Ordinanza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 14-bis, comma
4,  del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96 (Trasferimento delle
competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari
nel  Mezzogiorno  e  Agenzia  per  la  promozione  dello sviluppo del
Mezzogiorno,  a  norma  dell'art.  3  della  legge  19 dicembre 1992,
n. 488),  promosso  con ordinanza del 25 maggio 2007 dal Tribunale di
Roma  nei  procedimenti  civili riuniti vertenti tra Massimo Vanni ed
altra  e  l'I.N.P.D.A.P.,  iscritta  al n. 757 del registro ordinanze
2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, 1ª
serie speciale, dell'anno 2007;
   Visto  l'atto  di costituzione dell'I.N.P.D.A.P. nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 24 giugno 2008 il giudice relatore
Luigi Mazzella;
   Uditi   gli   avvocati  Flavia  Incletolli  e  Maria  Morrone  per
l'I.N.P.D.A.P.  e  l'Avvocato  dello  Stato  Luca  Ventrella  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri.
   Ritenuto  che  nel corso di due giudizi civili riuniti promossi da
Vanni  Massimo  e  Perticaroli  Paola  contro l'Istituto nazionale di
previdenza  per  i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP),
il  Tribunale  di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36,
38  e 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  14-bis,  comma  4,  del decreto legislativo 3 aprile 1993,
n. 96  (Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per
gli   interventi  straordinari  nel  Mezzogiorno  e  Agenzia  per  la
promozione  dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della
legge  19  dicembre  1992,  n. 488), «nella parte in cui consente una
interpretazione volta a non applicare il beneficio della restituzione
dei contributi a tutti i dipendenti della ex Agensud, che, cessato ex
lege  il  rapporto di lavoro con tale Agenzia ed esercitata l'opzione
"b"  di  cui  all'art.  14-bis,  comma  1 dello stesso decreto, siano
transitati  presso amministrazioni statali ricongiungendo il servizio
prestato  in  precedenza  presso  l'Agensud  e  non abbiano scelto il
mantenimento della posizione pensionistica di provenienza»;
     che  il giudice a quo espone che il Consiglio di Stato, il quale
inizialmente aveva affermato che anche gli ex
dipendenti  della  Agenzia  per  la  promozione  dello  sviluppo  del
Mezzogiorno  (AGENSUD)  che  non  fossero  cessati  dal  servizio nel
periodo  indicato  dalla  norma  censurata (cioe' dal 13 ottobre 1993
all'8  febbraio 1995) avevano diritto ad ottenere la restituzione dei
contributi  non  utili  a  fini  pensionistici, successivamente si e'
espresso  in  senso  contrario  sia  in  sede consultiva, sia in sede
giurisdizionale;
     che  il  rimettente,  dopo  aver  criticato  questo piu' recente
orientamento  del  consesso amministrativo, afferma che, in generale,
in  caso  di  soppressione  di  enti, e' prevista la restituzione dei
contributi  previdenziali  non  piu'  utili  a fini pensionistici per
effetto del passaggio a nuova e diversa gestione previdenziale e che,
invece, nel caso degli ex
dipendenti  dell'AGENSUD,  l'infelice  formulazione dell'art. 14-bis,
comma  4,  del  d.lgs.  n. 96  del  1993  consente un'interpretazione
letterale (secondo cui il beneficio della restituzione dei contributi
spetterebbe  solamente  ai  lavoratori cessati dal servizio tra il 13
ottobre 1993 e l'8 febbraio 1995) incompatibile con la Costituzione;
     che,  in  particolare, il Tribunale di Roma ricorda che la Corte
costituzionale,  con  la  sentenza n. 219 del 1998, sollecitata sugli
artt.  14  e  14-bis,  commi  1  e  3,  del d.lgs. n. 96 del 1993, ha
rigettato   le   censure   di   illegittimita'  costituzionale  delle
decurtazioni  dello  stipendio e del trattamento pensionistico subite
dagli ex
dipendenti  della  AGENSUD  al  momento del passaggio alle dipendenze
delle  amministrazioni  statali,  affermando  che, a fronte di quelle
decurtazioni,   erano  previsti  alcuni  benefici,  fra  i  quali  la
restituzione dei contributi non piu' utili a fini pensionistici;
     che,   ad   avviso   del  rimettente,  nell'occasione  la  Corte
costituzionale  non  ha  pero'  affrontato specificamente il problema
della  compatibilita' dell'art. 14-bis, comma 4, del d.lgs. n. 96 del
1993 con i precetti costituzionali;
     che, secondo il giudice a quo, se le decurtazioni di stipendio e
trattamento  pensionistico  costituiscono  un disagio subito da tutti
gli ex
dipendenti  della AGENSUD e la loro legittimita' si giustifica grazie
alla  fruizione di una serie di benefici, allora questi ultimi devono
essere  accordati  a  tutti,  pena  la  violazione  dei  principi  di
eguaglianza  ex  art.  3 Cost., di imparzialita' ex art. 97 Cost., di
parita'  di  retribuzione a parita' di qualita' e quantita' di lavoro
svolto,  di  cui  all'art.  36  Cost.,  e  di quelli che governano il
diritto a pensione ai sensi dell'art. 38 Cost.;
     che    si   e'   costituito   l'INPDAP,   il   quale   eccepisce
l'inammissibilita'  della  questione perche' irrilevante e perche' la
Corte  costituzionale  gia'  si  e'  pronunciata  su  di  essa con la
sentenza n. 219 del 1998;
     che,  nel  merito,  l'ente  previdenziale  deduce  la  manifesta
infondatezza   della  questione  alla  luce  del  principio  generale
dell'ordinamento  secondo  cui  i contributi versati alla gestione di
appartenenza  restano  a  questa  acquisiti  anche  se  non  siano in
concreto utili per la costituzione di un trattamento pensionistico;
     che l'INPDAP nega che sussista violazione degli artt. 3, 38 e 97
Cost.,   poiche'   il  legislatore  gode  di  ampia  discrezionalita'
nell'attuazione   degli  obiettivi  di  previdenza  pubblica  e  puo'
incidere  anche  in  senso  peggiorativo  su  pregresse situazioni in
itinere
e  sostiene che la censura formulata dal rimettente in riferimento al
«principio  di  parita'  di  retribuzione  a  parita'  di  qualita' e
quantita'  di  lavoro svolto, di cui all'art. 36 Cost.» e' infondata,
poiche'  tale  principio  non  esiste,  l'art. 36 Cost. limitandosi a
prevedere  l'adeguatezza  e la proporzionalita' della retribuzione in
relazione al lavoro prestato;
     che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il quale chiede che la questione sia dichiarata inammissibile
(poiche'  essa  e'  finalizzata  ad  ottenere  l'avallo della Corte a
favore  di  una determinata interpretazione della norma censurata) o,
in   subordine,   manifestamente   infondata,   perche'   in  materia
previdenziale  vige  il  principio  generale  secondo  cui coloro che
transitano  da  un'amministrazione ad un'altra acquisiscono una nuova
posizione  previdenziale relativa ai contributi versati, anche quando
questi  ultimi  non  siano  utili  all'insorgenza  di  un trattamento
pensionistico.
   Considerato  che il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento
agli   artt.  3,  36,  38  e  97  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  14-bis, comma 4, del decreto
legislativo  3 aprile 1993, n. 96 (Trasferimento delle competenze dei
soppressi   Dipartimento   per   gli   interventi   straordinari  nel
Mezzogiorno   e   Agenzia   per  la  promozione  dello  sviluppo  del
Mezzogiorno,  a  norma  dell'art.  3  della  legge  19 dicembre 1992,
n. 488), «nella parte in cui consente una interpretazione volta a non
applicare  il  beneficio  della restituzione dei contributi a tutti i
dipendenti  della  ex  Agensud,  che,  cessato ex lege il rapporto di
lavoro  con  tale Agenzia ed esercitata l'opzione "b" di cui all'art.
14-bis,  comma  1  dello  stesso  decreto,  siano  transitati  presso
amministrazioni   statali  ricongiungendo  il  servizio  prestato  in
precedenza  presso  l'Agensud  e  non  abbiano scelto il mantenimento
della posizione pensionistica di provenienza»;
     che la norma censurata prevede che gli ex
dipendenti  della  AGENSUD  transitati,  a seguito della soppressione
dell'Agenzia,  alle  dipendenze  delle  amministrazioni statali e che
siano cessati dal servizio tra il 14 ottobre 1993 e l'8 febbraio 1995
hanno  diritto  alla  restituzione  dei  contributi versati allorche'
erano  alle  dipendenze dell'AGENSUD e non piu' utili a pensione dopo
l'iscrizione  nella  gestione  previdenziale  dell'INPDAP (e relativo
trasferimento dei contributi stessi a quest'ultimo ente);
     che  il  giudice  a quo, dopo aver dato atto che il piu' recente
orientamento  del  Consiglio  di  Stato  (e  quello maggioritario dei
giudici  ordinari  di  merito)  e'  nel  senso dell'insussistenza del
diritto  dei  dipendenti  ex  AGENSUD  ancora  in  servizio  dopo l'8
febbraio 1995 ad ottenere il rimborso dei contributi non utili a fini
pensionistici  e  dopo  aver  esposto  gli  argomenti  che  i giudici
amministrativi  deducono  a sostegno di tale loro tesi, ha svolto una
serie  di  serrate  critiche  a quegli argomenti ed ha esposto, a sua
volta, i motivi per i quali invece la norma censurata dovrebbe essere
interpretata nel senso opposto;
     che il rimettente non indica le ragioni che gli impedirebbero di
adottare,  nella  decisione  della controversia, l'interpretazione da
esso  ritenuta  costituzionalmente  corretta e, anzi, afferma che «la
questione  e'  a  tutt'oggi  irrisolta  e piu' che mai attuale, se si
considera  la  pendenza di un contenzioso gravoso innanzi le corti di
merito,  il  contrasto di orientamenti giurisprudenziali recentemente
insorto fra i giudici sia ordinari sia amministrativi»;
     che, anche nella formulazione del petitum
sottoposto  alla  Corte, il giudice a quo afferma che la disposizione
censurata semplicemente consentirebbe un'interpretazione a suo avviso
confliggente  con  la  Costituzione,  mentre,  secondo la consolidata
giurisprudenza  di  questa  Corte, nessuna disposizione di legge puo'
essere   dichiarata   costituzionalmente   illegittima   sol  perche'
suscettibile   di  essere  interpretata  in  contrasto  con  precetti
costituzionali,  ma  deve  esserlo  soltanto quando non sia possibile
attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione;
     che  e'  evidente,  dunque,  che  la  questione  sia  diretta ad
ottenere  l'avallo  della  Corte  ad  una determinata interpretazione
della  norma  censurata  e per tale motivo la questione medesima deve
essere dichiarata manifestamente inammissibile.