Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 1465 del 6 giugno 2008 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 12 giugno 2008 (rep. n. 26939) rogata dall'Ufficiale rogante della Provincia dott. Tommaso Sussarellu (all. 2) - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli dell'Avvocatura della Provincia e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato e per esso al Ministro delle infrastrutture adottare nei confronti della Provincia di Trento le disposizioni di cui agli artt. 4, comma 3; 6; 7; 8, comma 1; 9 e 10 del decreto dei Ministro delle infrastrutture 26 marzo 2008, recante Programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del 17 maggio 2008, nonche' per il conseguente annullamento parziale del predetto decreto, in quanto esso si rivolge alla Provincia autonoma di Trento, per violazione: degli artt. 8, nn. 5), 10), 25); 16; 80; 81, comma 2, e del Titolo VI dello statuto speciale di cui al d.P.R. n. 670/1972; delle norme di attuazione dello statuto di cui al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469, al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, e all'art. 8 d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526; degli artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 266/1992; dell'art. 5, commi 2 e 3, legge n. 386/1989 e degli artt. 12 e 17 d.lgs. n. 268/1992, per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o La Provincia autonoma di Trento e' titolare della potesta' legislativa primaria in materia di urbanistica e piani regolatori (art. 8, n. 5, dello statuto speciale), di edilizia comunque sovvenzionata, totalmente o parzialmente, da finanziamenti a carattere pubblico, comprese le agevolazioni per la costruzione di case popolari in localita' colpite da calamita' e le attivita' che enti a carattere extra provinciale, esercitano nelle province con finanziamenti pubblici (art. 8, n. 10), nonche' in materia di assistenza e beneficenza pubblica (art. 8, n. 25). Nelle medesime materie, alla provincia spetta la corrispondente potesta' amministrativa ai sensi dell'art. 16 dello statuto. Tali norme statutarie sono state attuate con il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469 (Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di assistenza e beneficenza pubblica) e con il d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica e di opere pubbliche). In particolare, l'art. 1 del d.P.R. n. 381/1974 stabilisce che «le attribuzioni dell'amministrazione dello Stato in materia di urbanistica, di edilizia comunque sovvenzionata, ... esercitate sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti e di istituti pubblici a carattere nazionale o sovraprovinciali e quelle gia' spettanti alla Regione Trentino-Alto Adige nelle stesse materie, sono esercitate per il rispettivo territorio dalle province di Trento e di Bolzano ai sensi e nei limiti di cui agli artt 8, 9 e 16 dei d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e con l'osservanza delle norme del presente decreto». La Provincia di Trento, nell'esercizio delle proprie competenze, ha dettato in piu riprese una complessa ed esaustiva disciplina della materia dell'edilizia agevolata. In primo luogo e' da menzionare la legge provinciale 13 novembre 1992, n. 21 (Disciplina degli interventi provinciali in materia di edilizia abitativa), il cui art. 1, comma 1, stabilisce che «La Giunta provinciale provvede alla programmazione coordinata degli interventi' in materia di edilizia abirativa»; a tal fine, «la Giunta provinciale predispone ... piani pluriennali con eventuali aggiornamenti annuali di interventi: a) nel settore dell'edilizia abitativa pubblica; b) nel settore del l'edilizia abitativa agevolata; c) diretti all'acquisizione ed urbanizzazione di aree» (art. 1, comma 2). Il comma 6 dispone poi che', «al fine di consentire la partecipazione alla programmazione degli interventi di cui al presente articolo, i comuni e i comprensori inviano alla Giunta provinciale proposte di intervento nel settore dell'edilizia abitativa pubblica ed agevolata, correlate alle effettive necessita' abitative rilevate sul rispettivo territorio». L'art. 2, comma 1, legge provinciale n. 21/1992 statuisce che «all'attuazione dei piani pluriennali e dei relativi aggiornamenti annuali provvedono: a) la Provincia e, per delega, i comprensori e i Comuni di Trento e Rovereto per quanto attiene agli interventi nel settore dell'edilizia abitativa agevolata; b) l'Istituto trentino per l'edilizia abitativa (ITEA), per quanto attiene agli interventi nel settore dell'edilizia abitativa pubblica; c) i comuni e l'ITEA, a seconda della rispettiva competenza, per quanto attiene agli interventi diretti all'acquisizione ed urbanizzazione di aree». La legge disciplina poi i soggetti beneficiari, le funzioni delegate ai Comuni di Trento e Rovereto e ai comprensori, le commissioni per la formazione delle graduatorie, i contributi a favore dei privati per la costruzione o l'acquisto di abitazioni in materia di edilizia agevolata, i contruibuti per il risanamento del patrimonio edilizio esistente e molti altri profili. Alla legge provinciale n. 21/1992 e' seguita la legge provinciale 7 novembre 2005, n. 15 (Disposizioni in materia di polilica provinciale della casa e modificazioni della legge provinciale 13 novembre 1992, n. 21), il cui art. 1, comma 1, dispone che «la politica provinciale della casa in favore dei nuclei familiari con condizione economico-patrimoniale insufficiente per acquistare, risanare o ristrutturare con i soli mezzi propri la prima abitazione ...e' attuata attraverso l'intervento pubblico dei Comuni di Trento e di Rovereto, nonche' dei comprensori». Il comma 2 definisce le funzioni della provincia ed il comma 3 individua le tipologie di intenrento. Fra le altre disposizioni, si possono segnalare lart. 7, che trasforma l'istituto trentino per l'edilizia abitativa (ITEA) in Istituto trentino per l'edilizia abitativa - societa' per azioni (ITEA S.p.a.), e l'art. 8, che istituisce il Fondo provinciale casa, alimentato - fra l'altro - con «i fondi statali spettanti alla provincia e ai comuni ai sensi delle leggi vigenti e dell'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386» (comma 2, lett. b). L'art. 11 della legge prevede un regolamento di esecuzione, che e' stato emanato con il d.p.p. 18 ottobre 2006, n. 18-71/Leg. e che, contenendo 47 articoli e diversi allegati, detta un'ampia disciplina della materia. Infine, e' da segnalare che in materia di edilizia agevolata sono intervenute anche la legge provinciale n. 16/2005 (che ha aggiunto l'art. l8-quinquies nella legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22, Ordinamento urbanistico e tutela del territorio: v. il comma 4) e alcune leggi finanziarie della Provincia di Trento: v. l'art. 58, legge provinciale n. 20/2005 e l'art. 53, legge provinciale n. 23/2007, che prevedono piani straordinari di interventi per l'edilizia abitativa agevolata per gli anni 2006, 2007 e 2008, in deroga alle previsioni della legge provinciale n. 21/1992. Con riguardo ai finanziamenti speciali che vengano destinati all'edilizia pubblica dalle leggi statali, valgono le regole generali stabilite dall'art. 5 della legge n. 386/1989 e dall'art. 12 del d.lgs. n. 268/1992. L'art. 5 della legge n. 386/1989 disciplina in primo luogo (comma 1) la partecipazione delle province autonome «alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale», stabilendo che esse vi partecipano «secondo i criteri e le modalita' per gli stessi previsti». Il comma 2 regola invece la loro partecipazione ai «finanziamenti recati da qualunque altra disposizione di legge statale, in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle regioni» (come vedremo, questo e' il caso della presente controversia), stabilendo che essi, per la quota spettante alle province autonome, «affluiscono al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell'ambito del corrispondente settore, con riscontro nei conti consuntivi delle rispettive province». Ed il comma 3 precisa che «per l'assegnazione e l'erogazione dei finanzianienti di cui al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto». A sua volta, l'art. 12 del d.lgs. n. 268/1992 dispone, per quanto qui interessa, che «le disposizioni in ordine alle procedure e alla destinazione dei fondi di cui all'art. 5, commi 2 e 3, della legge 30 novembre 1989, n. 386, si applicano con riferimento alle leggi statali di intervento ivi previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate». Nella materia e' ora intervenuto il decreto del Ministro delle infrastrutture 26 marzo 2008, recante Programma di riqualficazione urbana per alloggi a canone sostenibile, che qui viene impugnato. Esso dispone all'art. 2 un programma finalizzato ad aumentare la «disponibilita' di alloggi da offrire in locazione a canone sostenibile nonche' a migliorare l'equipaggiamento infrastrutturale dei quartieri con presenza di condizioni di forte disagio abitativo», e per tale ragione sembra ricollegabile (pur se non rende esplicito alcun preciso fondamento giuridico) alla legge n. 21/2001 (la quale all'art. 4, comma 1, a sua volta prevedeva un «programma innovativo in ambito urbano finalizzato prioritariamente ad incrementare, con la partecipazione di investimenti privati, la dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati di comuni e citta' a piu' forte disagio abitativo ed occupazionale e che preveda, al contempo misure ed interventi per incrementare l'occupazione, per favorire l'integrazione sociale e l'adeguamento dell'offerta abitativa»). I1 decreto 26 marzo 2008 utilizza le risorse che erano destinate al completamento del programma «contratti di quartiere II», dopo che il Tribunale amministrativo regionale- nel 2007 - ha annullato il d.m. del 2006 contenente l'avviso relativo a tale completamento. Tali risorse vengono ripartite tra le regioni sulla base dei coefficienti gia' utilizzati con d.m. 30 dicembre 2002, relativo al programma «contratti di quartiere II» (art. 3). Tuttavia, il d.m. 26 marzo 2008 stabilisce ora (art. 4, commi 1 e 3), sia per le regioni e le province autonome che per i comuni, una quota di cofinanziamento necessaria per accedere al riparto delle risorse statali. L'art. 6 (Contenuti edilizio-urbanistici dei programmi di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile) dispone al comma 2 che i programmi di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile «prevedono il recupero o la realizzazione di alloggi di edilizia residenziale sociale mediante iniziative attivate sia da operatori pubblici (comuni ed ex Iacp comunque denominati) che da operatori privati (imprese, cooperative, fondazioni, ecc.) da destinare sia alle fasce sociali in possesso dei requisiti per l'accesso al sistema dell'edilizia residenziale pubblica che a categorie di cittadini che superano i limiti di accesso all'edilizia residenziale pubblica ma che si trovano comunque in condizioni di disagio abitativo destinando, a tal fine, una quota non inferiore al 50 per cento del costo complessivo di ciascuna proposta». Inoltre, secondo il comma 3 i programmi «contribuiscono all'incremento della dotazione infiastrutturale dei quartieri degradati mediante la realizzazione di urbanizzazioni secondarie a servizio delle unita' abitative da realizzare o recuperare». Il comma 4 regola la misura del canone agevolato. L'art. 7 individua le caratteristiche dei programmi di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile. Esse riguardano la conformita' agli struntenti urbanistici, il limite massimo di cofinanziamento pubblico, il costo minimo del programma ed il rendimento energetico degli alloggi. L'art. 8 regola i bandi regionali, stabilendo che «entro sessanta giorni dalla data pubblicazione del presente decreto le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano predispongono - fermo restando i contenuti e le caratteristiche delle proposte indicate agli art. 4, 6 e 7 del presente decreto da considerare irrinunciabili - appositi bandi di gara mediante i quali vengono fissate le modalita' di partecipazione dei comuni e forme di monitoraggio di utilizzo dei finanziamenti analoghe a quelle adottate per l'utilizzo dei fondi strutturali europei». L'art. 9 stabilisce che «con successivo provvedimento e' nominata la Commissione per la selezione delle proposte presentate dai comuni da ammettere a finanziamento», precisando che «ciascuna commissione e' formata da rappresentanti designati regionali, ministeriali e dell'Anci». Infine, l'art. 10 regola i poteri sostitutivi, disponendo che, «in caso di ritardi nell'attuazione dei programmi di interventi, con riferimento ai tempi di realizzazione e alle modalita' attuative fissate nei singoli bandi regionali, il Ministero delle infrastrutture esercita poteri sostitutivi con le modalita' che saranno definite con apposito decreto ministeriale». La Provincia di Trento non censura il d.m. 26 marzo 2008 nella parte in cui attiva il programma (art. 2), ripartisce le risorse fra le regioni (art. 3) ed individua la quota di cofinanziarnento regionale (art. 4, comma 1). Essa tuttavia ritiene che tale decreto sia illegittimo ed invasivo delle sue prerogative costituzionali nella parte in cui - anche in relazione alla Provincia autonoma di Trento - pretende di individuare la quota di cofinanziamento comunale (art. 4, comma 3), nonche' i contenuti e le caratteristiche dei programmi di riqualificazione (art. 6 e 7) e nella parte in cui pretende di regolare i bandi, le commissioni ed il potere sostitutivo (artt. 8, 9 e 10), e cio' per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Violazione delle norme statutarie e di attuazione che attribuiscono alla Provincia di Trento competenza primaria nella materia in questione. L'art. 4 della legge n. 21/2001, dedicato al Programma innovativo in ambito urbano non menziona le Province autonome. Cio' tuttavia non significa affatto che la provincia non partecipi dei relativi finanziamenti, essendo pacifica la sua partecipazione ai riparti previsti in favore delle regioni, come stabilito dai sopra citati articoli 5 della legge n. 386/1989 e 12 del d.lgs. n. 268/1992. Ed infatti la loro particolare posizione era espressamente riconosciuta dal primo decreto attuativo, il quale conteneva una apposita clausola. Precisamente, l'art. 6, d.m. 27 dicembre 2001 stabiliva che «le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalita' del presente decreto nell'ambito delle competenze ad esse spettanti ai sensi dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione e secondo quanto disposto dai rispettivi ordinamenti», e precisava che «a tal fine si applica quanto disposto dall'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386». Invece, a differenza del decreto del 2001, il d.m. qui impugnato si rivolge anche alle province autonome, come risulta dal gia' ricordato art. 8, comma 1, e anche dall'art. 6, comma 4 (le province sono menzionate anche dall'art. 4, comma 2, non impugnato). In particolare, l'art. 8, comma 1, stabilendo che i bandi predisposti dalle regioni e dalle province devono tener conto dei «contenuti» e delle «caratteristiche delle proposte indicate agli art. 4, 6 e 7 del presente decreto da considerare irrinunciabili», deteminano l'applicazione alle Province anche di queste disposizioni e, logicamente, anche degli artt. 9 e 10. Dunque, il decreto pretende di definire, anche in relazione alla Provincia di Trento, la quota di cofinanziarnento comunale ed i contenuti e le caratteristiche dei programmi di riqualiticazione, individua gli enti competenti a presentare i programmi, ad emanare i bandi e a nominare la commissione, regola la composizione di questa e conferisce al Ministero un potere sostitutivo, rinviando ad un successivo decreto ministeriale. In tal modo, tuttavia, le disposizioni indicate in epigrafe ledono le competenze legislative della provincia nelle materie dell'urbanistica, dell'edilizia agevolata e delle politiche sociali, violando l'art. 8, nn. 5), l0 e 25), dello statuto speciale e le norme di attuazione dello statuto di cui al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469 e al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381. Infatti, il decreto regola materie di competenza provinciale, sovrapponendosi alla completa disciplina gia' da anni vigente nella Provincia di Trento e pretendendo di definire, anche per le province autonome, gli enti attuatori della programmazione di livello regionale, le relative procedure e le modalita' e i limiti per l'attribuzione delle risorse ripartite a livello regionale, in violazione del riparto di competenze stabilito a livello statutario. La concreta lesivita' della normativa ministeriale qui impugnata risulta pienamente confermata dalla circolare di cui alla nota 8 luglio 2008 (doc. 3) del direttore generale alle politiche abitative del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la quale si descrivono le «modalita' attuative» del d.m. 26 marzo 2008 con le quali il Ministero intende dare applicazione alla normativa. Anche la circolare si rivolge espressamente, oltre che in genere alle regioni, alle province autonome, per enunciare una serie di regole assai dettagliate «al fine di raggiungere una sufficiente omogeneita' neicontenuti dei singoli bandi», integrando - peraltro in totale assenza di fondamento normativo - la disciplina posta dal decreto qui impugnato, e talora persino modificandola (come nel caso della nomina della commissione, che la nota 8 luglio 2008 affida al Ministero mentre l'art. 9, d.m. 26 marzo 2008 sembrerebbe rimetterla alle regioni). Il decreto 26 marzo 2008 lede anche le competenze amministrative della provincia, la' dove condiziona lo svolgimento della sua potesta' amministrativa (artt. 8 e 9) e la' dove attribuisce al Ministero il potere sostitutivo nei confronti degli enti locali (art. 10): di qui la violazione dell'art. 16 dello statuto, del d.P.R. n. 469/1975 e dell'art. 1, d.P.R. n. 381/1974. L'art. 10 del d.m. 26 marzo 2008 viola anche l'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 266/1992 (in base al quale «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione, salvi gli interventi richiesti ai sensi dell'art. 22 dello statuto medesimo») e l'art. 8 d.P.R. n. 526/1987, che limita a casi ben determinati il potere sostitutivo statale (attribuendolo, fra l'altro, al Consiglio dei ministri e prevedendo un «giusto procedimento»). 2. - Violazione delle norme statutarie e di attuazione che attribuiscono alla Provincia di Trento autonomia finanziaria e potesta' legislativa in materia di finanza locale. Come sopra esposto, il decreto impugnato, nel prevedere il meccanismo del cofinanziamento, determina esso la quota comunale e pone, attraverso gli artt. 6, 7, 8, 9 e 10, una serie di regole e vincoli per l'utilizzo delle risorse. In questo modo, esso lede l'autonomia finanziaria della provincia, quale risulta dal Titolo VI dello statuto speciale e, in particolare, dall'art. 5, legge n. 386/1989, in base al quale le risorse statali ripartite fra le regioni - che non siano afferenti ai fondi istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale di cui all'art. 5, comma 1 - «affluiscono al bilancio delle stesse [Provincie] per essere utilizzati, secondo normative provinciali, nell'ambito del corrispondente settore, con riscontro nei conti consuntivi delle rispettive province» (comma 2). Ed il comma 3 precisa che «per l'assegnazione e l'erogazione dei finanziamenti di cui al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle stesse leggi ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto». Che tale meccanismo debba applicarsi nel caso in questione non e' dubbio, dal momento che l'art. 12, d.lgs. n. 268/1992 dispone chiaramente, ad evitare ogni discussione, che «le disposizioni in ordine alle procedure e alla destinazione dei fondi di cui all'art. 5, commi 2 e 3, della legge 30 novembre 1989, n. 386, si applicano con riferimento alle leggi statali di intervento ivi previste, anche se le stesse non sono espressamente richiamate». E dunque evidente la violazione delle disposizioni sopra citate. Del resto, come ricordato nel punto 1), il decreto del 2001 corrispondente a quello qui impugnato (d.m. 27 dicembre 2001) all'art. 6 rinviava espressamente - per le province autonome - alla disposizione di cui all'art. 5, legge n. 386/1989, cioe' esattamente a quella violata in questa occasione. Inoltre, il decreto impugnato lede la potesta' legislativa concorrente della provincia in materia di finanza locale (v. gli artt. 80 e 81, comma 2, dello statuto, e l'art. 17, d.lgs. n. 268/1992): infatti, l'art. 4, comma 3, individua una quota, di cofinanziamento comunale, compiendo una scelta (sia sull'an che sul quantum) che spetta alla Provincia. 3. - Violazione degli artt. 2 e 3, d.lgs. n. 266/1992. Come sopra esposto, le norme del decreto 26 marzo 2008 sono illegittirne e lesive dell'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria della provincia, in relazione alle regole statutarie e di attuazione sul riparto di competenza tra Stato e provincia: da questo punto di vista, le norme impugnate sarebbero illegittime anche se fossero contenute in una legge. E' pero' da sottolineare un ulteriore duplice profilo di illegittimita'. In primo luogo, la disciplina censurata e' contenuta in un semplice decreto ministeriale e non in una legge, il che rappresenta violazione dell'art. 2, d.lgs. n. 266/1992, che, come noto, consente solo alle leggi statali di porre limiti alle competenze delle province nelle materie provinciali. Se anche si ritenesse che qualche norma del decreto si possa giustificare in virtu' di limiti statutari alla potesta' primaria, essa avrebbe comunque dovuto essere contenuta in un atto legislativo. Se poi si volesse considerare il decreto un atto di indirizzo e coordinamento, esso sarebbe comunque illegittimo in quanto adottato in violazione delle norme sostanziali e procedurali di cui all'art. 3, d.lgs. n. 266/1992: in particolare sarebbero violati il principio del vincolo ai soli risultati, la competenza del Governo all'emanazione e la regola del previo parere obbligatorio della provincia. In secondo luogo, il decreto (a differenza del d.m. 27 dicembre 2001) non contiene alcuna clausola di salvaguardia e pretende di avere diretta applicabilita' nella Provincia di Trento (come risulta chiaramente dagli artt. 8 e 9, che impongono precisi adempimenti alle province): e anche per questo esso si pone in contrasto con il regime di separazione tra fonti statali e fonti provinciali delineato dall'art. 2, d.lgs. n. 266/1992.