Sentenza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge
della  Regione  Emilia-Romagna  1°  giugno  2006,  n. 5 (Modifiche ed
integrazioni   alla   legge   regionale   9  dicembre  1993,  n. 42 -
ordinamento  della  professione di maestro di sci - e disposizioni in
materia  ambientale),  nel  testo modificato dall'art. 25 della legge
della Regione Emilia-Romagna 28 luglio 2006, n. 13 (Legge finanziaria
regionale  adottata a norma dell'articolo 40 della legge regionale 15
novembre  2001,  n. 40, in coincidenza con l'approvazione della legge
di assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio 2006 e del
bilancio  pluriennale  2006-2008. Primo provvedimento di variazione),
promosso   con   ordinanza   del   25   giugno   2007  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  dell'Emilia  Romagna  sul ricorso proposto
dall'E.N.I.  s.p.a. - Divisione Refining & Marketing contro il Comune
di  Migliarino  ed  altri,  iscritta al n. 737 del registro ordinanze
2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, 1ª
serie speciale, dell'anno 2007.
   Visti  gli  atti  di  costituzione  dell'E.N.I. s.p.a. - Divisione
Refining & Marketing e della Regione Emilia-Romagna;
   Udito  nell'udienza pubblica del 6 maggio 2008 il giudice relatore
Giuseppe Tesauro.
   Uditi gli avvocati Stefano Grassi e Antonella Persico per l'E.N.I.
s.p.a. -  Divisione  Refining & Marketing, Maria Chiara Lista e Luigi
Manzi per la Regione Emilia-Romagna.
                          Ritenuto in fatto
   1. -  Il  Tribunale  amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna,
con  ordinanza  del  25  giugno  2007,  ha  sollevato, in riferimento
all'art.   117,   secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  5 della legge
della  Regione  Emilia-Romagna  1°  giugno  2006,  n. 5 (Modifiche ed
integrazioni   alla   legge   regionale   9  dicembre  1993,  n. 42 -
ordinamento  della  professione di maestro di sci - e disposizioni in
materia  ambientale),  nel  testo modificato dall'art. 25 della legge
della  stessa  Regione  28  luglio  2006,  n. 13  (Legge  finanziaria
regionale  adottata a norma dell'articolo 40 della legge regionale 15
novembre  2001,  n. 40, in coincidenza con l'approvazione della legge
di assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio 2006 e del
bilancio  pluriennale  2006-2008. Primo provvedimento di variazione),
il quale stabilisce: «Restano di competenza dei Comuni i procedimenti
di bonifica dei siti contaminati gia' avviati alla data di entrata in
vigore  del  decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n. 152,  che  li
concludono  sulla  base della legislazione vigente alla data del loro
avvio».
   2.  -  Il rimettente premette che nel giudizio principale l'E.N.I.
s.p.a.  Divisione  Refining  &  Marketing  (di  seguito, E.N.I.) - la
quale, con delibera della Giunta comunale n. 78 del 18 novembre 2004,
aveva  ottenuto l'autorizzazione a realizzare gli interventi previsti
nel progetto definitivo di bonifica dell'impianto di distribuzione di
carburanti  sito  nel Comune di Migliarino - ha impugnato la nota del
Comune  di  Migliarino  del  28  dicembre  2006,  n. 12598,  con  cui
quest'ultimo   aveva   rigettato  l'istanza  di  rimodulazione  degli
obiettivi  di  bonifica,  in  relazione al proprio punto vendita 6060
ubicato  nel  territorio  di  detto  Comune, presentata per suo conto
dalla Petroltecnica s.r.l. il 27 ottobre 2006.
   Il  Tar  ricorda  che  il  d.lgs.  3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia  ambientale) - di seguito, codice dell'ambiente - ha abrogato
l'art.  17  del  d.lgs.  5  febbraio  1997,  n. 22  (Attuazione della
direttiva  91/156/CEE  sui  rifiuti,  della  direttiva 91/689/CEE sui
rifiuti  pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui
rifiuti di imballaggio), basato sui limiti massimi di concentrazione,
al   superamento   dei   quali   scattava   l'obbligo   di  bonifica,
introducendo,  nell'art. 240, le nozioni di «concentrazioni soglia di
contaminazione» (CSC), il cui superamento impone la caratterizzazione
e  la procedura di analisi di rischio sito specifica, e la nozione di
«concentrazioni  soglia  di  rischio»  (CSR),  che,  se oltrepassata,
determina   il  sorgere  dell'obbligo  di  bonifica  e  di  messa  in
sicurezza.
   L'art.  265,  comma  4,  del  codice dell'ambiente ha attribuito a
quanti  avevano  conseguito  l'autorizzazione  secondo  la previgente
disciplina  la  facolta' di rimodulare i propri interventi sulla base
del   nuovo  regime,  stabilendo  che  «fatti  salvi  gli  interventi
realizzati  alla  data  di  entrata  in vigore della parte quarta del
presente  decreto, entro centottanta giorni da tale data, puo' essere
presentata  all'autorita'  competente  adeguata  relazione tecnica al
fine  di  rimodulare gli obiettivi di bonifica gia' autorizzati sulla
base  dei  criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto».
In  applicazione di tale previsione l'E.N.I. aveva presentato istanza
di   rimodulazione   degli   obiettivi   di   bonifica  in  relazione
all'intervento  sopraindicato.  L'art.  5  della  legge della Regione
Emilia-Romagna  n. 5  del  2006  - come modificato dall'art. 25 della
legge  della  stessa  Regione  n. 13 del 2006 - invece, oltre ad aver
confermato  l'attribuzione  agli  enti locali della titolarita' delle
funzioni  in  esame,  ha  stabilito  per  i  procedimenti in corso un
diverso  regime  transitorio, in quanto ha previsto che a questi deve
applicarsi  la  disciplina  previgente,  in  tal  modo  escludendo la
possibilita'  della  rimodulazione  degli  obiettivi di bonifica gia'
autorizzati in conformita' al precedente regime.
   Sulla  base  di  tali  premesse il Tar per l'Emilia-Romagna dubita
della legittimita' costituzionale della citata norma regionale, nella
parte  in  cui  si  porrebbe in contrasto con il menzionato art. 265,
comma  4,  del codice dell'ambiente, il quale stabilisce che le norme
in  materia  ambientale  recate  da  detto  decreto  legislativo sono
applicabili a tutte le situazioni non irreversibilmente definite alla
data  della  loro  entrata in vigore, per violazione della competenza
legislativa  statale  esclusiva  in  materia di tutela dell'ambiente.
Infatti,  ad  avviso  del  rimettente,  sebbene  nella  materia della
«tutela   dell'ambiente»,   spettante   alla  competenza  legislativa
esclusiva  dello  Stato,  le  Regioni  possano  - in linea con quanto
affermato  dalla  giurisprudenza  costituzionale  - emanare norme nel
caso  di  interferenza  con  ambiti materiali riconducibili alle loro
competenze,   nell'osservanza  degli  standard  fissati  dalle  norme
statali, «nel caso della bonifica dei siti inquinati» - oggetto della
disposizione  censurata  -  sarebbe «difficilmente confutabile che lo
scopo   primario   sia  la  tutela  dell'ambiente»,  con  conseguente
illegittimita' costituzionale della norma regionale.
   3.  -  Nel  giudizio  innanzi  a  questa Corte si e' costituita la
Regione  Emilia-Romagna,  in persona del Presidente pro tempore della
Giunta  regionale,  parte  nel  processo principale, chiedendo che la
questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.
   A  seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice dell'ambiente -
che ha introdotto disposizioni radicalmente diverse rispetto a quelle
di  cui  alla  previgente  normativa  - la Regione ritiene che si sia
determinata   una   situazione  di  grave  incertezza  giuridica  con
riferimento  ai  procedimenti autorizzatori di interventi di bonifica
gia'  avviati  e  in  corso  di  istruttoria  in  base alla normativa
pregressa,  anche  a  causa  della incompletezza di quanto prescritto
dalla  disposizione transitoria statale di cui all'art. 265, comma 4,
dello   stesso   codice.   In  considerazione  di  cio',  la  Regione
Emilia-Romagna,   con  la  norma  censurata,  avrebbe  legittimamente
integrato  la disciplina statale transitoria, qualificata «incompleta
e   alquanto   incerta»,   al   fine  di  assicurare  la  continuita'
dell'intervento  pubblico  in  materia di controllo e risanamento dei
siti  inquinati,  semplicemente  garantendo un «transito controllato»
fra la disciplina statale precedente e quella successiva.
   4.  -  Nel  giudizio  si  e'  altresi'  costituita l'E.N.I. s.p.a.
Divisione   Refining  &  Marketing,  chiedendo  l'accoglimento  della
questione e deducendo l'illegittimita' della norma censurata anche in
riferimento  ad  altri  profili  ed  in  specie all'art. 117, primo e
secondo comma, lettera m), della Costituzione.
   5.   -   All'udienza   pubblica   le  parti  hanno  insistito  per
l'accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.
                       Considerato in diritto
   1. - La questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale
dell'Emilia-Romagna  investe  l'art.  5  della  legge  della  Regione
Emilia-Romagna  1°  giugno 2006, n. 5 (Modifiche ed integrazioni alla
legge   regionale   9   dicembre  1993,  n. 42  -  ordinamento  della
professione   di   maestro   di  sci  -  e  disposizioni  in  materia
ambientale),  nel  testo  modificato  dall'art.  25 della legge della
stessa  Regione  28  luglio  2006, n. 13 (Legge finanziaria regionale
adottata  a  norma dell'articolo 40 della legge regionale 15 novembre
2001,  n. 40,  in  coincidenza  con  l'approvazione  della  legge  di
assestamento  del  bilancio  di previsione per l'esercizio 2006 e del
bilancio  pluriennale  2006-2008. Primo provvedimento di variazione),
il quale stabilisce: «Restano di competenza dei Comuni i procedimenti
di bonifica dei siti contaminati gia' avviati alla data di entrata in
vigore  del  decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n. 152,  che  li
concludono  sulla  base della legislazione vigente alla data del loro
avvio».
   1.1.  -  Secondo  il  rimettente,  la  norma  regionale censurata,
disponendo  che  le  norme  abrogate  di cui al d.lgs. n. 22 del 1997
restano  applicabili  ai procedimenti di bonifica ancora in corso, si
porrebbe  in contrasto con l'art. 265, comma 4, del d.lgs. n. 152 del
2006,  il  quale stabilisce che le norme in materia ambientale recate
da  detto  decreto legislativo sono applicabili a tutte le situazioni
non  irreversibilmente  definite  alla  data  della  loro  entrata in
vigore,  in tal modo violando la competenza statale esclusiva in tema
di «tutela dell'ambiente».
   2. - La questione va esaminata entro i limiti del thema decidendum
individuato  dall'ordinanza  di  rimessione  (ex  plurimis,  sentenze
n. 349  del  2007,  n. 310  e n. 234 del 2006). Pertanto, non possono
essere  scrutinate  le  censure  proposte  dall'ENI, in riferimento a
parametri  e  profili non prospettati dal giudice rimettente, che, in
questa  parte,  ha  ritenuto  manifestamente infondata l'eccezione di
illegittimita' costituzionale sollevata dalla predetta societa'.
   3.  -  La questione sollevata in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione, e' fondata.
   Il  decreto  legislativo  3  aprile 2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale)  -  che  ha  introdotto  una  nuova disciplina in tema di
bonifica  dei  siti contaminati - ha disposto, all'art. 264, comma 1,
lettera i), l'abrogazione espressa del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della
direttiva   91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  della  direttiva
94/62/CE  sugli  imballaggi  e  sui rifiuti di imballaggio). E' stato
quindi  abrogato  l'art.  17  del  medesimo  decreto  n. 22 del 1997,
relativo  alla  bonifica  ed al ripristino dei siti inquinati, basato
sui  limiti  massimi  di  concentrazione,  al  superamento  dei quali
scattava   comunque  l'obbligo  di  bonifica.  Sono  state,  inoltre,
introdotte,   all'art.   240,   due   distinte   soglie:   la  prima,
corrispondente  alle «concentrazioni soglia di contaminazione» (CSC),
in  relazione  alla  quale  i livelli di contaminazione delle matrici
ambientali   costituiscono   valori  il  cui  superamento  impone  la
caratterizzazione  del sito e la procedura di analisi di rischio sito
specifica;  la seconda, corrispondente alle «concentrazioni soglia di
rischio»   (CSR),   che,   se   oltrepassata,  determina  il  sorgere
dell'obbligo di bonifica e di messa in sicurezza.
   Le  novita' apportate dal decreto legislativo n. 152 del 2006 sono
rilevanti.
   La  previgente disciplina definiva «inquinato» il sito nel quale i
livelli di contaminazione o alterazione erano «tali da determinare un
pericolo  per la salute pubblica o per l'ambiente naturale», cio' che
avveniva   quando   la   concentrazione  degli  inquinanti  risultava
«superiore  ai  valori di concentrazione limite accettabili», fissati
dall'apposita  normativa tabellare. «Potenzialmente inquinato» era il
sito  in cui, a causa di attivita' pregresse o in atto, sussisteva la
«possibilita»   che   fossero   presenti   sostanze   inquinanti   in
concentrazioni tali da determinare «pericolo per la salute pubblica o
per  l'ambiente»  (art.  2,  comma  1,  lettera  c),  del decreto del
Ministro   dell'ambiente  25  ottobre  1999,  n. 471,  contenente  il
«Regolamento  recante  criteri, procedure e modalita' per la messa in
sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati,
ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e successive
modificazioni  e  integrazioni»).  Nel  nuovo regime di cui al d.lgs.
n. 152  del  2006,  i  «valori  limite»  di  concentrazione diventano
«valori   di   attenzione»   (cosiddette  «concentrazioni  soglia  di
contaminazione»),  il  cui  superamento  non  determina,  di per se',
l'automatica  qualificazione giuridica di contaminazione del sito, ma
obbliga  unicamente  alla  caratterizzazione e all'analisi di rischio
«sito  specifica»  (art.  240  del  d.lgs. n. 152 del 2006). Nel d.m.
n. 471  del  1999  il  ruolo  dell'«analisi  di rischio» era definito
eminentemente  sussidiario. Nel nuovo regime, al contrario, l'analisi
di  rischio  diviene  strumento  centrale  e  decisivo  ai fini della
qualificazione   giuridica   di   contaminazione  del  sito  e  della
conseguente  insorgenza  dell'obbligo  di  messa  in  sicurezza  e di
bonifica.
   La portata delle modifiche introdotte in tema di bonifica dei siti
inquinati   ha   indotto  il  legislatore  statale  ad  agevolare  la
transizione  dal  vecchio  al  nuovo  regime,  mediante la previsione
contenuta  nell'art. 265, comma 4, secondo la quale, «fatti salvi gli
interventi  realizzati  alla  data  di  entrata in vigore della parte
quarta  del  presente decreto, entro centottanta giorni da tale data,
puo'  essere  presentata  all'autorita' competente adeguata relazione
tecnica  al  fine  di  rimodulare  gli  obiettivi  di  bonifica  gia'
autorizzati  sulla  base  dei criteri definiti dalla parte quarta del
presente  decreto. L'autorita' competente esamina la documentazione e
dispone le varianti al progetto necessarie».
   Tale  previsione  esprime  chiaramente  il  favor  del legislatore
statale   per   l'applicazione   della   disciplina  sopravvenuta  in
riferimento   non   solo  ai  procedimenti  in  corso,  ma  anche  ai
procedimenti gia' conclusi, riconoscendo in relazione a questi ultimi
-  con  una  formula  di  non dubbia interpretazione - la facolta' di
proporre  istanza di rimodulazione degli interventi gia' autorizzati,
ma  non  realizzati,  sia  pure  nelle  forme ed entro i limiti sopra
richiamati.
   In  contrasto  con  detta previsione, la norma regionale censurata
statuisce,  in  maniera  altrettanto  chiara,  che «i procedimenti di
bonifica  dei  siti  contaminati gia' avviati alla data di entrata in
vigore  del  decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» sono conclusi
«sulla  base della legislazione vigente alla data del loro avvio», in
tal  modo  escludendo la facolta' che gli interventi di bonifica gia'
autorizzati  in forza del regime previgente possano essere rimodulati
alla  luce  della  nuova  disciplina  e  rivelando  un  disfavore per
l'applicazione di quest'ultima.
   Questa   Corte   ha   piu'   volte   affermato   che  le  Regioni,
nell'esercizio di proprie competenze, possono perseguire fra i propri
scopi anche finalita' di tutela ambientale (sentenza n. 246 del 2006;
sentenza n. 182 del 2006). Tuttavia, il perseguimento di finalita' di
tutela  ambientale da parte del legislatore regionale puo' ammettersi
solo  ove  esso sia un effetto indiretto e marginale della disciplina
adottata  dalla  Regione  nell'esercizio  di  una  propria  legittima
competenza  e  comunque  non  si ponga in contrasto con gli obiettivi
posti  dalle norme statali che proteggono l'ambiente (sentenza n. 431
del 2007).
   Inoltre,  questa  Corte ha precisato che la disciplina ambientale,
che  scaturisce  dall'esercizio  di  una  competenza  esclusiva dello
Stato,  costituisce  un  limite  alla  disciplina che le Regioni e le
Province  autonome  dettano  in altre materie di loro competenza, per
cui  queste  ultime  non possono in alcun modo derogare il livello di
tutela  ambientale  stabilito  dallo  Stato (sentenza n. 62 del 2008;
sentenza  n. 378  del  2007).  Spetta infatti alla disciplina statale
tener   conto  degli  altri  interessi  costituzionalmente  rilevanti
contrapposti  alla  tutela  dell'ambiente. In tali casi, infatti, una
eventuale  diversa  disciplina regionale, anche piu' rigorosa in tema
di  tutela  dell'ambiente,  rischierebbe  di  sacrificare  in maniera
eccessiva   e   sproporzionata   gli   altri  interessi  confliggenti
considerati  dalla  legge  statale  nel  fissare  i cosiddetti valori
soglia (sentenza n. 246 del 2006; sentenza n. 307 del 2003).
   Nella  specie,  la  norma  censurata  ha  quale  oggetto diretto e
specifico  la tutela dell'ambiente, imponendo, in violazione di detti
principi  e in evidente contrasto con quanto statuito dal legislatore
statale   (art.   265,   comma   4   del  d.lgs.  n. 152  del  2006),
l'applicazione  ai  procedimenti  in  corso  della  normativa statale
previgente (e dei valori-soglia da essa definiti), in luogo di quella
nuova.  In tal modo, la disposizione impedisce la rimodulazione, alla
luce di quest'ultima, degli interventi gia' autorizzati, facoltizzata
dalla  normativa statale, in violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione.