Ricorso  per  la  Regione  Toscana,  in persona del Presidente pro
tempore  della Giunta regionale, autorizzato con deliberazione n. 470
del  16 giugno 2008, rappresentato e difeso, come da mandato in calce
al  presente atto, dall'avv. Lucia Bora dell'Avvocatura della Regione
Toscana e domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avv. G. Pasquale
Mosca, corso d'Italia n. 102, ricorrente;
   Contro  la  Presidenza  del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente  pro  tempore,  il  Ministro  delle  infrastrutture  e dei
trasporti pro tempore, il direttore generale della Direzione generale
dei   porti,   per   l'annullamento  della  nota  del  Ministero  dei
trasporti - Direzione generale dei Porti (prot. n. M. TRA/DINFR/4520,
DIV.  IV) del 17 aprile 2008, trasmessa dal segretario generale della
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con lettera del 23
aprile 2008 (doc. 1).
                              F a t t o
   L'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 (Demanio marittimo, lacuale e
fluviale)  ha  previsto  la  delega  a  favore  delle  regioni  delle
«funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali
immediatamente   prospicienti,  sulle  aree  del  demanio  lacuale  e
fluviale,  quando l'utilizzazione prevista abbia finalita' turistiche
e ricreative».
   Dal conferimento di funzioni sono escluse quel1e «esercitate dagli
organi  dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza
nazionale e di polizia doganale».
   Al  secondo  comma  dell'art. 59 citato, si precisa, altresi', che
«la  delega di cui al comma precedente non si applica ai porti e alle
aree  di  preminente  interesse nazionale in relazione agli interessi
della  sicurezza  dello  Stato  e  alle  esigenze  della  navigazione
marittima».
   L'identificazione delle aree di preminente interesse nazionale (in
relazione   alla   sicurezza   dello  Stato  e  alle  esigenze  della
navigazione marittima) andava effettuata, entro il 3 1 dicembre 1978,
con  decreto  del  Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto
con  i  ministri  per  la  difesa,  per la marina mercantile e per le
finanze, sentite le regioni interessate.
   Il  Governo, invece, solo con il d.P.C.m. del 21 dicembre 1995, ha
provveduto  ad  approvare,  ai  sensi del secondo comma dell'art. 59,
l'elenco  delle  aree  demaniali  marittime  escluse  dalla delega di
funzioni amministrative prevista a favore delle regioni.
   Giova rilevare che il termine per l'emanazione di tale decreto, la
cui  vana  scadenza  avrebbe  dato  senz'altro luogo all'operativita'
della  delega (cfr. Corte cost., sent. n. 322 del 21 luglio 2000), fu
successivamente  fissato  dall'art. 6, secondo comma, 5 ottobre 1993,
n. 400,  convertito  con legge n. 494 del 4 dicembre 1993, in un anno
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge di conversione del
medesimo decreto, stabilendosi che, in mancanza, le funzioni previste
dall'art.  59  del  d.P.R.  n. 616  del 1977 sarebbero state comunque
delegate al1e regioni.
   Tale  ultimo  termine  fu, poi, prorogato al 31 dicembre 1995, con
una  serie  di  decreti  legge, non convertiti (a partire dal d.l. 21
ottobre  1994, n. 586), tra i quali il d.l. 18 dicembre 1995, n. 535,
sotto  il  cui  provvisorio vigore fu emanato il d.P.C.m. 21 dicembre
1995.
   La  predetta disposizione di proroga (sempre 31 dicembre 1995) fu,
poi, riprodotta in altri decreti legge, fino al d.l. 21 ottobre 1996,
n. 535  (art.  16),  convertito dal1a legge 23 dicembre 1996, n. 647,
che  fece,  altresi',  salvi  gli  effetti dei precedenti decreti non
convertiti,  fra  cui  i1 d.l. n. 535 del 1995 (cfr. art. 1, comma 2,
della legge di conversione).
   Il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, recante «Conferimento di funzioni
e  compiti  amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed agli enti
locali,  in  attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»,
all'art. 105, comma 2, lettera l), nella sua originaria formulazione,
anteriore  alla  novella introdotta dalla legge 16 marzo 2001, n. 88,
ha  previsto il conferimento alle regioni delle funzioni relative «al
rilascio  di  concessioni  di  beni  del  demanio  della  navigazione
interna,  del  demanio  marittimo e di zone del mare territoriale per
finalita' diverse da quelle di approvvigionameto di fonti di energia;
tale  conferimento  non  opera  nei  porti  e nelle aree di interesse
nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri del 21 dicembre 1995».
   In  conseguenza  di  tale  decreto,  ed in conformita' all'art. 3,
comma 1, della legge n. 59 del 1997, ove e' previsto un meccanismo di
sub-conferimento  di  funzioni da parte delle regioni in favore degli
enti  locali,  la Regione Toscana, con la legge n. 88 del 1° dicembre
1998  (Attribuzione  agli  enti  locali  e  disciplina generale delle
funzioni  amministrative  e  dei  compiti in materia di urbanistica e
pianificazione territoriale, protezione della natura e dell'ambiente,
tutela  dell'ambiente  dagli  inquinamenti  e  gestione  dei rifiuti,
risorse  idriche  e  difesa del suolo, energia e risorse geotermiche,
opere  pubbliche,  viabilita'  e trasporti conferite alla regione dal
decreto  legislativo  31 marzo 1998, n. 112) all'art. 27, comma 3, ha
espressamente  attribuito  «ai  Comuni  le  funzioni  concernenti  le
concessioni  di  beni  del  demanio  marittimo  e  di  zone  del mare
territoriale, nonche' del demanio fluviale e lacuale».
   Un  particolare  rilievo  assume la formulazione del suddetto art.
105,  alla luce della novella successivamente introdotta con la legge
16  marzo  2001, n. 88 «Nuove disposizioni in materia di investimenti
nelle imprese marittime».
   Mentre,  infatti,  come  visto,  il testo originario dell'art. 105
prevedeva  il  conferimento alle Regioni della competenza al rilascio
delle  concessioni  di  beni  del  demanio  marittimo, escludendo dal
conferimento  le  funzioni,  ivi  previste,  con  finalita' attinenti
all'approvvigionamento  di  energia,  nonche'  i  porti  e le aree di
interesse  nazionale  individuate  con  il d.P.C.m. 21 dicembre 1995,
l'art.  9 della legge n. 88/2001 ha provveduto a modificarne l'ambito
di operativita', mediante una integrazione assolutamente innovativa.
   Si  afferma, infatti, che il conferimento di funzioni alle regioni
non  opera  «nei  porti  finalizzati  alla  difesa  militare  ed alla
sicurezza   dello   Stato,   nei   porti   di   rilevanza   economica
internazionale   e   nazionale,  nonche'  nelle  aree  di  preminente
interesse  nazionale  individuate  con  il decreto del Presidente del
Consiglio  dei ministri 21 dicembre 1995», altresi', precisandosi che
«nei  porti  di  rilevanza  economica  regionale  e interregionale il
conferimento decorre dal 1° gennaio 2002».
   A  completamento del quadro normativo, va, altresi', ricordato che
l'art.  4,  comma  cinque,  della  legge  n. 84  del  28 gennaio 1994
«Riordino  della  legislazione  in  materia  portuale» ha previsto la
predisposizione   da  parte  del  Ministero  dei  trasporti  e  della
navigazione,  entro  sessanta  giorni dalla data di entrata in vigore
della  legge,  di  uno  schema  di  decreto al fine di determinare le
caratteristiche  dimensionali,  tipologiche e funzionali dei porti di
cui  alla  categoria II, classi I, II e III (rispettivamente, i porti
di   rilevanza  economica  internazionale;  nazionale;  regionale  ed
interregionale; cfr. art. 4, comma 1), e l'appartenenza di ogni scalo
alle classi medesime.
   Tale classificazione non e' mai intervenuta.
   Tuttavia,  il  comma  1-bis del suddetto articolo (successivamente
introdotto  dall'art.  8-bis  del  d.l.  30  dicembre  1997,  n. 457,
convertito  con  legge  n. 30  del 27 febbraio 1998), statuendo che i
porti  sede  di autorita' portuale appartengono comunque ad una delle
prime   due   classi   della  categoria  II»,  consente  di  ritenere
immediatamente  operativo,  dal  1°  gennaio 2002, il conferimento di
funzioni  amministrative,  di  cui  al  d.lgs.  n. 112/1998, anche in
assenza della prevista classificazione dei porti.
   La   competenza   regionale,   infatti,   riguarda   le   funzioni
amministrative  relative  a  tutti  i porti, con esclusione di quelli
sede  di  autorita'  portuale,  porti  ritenuti  ex lege di rilevanza
internazionale o nazionale.
   Trattasi  di  interpretazione che la Regione Toscana ha fermamente
sostenuto  con  la circolare esplicativa, avente ad oggetto «Funzioni
amministrative  concernenti  il  rilascio di concessioni sui beni del
demanio   marittimo:   porti   di  rilevanza  economica  regionale  e
interregionale»  adottata  con  deliberazione  della Giunta regionale
n. 51 del 21 gennaio 2002 (doc. 2).
   Con  tale  circolare,  la  regione  ha  impartito  direttive  alle
amministrazioni  comunali  sul  presupposto  che,  dalla  data del 1°
gennaio   2002,   spetti   ai   comuni   l'esercizio  delle  funzioni
amministrative  per  la  gestione  dei  beni  demaniali  nei porti di
interesse regionale ed interregionale.
   Il  Ministero dei trasporti - Direzione generale dei porti, con la
nota  che  si  impugna,  ripercorre  il  procedimento avviato, ma non
concluso,  per  la  definizione  del nuovo d.P.C.m. e, quindi, per la
revisione  del  decreto  del  21  dicembre 1995; tuttavia per la fase
transitoria richiama ancora l'applicabilita' del suddetto d.P.C.m. 21
dicembre  1995  identificativo  delle  aree  marittime  di preminente
interesse nazionale.
   Il  sistema  delle competenze in tal modo delineato, nel riservare
allo  Stato tutti i porti indicati nel preesistente atto governativo,
si pone in contrasto con il riparto delle attribuzioni tra lo Stato e
le,Rgioni, risultante dal nuovo assetto costituzionale.
   L'atto  impugnato,  infatti,  non  considera  che, a seguito della
riforma  degli  artt.  117  e  118 della Costituzione, il settore dei
porti civili e' stato demandato alla potesta' legislativa concorrente
delle  regioni,  senza distinguere tra aree portuali aventi rilevanza
economica regionale, ovvero nazionale o internazionale.
   La  nota  che  si contesta lede le competenze costituzionali della
regione per i seguenti motivi di:
                            D i r i t t o
I) Violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione.
   La questione oggetto del presente ricorso e' gia' stata affrontata
e risolta dall'ecc.ma Corte costituzionale con le sentenze n. 89/2006
e n. 344/2007, con cui e' stato rilevato:
     «il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con gli atti
impugnati,  pur  in  presenza  del predetto d.P.C.m. nuovo riparto di
attribuzioni  di  competenze,  delineato  dalla  riforma del Titolo V
della  Costituzione, ha inteso attrarre «nuovamente» nella competenza
statale  il  porto di Viareggio, solo perche' questo risulta inserito
nel    d.P.C.m.   21   dicembre   1995   (...)   Risulta   confermata
1'arbitrarieta'  della conclusione cui e' pervenuta l'amministrazione
statale  quanto  alla  «riappropriazione»,  da  parte dello Stato, in
ordine  a  tale tipologia di porti solo perche' indicati nel d.P.C.m.
21  dicembre  1995.  D'altronde,  questa  Corte ha gia' avuto modo di
chiarire  (sentenze  n. 322  del  2000 e 89 del 2006) che il richiamo
effettuato  nell'art.  105  del  d.lgs.  n. 112  del 1998 al predetto
d.P.C.m.  non  comporta,  affatto,  il  conferimento  allo  stesso di
efficacia legislativa, ne vale a «sanare i vizi di legittimita che lo
inficiano  o comunque attribuire ad esso, in quanto tale, una nuova o
diversa  efficacia».  In  altri  termini - ha precisato la Corte - il
richiamo  dell'atto  amministrativo vale semplicemente a definire per
relationem  la  portata del limite introdotto dal decreto legislativo
al   conferimento  di  funzioni,  ma  con  riferimento  al  contenuto
dell'atto richiamato quale esiste attualmente nell'ordinamento, e nei
limiti  in  cui  l'efficacia  ad esso propria tuttora sussista. E' da
escludere dunque, che il riferimento al suddetto d.P.C.m. nelle norme
statali,  citate negli atti impugnati, possa cristallizzare nel tempo
l'appartenenza   di   aree   portuali   di   interesse   regionale  o
interregionale  al  novero  di  quelle  escluse  dal  conferimento di
funzioni  alle  regioni  in  vista  del  loro  «preminente  interesse
nazionale».  In  altri  termini,  il  nuovo sistema delle competenze,
recato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
Titolo V della parte seconda della Costituzione), impedisce che possa
attribuirsi  attuale  valenza  all'inserimento del suddetto porto nel
d.P.C.m.  del 1995, ai fini del riparto delle funzioni amministrative
in materia».
   Con   tale   motivazione,   dunque,  la  Corte  costituzionale  ha
dichiarato  che  non  spetta  allo Stato, e per esso al Ministero dei
trasporti,  attribuire alle autorita' marittime statali la competenza
amministrativa   relativa   al   rilascio  di  concessioni  demaniali
nell'ambito del porto di Viareggio, solo perche' tale porto era stato
inserito nel d.P.C.m. del 21 dicembre 1995.
   Similmente, nella sentenza n. 344/2007, la Corte costituzionale ha
dichiarato l'illegittimita' della nota ministeriale impugnata con cui
il   Ministero   invitava  gli  uffici  «in  attesa  della  soluzione
definitiva  della complessiva questione del riparto di competenze, la
quale  involge  profili  politico-istituzionali  che  possono  essere
deliberati solo a livello politico generale», a non tener conto della
pronuncia  della  Corte  n. 89/2006,  valida  per  il  solo  porto di
Viareggio,  applicando per il resto il pregresso d.P.C.m. 21 dicembre
1995.  In  tal  modo,  ha  sottolineato  la  Corte costituzionale, il
Ministero  medesimo  ha  inteso  riappropriarsi  della  competenza  a
provvedere   in   ordine   alle  stesse  concessioni  demaniali,  con
implicito,  ma  chiaro,  riferimento  agli  altri  porti  turistici e
commerciali  di rilevanza economica regionale ed interregionale, siti
nel  territorio  della  Regione  Toscana,  in virtu' della perdurante
applicazione del d.P.C.m. del 21 dicembre 1995.
   Invece  il riferimento al suddetto d.P.C.m., contenuto nelle norme
statali,  non  puo'  cristallizzare  nel tempo l'appartenenza di aree
portuali  di interesse regionale o interregionale al novero di quelle
escluse  dal  conferimento di funzioni alle Regioni in vista del loro
«preminente interesse nazionale».
   Dalle  sentenze  sopra richiamate risulta definitivamente superato
il  quadro  definito dal d.P.C.m. 21 dicembre 1995 con riferimento ai
porti della Regione Toscana.
   Percio' non puo' essere affermato, come invece si legge a pagina 9
della nota impugnata, che:
     «Per  le  aree  di  interesse nazionale inserite nel d.P.C.m. 21
dicembre  1995  si ritiene che le Autorita' marittime interessate non
possano  nell'immediato  effettuare  il  passaggio di competenze alle
regioni  senza  aver  prima  compiuto  una  effettiva  ricognizione e
zonizzazione   delle   aree   stesse   di   concerto  con  le  locali
articolazioni  della  Amministrazione  della  difesa  anche in virtu'
delle  leggi  n. 886/1931  n. 1095/1938  e  n. 898/1976  e successive
modificazioni ed integrazioni, dal cui testo normativo si desume che,
in relazione a possibili innovazioni dell'assetto demaniale marittimo
(delle  c.d.  zone  militarmente  importanti), sono stati tutelati in
maniera  forte  e precipua gli interessi militari, strategici e della
sicurezza dello Stato».
   E  si  afferma,  quindi,  che  in  tali aree l'Autorita' marittima
dovra'  ritenersi  ancora competente in via transitoria in materia di
demanio marittimo.
   E'  indubbio che lo Stato possa riconoscere a taluni porti ed aree
il  carattere  di  rilevanza economica internazionale o di preminente
interesse  nazionale,  ma  cio'  deve  avvenire,  come ha chiarito la
citata  sentenza  n. 89/2006, «con la necessaria partecipazione della
regione    interessata,   in   ossequio   al   principio   di   leale
collaborazione».
   Percio'  non  puo' continuare ad essere richiamato ed applicato il
21  dicembre  1995,  come  invece  disposto  nella nota in esame, per
legittimare   una   competenza,   seppure   transitoria,   da   parte
dell'Autorita'  marittima per le aree di interesse nazionale inserite
nel  d.P.C.m.  del  21  dicembre 1995. Oltre tutto, nessun termine e'
apposto  a tale fase transitoria e quindi la previsione contestata e'
idonea  a  determinare  la  riappropriazione delle competenze in capo
allo  Stato  per un periodo indefinito e potenzialmente senza limite.
Per  quanto  esposto,  questa amministrazione nulla ha da eccepire in
merito  all'elenco  dei porti indicati alle pagine 7 e 8 della nota e
che  include,  per la Toscana, i porti di Livorno, Marina di Carrara,
Piombino,  Portoferraio, Rio Marina tutti sede di autorita' portuale,
in  cui, quindi, permane la competenza statale, fermo restando che il
Piano  regolatore  portuale,  ai  sensi  della  normativa nazionale e
regionale  vigente,  sara'  approvato  dalla  regione e dovra' essere
conforme agli strumenti urbanistici vigenti.
   Viceversa,  tutti i siti portuali della Regione Toscana diversi da
quelli  sopra  elencati,  ferma restando la titolarita' della regione
sui  porti  ad  esclusiva  funzione  turistica,  sono da considerarsi
«porti  di rilevanza economica regionale e interregionale» secondo la
vigente  classificazione  di  cui  alla  legge  n. 84/1994.  Per essi
sussiste  dunque  la  competenza  amministrativa  della  regione,  in
coerenza  con  la l.r. n. 88/1998 e con le determinazioni di cui alla
richiamata  deliberazione della Giunta regionale n. 51 del 21 gennaio
2002  «Funzioni amministrative concernenti il rilascio di concessioni
sui   beni  del  demanio  marittimo:  porti  di  rilevanza  economica
regionale e interregionale».
   Resta  impregiudicata,  si  ripete,  la  facolta'  dello  Stato di
procedere,  per  il  futuro,  con  la necessaria partecipazione della
Regione  Toscana in ossequio al principio della leale collaborazione,
a  riconoscere  ad  altri  porti  il carattere di rilevanza economica
internazionale o il preminente interesse nazionale; nell'attuale fase
transitoria,  pero',  non  puo'  continuare  ad  essere  applicato il
d.P.C.m.  del  21  dicembre  1995,  il  quale era stato emanato nella
vigenza di un diverso sistema normativo di competenze Stato-regioni.
   Invece,   in  base  alla  normativa  oggi  vigente  e  sopra  gia'
richiamata,  «si  evince  che  il  demanio  marittimo  statale  prima
individuato   con  riferimento  all'appartenenza  dei  beni,  e'  ora
individuato  con riferimento alla natura delle funzioni esercitate le
quali restano attribuite allo Stato solo se connesse ad usi specifici
di   rilevanza  nazionale  (sicurezza  della  navigazione  interna  e
approvvigionamento  energetico),  mentre  tutte  le restanti funzioni
sono  attribuite  alle  regioni,  in applicazione del principio della
sussidiarieta'   dell'azione   degli   enti  centrali  rispetto  alle
articolazioni perferiche (art. 5, par. 2, Trattato di Maastrich del 7
febbraio 1992; art. 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59).
   La  recente  modifica  dell'art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998 ad
opera  dell'art.  9 della legge n. 88 del 2001 ha comportato che, dal
1° gennaio 2002, nei porti di rilevanza regionale e interregionale le
competenze  in  materia  di  amministrazione  del  demanio  marittimo
spettano  alle  regioni, salvo che sussistano ragioni di tutela della
sicurezza  della  navigazione  interna  e con l'eccezione del settore
dell'approvvigionamento  d'energia, per il quale, stante la rilevanza
di  carattere nazionale, lo Stato mantiene le proprie competenze, che
continueranno  a  far  capo  all'Amministrazione  marittima»  (in tal
senso,  si  confronti  il  parere  dell'Avvocatura distrettuale dello
Stato  del  17  dicembre  2002,  reso  alla  Capitaneria di Porto del
Compartimento  marittimo  di  Livorno, relativo alle «Attribuzione di
funzioni  amministrative  in  materia  di beni demaniali marittimi in
ambito portuale al Comune di Monte Argentario»; doc. 3).
   Viceversa,  l'atto  impugnato,  forzando la portata del richiamo a
detto  d.P.C.m. 21 dicembre 1995, ha confermato in toto, agli effetti
del  nuovo  conferimento  di  funzioni,  l'individuazione  delle aree
escluse, operata dal preesistente atto governativo.
   Invece,  a1la  regione  sono  da  ritenersi  conferite le funzioni
relative  al  rilascio  di  concessioni  per  i  porti  di  rilevanza
economica regionale e interregionale a far data dal 1° gennaio 2002.
   E'  l'art. 105 del d.lgs.n. 112/98, nella versione novellata dalla
legge  n. 88/2002,  a  prevederlo espressamente, con disposizione dal
significato  univoco, in modo coerente al sistema delle competenze di
cui  agli artt. 117 e 118 Cost. in base ai quali il settore dei porti
civili e' stato demandato alla potesta' legislativa concorrente delle
regioni   senza   distinguere  tra  aree  portuali  aventi  rilevanza
economica regionale, ovvero nazionale o internazionale.
   La  nota  contestata, pertanto, e' illegittima, perche' gravemente
lesiva  delle  attribuzioni  costituzionali  delle regioni, delineate
dagli  articoli  117  e  118  della Costituzione e riconducibili alle
materie  del governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi
reti di trasporto e di navigazione, turismo ed industria alberghiera,
lavori pubblici.
   La   previsione   contestata,   inoltre,   viola  l'art.  5  della
Costituzione,   sotto   il  profilo  della  lesione  dell'obbligo  di
promozione dell'autonomia locale e del principio di irretrattabilita'
delle   funzioni   locali,  nonche'  sotto  il  profilo  del  mancato
adeguamento della legislazione alle esigenze dell'autonomia.
   Ove, come prospettato nell'atto impugnato, tutti i porti dovessero
ritornare  sotto  l'influenza  statale,  la  regione verrebbe privata
della  potesta'  di  disciplinare  in via legislativa le modalita' di
esercizio  delle  relative  funzioni amministrative e di allocarle in
capo agli enti locali.
   Di contro, in perfetta armonia con il disposto dei nuovi artt. 117
e 118, la Regione Toscana ha gia' provveduto, come sopra rilevato, ad
attribuire  «ai Comuni le funzioni concernenti le concessioni di beni
del  demanio  marittimo  e di zone del mare territoriale, nonche' del
demanio  fluviale  e  lacuale»  (art. 27, comma 3, l.R.T. n. 88/1998,
cit.)  ed  i  comuni stanno esercitando le relative funzioni le quali
verrebbero  riassunte  in  capo allo Stato, come affermato nella nota
impugnata,  senza che sussistano quelle razioni di carattere unitario
che  l'art.  118  cost.  richiede per il loro eventuale accentramento
statale.