IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 8006/2006 R.G. proposto da Di Maio Donato, rappresentato e difeso dall'avv. Santina Bernardi, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, piazza Verbano n. 8; Contro il Ministero della salute in persona del Ministro pro tempore costituitasi formalmente in giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato; Azienda ospedaliera Ospedale di Circolo di Busto Arsizio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; e nei confronti Golemme Giovanni, non costituito in giudizio; per l'annullamento a) della deliberazione del Dirigente generale dell'Azienda ospedaliera «Ospedale di Circolo» di Busto Arsizio n. 424 del 24 luglio 2006 (ad oggetto «Ulteriori determinazioni in ordine al Collegio sindacale») con la quale e' stata disposta la sostituzione, in seno al Collegio sindacale dell'azienda stessa, del ricorrente dott. Donato Di Maio (nominato il 31 maggio 2006 e presidente del Collegio) con il dott. Giovanni Golemme, provvedendosi alla convocazione del Collegio stesso nella composizione comprendente il dott. Golemme; b) dei provvedimenti di cui alle note del Ministero della salute del 27 giugno 2006 (prot. GAB 6296-P/18d.n./l-2) e del 17 luglio 2006 (prot. GAB/6913-P/18d.n./1-2) con i quali si designava Giovanni Golemme a far parte del Collegio sindacale dell'Azienda Ospedaliera sub a); c) del provvedimento di cui alla nota del Ministero della salute del 29 maggio 2006 a firma del Ministro (prot. GAB 5280/ P/18d.n.1-2) con il quale veniva disposta la revoca della designazione del dott. Donato Di Maio a componente del Collegio sindacale dell'azienda ospedaliera sub a) effettuata il 4 aprile 2006, «con effetto immediato qualora l'organo collegiale in questione non sia stato ancora costituito o integrato con il nominativo del designato»; d) di ogni altro atto ai predetti connesso o coordinato, antecedente o consecutivo, anche solo presupposto e, in particolare, degli eventuali atti e provvedimenti di insediamento del Collegio sindacale nella nuova composizione e di nomina di cariche in seno ad esso; nonche' per la declaratoria del diritto al risarcimento del danno con la condanna al pagamento delle somme corrispondenti alla mancata percezione dei relativi emolumenti. Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalla parte ricorrente; Visto l'atto di costituzione e la memoria difensiva del Ministero resistente; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore alla pubblica udienza del 4 luglio 2007 il consigliere Umberto Realfonzo; e uditi gli avvocati di cui al verbale d'udienza. Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue. F a t t o Il ricorrente ricorda che a seguito di designazione, ai sensi dell'art. 3-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (nel testo di cui al decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229), del 4 aprile 2006 del Ministero della salute, era stato nominato in data 31 maggio 2006 quale componente del Collegio sindacale dell'azienda ospedaliera «Ospedale di Circolo di Busto Arsizio». La nomina era stata comunicata dall'azienda il 1° giugno 2006 sia all'interessato che al Ministero, precisando al contempo che era stata anche fissata la data di insediamento per il giorno 14 giugno 2006. Il giorno 5 giugno 2006 era pervenuta all'Azienda una nota del 29 maggio 2006 del Ministro della salute con la quale si comunicava che, la precedente designazione del membro in seno al Collegio sindacale effettuata il 4 aprile 2006, era revocata con effetto immediato «qualora l'organo collegiale in questione non sia stato ancora costituito o integrato con il nominativo del designato» e si precisava che, in caso di gia' avvenuta costituzione del Collegio, si sarebbe dovuta trasmettere via fax la relativa delibera di costituzione entro e non oltre il giorno 12 giugno 2006. Il successivo 14 giugno 2006 il Collegio sindacale si insediava ed il ricorrente dott. Donato Di Maio veniva nominato Presidente. Nella stessa seduta era effettuata anche la verifica amministrativo/contabile del bilancio 2005. Il 27 giugno 2006, il Ministero designava in seno al Collegio sindacale il dott. Giovanni Golemme quale sostituto del dott. Donato Di Maio, e il 3 luglio 2006, in risposta a tale designazione, all'azienda, che in un primo tempo aveva affermato che alla luce di quanto sopra, spiace dover comunicare di non poter aderire alla nuova designazione, in quanto il Collegio sindacale gia' e' stato costituito ed insediato nonche' convocato per i giorni 13 e 14 luglio pv. per adempimenti urgenti quali l'esame del CET del III trimestre 2006 e la relazione al bilancio di previsione del 2006», il Ministero aveva replicato che «atteso che la delibera di costituzione del predetto organo risulta adottata il 31 maggio 2006, data successiva a quella del provvedimento ministeriale (GAB 5280-P/]8dn./1-2 del 29 maggio 2006) di ritiro della precedente designazione» e aveva altresi' richiesto di conoscere «la data di insediamento del Collegio nella nuova composizione». In esito a tale vicenda e' stato emanato il provvedimento del direttore generale n. 424 del 24 luglio 2006 di «sostituzione in seno al Collegio del dott. Donato Di Maio (gia' nominato Presidente di tale organo) con il controinteressato. Il ricorrente chiede l'annullamento degli atti impugnati per i seguenti capi di doglianza. 1. - Con il primo motivo si lamenta la violazione dell'art. 3-ter, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (aggiunto dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229) in base al quale i componenti del Collegio sindacale in seno alle aziende sanitarie sono successivamente nominati dalle aziende sanitarie su designazione dei Ministeri della salute e dell'economia e da altri enti pubblici. Per il ricorrente il designato diventerebbe «sindaco» a tutti gli effetti con la nomina che costituirebbe definitivamente il Collegio sindacale. Cio' sarebbe confermato anche dalla disciplina societaria codicistica (applicabile, in difetto per cui l'atto che costituisce o integra il collegio sindacale e' soggetto, all'iscrizione nel registro delle imprese (artt. 2400 e 2401 c.c.). Il Collegio sindacale inoltre sarebbe costituito con la sola nomina dei suoi componenti, per cui sarebbe illegittimo ogni atto di rimozione. In conseguenza, il Ministro della salute avrebbe potuto disporre della revoca della designazione dell'attuale ricorrente solo nel caso in cui il Collegio sindacale non fosse gia' stato definitivamente costituito. Il potere del Ministro si sarebbe esaurito con la designazione, per cui non poteva far cessare l'incarico. Nel suo caso, la revoca del 29 maggio 2006 non sarebbe piu' stato possibile alla data della delibera di costituzione del Collegio sindacale, che era stata adottata il 31 maggio 2006, in quanto il Collegio sindacale sarebbe gia' costituito con tutte le nomine e quindi l'atto da revocare avrebbe esaurito completamente la sua operativita'. La sostituzione del ricorrente verrebbe a configurarsi come una atipica causa di decadenza dall'incarico non prevista ne' dall'art. 2400 c.c. che presuppone la «giusta causa» e ne' dall'art. 2401 c.c. che prevede solo i casi di morte o decadenza per il venir meno delle condizioni previste dagli articoli 2382 e 2399 c.c. (come peraltro affermato dal Tribunale amministrativo regionaleLazio, III sez. n. 4844/2006). 2. - Con il secondo motivo si lamenta che, a fronte di una designazione fatta dal Ministero sulla base tutta fiduciaria ed intuitu personae e della ritenuta idoneita' ad espletare l'incarico sindacale, non poteva configurarsi, anche in considerazione dell'aspettativa di diritto qualificata, un incondizionato potere di revoca ad libitum da parte del Ministero stesso senza nemmeno l'onere di motivare le relative ragioni. Del resto la designazione de qua non e' collegata a una finzione di «rappresentanza degli interessi» ed anzi, la natura delle funzioni rimesse al Collegio sindacale in termini di controllo della regolarita' della gestione amministrativo-contabile, postulerebbe una posizione di terzieta', propria del Collegio sindacale, che impone che non possa configurarsi la posizione dei membri del Collegio quali «rappresentanti» dell'organismo che li ha designati. Da quanto detto deriva l'illegittimita' intrinseca degli atti impugnati pur anche rispetto ad una revoca della designazione. 3. - Infine, il ricorrente chiede il risarcimento in forma specifica avendo ancora interesse all'espletamento dall'incarico che gia' rivestiva in quanto esso comporta l'esercizio di funzioni qualificanti. In via subordinata chiede infine il risarcimento del danno per equivalente, corrispondente alla mancata percezione dei relativi emolumenti. Il Ministero della salute si e' costituito formalmente in giudizio depositando alcuni atti del procedimento ed una memoria per la discussione con cui ha confutato unitariamente le tesi di controparte ed ha concluso per il rigetto. Con ordinanza n. 5311/2006 e' stata respinta l'istanza di sospensione cautelare del provvedimento sul rilievo che su tratta di «incarichi pubblici conseguiti non a seguito di procedura comparativa, ma per effetto di designazione del potere politico». Tale ordinanza e' stata riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 6189 del 28 novembre 2006. Con memoria per l'udienza pubblica di discussione, la difesa del ricorrente, a sostegno delle proprie argomentazioni, ha ricordato due decisioni favorevoli rispettivamente del Tribunale amministrativo regionaleBrescia, sentenza n. 49/2004; e del Tribunale amministrativo regionaleLombardia Milano, III sezione ord. n. 179/2006. All'udienza del 4 luglio 2007 uditi i patrocinatori delle parti, la causa e' stata trattenuta per la decisione. D i r i t t o 1. - Deve in via pregiudiziale rilevarsi, quanto alla giurisdizione di questo Tribunale amministrativo regionalea conoscere della presente controversia che, nel caso di specie la parte ricorrente ha impugnato i provvedimenti di nomina del Collegio sindacale ed altresi' gli atti di «designazione» dei nuovi componenti ai sensi dell'art. 3, comma 13 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e s.m.i. nella parte in cui costituiscono una determinazione di «revoca» implicita dell'incarico di componente. 1.1. - Al riguardo, si osserva che gli incarichi in questione non attengono al pubblico impiego e quindi non hanno la natura di determinazioni assunte dall'amministrazione con la capacita' e i poteri del privato datore di lavoro di cui all'art. 5, comma 2, del d.lgs. 20 marzo 2001, n. 165. La lettera del 10 comma dell'art. 3 d.lgs. n. 502 del 1992 evidenzia come tra le condizioni necessarie per la designazione e la conseguente nomina dei componenti del collegio dei revisori dei conti non risulti in alcun modo indicata la necessita' di un rapporto di impiego attivo con l'amministrazione ne' di un qualsiasi vincolo di appartenenza con la struttura deputata al controllo della spesa pubblica (cfr. Tribunale amministrativo regionaleLazio Roma, sez. III, 18 aprile 2007, n. 3380). Ne' vale a mutare tale orientamento (ma anzi lo rafforza) il rilievo per cui l'art. 3, legge n. 145/2002 ha assimilato gli incarichi presso i collegi dei revisori di enti pubblici in rappresentanza dell'amministrazione ministeriale, a «posti di funzione» presso il Ministero vigilante competente alla designazione, in quanto l'art. 8 della legge n. 3/2003, ha previsto che la stipula del contratto individuale di lavoro avvenga con il Ministero di appartenenza e non gia' presso l'ente vigilato: il che conferma che con l'A.S.L. non viene a configurarsi alcun rapporto di impiego. Pertanto, deve escludersi che la controversia possa farsi rientrare nella giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell'art. 63 del citato d.lgs. n. 165/2001 (gia' art. 68 del d.lgs. 1, del d.lgs. n. 29 del 1993, prima sostituito dall'art. 29 del d.lgs. n. 80 del 1998 ed ancora modificato dall'art. 18 del d.lgs. n. 387 del 1998). 1.2. - Sempre sotto il profilo della giurisdizione, si osserva che la presente fattispecie non puo' essere ricondotta a rapporti di diritto comune. E cio' in considerazione del fatto che, la disciplina delle A.s.l. al di la' delle (oggi ricorrenti) denominazioni pseudo o para aziendalistiche, resta pur sempre collocata nell'area degli enti pubblici dipendenti dalle regioni, le quali esercitano poteri di controllo, di vigilanza e d'indirizzo delle attivita' degli organi; nominano il loro organo di vertice e, sopratutto assicurano il finanziamento dei loro bilanci. Il Collegio sindacale delle A.S.L. infatti costituisce un peculiare paradigma procedurale di tipo pubblicistico come e' dimostrato dal fatto che: il procedimento di nomina non avviene con le ordinarie modalita' di cui all'art. 2397 c.c.; l'art. 3-ter del ricordato d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (introdotto con l'art. 3, d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229), al primo comma specifica le funzioni proprie del Collegio peculiari delle A.S.L., analogamente ma non identicamente alla disciplina privatistica; al quarto comma il medesimo art. 3-ter si riattribuisce al nuovo collegio sindacale delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere tutti i precedenti riferimenti al collegio dei revisori contenuti nella normativa vigente, a dimostrazione della particolarita' delle funzioni dell'organo. Il che porta a dover del tutto negare che gli atti impugnati costituiscano mere espressioni dell'autonomia privata dell'A.S.L. di affidamento di incarichi professionali. 1.3. - Deve ancora escludersi che i provvedimenti in parola possano essere configurati come atti politici, come tali non impugnabili (o come dicono gli anglosassoni «not giusticeable») in quanto non sono certamente la traduzione, sul piano delle istituzioni, delle supreme volonta' politiche. Nella medesima scia, essendo escluso che ai membri del Collegio sindacale possano essere affidati obiettivi strategici, deve anche escludersi che ci si trovi di fronte ad atti di «alta amministrazione» (quali i provvedimenti di nomina degli alti funzionari militari, diplomatici, prefettizi, di polizia, ecc.) per i quali vi e' un onere di motivazione c.d. «attenuato». Se nella dottrina amministrativa tradizionale gli atti di designazione erano inquadrati talvolta tra gli atti di propulsione procedimentale, altre volte erano avvicinati agli atti di giudizio, ed altre ancora erano ricondotti in ragione della natura vincolante o facoltativa delle stesse, alla categoria dei pareri, deve pure escludersi che ci si trovi di fronte ad un semplice atto endoprocedimentale non impugnabile, in quanto la designazione costituisce un sub-procedimento che, avendo un effetto diretto nella sfera soggettiva del designato, assume una sua autonoma rilevanza. La disciplina specifica del procedimento (che parte dalla designazione e si conclude con il provvedimento di nomina del direttore generale) porta anche a dover escludere che la fattispecie possa essere ricondotta alla categoria degli incarichi professionali di servizi, per le quali dovrebbero valere le regole generali in materia di appalti di servizi di cui all'art. 124 (se sotto soglia) o di cui all'art. 54 e segg. (se sopra soglia), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Inoltre qui non vi e' alcun convenzione professionale di incarico ne' tra designante e designato e ne' tra nominato ed A.S.L. 1.5. - Tuttavia essi hanno una natura del tutto peculiare, in quanto se pure restano connotati da una notevole ampiezza del potere decisionale, ma pero' non devono e non possono essere del tutto svincolati dalla sfera della discrezionalita' afferente al legittimo esercizio dei pubblici poteri. Pertanto non pare esservi alcun dubbio che la presente fattispecie attenga propriamente alla giurisdizione di questo giudice in quanto afferisce all'alveo proprio dell'esercizio di pubblici poteri a fronte dei quali non si ravvisano che posizioni di interesse legittimo. 2. - Il Collegio, essendo pregiudiziale all'esame delle censure ed alla decisione del ricorso, ritiene di dover sollevare d'ufficio perche' rilevante e non manifestamente infondata, la questione di costituzionalita' del secondo comma dell'art. 3-ter del ricordato d.lgs. 30 dicembre l992, n. 502 per contrasto con l'art. 97 Cost. La predetta norma in particolare prevede che: «Il collegio sindacale dura in carica tre anni ed e' composto da cinque membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanita' e uno dalla Conferenza dei sindaci; per le aziende ospedaliere quest'ultimo componente e' designato dall'organismo di rappresentanza dei comuni. I componenti del collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia, ovvero tra i funzionari del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali. 2.1. - La rilevanza della questione deve essere ancorata al rilievo per cui la norma, non solo disciplina in misura del tutto sommaria la modalita' di designazione e di nomina del Collegio, ma non specifica alcunche' relativamente alle guarentigie di status dei suoi componenti. Nel caso in esame, in base ai principi generali, le amministrazioni procedenti hanno evidentemente mostrato di ritenere che il potere di revoca e di nuova designazione di nuovi componenti inerisse strettamente al potere di designazione. Il Collegio, a tale proposito, non puo' pero' ignorare che, come e' avvenuto nel caso di specie, tali designazioni avvengono al di fuori di una qualsiasi procedura di trasparenza e, di fatto subiscono i gravissimi condizionamenti derivanti dalle logiche di appartenenza partitica e clientelare (come dimostra la pletora di designazioni fatte in articulo mortis dai governi uscenti, nel bel mezzo delle campagne elettorali). Ne' si puo' tacere il fatto che, in un'epoca di forti contrapposizioni tra schieramenti, l'espletamento di tali incarichi e' talvolta addirittura utilizzato per porre in essere attivita' di carattere ostruzionistico ed emulativo in danno delle gestioni dell'azienda percepite come facenti capo all'avversario politico. E questo in totale spregio al fatto che i compiti dei collegi sindacali hanno natura assolutamente tecnica. La normativa considerata, per le sue lacune, non puo' oggettivamente assicurare il rispetto dei valori di indipendenza ed imparzialita' effettiva di tali organi. Il rapporto che lega l'amministrazione designante, il soggetto designato, e l'A.s.l. presso cui esercita le funzioni di componente del Collegio sindacale, non concerne infatti un caso di «rappresentanza politica» in senso stretto, nei quali la scelta e' effettuata intuitus personae, sulla base di valutazioni di coerenza con l'indirizzo di politica statale o regionale, perche' i designati non fanno parte ne' di organi rappresentativi o elettivi del designante; e neppure hanno il compito di veicolare indirizzi politici in enti di secondo grado a carattere rappresentativo. Neppure siamo in presenza di un caso di «delegazione di funzioni amministrative» in quanto qui l'incarico non concerne il trasferimento di attivita' proprie dell'ente delegante (ma al contrario si espleta soprattutto nell'interesse immediato e diretto dell'azienda controllata). Il fenomeno appare quindi riconducibile a quella vasta area (e non del tutto delineabile in termini sistematici) della c.d. «rappresentanza istituzionale» con cui si cerca di assicurare - attraverso la partecipazione diretta di proprio rappresentante, o funzionario, o di soggetti professionali all'uopo designati - la coerenza complessiva del sistema amministrativo ed il rispetto delle norme, dei vincoli di spesa e delle politiche generali di settore. Come sottolineato anche in fase cautelare in relazione a ricorsi consimili, il Collegio ritiene che, in un sistema nel quale la designazione e' avvenuta non in base a trasparenti procedure comparative ma sulla base di una totalmente immotivata cooptazione dell'organo politico dei prescelti, non possa non essere riconosciuto al nuovo vertice politico un corrispondente potere di revocare arbitrariamente le nomine, altrettanto arbitrarie, del suo predecessore. In assenza di un contrario precetto normativo al riguardo, deve cioe' ammettersi che, nel caso di mutamento dei vertici politici o, comunque, di venir meno del rapporto fiduciario, la revoca della «rappresentanza istituzionale» del soggetto designante debba esser ritenuta - in via di principio - comunque sempre discrezionalmente ammissibile, previo l'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (inserito dall'art. 14, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15) al di fuori dei casi di dimissioni decadenza o decesso. Ed in questo sta la rilevanza della questione. 2.2. - Quanto alla sua non manifesta infondatezza si osserva come le carenze della disciplina del collegio sindacale delle A.s.l. appare in ineluttabile contrasto con i principi di cui all'art. 97 della Costituzione alla luce dei principi generali di cui alle sentenze 23 marzo 2007, n. 104 ed anche 103 perche', nel silenzio della norma non puo' non riconoscersi che qui ricorra un potere di carattere assolutamente discrezionale sia relativamente alle modalita' di individuazione dei destinatari delle nuove designazioni e sia all'an dell'eventuale «revoca». La norma, nella parte in cui non si preoccupa di specificare le garanzie delle modalita' di designazione dei componenti e le guarentigie per il relativo esercizio, confligge naturalmente con i principi di uno stato di diritto. In tale prospettiva, gli insegnamenti della Corte costituzionale concernenti il confine tra politica e amministrazione appaiono perfettamente calzanti (e forse addirittura piu' calzanti) alla fattispecie in esame. Infatti anche la «maggioranza e' vincolata ad agire senza distinzione di parti politiche al fine del perseguimento delle finalita' politiche obiettivate dall'ordinamento» (cfr. punto 2.8 sentenza n. 104 e le altre pronunce in quella cola' citate). A cagione di un manifesto e sostanziale deficit normativo, la disciplina in esame appare in contrasto con il principio di imparzialita' in quanto la designazione degli interessati non e' assistita da nessuna forma di procedimento volta ad assicurare la trasparenza delle scelte. In tale direzione la proiezione dei ricordati principi costituzionali impone, sotto il profilo della garanzia di imparzialita', che la scelta degli interessati avvenga rispettivamente: al di fuori di ogni logica politico-sindacale, in quanto il designato e' chiamato ad esercitare importanti funzioni pubbliche di controllo e rappresenta l'istituzione pubblica (e non il partito che esprime il vertice politico che fa luogo alla decisione); in base a procedure che assicurino un'adeguata pubblicita' del procedimento e che consenta potenzialmente a tutti gli interessati di conseguire l'incarico; con decisioni che siano comunque concretamente agganciate a valutazioni, sia pure ampiamente discrezionali, di elementi esponenziali della maggiore professionalita' dei prescelti. In conseguenza, a chi e' stato scelto sulla base di una trasparente procedura comparativa deve essere quindi anche garantita espressamente la stabilita' dell'incarico per tutto il periodo previsto, non ricorrendo alcuna necessita' di assicurare la coesione politica tra organi designanti e collegi sindacali. 3. - Invece nel caso di specie, a cagione di un cono d'ombra, la norma affida ai comportamenti volontari dei singoli organi, il rispetto dei principi di imparzialita' e di buon andamento. In definitiva dunque la disposizione in esame appare del tutto deficitaria nella parte in cui: a) e' carente di ogni indicazione circa la necessita' di una procedura di selezione «tecnica e neutrale dei piu' capaci» che consenta cioe' la designazione «indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici dei vari concorrenti» (punto 2.8 del diritto della sentenza n. 104). Ne' e' per contro rilevante il fatto che qui i designati siano scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili presso il Ministero della giustizia, ovvero siano individuati nel ruolo dei funzionari del Ministero dell'economia con almeno tre anni di funzioni di revisore dei conti o di componente dei collegi sindacali. Il possesso di determinate professionalita' di base appare condizione necessaria per un normale esercizio della funzione ma non e' sufficiente al fine di garantire la trasparenza della designazione, in difetto della previsione di un regime di adeguata pubblicita' delle relative procedure di designazione e di specifici e significativi criteri di preferenza; b) non reca alcuna specifica disposizione ad hoc che inibisca una revoca ad libitum, in base alle regole generali, per «sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario» (per usare le parole della regola generale del citato art. 21-octies). Una, sia pure latente, possibilita' di revoca pero' appare contrastare con il dettato costituzionale nella parte in cui non garantisce il «principio di continuita' dell'azione amministrativa» di controllo (di cui al punto 9.2 del considerato in diritto della sentenza n. 103 citata) che, in relazione alle elementari esigenze di conoscenza della realta' dell'ente e delle problematiche specifiche del territorio, appare direttamente invocabile anche a proposito dei componenti del collegio sindacale. La necessita' di assicurare una piu' attuale linea di demarcazione e separazione tra politica ed amministrazione appare sicuramente sussistente anche relativamente a coloro che sono designati in funzioni di carattere amministrativo quale e' quella di controllo, in rappresentanza istituzionale di altri enti ed organi. Le procedure selettive per il conferimento e la revoca dell'incarico di componente del collegio sindacale di un A.S.L. devono conformasi ai principi di buon andamento ed imparzialita' della p.a. di cui all'art. 97 Cost. in quanto i richiamati incarichi non configurano alcun rapporto fondato sull'intuitus personae tra l'organo politico che conferisce un incarico ed il soggetto che lo riceve. In base alle considerazioni che precedono, appaiono dunque sussistere sufficienti motivi per sollevare la questione di legittimita' costituzionale del secondo e del terzo comma dell'art. 3-ter del ricordato d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 per contrasto con l'art. 97 della Costituzione. Si dispone, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della predetta norma.