IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso n. 3700 del 2007 proposto dal Laboratorio analisi cliniche Lab S.r.l., rappresentato e difeso dall' avvocato Maria Cristina Lenoci ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via Cola di Rienzo n. 271; Contro l'Azienda Unita' Sanitaria Locale Crotone 5 e la Regione Calabria, non costituite in giudizio; il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze, ciascuno in persona del rappresentante legale in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato in Roma, via dei Portoghesi, 12; e nei confronti della societa' polispecialistica Bios S.r.l., non costituita per l'annullamento della nota del direttore generale dell'AUSL Crotone 5 n. 000794 del 21 marzo 2007 avente ad oggetto «Piano annuale preventivo»; della deliberazione della Giunta regionale della Calabria n. 169 dell'8 marzo 2007 e per quanto di interesse, del decreto del Ministro della salute del 12 settembre 2006 adottato di concerto con il Ministro dell'economia avente ad oggetto «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie» e, ove occorra, della delibera della g.r. della Calabria n. 93 del 13 febbraio 2007; la circolare a firma del dirigente del settore Dipartimento tutela della salute e politiche sanitarie del 29 dicembre 2006, prot. 28593 e la deliberazione della medesima autorita' del 6 maggio 2006 recante l'approvazione dello schema tipo di accordo/contratto anno 2006 - Assistenza sanitaria; e per il risarcimento del danno subito e subendo dalla ricorrente; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti della causa; Nominato relatore all'udienza pubblica del 17 ottobre 2007 il consigliere dott.ssa Linda Sandulli e sentiti gli avvocati come da verbale d'udienza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. F a t t o La societa' Lab, struttura accreditata con il S.S.N. che eroga prestazioni di specialistica ambulatoriale di diagnostica di laboratorio impugna, chiedendone l'annullamento, i provvedimenti regionali e dell'azienda sanitaria intimata con i quali sono state determinate le tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale mediante il richiamo all'articolo 3, comma 1 del d.m. 12 settembre 2006, e' stato ridotto del 5% rispetto all'anno 2006 il volume delle prestazioni e il relativo budget ed e' stato imposto l'obbligo di praticare uno sconto del 20% sugli importi indicati nel d.m. della salute del 1996 per le medesime prestazioni di diagnostica di laboratorio. Si duole, inoltre, della determinazione che stabilisce che nel caso in cui le prestazioni di assistenza ospedaliera, di assistenza specialistica ambulatoriale e residenziale e semiresidenziale dovessero superare i limiti massimi di spesa rispettivamente stabiliti per ciascuna azienda sanitaria non sorgerebbe alcun diritto alla remunerazione ai sensi della sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 2006. Deduce i seguenti motivi: 1) illegittimita' del decreto ministeriale (Salute di concerto con economia e finanze) del 12 settembre 2006 nella misura in cui costituisce fonte dei provvedimenti regionali e dell'azienda sanitaria. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 796, lettera o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e conseguentemente dei provvedimenti regionali e dell'azienda sanitaria applicativi. 2) In particolare per quello che riguarda il d.m. indicato al punto precedente: violazione di legge, del principio di buon andamento e di affidamento del cittadino nell'azione della p.a. di cui all'articolo 97 della Costituzione. Violazione dell'articolo 41 della Costituzione. Violazione ed elusione del principio del «giudicato». Violazione del principio del giusto procedimento. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, commi 170 e 171 , della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 8-sexies, comma 5, del d.lgs. 30 dicembre 1992, come modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 299. Violazione del «Patto per la Salute» del 28 settembre 2007. Violazione dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto; travisamento dei fatti; difetto di istruttoria; incongrua motivazione; contraddittorieta'; disparita' di trattamento; illogicita', perplessita' ed ingiustizia manifesta. Sviamento. 3) Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialita' che portano alla realizzazione del giusto procedimento ex articolo 97 della Costituzione. Violazione degli articoli 3, 24, 32, 41, 72 , 81, 113, 117, 118 e 121 della Costituzione. Illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 796, lettera o) della legge n. 296 del 27 dicembre 2006. 4) Illegittimita' derivata della nota del d.g. ASL Crotone 5 del 21 marzo 2007, della deliberazione della g.r. Calabria dell'8 marzo 2007, n. 169, e della circolare del dirigente del Dipartimento tutela della salute e politiche sanitarie della Regione Calabria prot. 28593 del 29 dicembre 2006. 5) Illegittimita' autonoma della nota del d.g. A.S.L. Crotone 5 del 21 marzo 2007, della deliberazione della g.r. Calabria 8 marzo 2007, n. 169, e della circolare del dirigente del Dipartimento tutela della salute e politiche sanitarie della Regione Calabria prot. 28593 del 29 dicembre 2006, per violazione di legge, del principio di buon andamento e di affidamento del cittadino nell'azione della p.a. di cui all'articolo 97 della Costituzione. Violazione dell'articolo 41 della Costituzione. Violazione del principio del giusto procedimento anche in relazione alla violazione e mancata applicazione degli articoli 8-quinquies e sexies del d.lgs. 30 dicembre 1992, come modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 299. Violazione degli articoli 21, quinquies, 21-octies e nonies della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto; travisamento dei fatti; difetto di istruttoria; incongrua motivazione; contraddittorieta'; disparita' di trattamento; illogicita', perplessita' ed ingiustizia manifesta. Sviamento. 6) Violazione di legge, del principio di buon andamento e di affidamento del cittadino nell'azione della p.a. di cui all'articolo 97 della Costituzione. Violazione dell'articolo 41 della Costituzione. Violazione del principio del giusto procedimento anche in relazione alla violazione e mancata applicazione degli articoli 8-quinquies e sexies del d.lgs. 30 dicembre 1992, come modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 299. Violazione ed errata applicazione dell'articolo 1 della l.r. n. 30 del 2003 e dell'articolo 2 della l.r. n. 2/2005. Violazione e mancata e/o errata applicazione dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto; travisamento dei fatti; difetto di istruttoria; incongrua motivazione; contraddittorieta'; disparita' di trattamento; illogicita', perplessita' ed ingiustizia manifesta. Sviamento. Si sono costituite le amministrazioni statali intimate. Con memoria i ricorrenti hanno ribadito tesi e ragioni. All'udienza del 17 ottobre 2007 la causa e' stata trattenuta in decisione. D i r i t t o Con il ricorso in epigrafe sono stati impugnati il decreto del Ministero della sanita' con il quale sono state fissate le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale, i provvedimenti regionali e aziendali successivi ed e' stata eccepita l'incostituzionalita' della legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 796. Con riferimento al decreto ministeriale su indicato rileva il Collegio che in primo luogo, non sia dubitabile la lesivita' dell'atto impugnato, anche se in esso si prevede che le regioni possono fissare tariffe piu' elevate di quelle previste a carico del Servizio sanitario nazionale. A prescindere infatti dalla circostanza di fatto che non risulta che la regione si sia avvalsa di tale facolta', ma che al contrario si sia adeguata ad esse, deve, in ogni caso, essere considerato che eventuali aumenti di tariffe avrebbero comportato la necessita' di finanziare col proprio bilancio tali aumenti sicche' appare evidente che i parametri tariffari stabiliti dall'amministrazione statale costituiscono un punto fermo ed un orientamento preciso per le regioni, mentre tariffe massime piu' elevate, possibili sul piano teorico, costituiscono nella fattispecie una mera eventualita'. Inoltre, le tariffe fissate dal Ministero della salute costituiscono un chiaro condizionamento del comportamento regionale il quale, a tariffe piu' elevate ha minore necessita' di adottare provvedimenti con onere a suo carico. Il ricorso nel merito, relativamente alla parte in esame, e' fondato e deve essere accolto. I ricorrenti contestano in primo luogo la determinazione contenuta al primo comma, lett. a), dell'art. 3 di detto decreto che testualmente recita: «le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono quelle individuate dal decreto del Ministro della sanita' del 22 luglio 1996 "Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell'ambito del servizio sanitario nazionale e relative tariffe"». La censura di difetto d'istruttoria e di motivazione e di violazione dell'art. 8-sexies, comma 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'art. 8, comma 4 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, e dell'art. 1, comma 170 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, appare fondata. In primo luogo il decreto qui impugnato richiama e rende ora applicabili le tariffe determinate con un decreto ministeriale che risulta annullato in sede giurisdizionale dal Consiglio di Stato, con sentenza della sez. IV, 29 marzo 2001, n. 1839, e cio' a prescindere dalla questione, peraltro poco comprensibile, posta dalla difesa dell'amministrazione sulla possibilita' di far rivivere solo le tariffe e non il decreto in quanto caducato. Piu' precisamente, il Collegio rileva che il principale difetto istruttorio deriva dal fatto che l'atto impugnato non da' minimamente conto di tale questione. Sembra, a tale riguardo, che la vicenda appena descritta sia stata ignorata dall'amministrazione che ha provveduto senza avere conoscenza dell'annullamento giurisdizionale, ovvero perche' riteneva comunque possibile, nonostante l'annullamento, far rivivere dette tariffe. Resta, pertanto, evidente il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento sotto tale profilo. Peraltro tale circostanza ha condotto l'amministrazione ad incorrere negli stessi vizi rilevati dal Consiglio di Stato, che, in buona sostanza aveva evidenziato un difetto di istruttoria nella determinazione delle tariffe per mancata applicazione dei precisi criteri dettati dallo stesso Ministero col d.m. 15 aprile 1994, all'art. 3 ove si dice espressamente che le tariffe devono essere fissate sulla base del costo standard di produzione e dei costi generali, in quota percentuale rispetto ai costi standard di produzione e si dettano al comma 2 criteri assai dettagliati per calcolare le componenti del costo standard. Premesso che gia' il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabili al decreto ministeriale di fissazione delle tariffe allora impugnato i criteri contenuti nel d.m. del 1994, deve osservarsi che il dubbio non e' proponibile nella presente fattispecie, in quanto nelle premesse del decreto qui impugnato si richiama espressamente il d.m. sanita' 14 aprile 1994, con cio' dandosi conto del fatto che la stessa amministrazione resistente ritiene tale atto ancora in vigore ed applicabile al caso in esame. Peraltro la necessita' (logica) di fissare le tariffe massime tenendo conto dei costi di produzione standard e delle quote standard dei costi generali, risulta ora recepito in norma di legge chiara, quale l'art. 8-sexies, comma 5, del d.lgs. n. 502/1992, introdotto dall'art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 229/1999. Sinteticamente il principio si trova anche nell'art. 1, comma 170 della legge finanziaria 30 dicembre 2004, n. 311. Ora, che l'amministrazione non abbia seguito i suddetti criteri e non abbia quindi effettuato una analitica istruttoria sui costi di produzione, prima di determinare le tariffe massime da remunerare tramite Servizio sanitario nazionale, lo dimostra sia la circostanza che non e' stato prodotto in giudizio nessun atto istruttorio di tal genere, sia, soprattutto il fatto che il provvedimento richiama puramente e semplicemente un atto di dieci anni prima, la cui istruttoria, ammesso che potesse considerarsi allora adeguata (a prescindere dalla circostanza che detto atto e' stato annullato dal giudice amministrativo proprio per difetto istruttorio), avrebbe sicuramente avuto necessita' di un aggiornamento di verifica per valutare la congruita' dei costi di dieci anni prima (basterebbe al riguardo richiamare il «fatto notorio» del cambiamento valutario che ha comportato un significativo aumento generalizzato dei costi). Con altra sentenza di questa sezione (n. 522 del 24 gennaio 2008 ) e' stato poi rilevato, in relazione alla circostanza fatta valere dai ricorrenti in quel ricorso, che il provvedimento impugnato non reca alcuna motivazione per superare il parere contrario della Conferenza Stato-regioni. Ed e' stato affermato che, se: «E' pur vero che l'originaria previsione contenuta nel citato art. 8-sexies, comma 5 dell'obbligo di intesa del Ministro della sanita' con la Conferenza e' stata poi modificata in mero parere obbligatorio dall'art. 1, comma 170 della finanziaria per il 2005, tuttavia appare evidente la necessita' comunque di motivare, seppure sinteticamente, sulle ragioni che hanno condotto l'amministrazione agente a disattendere il parere di un cosi' importante organo (col quale in precedenza era necessaria l'intesa), anche se i profili attenevano, almeno secondo quanto affermato nell'atto dall'amministrazione, alla opportunita». Nei termini sopra indicati il d.m. salute 12 settembre 2006 deve, pertanto, essere annullato in parte qua. Cio' comporta l'annullamento, per illegittimita' derivata dei successivi atti regionali. In particolare, la deliberazione della giunta regionale dell'8 marzo 2007, n. 169, e la precedente circolare 28593 del 29 dicembre 2006 sui primi indirizzi, premessa la necessita' di adeguare le proprie tariffe a quanto stabilito col d.m. salute 12 settembre 2006 approva il sistema di finanziamento e di remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogate da soggetti erogatori pubblici, equiparati e privati accreditati, cosi' come descritto nell'allegato 3 ove si stabilisce che per il triennio 2007-2009 «il tariffario applicato alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e' quello previsto dal d.m. 12 settembre 2006 che, per le prestazioni di diagnostica di laboratorio verra' applicato a decorrere dal 1° giugno 2007»; «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche», cio' in base a quanto disposto con la finanziaria per il 2007 all'art. 1, comma 796, lett. o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Orbene, considerato che le tariffe regionali recepiscono e fanno esplicito riferimento al d.m. salute 12 settembre 2006, deve ritenersi fondato il primo profilo di gravame relativo alla illegittimita' derivata; considerato che, come rilevato in precedenza, il suddetto decreto ministeriale e' ritenuto illegittimo per i profili sopra evidenziati al punto 1 e che tale illegittimita' si riverbera sugli atti regionali che di esso fanno diretta applicazione, non venendo minimamente qui in rilievo il d.m. 22 luglio 1996. 2. - La delibera regionale sopra riferita reca anche la disposizione, secondo quanto prima detto, del seguente tenore: «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche». Trattasi all'evidenza dell'applicazione diretta della norma contenuta nell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296. La contestazione di tale disposizione regionale non puo' quindi che passare attraverso una eventuale questione di costituzionalita' della suddetta disposizione di legge, ove ritenuta non manifestamente infondata; per tale motivo esse appare rilevante ai fini del decidere. Ed infatti al riguardo il Collegio, richiamata l'ordinanza del Tribunale amministrativo regionalePuglia, Lecce, sez. II, 19 ottobre 2007, n. 3631, che ha gia' rimesso alla Corte costituzionale detta questione, ritiene che la succitata norma di legge presenti profili di violazione di norme costituzionali. Per cio' che attiene quindi alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, il Collegio ritiene che le norme censurate siano confliggenti con gli articoli 24 e 113, 32, 41, 97 e 117 della Costituzione, per le seguenti ragioni. 2.1.1. - In primo luogo la norma rende applicabile un decreto ministeriale, quello del 22 luglio 1996 che era stato annullato con la sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato, n. 1839 del 29 marzo 2001 ormai coperta da giudicato. Appare evidente la sovrapposizione della legge ad un giudicato formatosi gia' da tempo, con palese violazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione. E' noto infatti il principio piu' volte affermato dalla Corte costituzionale (cfr. da ultimo ad es. sentenza 15 luglio 2005, n. 282), secondo il quale l'emanazione di leggi incontra una serie di limiti che attengono alla salvaguardia di fondamentali valori di civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari delle norme e dello stesso ordinamento, tra i quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di uguaglianza, l'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato nello Stato di diritto ed il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario, essendo comunque precluso al legislatore di intervenire con norme aventi portata tale da annullare gli effetti di un giudicato. 2.1.2. - Nel caso di specie, la tariffa viene fissata con legge e la relativa norma si limita ad imporre uno sconto (oltretutto del 20%) sulle tariffe vigenti, senza dare conto delle ragioni della misura fissata con cio' vigilando anche i principi di cui all'art. 41 della Costituzione sull'iniziativa economica. Tra l'altro, lo sconto viene applicato su tariffe molto risalenti (quelle statali rimontano al 1996) e cio' appare irragionevole, non potendosi dubitare del fatto che, in dieci anni, i costi dei fattori produttivi (si pensi, per tutti, alla remunerazione del personale) siano cresciuti, a volte anche sensibilmente. In ogni caso, anche se per ipotesi i costi di produzione fossero rimasti costanti o addirittura diminuiti nel periodo di tempo summenzionato, cio' avrebbe dovuto risultare da una compiuta istruttoria, necessaria anche per la norma di legge quando essa si pone come provvedimento amministrativo seppure a carattere generale. Ed in effetti, tenuto conto del fatto che il d.m. 12 settembre 2006 ha confermato le tariffe del 1996, limitatamente alle «prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale» (art. 3, comma 1, lett. a) d.m. citato), con cio' volendo significare che quelle tariffe sono da ritenere ancora congrue a distanza di dieci anni dalla loro determinazione, non si puo' non rilevare la contraddittorieta' del Legislatore statale, il quale, dopo appena tre mesi dall'approvazione del d.m. 12 settembre 2006 - pubblicato fra 1'altro nella Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2006 - ritiene non piu' congrue le predette tariffe ed opera una ulteriore riduzione. 2.1.3. - Naturalmente, le difficolta' che alle strutture private derivano dall'applicazione delle regole di cui all'art. 1, comma 796, let. o) della legge n. 296/2006 sono in grado di compromettere anche la piena esplicazione del diritto di cui all'art. 32 della Costituzione, visto che le strutture private accreditate potrebbero incontrare difficolta' a garantire la piena funzionalita' dei servizi, il che, in un sistema che vede la sanita' pubblica non in grado di assicurare tempestivamente l'erogazione delle prestazioni sanitarie, puo' compromettere il diritto alla salute e il diritto di libera scelta dei cittadini-utenti. A questo riguardo, si deve sottolineare che la presenza significativa degli operatori privati nel S.S.N. risponde ad esigenze insopprimibili dell'amministrazione sanitaria, la quale non riesce, con le proprie strutture, a garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie a favore degli utenti, rendendo, in tal modo, impossibile sostenere, se non a scapito delle prestazioni sanitarie anche indispensabili, che le strutture private, se ritengono non convenienti le tariffe, possono «uscire» dal sistema. Spetta invece all'amministrazione competente, previa adeguata istruttoria, decidere se rilasciare o meno l'accreditamento e stabilire annualmente il volume di prestazioni che intende acquistare dai privati; nel momento in cui rilascia l'accreditamento e fissa i tetti di spesa annuali, l'amministrazione sanitaria riconosce di aver bisogno dell'ausilio degli operatori privati, i quali, a seguito di cio' devono essere adeguatamente remunerati. 2.1.4. - La mancanza (o comunque la non allegazione) di una compiuta istruttoria da' luogo altresi' ad una violazione dell'art. 97 della Costituzione, in quanto la p.a. (e la cosa vale anche per il Legislatore-amministratore, ovviamente) deve sempre porre a base del proprio operato un'adeguata conoscenza dei fatti, della quale deve dare conto nella motivazione del provvedimento terminale. Nel caso della legge, naturalmente, la motivazione puo' anche consistere nel richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti (nella specie, pero', l'istruttoria, che pure il Legislatore della legge n. 296/2006 ritiene necessaria, viene espressamente posticipata, il che da' luogo ad un'illogica inversione del procedimento). 2.1.5. - Da ultimo, il sistema delineato dall'art. 1, comma 796, lett. o) della legge finanziaria per il 2007, si pone in contrasto con l'art. 117 Cost., nel momento in cui lo Stato non si limita a dettare i criteri per la fissazione delle tariffe da parte delle regioni, ma le fissa direttamente. A tal proposito, pur potendosi astrattamente ritenere che le esigenze di contenimento della spesa pubblica e il conseguente potere dello Stato di dettare norme di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.) mutino nel senso della legittimita' in parte qua della legge n. 296/2006, si deve tenere conto dei recenti arresti della Corte costituzionale in materia di limiti della legislazione statale in tema di individuazione dei settori in cui le regioni debbono operare «tagli»: il riferimento e' alle note sentenze della Consulta 390 del 2004, 417 e 449 del 2005, 88 del 2006 e 157 del 2007, in cui si e' ritenuto non spettare allo Stato l'individuazione dettagliata delle voci di costo dei bilanci regionali da ridurre, potendo il Legislatore statale stabilire solo i principi fondamentali della materia e, al limite, la misura delle riduzioni di spesa. Nel caso di specie, pero', il Legislatore statale non si e' limitato a cio', in quanto lo sconto del 2% e del 20% viene applicato al tariffario vigente nella sua globalita', il che e' come dire che lo Stato ha rideterminato nel dettaglio le tariffe in questione. 2.1.6. - Per tutto quanto detto, non appare nemmeno utile l'invocazione, contenuta nell'incipit del comma 796, dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007 alle esigenze di «... garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006 ...», sia perche' tali ragioni non possono essere opposte, in assenza di adeguata istruttoria, agli operatori privati, sia perche' non appare costituzionalmente giustificata l'incisione di interessi privati in nome delle sempre invocate ragioni di contenimento della spesa pubblica. Quanto alla richiesta di risarcimento del danno osserva il Collegio che il giudizio risarcitorio a seguito di lesione di interessi legittimi postula il superamento dei principi processuali classici modellati sullo schema del giudizio di impugnazione di un atto amministrativo: al privato cioe' non basta la deduzione, in base al principio dispositivo con metodo acquisitivo, dell'illegittimita' dell'atto, essendo necessaria, in base al principio dispositivo, la dimostrazione ex artt. 2697 c.c. e 115, comma 1, c.p.c., degli elementi che consentano di concludere in senso a lui favorevole il giudizio sulla spettanza del risarcimento. Occorre cioe' la prova del danno nella sua esistenza e nel suo ammontare (secondo le regole di cui agli artt. 1223, 1226, 1227, richiamati dall'art. 2056 c.c.). (Tribunale amministrativo regionaleLazio, Roma, sez. II, 19 marzo 2007, n. 2387). Di conseguenza, e' inammissibile la domanda di risarcimento danni avanzata, come nel caso di specie, senza aver fornito la prova del danno effettivamente subito e della sua entita'. 3. - Conclusivamente il Collegio ritiene che il ricorso debba essere accolto relativamente al d.m. salute 12 settembre 2006 di cui dispone l'annullamento in parte qua ed alla delibera della Giunta regionale Calabria n. 169 dell'8 marzo 2007, la comunicazione del direttore generale dell'AUSL Crotone 5 n. 000794 del 21 marzo 2007 e tutti gli atti ad esse relativi nella parte in cui recepiscono tale decreto; ritiene che debba essere sospeso onde sottoporre alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per violazione degli artt. 24 e 113 , 32, 41, 97 e 117 della Costituzione. Rinvia al definitivo la statuizione sulle spese di causa.