IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello n. 6528/2002 proposto dalla Pubblikappa s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Patrizio Gagliotti e Claudio Chiola e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Camilluccia n. 785; Contro l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato domiciliata presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e nei confronti di Radio Kiss Kiss Network S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio, per la riforma dell'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione II, 29 maggio 2002, n. 2795. Visto l'atto d'appello con i relativi allegati; Vista l'ordinanza della sezione n. 6807 del 12 dicembre 2002, di rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Vista l'ordinanza della Corte costituzionale n. 25 del 27 gennaio 2006; Viste le note d'udienza e allegata documentazione prodotte dall'appellante; Visti gli atti tutti di causa; Relatore, alla camera di consiglio dell'11 gennaio 2008, il consigliere Paolo Buonvino; Uditi, l'avv. Chiola per l'appellante e l'Avvocato dello Stato De Stefano in dichiarata costituzione. Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue. Ritenuto in fatto 1. - Con il ricorso di primo grado la societa' ricorrente ha impugnato la delibera n. 63/02/CONS del 27 febbraio 2002 con la quale, in applicazione della previsione di cui all'art. 2, comma 2-bis, del d.l. 30 gennaio 1999, n. 15, inserita in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni ha diffidato l'appellante perche' ponesse termine all'utilizzo della denominazione «Radio Kiss Kiss Italia» per le trasmissioni radiofoniche. Nel dettaglio, la Pubblikappa s.n.c. gestisce una emittente radiofonica locale che, per l'appunto, trasmette, con la denominazione «Radio Kiss Kiss Italia», limitatamente al territorio della Campania e del Lazio, in forza di concessione per l'esercizio della radiodiffusione rilasciata in data 4 marzo 1994; il diritto all'uso del marchio e' stato acquisito dalla Pubblikappa s.n.c. con contratto concluso con la Giosa Servicer S.p.A., titolare del marchio Kiss Kiss, n. 360734, concesso il 3 luglio 1985. L'Autorita', rilevata l'idoneita' di quella denominazione a richiamare in parte quella dell'emittente nazionale «Radio Kiss Kiss Network», anch'essa licenziataria della Giosa Service S.p.A., ha ritenuto di dover applicare il citato art: 2, comnaa 2-bis, a tenore del quale «le emittenti radiotelevisive locali, comprese quelle che diffondono programmi in contemporanea o programmi comuni, non possono utilizzare, ne' diffondere, un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale. Per le emittenti locali che alla data del 30 novembre 1993 hanno presentato domanda e successivamente hanno ottenuto il rilascio della concessione con un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale, il divieto di cui al presente comma si applica dopo un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni vigila sul rispetto del predetto divieto e provvede ai sensi del comma 31 dell'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249». Avverso l'ordinanza con la quale il giudice di prime cure ha respinto l'istanza di sospensione dell'efficacia della delibera impugnata e' insorta l'appellante deducendo: a) violazione dell'art. 2, comma 2-bis, del d.1. n. 15/1999, asseritamente riguardante le sole emittenti radiotelevisive, non anche quelle radiofoniche; b) violazione degli artt. 1 e 5, dir. n. 104/89/CEE (recepita con d.lgs. 4 dicembre1992, n. 480), per ritenuto contrasto della citata previsione nazionale con la disciplina europea a tutela dei marchi di impresa; c) illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 77, 3, 41 e 42 Cost. Alla camera di consiglio del 28 agosto 2002 la sezione, in sede cautelare, ha sospeso l'efficacia dell'indicata delibera rinviando a separata ordinanza per la rimessione della prospettata questione di legittimita'; tale ordinanza e' stata affidata alle considerazioni che seguono: «1. La presente controversia trae origine dal provvedimento con il quale l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni ha diffidato la societa' ricorrente a porre termine all'utilizzazione della denominazione "Radio Kiss Kiss Italia" per le trasmissioni radiofoniche, reputata idonea a richiamare, anche solo in parte, quella utilizzata dall'emittente nazionale "Radio Kiss Kiss Network" nel dettaglio l'Autorita' ha ritenuto di fare applicazione dell'art. 2, comma 2-bis, d.l. 30 gennaio 1999, n. 15, inserita in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, a tenore del quale "le emittenti radiotelevisive locali, comprese quelle che diffondono programmi in contemporanea o programmi comuni non possono utilizzare, ne' diffondere, un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale. Per le emittenti locali che alla data del 30 novembre 1993 hanno presentato domanda e successivamente hanno ottenuto il rilascio della concessione con un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale, il divieto di cui al presente comma si applica dopo un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni vigila sul rispetto del predetto divieto e provvede ai sensi del comma 31 dell'art. 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249"». «2. Cio' posto, il Collegio, sulla scorta di una prima delibazione, ritiene che la previsione di cui al citato art. 2, comma 2-bis, non si presti ad approcci esegetici diversi da quello fatto proprio dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni: il chiaro e testuale riferimento alle emittenti radiotelevisive non consente, invero, di aderire all'opzione interpretativa, suggerita nel ricorso introduttivo, intesa a limitare la sfera di efficacia della disciplina al solo settore televisivo, non anche a quello radiofonico». «La prospettata questione di legittimita' costituzionale, del resto, oltre ad essere rilevante alla stregua delle suesposte indicazioni relative alla delimitazione dell'ambito di operativita' della contestata disposizione legislativa, appare al Collegio non manifestamente infondata». «Ed invero, la disciplina suddetta, nella parte in cui prevede e determina la soccombenza delle posizioni maturate dalle emittenti radiotelevisive locali, gia' titolari di una denominazione prima dell'entrata in vigore della disposizione in questione e, cio' nonostante, tenute a non fare piu' uso della stessa per effetto dell'ingresso sul mercato di emittente nazionale avente marchio, denominazione o testata identificativi analoghi, non pare in sintonia con il canone generale di ragionevolezza, particolarmente stringente in quanto riferito alla conservazione di situazioni soggettive gia' acquisite, se non consolidate». «Non vi e' dubbio, invero, che l'insindacabilita' della discrezionalita' propria del legislatore si arresta allorche' l'esercizio della potesta' di disciplina normativa entri in rotta di collisione con il parametro della ragionevolezza, laddove ad essere sottoposto al consentito vaglio del Giudice delle leggi non e' certo il merito, ma sempre la legittimita' delle opzioni legislative ed il rispetto, quindi, dei limiti interni della discrezionalita' medesima». «Orbene, di tale sindacato si avverte una necessita' ancor piu' intensa allorche' l'irragionevolezza legislativa si ripercuote, comprimendole o addirittura sopprimendole, su posizioni soggettive aventi un sicuro aggancio costituzionale». «E' quanto, ad avviso del Collegio, si puo' registrare nel caso di specie». «La disciplina in esame, infatti, incidendo in senso anche irrimediabilmente sacrificativo sulle posizioni delle preesistenti emittenti locali, costrette a dismettere il segno identificativo sulla sola considerazione della loro specificita' territoriale, indipendentemente quindi dalla priorita' cronologica del relativo uso, non pare coniugabile con 1'art. 41 della Carta fondamentale, nella parte in cui consacra l'inviolabilita' della liberta' di iniziativa economica privata». «La tutela del marchio d'impresa, infatti, risponde ad un'esigenza insopprimibile per lo svolgimento dell'iniziativa economica, posto che il diritto all'uso esclusivo del segno identificativo concorre a delineare la concreta capacita' concorrenziale dell'impresa, oltre che la sua consistenza patrimoniale, traducendosi in un'importante componente dell'avviamento commerciale; cio' spiega, del resto, l'attenzione dall'ordinamento prestata nell'approntare un sistema di efficace salvaguardia del marchio, normalmente destinato ad utilizzare quale parametro di risoluzione di eventuali conflitti quello della priorita' temporale». «Non vi e' dubbio, peraltro, che il marchio, inteso come denominazione sotto la quale l'emittente trasmette, assume importanza forse ancora maggiore nel settore radiofonico, costituendo l'unico efficace strumento attraverso cui la platea degli ascoltatori e' posta in grado di identificare le numerose emittenti operanti sul mercato delle radiofrequenze». «Alla stregua di tale ricostruzione pare al Collegio dubbia la ragionevolezza di una previsione che, derogando ai principi ed ai parametri propri della disciplina generale vigente in tema di marchi di impresa, incide su posizioni soggettive consolidate, dalla Costituzione tutelate con le previsioni poste a tutela della liberta' di iniziativa economica e della proprieta». «Appare al Collegio necessario, pertanto, rimettere al Giudice costituzionale la questione relativa alla compatibilita' con gli artt. 3, 41 e 42 della Carta fondamentale della disposizione citata nella parte in cui, senza tener conto della priorita' temporale nell'utilizzazione di un determinato marchio in sede di esercizio dell'emittente radiotelevisiva, vieta anche in modo retroattivo alle emittenti locali di utilizzare o diffondere un marchio, una denominazione o una testata che richiami, anche in parte, quelli di una emittente nazionale». «Ulteriori dubbi sorgono, inoltre, in merito alla coerenza della normativa considerata con i principi di liberta' di manifestazione del pensiero e di pluralismo informativo di cui all'art. 21 della Costituzione». «Ed invero, il citato art. 2, comma 2-bis, d.l. 30 gennaio 1999, n. 15, incidendo sulla possibilita' dell'emittente locale di fare uso di un segno distintivo in ipotesi essenziale per conservare la posizione imprenditoriale dalla stessa ritagliata nel mercato dell'informazione, rischia di sacrificare sulla scorta di valutazione di preferenza di dubbia ragionevolezza l'effettivo esercizio della liberta' di informare e, indirettamente, quindi, sul pieno dispiegarsi del principio pluralistico, difficilmente coniugabile con aprioristiche soluzioni normative intese ad accordare priorita' al solo requisito della presenza nazionale, anziche' locale, dell'emittente». «Per le ragioni fin qui esposte il Collegio ritiene di dovere sollevare davanti alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, del decreto legge 30 gennaio 1999, n. 15, inserito in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, che appare rilevante e non manifestamente infondata in relazione ai parametri di cui agli artt. 3, 41, 42 e 21 della Carta fondamentale». 2. - La sezione ha quindi sospeso il giudizio e rimesso la detta questione alla suprema Corte che, con ordinanza del 27 gennaio 2006, n. 25, dopo aver dichiarato infondate le eccezioni di inammissibilita' sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato, l'ha dichiarata manifestamente inammissibile per ambiguita' del quesito sottopostole e per non aver previamente accertato, il giudice rimettente, una circostanza potenzialmente rilevante ai fini del decidere. 3. - La questione, torna, pertanto, all'esame di questo Consiglio che, preso atto dei rilievi che precedono, riconfermata (con ordinanza 11 gennaio 2008, n. 122) la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato in primo grado, ritiene di dover nuovamente sollevare questione di legittimita' costituzionale con riguardo all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, inserito in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, per i motivi che seguono. Considerato in diritto 1. - Come premesso in fatto, l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, con l'impugnata delibera, emanata ai sensi dell'art. 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 15 del 1999, ha diffidato la societa' originariamente ricorrente a cessare l'utilizzo della denominazione «Radio Kiss Kiss Italia», essendo questa denominazione idonea a richiamare in parte quella dell'emittente nazionale «Radio Kiss Kiss Network», anch'essa licenziataria del marchio «Kiss Kiss»; la societa' Pubblikappa s.n.c. ha impugnato la delibera dinanzi al Tribunale amministrativo regionaleper il Lazio e ne ha chiesto la sospensione. Avverso l'ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione, la ricorrente ha proposto appello, deducendo, fra l'altro, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 15 del 1999, per violazione degli artt. 3, 41, 42 e 77 Cost. La sezione, previa sospensione de1l'efficacia del provvedimento impugnato in primo grado, ha rilevato, con ordinanza n. 6807 del 12 dicembre 2002, che l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, con l'impugnato provvedimento, ha ritenuto di fare applicazione dell'art. 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 15 del 1999 (disposizione introdotta dalla legge di conversione), il quale stabilisce: «Le emittenti radiotelevisive locali, comprese quelle che diffondono programmi in contemporanea o programmi comuni non possono utilizzare, ne' diffondere, un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale. Per le emittenti locali che alla data del 30 novembre 1993 hanno presentato domanda e successivamente hanno ottenuto il rilascio della concessione con un marchio, una denominazione o una testata identificativi che richiamino in tutto o in parte quelli di una emittente nazionale, il divieto di cui al presente comma si applica dopo un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni vigila sul rispetto del predetto divieto e provvede ai sensi del commna 31 dell'art. 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249». La sezione, in particolare, con la detta ordinanza, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della norma anzidetta, questa non prestandosi ad essere interpretata (come, invece, sostenuto dalla ricorrente) nel senso che la sua sfera di applicazione fosse limitata al solo settore televisivo e non si estendesse a quello radiofonico; cio' in considerazione del chiaro riferimento testuale alle emittenti «radiotelevisive». In particolare, la sezione, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, ha osservato che la norma denunciata, nella parte in cui impone alle emittenti radiotelevisive locali di non fare piu' uso di un marchio, di una denominazione o di una testata, di cui erano gia' titolari prima dell'entrata in vigore della norma stessa, a seguito dell'ingresso nel mercato di un'emittente nazionale avente marchio, denominazione o testata identificativi analoghi, appare in contrasto con i parametri costituzionali: a) della ragionevolezza; b) della liberta' di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.); c) della proprieta' privata (art. 42 Cost.); d) della liberta' di manifestazione del pensiero e del pluralismo informativo (art. 21 Cost.). La sezione ha, quindi, sospeso il giudizio e rimesso la detta questione all'esame della suprema Corte che, con ordinanza del 27 gennaio 2006, n. 25, dopo aver dichiarato infondate le eccezioni di inammissibilita' sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato, l'ha dichiarata manifestamente inammissibile avendo ritenuto: «che il giudice rimettente, infatti, muove alla norma denunciata censure che, da un lato, sembrano investirla nella sua interezza (cosi', peraltro, il dispositivo dell'ordinanza di rimessione) e, dall'altro lato, sembrano rivolte alla parte di essa che pretenderebbe applicarsi "retroattivamente"; che la segnalata ambiguita' non consente di cogliere se oggetto di censura sia, in se', il criterio adottato dalla legge per risolvere il conflitto ira emittenti che utilizzano denominazioni tra loro confondibili, ovvero se si contesta il potere del legislatore di introdurre una disciplina atta ad evitare confusione tra denominazioni in precedenza utilizzate, ovvero ancora se, pur riconoscendosi tale potere al legislatore, il criterio di soluzione adottato debba essere sostituito da altro costituzionalmente necessitato, e cio' sia che il diritto all'uso della denominazione sia sorto a titolo originario che a titolo derivativo; che inoltre il giudice rimettente - il quale pure denuncia il mancato rispetto, da parte del legislatore, del principio della priorita' temporale dell'uso del marchio - non precisa quando nella specie l'emittente nazionale abbia cominciato ad utilizzare la sua denominazione, ma si limita a indicare la data in cui l'emittente locale ha ottenuto il rilascio della concessione per l'esercizio della radiodiffusione sonora». 2. - Sotto l'ultimo dei profili critici ora detti - essenziale ai fini della individuazione degli esatti confini utili alla definizione della presente controversia cautelare - occorre rilevare che, in effetti, come emerge dal punto 7.1 del contratto di licenza d'uso di marchio sottoscritto il 10 dicembre 1996 tra le societa' Giosa Service S.p.A. (titolare e proprietaria piena ed esclusiva della registrazione del marchio Kiss Kiss, n. 360734, concesso il 3 luglio 1985) e la licenziataria (titolare di concessione radiofonica di rilevanza nazionale) Radio Kiss Kiss Network s.r.1., la licenziataria ora detta ha riconosciuto formalmente «la precedente licenza concessa a Publikappa s.n.c. per l'emittente Radio Kiss Kiss Italia». Si tratta di circostanza, non controversa, che consente di fornire una risposta alla problematica, sollevata dalla Corte, relativa al preuso del marchio di cui si tratta, preuso che fa capo, invero, alla societa' Publikappa s.n.c., quale prima concessionaria, del marchio Kiss Kiss Italia. In questa situazione si innesta la disciplina normativa di cui e' causa, che ha portato all'emanazione del provvedimento impugnato in primo grado, in ragione del fatto che Publikappa s.n.c. e' un'emittente radiofonica locale, con la conseguente preferenza accordata all'emittente nazionale Radio Kiss Kiss Network s.r.l. in forza della delibera dell'Autorita' 27 febbraio 2002, n. 63/02/CONS, recante diffida a cessare l'utilizzazione della denominazione Radio Kiss Kiss Italia per le proprie trasmissioni radiofoniche. 3. - Cio' premesso, il dubbio che investe la norma e che - tenuto conto della sua rilevanza ai fini della decisione per cio' che concerne non solo la presente fase cautelare, ma, in prospettiva, anche quella di merito - attiene alla legittimita' della stessa laddove assegna rilievo determinante al carattere nazionale di una delle utilizzatrici del marchio, indipendentemente dal preuso dello stesso, dal momento che la norma puo' trovare applicazione non solo a favore delle emittenti nazionali radiofoniche che abbiano per prime utilizzato il marchio - analogo o comunque similare - rispetto alle emittenti locali, ma anche con riguardo alle emittenti nazionali che abbiano fatto uso del marchio stesso solo a partire da un momento successivo rispetto a quello in cui hanno cominciato a fame legittimo uso le emittenti locali. E questa e' la questione che qui rileva e che appare manifestamente rilevante in vista della definizione della presente controversia, in quanto l'emittente locale Radio Kiss Kiss Italia risulta, quale licenziataria, avere iniziato a fare legittimo uso del marchio Kiss Kiss prima dell' emittente nazionale Radio Kiss Kiss Network s.r.l. Ebbene, cosi' delimitata la materia oggetto della presente questione di costituzionalita', la stessa appare non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt. 3, 41 e 42 Cost., per le ragioni che seguono. 4. - La disciplina in esame sembra incidere, invero, in termini oggettivamente rilevanti e irrimediabili sulle posizioni delle emittenti locali che facevano legittimo uso del marchio, costrette a dismettere tale determinante segno identificativo sulla sola considerazione della loro specificita' territoriale, anche e soprattutto (per cio' che qui specificamente interessa) qualora esse abbiano fatto uso del marchio in questione con priorita' rispetto alle emittenti nazionali che abbiano successivamente utilizzato il marchio medesimo; cio' che non appare coniugabile, anzitutto, con l'art. 41 della Carta fondamentale, nella parte in cui consacra l'inviolabilita' della liberta' di iniziativa economica privata. La tutela del marchio d'impresa, infatti, risponde ad un'esigenza insopprimibile per lo svolgimento dell'iniziativa economica, posto che il diritto all'uso esclusivo del segno identificativo concorre a delineare la concreta capacita' concorrenziale dell'impresa, oltre che la sua consistenza patrimoniale, traducendosi in un'importante componente dell'avviamento commerciale; cio' spiega, del resto, l'attenzione dall'ordinamento prestata nell'approntare un sistema di efficace salvaguardia del marchio, normalmente destinato ad utilizzare quale parametro di risoluzione di eventuali conflitti proprio quello della priorita' temporale. Non vi e' dubbio, del resto, che il marchio, inteso come denominazione sotto la quale l'emittente trasmette, assume importanza forse ancora maggiore nel settore radiofonico, costituendo l'unico efficace strumento attraverso cui la platea degli ascoltatori e' posta in grado di identificare le numerose emittenti operanti sul mercato delle radiofrequenze. Alla stregua di tale ricostruzione pare al Collegio dubbia la ragionevolezza di una previsione che, derogando ai principi ed ai parametri propri della disciplina generale vigente in tema di marchi di impresa, incide su posizioni soggettive consolidate, dalla Costituzione tutelate con le previsioni poste a tutela della liberta' di iniziativa economica e della proprieta'. 5. - Si aggiunga che la norma in questione (operante, eccezionalmente, solo nello specifico ambito dell'emittenza radio-televisiva), privilegiando le emittenti nazionali rispetto a quelle d'ambito locale, appare anche in grado di incidere sui principi di ragionevolezza e parita' di trattamento sanciti dall'art. 3 della Costituzione, dal momento che assicura una posizione di privilegio alle prime anche qualora abbiano iniziato ad utilizzare il marchio successivamente alle emittenti locali; posizione di privilegio che non vale solo per le situazioni a venire, ma anche (e questo qui rileva) con riguardo a quelle pregresse, trascurando del tutto l'eventuale preuso del marchio da parte dell'emittenza locale; diritto di preuso che il legislatore assicura sia nell'ipotesi di preventiva utilizzazione del marchio non registrato (art. 2571 c.c.), sia, a maggior ragione, in quella di concessione in licenza del marchio registrato (quale e' quello di specie) ai sensi dell'art. 2573 c.c. (il cui comma 1, introdotto in virtu' dell'art. 83 del d.lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, costituisce attuazione della direttiva n. 89/104/CEE, del 21 dicembre 1988 in materia di marchi di impresa; con la conseguenza che la disciplina oggetto del presente giudizio potrebbe anche porre, in prospettiva, problematiche di compatibilita' con la disciplina comunitaria di settore). Ne', sempre sul piano della ragionevolezza, sembra potersi trascurare la circostanza che la norma qui sospettata di illegittimita' verrebbe, in effetti, a travolgere non solo i diritti del licenziatario, ma anche quelli del concedente, privando anche quest'ultimo di una specifica utilitas riconducibile al gia' operato uso del marchio mediante concessione a terzi, tutelato dalle norme codicistiche (e comunitarie), ma pregiudicato dalla speciale disciplina normativa qui in esame. 6. - E tutto cio' avviene senza che il legislatore abbia introdotto, al riguardo, alcuna misura compensativa quanto meno di carattere indennitario; cio' che induce a sospettare anche del contrasto della norma con i principi di cui all'art. 42 della Costituzione, dal momento che essa - con sostanziale forza espropriativa - appare suscettiva di privare dei loro diritti, senza contropartita alcuna, i legittimi titolari di posizioni giuridiche altrimenti tutelate dall'ordinamento, quali sono quelle facenti capo al concedente e, soprattutto (per cio' che qui specificamente interessa), al concessionario del marchio. 7. - Appare, percio', necessario, al Collegio, rimettere nuovamente al vaglio del Giudice delle leggi la questione relativa alla compatibilita' con gli artt. 3, 41 e 42 della Carta fondamentale della disposizione citata, nella parte in cui, senza tener conto della priorita' temporale nell'utilizzazione di un determinato marchio in sede di esercizio dell'emittenza radiotelevisiva, vieta in modo retroattivo alle emittenti locali di utilizzare o diffondere un marchio, una denominazione o una testata che richiami, anche in parte, quelli di una emittente nazionale, anche nell'ipotesi in cui le emittenti locali godessero del preuso del marchio stesso. Per le ragioni fin qui esposte il Collegio ritiene, quindi, di dovere sollevare davanti alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, del decreto legge 30 gennaio 1999, n. 15, inserito in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo 1999, a 78, che appare rilevante e non manifestamente infondata in relazione ai parametri di cui agli art. 3, 41 e 42 della Costituzione.