limite   della  «evidente
irragionevolezza»  (sentenza  n. 83  del  2006);  limite  che sarebbe
violato  nella  fattispecie in esame. Il defunto coniuge dell'odierna
ricorrente,  infatti,  inquadrato  al  n. 21)  dell'art. 3 del d.lgs.
C.p.S.  16 luglio 1947, n. 708, ossia nella categoria degli impiegati
ed  operai dipendenti dalle case da gioco - e non in una di quelle di
cui  ai  numeri  da  1)  a  14)  del citato articolo, che comprendono
categorie  di lavoratori particolari quali cantanti, artisti, attori,
ballerini  etc.  - non fruisce del minor numero di contributi versati
(rispetto   ai   normali   312   annui)  per  ottenere  il  requisito
dell'annualita'  della contribuzione e neppure di quello della minore
eta'  pensionabile,  con la conseguenza che l'inserimento nell'ambito
del   regime  speciale  ENPALS  comporta  un'ingiusta  disparita'  di
trattamento  rispetto  ad un lavoratore iscritto all'INPS, «in virtu'
della sostanziale omogeneita' che contraddistingue le due posizioni».
   Quanto   al   secondo  profilo  di  illegittimita'  costituzionale
ravvisato  dal  giudice  a  quo,  poi,  la  parte costituita conferma
l'inaccettabilita'  di  un sistema che consente un simile divario tra
retribuzione  assoggettata  a  prelievo  contributivo  e retribuzione
pensionabile,  aggiungendo  che  sarebbe  improprio  il  richiamo  al
principio  della solidarieta' in una situazione come quella in esame,
perche'  tale  principio  «non  puo' essere sospinto ad un livello di
intensita'  e  di  incidenza  redistributiva  cosi'  alta»,  tale  da
vanificare il rispetto di quello di uguaglianza.
   3.  -  Nell'ambito  di  una  controversia  promossa  nei confronti
dell'ENPALS  da  due  ex  impiegati del Casino' di Saint Vincent, con
qualifica di croupier, per il ricalcolo delle rispettive pensioni, il
Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato,
in   riferimento   all'art.   3   Cost.,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  12,  settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del
1971  nel testo attualmente vigente, formulato dall'art. 1, comma 10,
del d.lgs. n. 182 del 1997.
   Il  Tribunale precisa che i due ricorrenti sono stati dipendenti a
tempo indeterminato rispettivamente fino alle date del 31 agosto 2001
e  del  30  giugno  2003,  maturando  una pensione inferiore a quella
spettante   se   l'ente   previdenziale  avesse  tenuto  conto  delle
retribuzioni  effettive  da  loro  percepite  e  soggette  a prelievo
contributivo.
   Cio' premesso, il giudice torinese dichiara di essere a conoscenza
delle  due  precedenti questioni sollevate dal Tribunale di Sanremo e
dal Tribunale di Bologna oggetto della sentenza costituzionale n. 120
del  2006;  e ribadisce, inoltre, che la disposizione censurata e' di
ostacolo  all'accoglimento  dei  ricorsi presentati, il che da' conto
della   rilevanza  della  presente  questione.  Sulla  base  di  tali
premesse, il giudice a quo specifica che fino alla data di entrata in
vigore  dell'art.  11,  comma  2,  della legge n. 412 del 1991 vi era
coincidenza  tra  retribuzione pensionabile e retribuzione soggetta a
contribuzione, in virtu' della previsione di cui all'art. 2, comma 3,
del  d.P.R.  n. 1420  del 1971, sicche' non e' possibile, fino a tale
momento, evidenziare alcuna irragionevolezza della normativa.
   La  situazione  muta,  invece,  a  decorrere  dal 1° gennaio 1992,
momento  in  cui  la  retribuzione  pensionabile  resta  ferma a lire
315.000,  mentre quella soggetta a contribuzione viene innalzata fino
alla  soglia  di  un  milione  di  lire. Le considerazioni svolte dal
Tribunale  di  Torino  circa  una presunta violazione dei principi di
uguaglianza  e  ragionevolezza  sono,  a questo punto, assai simili a
quelle  compiute  dal  Tribunale  di  Sanremo;  quanto  all'effettiva
valenza  dell'art.  5  del d.l. n. 11 del 1993, il giudice rileva che
l'estensione disposta da tale norma «non sembra possa aver portato ad
eliminare   la   irragionevole   discrasia»  esposta  in  precedenza.
Rimarrebbe  sempre,  infatti,  «un evidente, elevatissimo squilibrio»
tra  le  due  soglie piu' volte riportate, destinato ad aumentare col
trascorrere del tempo.
   4.  - Si sono costituiti nel giudizio davanti a questa Corte i due
ricorrenti, chiedendo l'accoglimento della prospettata questione.
   Osservano le due parti private che, in conseguenza della censurata
disposizione,   essi  hanno  ricevuto  un  trattamento  pensionistico
inferiore   a   quello   che  sarebbe  spettato  loro  tenendo  conto
dell'effettiva  retribuzione  giornaliera percepita. Quanto al merito
della  questione, i due ricorrenti notano che il principio vigente e'
quello per cui tutta la retribuzione imponibile e' valida ai fini del
computo  del  rateo  di  pensione,  «sia  pure con le correzioni rese
necessarie  (in  punto  rendimento)  per  coniugare  il  principio di
proporzionalita'  con  quello  di  solidarieta»;  alla luce di simili
criteri,  appare  del  tutto  irragionevole  un sistema che impone il
prelievo  contributivo  fino alla soglia retributiva di un milione di
lire  ed eroga la pensione su di una retribuzione massima giornaliera
di lire 315.000.
   5.  -  Si  e' costituito in entrambi i giudizi anche l'ENPALS, con
due  diverse memorie di analogo contenuto - depositando fuori termine
quella  relativa  al  giudizio  promosso  dal  Tribunale di Sanremo -
chiedendo  che  la  questione venga respinta, in quanto inammissibile
ovvero non fondata.
   Osserva  l'ente  previdenziale che il decreto legislativo del Capo
provvisorio  dello  Stato  16  luglio 1947, n. 708, istitui' l'ENPALS
rendendolo  sostitutivo  dell'INPS  per  una  serie  di  categorie di
lavoratori,  con  una  normativa  per  molti  versi  piu'  favorevole
rispetto a quella degli altri lavoratori dipendenti.
   Questa  Corte,  gia' con l'importante sentenza n. 173 del 1986, si
pronuncio'    favorevolmente    in   ordine   ai   cosiddetti   tetti
pensionistici,  evidenziando  come il passaggio da un sistema di tipo
mutualistico  ad  un  sistema  di  tipo solidaristico dia ragione del
fatto  che  le prestazioni versate dal singolo lavoratore non vanno a
vantaggio  automatico  del  singolo  contribuente, bensi' dell'intera
categoria, con particolare attenzione verso i soggetti piu' deboli.
   In riferimento alle questioni prospettate dai giudici a quibus, la
difesa  dell'ente  rileva,  innanzitutto, la mancanza di chiarezza in
ordine  al  petitum,  poiche'  non  sarebbe  evidente  se  si intenda
perseguire   l'obiettivo   della   completa  eliminazione  del  tetto
pensionabile  o,  viceversa,  della  parificazione  tra  retribuzione
soggetta  a  contribuzione  e  retribuzione  pensionabile;  il  tutto
tenendo  presente  che  la  fissazione di un simile tetto spetta alla
discrezionalita'   del   legislatore.  D'altra  parte,  i  lavoratori
ricorrenti hanno versato contributi con aliquote assai basse e non va
dimenticato che l'ENPALS assicura anche molte categorie di lavoratori
strutturalmente  esposte  - in considerazione del tipo di attivita' -
alla  discontinuita'  lavorativa.  Rammenta inoltre l'ente costituito
che  le prestazioni previdenziali rispondono all'interesse pubblico e
la loro funzione si attenua, se non si esaurisce del tutto, una volta
raggiunto  un  livello adeguato ai sensi dell'art. 38, secondo comma,
della Costituzione.
   L'ENPALS,  infine,  evidenzia  anche il carattere «dirompente» che
avrebbe,   dal  punto  di  vista  finanziario,  l'accoglimento  della
presente questione.
   6.  -  In  entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  con  due  memorie  di  contenuto  pressoche'
identico,  chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile o
infondata.
   Rileva  l'interveniente che entrambe le ordinanze di remissione si
fonderebbero  su  presupposti  non  dimostrati,  ossia  quello  della
parita'  tra  retribuzione  soggetta  a  contribuzione e retribuzione
pensionabile   e   quello   della  ragionevole  proporzionalita'  tra
retribuzione   soggetta   a  prelievo  contributivo  e  pensione.  Il
legislatore,  in  realta',  con il sistema oggi contestato «ha inteso
salvaguardare  l'equilibrio  finanziario  della gestione», creando un
sistema  di  calcolo  delle  pensioni  nel  quale il trattamento meno
favorevole  delle  retribuzioni piu' elevate «risponde ad un criterio
di  perequazione tra il sistema a capitalizzazione dei contributi, da
porre  a base della rendita pensionistica, ed il sistema di trarre la
base pensionistica dall'ultima, o dalle ultime retribuzioni». D'altra
parte  -  come  piu'  volte  questa  Corte  ha ribadito - l'obiettivo
indicato   dall'art.   38   Cost.  di  consentire  la  conduzione  di
un'esistenza  libera  e  dignitosa  «non  vincola  il  legislatore  a
garantire una coincidenza tra la pensione e l'ultima retribuzione».
   Richiamando  anche  la  sentenza  costituzionale  n. 402 del 1999,
l'interveniente  evidenzia  che  l'apporto  maggiore che i lavoratori
dello   spettacolo   sono  tenuti  a  versare  in  favore  del  Fondo
pensionistico gestito dall'ENPALS trova una logica corrispondenza nel
fatto  che  tali  lavoratori  godono di requisiti ridotti (rispetto a
quelli  della generalita' dei lavoratori dipendenti) per l'accesso ad
una  serie  di prestazioni previdenziali, sicche' la presenza di tali
requisiti  si bilancia col maggiore apporto contributivo da parte dei
titolari di retribuzioni piu' elevate.
   D'altra  parte,  con  l'entrata  in vigore della riforma di cui al
d.lgs. n. 182 del 1997 il massimale contributivo e' ormai il medesimo
fissato  per  gli  altri lavoratori dipendenti, e sull'eccedenza deve
essere  versato  il  solo contributo di solidarieta' nella misura del
cinque  per  cento. Non sussisterebbe, percio', alcuna violazione del
principio  di  eguaglianza,  stante la diversa organizzazione dei due
sistemi previdenziali posti a confronto.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il Tribunale di Sanremo, in funzione di giudice del lavoro,
ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, settimo comma,
del   d.P.R.   31   dicembre  1971,  n. 1420  (Norme  in  materia  di
assicurazione  obbligatoria  per  l'invalidita',  la  vecchiaia  ed i
superstiti  gestita dall'Ente nazionale di previdenza e di assistenza
per i lavoratori dello spettacolo), sia nel testo attualmente vigente
-  formulato dall'art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile
1997,  n. 182  -  sia  in  quello precedente, la cui vigenza e' stata
confermata in via transitoria dall'art. 13 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 503.
   Il  Tribunale  di  Torino,  in  funzione di giudice del lavoro, ha
sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  12,  settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del
1971  nel testo attualmente vigente, formulato dall'art. 1, comma 10,
del d.lgs. n. 182 del 1997.
   I giudizi, concernenti la stessa disposizione e questioni analoghe
o connesse, devono essere riuniti e decisi con unico provvedimento.
   2.  -  Le  questioni  sollevate dal Tribunale di Sanremo, sotto il
profilo    dell'intrinseca    irragionevolezza   della   disposizione
censurata,  e  dal Tribunale di Torino, con accentuazioni diverse, ma
con argomentazioni sostanzialmente analoghe, sono inammissibili.
   Entrambi  i  remittenti,  infatti,  non contestano la legittimita'
costituzionale  della  disciplina del cosiddetto tetto pensionabile -
cioe'   della   determinazione  di  una  misura  della  retribuzione,
inferiore  a  quella  effettiva  percepita dal lavoratore, da porre a
base del calcolo della pensione - della quale piu' volte questa Corte
ha  avuto  modo  di occuparsi (ex plurimis, sentenze n. 173 del 1986,
n. 72  del  1990  e  n. 296  del 1995). Neppure e' in discussione, in
linea  di  principio  generale,  la legittimita' di una normativa che
comporti  un  divario  tra  misura  della retribuzione su cui vengono
versati   i  contributi  e  tetto  pensionabile,  purche'  una  certa
proporzionalita' venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa
la   realizzazione   delle   finalita'   di  cui  all'art.  38  della
Costituzione.  Evenienza, quest'ultima, sulla quale la Corte ha anche
affermato  che  la  stessa  struttura  di tipo solidaristico cui sono
informati   i   sistemi  previdenziali  non  comporta  la  necessaria
corrispondenza  tra  i  contributi  versati  e le prestazioni erogate
(sentenza n. 390 del 1995).
   Le  censure  concernono,  piuttosto,  lo  squilibrio  di  notevole
entita'  che  esisterebbe  tra  la  misura  del  tetto pensionabile e
quella,   all'incirca   tripla,  della  retribuzione  assoggettata  a
contribuzione.  La  correzione  di  siffatto squilibrio esigerebbe da
parte  della  Corte  una  pronuncia manipolativa incidente sull'uno o
sull'altro  dei  termini  del  rapporto,  oppure  su entrambi, mentre
resterebbe   comunque   opinabile   la   misura  dell'intervento.  La
razionalizzazione  dei  sistemi previdenziali esige, come la Corte ha
piu'   volte  ribadito,  valutazioni  e  bilanciamenti  di  interessi
comportanti scelte politiche che, nei limiti del rispetto dei diritti
fondamentali,  competono  al  legislatore  (v.,  ex plurimis, la gia'
citata sentenza n. 173 del 1986).
   In riferimento all'art. 38 Cost., si e' affermato che «il precetto
costituzionale esige che il trattamento previdenziale sia sufficiente
ad  assicurare  le  esigenze  di  vita  del lavoratore pensionato; ma
nell'attuazione di tale principio al legislatore deve riconoscersi un
margine   di   discrezionalita',  anche  in  relazione  alle  risorse
disponibili,  almeno  quando  non  sia  in  gioco  la  garanzia delle
esigenze  minime  di  protezione  della persona» (sentenza n. 180 del
2001,  nonche',  fra  le  altre, sentenza n. 457 del 1998). Evenienza
quest'ultima estranea ai termini delle presenti questioni.
   3. - Infondata e', invece, l'altra questione, prospettata dal solo
Tribunale  di  Sanremo  per  violazione  dell'art.  3 Cost., sotto il
profilo  della  disparita'  di  trattamento  rispetto agli assicurati
presso  l'INPS  riguardo  al rapporto tra retribuzione pensionabile e
retribuzione soggetta a prelievo contributivo.
   L'incomparabilita'  dei  sistemi previdenziali e' principio cui la
Corte si e' costantemente attenuta; incomparabilita' che deriva dalla
loro  complessita'  inerente  alla varieta' delle prestazioni e delle
condizioni per ottenerle - conseguenza della varieta' delle attivita'
lavorative   -   e   alle   collegate   diversita'   delle  fonti  di
finanziamento;  principio  di  cui  la  Corte  ha  fatto applicazione
proprio  riguardo  all'assicurazione  presso  l'ENPALS  nei confronti
dell'assicurazione  generale  presso  l'INPS  (ordinanza  n. 325  del
1993).  Ne'  puo'  essere  trascurato,  ai  fini  di  una valutazione
complessiva della prospettata questione, che il sistema previdenziale
dei  lavoratori  dello  spettacolo  -  anche  in considerazione della
particolarita' di talune professioni e delle modalita' di svolgimento
delle   medesime  -  e',  per  certi  versi,  un  sistema  ampiamente
favorevole  per gli iscritti, quanto all'entita' delle prestazioni ed
alle  condizioni  di accesso, rispetto a quello della generalita' dei
lavoratori  assicurati  presso  l'INPS;  di  talche' non e' possibile
lamentare   il   semplice   dato   della   diversita'  esistente  tra
retribuzione   soggetta   a   prelievo  contributivo  e  retribuzione
pensionabile  senza tenere presente l'intero sistema previdenziale in
cui detta previsione si inserisce.
   Il  remittente  assume  che,  in  considerazione della qualita' di
impiegato  a tempo indeterminato ricoperta dal ricorrente, questi non
si sarebbe trovato nelle condizioni di fruire dei benefici del regime
previdenziale  dei  lavoratori dello spettacolo, subendo in tal modo,
con  riguardo  alla  disciplina  della  retribuzione pensionabile, un
trattamento   deteriore  rispetto  a  quello  della  generalita'  dei
lavoratori.  Tali argomentazioni, tuttavia, per un verso si risolvono
nell'addurre  inconvenienti  di  fatto  -  i  quali,  di per se', non
possono giustificare una pronuncia di illegittimita' costituzionale -
mentre   per   altro   verso   sembrano  accennare  alla  illogicita'
dell'iscrizione  all'ENPALS  di  chi  svolge  a  tempo  indeterminato
funzioni  impiegatizie, aspetto quest'ultimo certamente estraneo alla
presente questione di legittimita' costituzionale.