IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nella controversia civile iscritta al n. 5663 dell'anno 2002 del Ruolo Generale, avente per oggetto: pagamento d'indennita' di occupazione temporanea, riservata all'udienza del 13 marzo 2007, vertente tra Di Lorenzo Carmine ed Avagnale Elena, rappresentati e difesi dall'avv. Raffaele Fattoruso e dalla dott.ssa Margherita Beatrice, presso i quali sono elettivamente domiciliati in Pompei (Napoli) alla via Lepanto n. 167, in virtu' di procura a margine dell'atto di citazione, attori e Consorzio Cooperative Costruzioni, con sede in Bologna alla via della Cooperazione n. 50, in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore Piero Collina, rappresentato e difeso dagli avv. Ferdinando Scotto e Carlo Russo, presso i quali e' elettivamente domiciliato in Napoli alla via F. Caracciolo n. 15, in virtu' di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, convenuto e Presidenza del Consiglio - Commissario straordinario di Governo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato in Napoli, presso i cui uffici alla via A. Diaz n. 11 ope legis domicilia, convenuto e Comune di Boscoreale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. Mario Ciancio, presso il cui studio in Napoli alla via S. Carlo n. 16 e' elettivamente domiciliato, in virtu' di deliberazioni della G.M. n. 21 del 25 luglio 2002 e n. 67 dell'11 ottobre 2002, convenuto. Il giudice visti gli atti e sciogliendo la riserva. P r e m e s s o i n f a t t o Nel corso del giudizio in oggetto, introdotto dagli attori per conseguire l'indennita' di occupazione legittima relativamente all'asservimento di fondo di proprieta' degli istanti soggetto a procedura espropriativa ai sensi del titolo VIII della legge n. 219/1981 e successive modifiche, in ragione del fatto che la stessa non si era conclusa con decreto di esproprio allo spirare dei termini di occupazione d'urgenza alla data del 18 novembre 1998 - non potendosi attribuire efficacia generalizzata di sanatoria all'art. 9, comma 2 del d.lgs. 20 settembre 1999, n. 354 - e che pertanto doveva intendersi come privo di efficacia il verbale di concordamento amichevole dell'indennita' di espropriazione, e' intervenuto il disposto dell'art. 3, comma 3 del d.l. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2007, n. 17. Detta norma stabilisce che «i verbali di concordamento dell'indennita' di espropriazione e di rinuncia a qualunque pretesa connessa alla procedura di esproprio, relativi alla realizzazione degli interventi di cui al titolo VIII della legge 14 maggio 1981, n. 219, conservano la loro efficacia indipendentemente dall'emanazione del decreto di espropriazione». Il successivo comma 3-bis dello stesso articolo ha quindi previsto che «l'art. 9, comma 2 del d.lgs. 20 settembre 1999, n. 354 e successive proroghe, s'interpreta come applicabile esclusivamente alle occupazioni d'urgenza preordinate all'espropriazione». In ragione della ritenuta immediata cogenza della norma con riferimento al procedimento in corso, i convenuti hanno quindi chiesto rinviarsi la causa per la precisazione delle conclusioni, essendo ormai la causa matura per la decisione, per essere venuto meno ictu oculi ogni preteso fondamento della domanda attrice. Gli attori, che avevano gia' offerto la prova, a mezzo della prova testimoniale assunta, che alla data del 18 novembre 1998 (data di scadenza dei termini di occupazione legittima per effetto delle disposizioni di cui all'ordinanza CIPE n. 2198/EST del 18 dicembre 1995), senza che fosse intervenuto decreto di esproprio, era ormai intervenuto l'effetto traslativo della proprieta' per irreversibile trasformazione del fondo a causa dell'ultimazione dell'opera pubblica (con conseguente caducazione degli effetti del verbale di concordamento bonario dell'indennita' di espropriazione), hanno chiesto sostanzialmente disapplicarsi la normativa sopravvenuta, facendosi luogo al prosieguo dell'istruttoria con la nomina di CTU per la determinazione dell'indennita' di occupazione legittima. Sulle rispettive istanze all'udienza del 13 marzo 2007 il giudicante si riservava la decisione, previa concessione di termine per note scritte illustrative. O s s e r v a i n d i r i t t o I convenuti, basandosi sul carattere d'interpretazione autentica delle disposizioni di cui all'art. 3, comma 3 del d.l. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito con modificazioni, in legge 26 febbraio 2007, n. 17, hanno insistito per l'immediata applicabilita' al giudizio in corso della succitata disposizione di legge, atteso che in seguito al contrasto giurisprudenziale sorto circa la portata e l'applicabilita' delle proroghe legali disposte dall'art. 9 del d.lgs. n. 354/1999 (e successive disposizioni ulteriori disposizioni di proroga) alle occupazioni d'urgenza relative agli interventi di cui alla legge n. 219/1981, le posizioni giuridiche azionate da parte attrice non possono dirsi certamente «definite» e o «esaurite» ne' sulle stesse si e' ancora formato il giudicato. Di contro gli attori hanno posto in rilievo i profili di manifesta irragionevolezza della novella disposizione, lesiva delle prerogative di giudizio della magistratura e tale da creare, con effetto certamente innovativo, un nuovo modo di perdita-acquisto della proprieta' in relazione al valore da attribuirsi al verbale (con incertezza anche se debba farsi riferimento al verbale provvisorio o a quello definitivo) di concordamento dell'indennita', con la conclusione che il giudice, anche alla stregua dei parametri della normativa sovranazionale di cui all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali del 4 novembre 1950 e dell'art. 1 del Protocollo addizionale a detta Convenzione, dovrebbe disapplicare la suddetta norma. Occorre muovere, in materia, ad avviso dello scrivente, dai principi posti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale in punto d'individuazione dei limiti del principio d'irretroattivita' della legge, che, pur riconosciuto come principio generale dall'art. 11 delle disposizioni preliminari al c.c., ha ottenuto in sede costituzionale garanzia specifica unicamente con riferimento alla materia penale (cfr., ex multis, Corte cost. 13 febbraio 1985, n. 36 e Corte cost. 26 gennaio 1994, n. 6). Il fatto pero' che esso mantenga per le altre materie valore di principio generale cui il legislatore deve attenersi in via preferenziale comporta che la volonta' legislativa di emanare leggi retroattive debba essere in se' non irragionevole ne' tantomeno lesiva di valori o interessi costituzionalmente protetti (cfr., al riguardo, la stessa Corte cost. 23 luglio 2002, n. 374, citata da parte convenuta; tra la giurisprudenza di merito si veda Trib. Roma 3 maggio 2004). Nel caso di specie la norma in questione sembra porsi in contrasto con gli artt. 3, secondo comma, 42, secondo e terzo comma e 111 primo e secondo comma della Costituzione. In primo luogo alla succitata disposizione conseguirebbe, a parere del giudicante, la lesione del principio generale di ragionevolezza. La norma, infatti, interverrebbe, ex post, a determinare la reviviscenza degli effetti delle dichiarazioni rese dei proprietari con le quali - nell'accettare l'indennita' offerta in via provvisoria - rinunciavano a proporre opposizione alla stima od altre impugnazioni giudiziarie (ivi compresa dunque la proposizione di domanda per il riconoscimento dell'indennita' di occupazione legittima), disconoscendo in toto gli effetti del fatto passato (mancata adozione del decreto di espropriazione nei termini previsti dalle disposizioni che autorizzavano l'occupazione d'urgenza) e scindendo arbitrariamente gli effetti dispositivi-abdicativi del diritto al conseguimento dell'indennita' di occupazione dal presupposto fattuale ad esso intimamente legato, vale a dire il completarsi della procedura espropriativa nei termini previsti. Cosi' operando, l'atto avente efficacia dismissiva del diritto all'indennita' per cui si controverte nel presente giudizio andrebbe ad assumere carattere aleatorio, venendo ad essere lesa la tutela dell'affidamento dei cittadini proprietari, non essendo piu' ipotizzabile alcuna valutazione in termini di convenienza economica di detta rinuncia all'atto dell'accettazione dell'indennita' di espropriazione complessivamente determinata. Il discorso viene qui limitato alla sola indennita' di occupazione legittima, oggetto del presente giudizio e non anche al risarcimento del danno da c.d. occupazione acquisitiva, che esula dal petitum oggetto della presente controversia, ma non appare di secondario momento rilevare come la stessa relazione governativa al disegno di legge di conversione del d.l. n. 300/2006 sia dichiaratamente tesa ad evitare, anche in relazione a tale profilo, un cospicuo maggiore aggravio per la pubblica amministrazione. Ritiene altresi' questo giudicante che la norma in esame crei, riguardo al momento del perfezionarsi della vicenda traslativa del diritto di proprieta', un'incertezza ben maggiore di quella che la Corte europea dei diritti dell'uomo, con sentenza del 12 gennaio 2006 gia' stigmatizzava riguardo all'istituto dell'occupazione acquisitiva. Sembrerebbe, infatti in tal modo legittimarsi ex post un nuovo modo di perdita del diritto di proprieta' in ragione del mero concordamento amichevole dell'indennita' di espropriazione. Se divengono, infatti, irrilevanti, per la norma in commento, sia la mancata sopravvenienza del decreto di espropriazione nei termini previsti dalle disposizioni autorizzative delle occupazioni d'urgenza, sia l'effetto traslativo legato all'accessione invertita dell'opera pubblica realizzata sul suolo occupato in difetto del decreto di esproprio, sembra effettivamente prospettarsi il contrasto della disposizione in commento con l'art. 42, secondo e terzo comma Cost. e con l'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, legittimandosi a posteriori nella fattispecie un sacrificio della proprieta' privata al di fuori dei casi e modi previsti dall'ordinamento. Infine, deve sottolinearsi come la norma in esame intervenga nel presente giudizio, in avanzato stato d'istruzione, come in altri analoghi pendenti dinanzi a questa autorita' giudiziaria, nei quali parte in causa e' l'amministrazione statale. Trattasi di giudizi nei quali i provvedimenti istruttori erano stati assunti sulla base di un'esplicita adesione all'orientamento espresso da ultimo in materia dalla suprema Corte sulla ratio e gli effetti dell'art. 9 del d.lgs. n. 354/1999 con la citata sentenza della I sezione civile 12 aprile 2005, n. 7544 (e gia', in precedenza, da Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2004, n. 3966): indirizzo interpretativo ritenuto come 1'unico conforme ad una lettura costituzionalmente orientata della norma, tanto da farsi quindi luogo all'istruttoria richiesta da parte attrice sulla questione pregiudiziale di fatto che, all'entrata in vigore del d.lgs. n. 354/1999, in difetto di emanazione del decreto di esproprio, si era gia' realizzato l'effetto traslativo della proprieta' per irreversibile trasformazione del fondo dovuto all'ultimazione dell'opera pubblica alla data del 18 novembre 1998. L'art. 3, comma 3 del d.l. n. 300/2006 come convertito in legge n. 17/2007, nel risolvere la questione in senso deliberatamente favorevole all'amministrazione statale, parte in causa del presente giudizio e degli altri analoghi pendenti dinanzi a questo tribunale, sembra porsi oggettivamente in contrasto con le prerogative della giurisdizione nell'ambito della disciplina del giusto processo civile tra le parti, ex art. 6 della gia' citata Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, nonche' ex art. 111, primo e secondo comma Cost., con specifico riferimento al principio che il processo si svolga in condizioni di parita' tra le parti. Anche con riferimento alle succitate disposizioni della Convenzione firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del relativo Protocollo addizionale ritiene peraltro questo giudicante, per le medesime ragioni gia' espresse con dovizia di argomentazioni da Cass. civ., sez. I (ord.) 20 maggio 2006, n. 11887, che si abbiano sul punto per espressamente richiamate, che al giudice nazionale che rilevi un contrasto tra una norma interna e la succitata Convenzione sia impedito di disapplicare la disposizione legislativa nazionale, non tollerando l'ordinamento interno una funzione di revisione legislativa da parte del potere giudiziario (in tal senso, invece, si pone obiettivamente la richiesta di disapplicazione tout court della novella disciplina da parte della difesa degli attori). Peraltro, alla stregua delle considerazioni che precedono, ritiene questo giudicante che non sia manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3 del d.l. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2007, n. 17, in relazione ai parametri di riferimento di cui all'art. 3, secondo comma Cost., 42, secondo e terzo comma Cost. anche in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali del 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e 111, primo e secondo comma Cost. anche in relazione all'art. 6, primo comma della succitata Convenzione. Del pari detta questione si pone come rilevante per la decisione del presente giudizio, poiche' ove la prevista retroattivita' della norma sia ritenuta in contrasto con i succitati parametri costituzionali, conseguirebbe che la norma indicata non sarebbe applicabile al giudizio in corso, con presumibile fondatezza della domanda degli attori poiche' non potrebbe riconoscersi al verbale di concordamento amichevole dell'indennita' di espropriazione, in mancanza dell'emanazione nei termini prescritti del decreto di esproprio, effetto abdicativo del diritto di agire per il conseguimento dell'indennita' di occupazione legittima.