Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 39,
della  legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e
deleghe  al  Governo  nel  settore  della previdenza pubblica, per il
sostegno  alla  previdenza  complementare e all'occupazione stabile e
per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria),
promosso  con ordinanza del 18 ottobre 2007 dal Tribunale di Roma nel
procedimento  civile vertente tra il Policlinico San Donato s.p.a. ed
altri  e  la  Fondazione  ENPAM,  iscritta  al  n. 854  del  registro
ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 5, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti di costituzione del Policlinico San Donato s.p.a.
ed  altri,  della  Fondazione  ENPAM nonche' l'atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 20 maggio 2008 il giudice relatore
Maria Rita Saulle;
   Uditi gli avvocati Giustino Ciampoli per il Policlinico San Donato
s.p.a.  ed  altri,  Giulio  Prosperetti  per  la  Fondazione  ENPAM e
l'avvocato  dello  Stato  Sergio  Fiorentino  per  il  Presidente del
Consiglio dei ministri.
   Ritenuto  che,  con ordinanza del 18 ottobre 2007, il Tribunale di
Roma,  Sezione  lavoro,  dubita della legittimita' dell'art. 1, comma
39,   della   legge   23   agosto  2004,  n. 243  (Norme  in  materia
pensionistica  e  deleghe  al  Governo  nel  settore della previdenza
pubblica,   per   il   sostegno   alla   previdenza  complementare  e
all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed
assistenza obbligatoria), in riferimento agli artt. 2, 3, 38, 41 e 53
della Costituzione;
     che   la   disposizione   censurata  prevede  che  «le  societa'
professionali   mediche   ed   odontoiatriche,   in  qualunque  forma
costituite,  e  le  societa'  di  capitali,  operanti  in  regime  di
accreditamento col Servizio sanitario nazionale, versano, a valere in
conto  entrata  del  Fondo  di  previdenza a favore degli specialisti
esterni  dell'Ente  nazionale  di  previdenza  ed  assistenza  medici
(ENPAM),  un  contributo  pari  al  2  per  cento del fatturato annuo
attinente   a  prestazioni  specialistiche  rese  nei  confronti  del
Servizio  sanitario  nazionale e delle sue strutture operative, senza
diritto  di  rivalsa  sul  Servizio  sanitario nazionale. Le medesime
societa'  indicano  i  nominativi  dei medici e degli odontoiatri che
hanno   partecipato  alle  attivita'  di  produzione  del  fatturato,
attribuendo   loro   la   percentuale   contributiva   di   spettanza
individuale»;
     che  il  giudizio  principale  e'  sorto  a  seguito del ricorso
proposto da trentaquattro societa' che gestiscono strutture sanitarie
accreditate  presso  il  Servizio sanitario regionale della Lombardia
per  l'erogazione  di  prestazioni  specialistiche  ambulatoriali  in
regime  di gratuita', teso a far accertare l'insussistenza, in favore
dell'ENPAM, dell'obbligo contributivo;
     che  il  giudice  rimettente,  «premesso che la legge n. 243 del
2004  non prevede alcun potere dell'Ente di previdenza di modulare la
base  imponibile  riducendola  secondo  un  criterio  discrezionale»,
ritiene  che,  in base alla lettera della legge, «il contributo debba
calcolarsi   sul   fatturato  realizzato  dalle  societa',  sia  pure
limitatamente alla quota riferibile all'attivita' svolta dai medici e
dagli odontoiatri»;
     che,  posta  tale  premessa interpretativa, secondo il giudice a
quo, la norma censurata violerebbe:
      a)  il  principio  di  ragionevolezza,  in quanto il contributo
previdenziale viene commisurato ad un valore - il fatturato - che non
sarebbe  espressione  diretta  ne'  del  corrispettivo  ricevuto  dai
professionisti,  ne' della capacita' contributiva del soggetto che si
avvale  delle  prestazioni mediche per l'esercizio di un'attivita' di
impresa;
      b)  i  principi di cui agli artt. 2, 3 e 38 Cost., in quanto il
contributo,  utile  per  assicurare il finanziamento di uno specifico
fondo  previdenziale,  verrebbe  a  gravare  in  modo  definitivo sui
soggetti  che  si  avvalgono  delle  prestazioni professionali, senza
possibilita'  di  rivalsa  ne'  sul  professionista ne', per espresso
dettato di legge, sul Servizio sanitario nazionale;
      c)  gli  artt. 3 e 41 della Costituzione, poiche' il contributo
inciderebbe  esclusivamente  sulle  societa'  professionali  e  sulle
societa'  di  capitali,  anziche'  su  tutte le strutture pubbliche e
private   che,   a   condizioni   paritarie,  operano  in  regime  di
accreditamento con il Servizio sanitario nazionale;
      d)  i principi di cui agli artt. 2, 3, 38 e 53 Cost., dovendosi
ritenere illegittimo un contributo che grava sul «produttore il quale
non  puo'  rivalersi  sul  Servizio  sanitario, soggetto esponenziale
della collettivita' dei fruitori del servizio»;
     che,  del  pari,  sempre  ad  avviso del giudice rimettente, non
sarebbe possibile superare i profili di illegittimita' costituzionale
evidenziati «anche nel caso in cui la disposizione di cui all'art. 1,
comma  39, della legge n. 243 del 2004» fosse «interpretata nel senso
che  il  contributo  debba  essere commisurato non gia' al fatturato»
complessivo  della  societa',  «nonostante il chiaro tenore letterale
della  norma,  bensi'  ai  soli  compensi  corrisposti in concreto ai
professionisti»;
     che,  infatti,  anche  in  forza di tale interpretazione, sempre
secondo  il giudice rimettente, la disposizione censurata si porrebbe
in  contrasto  con gli artt. 2, 3 e 41 Cost., in quanto il contributo
graverebbe  «su  una  sola  delle  categorie  di soggetti abilitati a
rendere,  in condizioni di parita', prestazioni assistenziali», e con
gli artt. 2, 3, 38 e 53 Cost., «essendo imposto l'onere al produttore
del  servizio  anziche' al fruitore», nonche' con gli artt. 2, 3 e 38
Cost.,  «essendo  imposto  un  onere  solidaristico  a  carico  di un
soggetto  privato  estraneo alla categoria di lavoratori beneficiaria
delle prestazioni previdenziali»;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, sostenendo l'infondatezza delle questioni sollevate;
     che,  con  atto  depositato  in  data  15 febbraio 2008, si sono
costituite  le  societa'  di  capitali ricorrenti nel giudizio a quo,
deducendo   ulteriori  argomenti  a  favore  dell'accoglimento  della
sollevata questione di legittimita' costituzionale;
     che, con successivo atto depositato in data 19 febbraio 2008, si
e'  costituita  la  Fondazione  ENPAM,  parte resistente nel giudizio
principale, chiedendo che le questioni sollevate siano rigettate;
     che,   con   memorie   depositate  in  prossimita'  dell'udienza
pubblica,  le  parti  costituite  hanno  insistito  nelle  rispettive
conclusioni, ribadendo e precisando le argomentazioni gia' svolte nei
relativi atti di costituzione.
   Considerato che il Tribunale di Roma, Sezione lavoro, dubita della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma 39, della legge 23
agosto  2004,  n. 243  (Norme  in  materia pensionistica e deleghe al
Governo  nel  settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla
previdenza  complementare e all'occupazione stabile e per il riordino
degli  enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), in riferimento
agli artt. 2, 3, 38, 41 e 53 della Costituzione;
     che  la  disposizione  censurata  pone  a  carico delle societa'
professionali   mediche   ed   odontoiatriche,   in  qualunque  forma
costituite,  e  delle  societa'  di  capitali,  operanti in regime di
accreditamento  col Servizio sanitario nazionale, un «contributo pari
al   2   per  cento  del  fatturato  annuo  attinente  a  prestazioni
specialistiche  rese nei confronti del Servizio sanitario nazionale e
delle  sue strutture operative, senza diritto di rivalsa sul Servizio
sanitario nazionale»;
     che  il  giudice  rimettente,  nel  prospettare  le questioni di
legittimita'  costituzionale,  non  ha  fornito  una  interpretazione
univoca della disposizione oggetto di censura;
     che,  in  particolare, il giudice a quo, da un lato, afferma che
il  tenore  letterale  dell'art.  1, comma 39, della legge n. 243 del
2004, «sembra» non consentire altri significati che quello per cui la
percentuale  del  contributo in essa contemplato debba computarsi sul
fatturato  realizzato  dalle  societa', anziche' sui compensi erogati
dalle  medesime  ai professionisti; dall'altro, ammette che l'obbligo
contributivo   in  questione  possa  essere  calcolato  sui  compensi
medesimi,  cosi'  contraddicendo  la  stessa  premessa interpretativa
sulla  quale  ha  fondato  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
sollevati in via principale;
     che  tale  difetto  dell'ordinanza  di rimessione risulta ancora
piu'  evidente  se  si  considera  che  il rimettente non si e' fatto
carico  di  verificare  la  possibilita' di seguire l'interpretazione
fatta   propria   dall'ENPAM,  nell'applicazione  della  disposizione
censurata,  per  commisurare  la  base  imponibile  del contributo ai
compensi corrisposti ai singoli professionisti;
     che,  pertanto,  oltre  all'evidenziata contraddittorieta' nella
prospettazione   delle  questioni,  il  rimettente  si  e'  sottratto
all'onere   di  offrire  adeguata  motivazione  sia  sulla  norma  da
applicare,    nel    suo    significato   all'interno   del   sistema
complessivamente  considerato,  sia «sulla effettiva impraticabilita'
di una diversa interpretazione conforme a Costituzione» (ex plurimis,
ordinanze n. 448 del 2007, n. 272 del 2006 e n. 427 del 2005);
     che  detti vizi determinano, secondo il costante orientamento di
questa  Corte,  la  manifesta  inammissibilita' di tutte le questioni
sollevate.