Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
Presidente  della  Giunta  provinciale  pro  tempore  Lorenzo Dellai,
autorizzato  con deliberazione della Giunta provinciale n. 1465 del 6
giugno  2008  (all.  1),  rappresentata  e  difesa -  come da procura
speciale  del  12  giugno  2008 (rep. n. 26939) rogata dall'Ufficiale
rogante della Provincia dott. Tommaso Sussarellu (all. 2) - dall'avv.
prof.  Giandomenico  Falcon  di  Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli
dell'Avvocatura  della Provincia e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con
domicilio  eletto  in  Roma  presso  lo  studio  dell'avv. Manzi, via
Confalonieri n. 5;
   Contro   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione  che non spetta allo Stato e per esso al Ministro delle
infrastrutture  adottare  nei  confronti della Provincia di Trento le
disposizioni  di  cui agli artt. 4, comma 3; 6; 7; 8, comma 1; 9 e 10
del  decreto dei Ministro delle infrastrutture 26 marzo 2008, recante
Programma   di   riqualificazione   urbana   per   alloggi  a  canone
sostenibile, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del 17 maggio
2008,  nonche'  per il conseguente annullamento parziale del predetto
decreto, in quanto esso si rivolge alla Provincia autonoma di Trento,
per violazione: degli artt. 8, nn. 5), 10), 25); 16; 80; 81, comma 2,
e  del Titolo VI dello statuto speciale di cui al d.P.R. n. 670/1972;
delle  norme  di  attuazione  dello statuto di cui al d.P.R. 28 marzo
1975, n. 469, al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, e all'art. 8 d.P.R. 19
novembre  1987,  n. 526;  degli  artt.  2,  3 e 4 d.lgs. n. 266/1992;
dell'art.  5,  commi  2  e 3, legge n. 386/1989 e degli artt. 12 e 17
d.lgs. n. 268/1992, per i profili e nei modi di seguito illustrati.
                              F a t t o
   La  Provincia  autonoma  di  Trento  e'  titolare  della  potesta'
legislativa  primaria  in  materia  di urbanistica e piani regolatori
(art.   8,  n. 5,  dello  statuto  speciale),  di  edilizia  comunque
sovvenzionata,   totalmente   o   parzialmente,  da  finanziamenti  a
carattere  pubblico,  comprese  le agevolazioni per la costruzione di
case  popolari  in  localita' colpite da calamita' e le attivita' che
enti  a  carattere  extra  provinciale, esercitano nelle province con
finanziamenti  pubblici  (art.  8,  n. 10),  nonche'  in  materia  di
assistenza  e  beneficenza  pubblica  (art. 8, n. 25). Nelle medesime
materie,   alla   provincia   spetta   la   corrispondente   potesta'
amministrativa ai sensi dell'art. 16 dello statuto.
   Tali  norme  statutarie  sono state attuate con il d.P.R. 28 marzo
1975,  n. 469  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  per la Regione
Trentino-Alto  Adige in materia di assistenza e beneficenza pubblica)
e  con  il  d.P.R.  22  marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per  la  Regione Trentino-Alto Adige in materia di
urbanistica e di opere pubbliche).
   In particolare, l'art. 1 del d.P.R. n. 381/1974 stabilisce che «le
attribuzioni   dell'amministrazione   dello   Stato   in  materia  di
urbanistica,  di  edilizia comunque sovvenzionata, ... esercitate sia
direttamente  dagli  organi centrali e periferici dello Stato sia per
il  tramite  di  enti  e di istituti pubblici a carattere nazionale o
sovraprovinciali  e  quelle gia' spettanti alla Regione Trentino-Alto
Adige  nelle  stesse  materie,  sono  esercitate  per  il  rispettivo
territorio  dalle  province  di  Trento  e  di Bolzano ai sensi e nei
limiti  di cui agli artt 8, 9 e 16 dei d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,
e con l'osservanza delle norme del presente decreto».
   La  Provincia  di Trento, nell'esercizio delle proprie competenze,
ha dettato in piu riprese una complessa ed esaustiva disciplina della
materia dell'edilizia agevolata.
   In  primo  luogo e' da menzionare la legge provinciale 13 novembre
1992,  n. 21  (Disciplina  degli interventi provinciali in materia di
edilizia  abitativa),  il  cui  art.  1,  comma 1, stabilisce che «La
Giunta  provinciale  provvede  alla  programmazione  coordinata degli
interventi' in materia di edilizia abirativa»; a tal fine, «la Giunta
provinciale   predispone   ...   piani   pluriennali   con  eventuali
aggiornamenti  annuali  di  interventi:  a) nel settore dell'edilizia
abitativa   pubblica;   b)   nel  settore  del  l'edilizia  abitativa
agevolata;  c)  diretti  all'acquisizione  ed urbanizzazione di aree»
(art.  1,  comma  2).  Il  comma  6  dispone  poi  che',  «al fine di
consentire  la partecipazione alla programmazione degli interventi di
cui  al  presente  articolo,  i  comuni  e i comprensori inviano alla
Giunta  provinciale  proposte di intervento nel settore dell'edilizia
abitativa  pubblica ed agevolata, correlate alle effettive necessita'
abitative  rilevate  sul  rispettivo  territorio». L'art. 2, comma 1,
legge  provinciale n. 21/1992 statuisce che «all'attuazione dei piani
pluriennali  e  dei  relativi aggiornamenti annuali provvedono: a) la
Provincia  e,  per  delega, i  comprensori  e  i  Comuni  di Trento e
Rovereto per quanto attiene agli interventi nel settore dell'edilizia
abitativa  agevolata; b) l'Istituto trentino per l'edilizia abitativa
(ITEA),  per quanto attiene agli interventi nel settore dell'edilizia
abitativa  pubblica; c) i comuni e l'ITEA, a seconda della rispettiva
competenza,    per    quanto    attiene   agli   interventi   diretti
all'acquisizione  ed urbanizzazione di aree». La legge disciplina poi
i  soggetti  beneficiari,  le funzioni delegate ai Comuni di Trento e
Rovereto  e  ai  comprensori,  le commissioni per la formazione delle
graduatorie,  i  contributi a favore dei privati per la costruzione o
l'acquisto   di  abitazioni  in  materia  di  edilizia  agevolata,  i
contruibuti  per  il  risanamento del patrimonio edilizio esistente e
molti altri profili.
   Alla  legge provinciale n. 21/1992 e' seguita la legge provinciale
7   novembre   2005,  n. 15  (Disposizioni  in  materia  di  polilica
provinciale  della  casa  e  modificazioni della legge provinciale 13
novembre  1992,  n. 21),  il  cui  art.  1,  comma 1, dispone che «la
politica  provinciale  della  casa in favore dei nuclei familiari con
condizione   economico-patrimoniale   insufficiente  per  acquistare,
risanare  o ristrutturare con i soli mezzi propri la prima abitazione
...e' attuata attraverso l'intervento pubblico dei Comuni di Trento e
di  Rovereto,  nonche'  dei  comprensori».  Il  comma  2 definisce le
funzioni  della  provincia  ed  il  comma 3 individua le tipologie di
intenrento.  Fra le altre disposizioni, si possono segnalare lart. 7,
che  trasforma l'istituto trentino per l'edilizia abitativa (ITEA) in
Istituto  trentino  per  l'edilizia  abitativa  - societa' per azioni
(ITEA  S.p.a.), e l'art. 8, che istituisce il Fondo provinciale casa,
alimentato -  fra  l'altro -  con  «i  fondi  statali  spettanti alla
provincia  e  ai  comuni  ai  sensi delle leggi vigenti e dell'art. 5
della  legge  30 novembre 1989, n. 386» (comma 2, lett. b). L'art. 11
della  legge  prevede  un  regolamento  di  esecuzione,  che e' stato
emanato   con  il  d.p.p.  18  ottobre  2006,  n. 18-71/Leg.  e  che,
contenendo  47 articoli e diversi allegati, detta un'ampia disciplina
della materia.
   Infine,  e' da segnalare che in materia di edilizia agevolata sono
intervenute  anche  la  legge provinciale n. 16/2005 (che ha aggiunto
l'art.  l8-quinquies nella legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22,
Ordinamento  urbanistico  e  tutela  del territorio: v. il comma 4) e
alcune  leggi  finanziarie  della  Provincia di Trento: v. l'art. 58,
legge   provinciale   n. 20/2005   e  l'art.  53,  legge  provinciale
n. 23/2007,  che  prevedono  piani  straordinari  di  interventi  per
l'edilizia  abitativa  agevolata  per  gli anni 2006, 2007 e 2008, in
deroga alle previsioni della legge provinciale n. 21/1992.
   Con  riguardo  ai  finanziamenti  speciali  che  vengano destinati
all'edilizia pubblica dalle leggi statali, valgono le regole generali
stabilite  dall'art.  5  della  legge  n. 386/1989 e dall'art. 12 del
d.lgs. n. 268/1992.
   L'art.  5 della legge n. 386/1989 disciplina in primo luogo (comma
1)  la  partecipazione  delle province autonome «alla ripartizione di
fondi  speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni
in  modo  uniforme  su tutto il territorio nazionale», stabilendo che
esse  vi partecipano «secondo i criteri e le modalita' per gli stessi
previsti».
   Il  comma 2 regola invece la loro partecipazione ai «finanziamenti
recati  da  qualunque altra disposizione di legge statale, in cui sia
previsto  il  riparto  o  l'utilizzo  a  favore  delle regioni» (come
vedremo,  questo  e' il caso della presente controversia), stabilendo
che essi, per la quota spettante alle province autonome, «affluiscono
al  bilancio  delle  stesse  per essere utilizzati, secondo normative
provinciali,  nell'ambito  del  corrispondente settore, con riscontro
nei  conti  consuntivi  delle  rispettive  province».  Ed  il comma 3
precisa  che «per l'assegnazione e l'erogazione dei finanzianienti di
cui  al comma 2, si prescinde da qualunque adempimento previsto dalle
stesse  leggi  ad eccezione di quelli relativi all'individuazione dei
parametri o delle quote di riparto».
   A  sua volta, l'art. 12 del d.lgs. n. 268/1992 dispone, per quanto
qui  interessa,  che «le disposizioni in ordine alle procedure e alla
destinazione dei fondi di cui all'art. 5, commi 2 e 3, della legge 30
novembre  1989,  n. 386,  si  applicano  con  riferimento  alle leggi
statali  di  intervento  ivi  previste,  anche  se le stesse non sono
espressamente richiamate».
   Nella  materia  e'  ora  intervenuto il decreto del Ministro delle
infrastrutture  26  marzo  2008, recante Programma di riqualficazione
urbana per alloggi a canone sostenibile, che qui viene impugnato.
   Esso  dispone  all'art. 2 un programma finalizzato ad aumentare la
«disponibilita'   di   alloggi  da  offrire  in  locazione  a  canone
sostenibile  nonche'  a migliorare l'equipaggiamento infrastrutturale
dei quartieri con presenza di condizioni di forte disagio abitativo»,
e  per  tale ragione sembra ricollegabile (pur se non rende esplicito
alcun  preciso  fondamento giuridico) alla legge n. 21/2001 (la quale
all'art.  4,  comma 1, a sua volta prevedeva un «programma innovativo
in ambito urbano finalizzato prioritariamente ad incrementare, con la
partecipazione di investimenti privati, la dotazione infrastrutturale
dei  quartieri  degradati  di  comuni  e  citta' a piu' forte disagio
abitativo  ed  occupazionale  e  che  preveda,  al contempo misure ed
interventi    per    incrementare    l'occupazione,    per   favorire
l'integrazione sociale e l'adeguamento dell'offerta abitativa»).
   I1  decreto  26 marzo 2008 utilizza le risorse che erano destinate
al  completamento del programma «contratti di quartiere II», dopo che
il  Tribunale  amministrativo  regionale-  nel 2007 - ha annullato il
d.m. del 2006 contenente l'avviso relativo a tale completamento.
   Tali  risorse  vengono  ripartite  tra  le  regioni sulla base dei
coefficienti  gia'  utilizzati con d.m. 30 dicembre 2002, relativo al
programma «contratti di quartiere II» (art. 3).
   Tuttavia,  il d.m. 26 marzo 2008 stabilisce ora (art. 4, commi 1 e
3),  sia  per le regioni e le province autonome che per i comuni, una
quota  di  cofinanziamento  necessaria  per accedere al riparto delle
risorse statali.
   L'art.   6   (Contenuti   edilizio-urbanistici  dei  programmi  di
riqualificazione  urbana per alloggi a canone sostenibile) dispone al
comma  2  che  i  programmi  di riqualificazione urbana per alloggi a
canone  sostenibile  «prevedono  il  recupero  o  la realizzazione di
alloggi di edilizia residenziale sociale mediante iniziative attivate
sia da operatori pubblici (comuni ed ex Iacp comunque denominati) che
da  operatori  privati  (imprese,  cooperative,  fondazioni, ecc.) da
destinare  sia  alle  fasce  sociali  in  possesso  dei requisiti per
l'accesso  al  sistema  dell'edilizia  residenziale  pubblica  che  a
categorie  di cittadini che superano i limiti di accesso all'edilizia
residenziale  pubblica  ma  che  si trovano comunque in condizioni di
disagio  abitativo destinando, a tal fine, una quota non inferiore al
50 per cento del costo complessivo di ciascuna proposta».
   Inoltre,   secondo   il   comma   3  i  programmi  «contribuiscono
all'incremento   della   dotazione   infiastrutturale  dei  quartieri
degradati  mediante  la  realizzazione di urbanizzazioni secondarie a
servizio delle unita' abitative da realizzare o recuperare».
   Il comma 4 regola la misura del canone agevolato.
   L'art.   7   individua   le   caratteristiche   dei  programmi  di
riqualificazione  urbana  per  alloggi  a  canone  sostenibile.  Esse
riguardano  la  conformita'  agli  struntenti  urbanistici, il limite
massimo di cofinanziamento pubblico, il costo minimo del programma ed
il rendimento energetico degli alloggi.
   L'art.  8 regola i bandi regionali, stabilendo che «entro sessanta
giorni  dalla data pubblicazione del presente decreto le regioni e le
Province  autonome di Trento e Bolzano predispongono - fermo restando
i contenuti e le caratteristiche delle proposte indicate agli art. 4,
6  e  7 del presente decreto da considerare irrinunciabili - appositi
bandi  di  gara  mediante  i  quali  vengono  fissate le modalita' di
partecipazione  dei  comuni  e  forme di monitoraggio di utilizzo dei
finanziamenti  analoghe  a  quelle  adottate per l'utilizzo dei fondi
strutturali europei».
   L'art.  9 stabilisce che «con successivo provvedimento e' nominata
la  Commissione per la selezione delle proposte presentate dai comuni
da  ammettere  a finanziamento», precisando che «ciascuna commissione
e'  formata  da  rappresentanti  designati  regionali, ministeriali e
dell'Anci». Infine, l'art. 10 regola i poteri sostitutivi, disponendo
che, «in caso di ritardi nell'attuazione dei programmi di interventi,
con  riferimento ai tempi di realizzazione e alle modalita' attuative
fissate   nei   singoli   bandi   regionali,   il   Ministero   delle
infrastrutture  esercita  poteri  sostitutivi  con  le  modalita' che
saranno definite con apposito decreto ministeriale».
   La  Provincia  di  Trento  non censura il d.m. 26 marzo 2008 nella
parte  in cui attiva il programma (art. 2), ripartisce le risorse fra
le  regioni  (art.  3)  ed  individua  la  quota  di cofinanziarnento
regionale (art. 4, comma 1).
   Essa tuttavia ritiene che tale decreto sia illegittimo ed invasivo
delle  sue  prerogative  costituzionali nella parte in cui - anche in
relazione alla Provincia autonoma di Trento - pretende di individuare
la  quota  di  cofinanziamento  comunale (art. 4, comma 3), nonche' i
contenuti  e  le  caratteristiche  dei  programmi di riqualificazione
(art.  6  e  7) e nella parte in cui pretende di regolare i bandi, le
commissioni ed il potere sostitutivo (artt. 8, 9 e 10), e cio' per le
seguenti ragioni di
                            D i r i t t o
   1.  - Violazione  delle  norme  statutarie  e  di  attuazione  che
attribuiscono  alla  Provincia  di  Trento  competenza primaria nella
materia in questione.
   L'art.  4 della legge n. 21/2001, dedicato al Programma innovativo
in ambito urbano non menziona le Province autonome.
   Cio' tuttavia non significa affatto che la provincia non partecipi
dei relativi finanziamenti, essendo pacifica la sua partecipazione ai
riparti  previsti  in  favore delle regioni, come stabilito dai sopra
citati   articoli   5   della  legge  n. 386/1989  e  12  del  d.lgs.
n. 268/1992.
   Ed   infatti  la  loro  particolare  posizione  era  espressamente
riconosciuta  dal  primo  decreto  attuativo,  il quale conteneva una
apposita  clausola.  Precisamente,  l'art.  6,  d.m. 27 dicembre 2001
stabiliva che «le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono
alle  finalita'  del presente decreto nell'ambito delle competenze ad
esse spettanti ai sensi dello Statuto speciale e delle relative norme
di  attuazione e secondo quanto disposto dai rispettivi ordinamenti»,
e  precisava  che  «a tal fine si applica quanto disposto dall'art. 5
della legge 30 novembre 1989, n. 386».
   Invece,  a  differenza del decreto del 2001, il d.m. qui impugnato
si  rivolge  anche  alle  province  autonome,  come  risulta dal gia'
ricordato  art. 8, comma 1, e anche dall'art. 6, comma 4 (le province
sono menzionate anche dall'art. 4, comma 2, non impugnato).
   In  particolare,  l'art.  8,  comma  1,  stabilendo  che  i  bandi
predisposti  dalle  regioni  e  dalle province devono tener conto dei
«contenuti»  e  delle  «caratteristiche  delle proposte indicate agli
art.  4,  6  e 7 del presente decreto da considerare irrinunciabili»,
deteminano  l'applicazione alle Province anche di queste disposizioni
e, logicamente, anche degli artt. 9 e 10.
   Dunque,  il  decreto pretende di definire, anche in relazione alla
Provincia  di  Trento,  la  quota  di  cofinanziarnento comunale ed i
contenuti  e  le  caratteristiche  dei programmi di riqualiticazione,
individua  gli enti competenti a presentare i programmi, ad emanare i
bandi e a nominare la commissione, regola la composizione di questa e
conferisce  al  Ministero  un  potere  sostitutivo,  rinviando  ad un
successivo decreto ministeriale.
   In tal modo, tuttavia, le disposizioni indicate in epigrafe ledono
le    competenze    legislative   della   provincia   nelle   materie
dell'urbanistica,  dell'edilizia agevolata e delle politiche sociali,
violando  l'art.  8,  nn.  5),  l0 e 25), dello statuto speciale e le
norme  di  attuazione  dello  statuto di cui al d.P.R. 28 marzo 1975,
n. 469 e al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381.
   Infatti,  il  decreto  regola  materie  di competenza provinciale,
sovrapponendosi  alla  completa disciplina gia' da anni vigente nella
Provincia  di Trento e pretendendo di definire, anche per le province
autonome,   gli   enti  attuatori  della  programmazione  di  livello
regionale,  le  relative  procedure  e  le  modalita'  e i limiti per
l'attribuzione  delle  risorse  ripartite  a  livello  regionale,  in
violazione del riparto di competenze stabilito a livello statutario.
   La  concreta  lesivita' della normativa ministeriale qui impugnata
risulta  pienamente  confermata  dalla  circolare  di cui alla nota 8
luglio  2008 (doc. 3) del direttore generale alle politiche abitative
del  Ministero  delle infrastrutture e dei trasporti, con la quale si
descrivono  le  «modalita'  attuative»  del d.m. 26 marzo 2008 con le
quali il Ministero intende dare applicazione alla normativa. Anche la
circolare si rivolge espressamente, oltre che in genere alle regioni,
alle  province  autonome,  per  enunciare  una  serie di regole assai
dettagliate  «al  fine  di  raggiungere  una  sufficiente omogeneita'
neicontenuti  dei  singoli  bandi»,  integrando -  peraltro in totale
assenza di fondamento normativo - la disciplina posta dal decreto qui
impugnato, e talora persino modificandola (come nel caso della nomina
della  commissione,  che  la  nota  8 luglio 2008 affida al Ministero
mentre  l'art.  9,  d.m.  26  marzo  2008 sembrerebbe rimetterla alle
regioni).
   Il  decreto  26 marzo 2008 lede anche le competenze amministrative
della  provincia,  la'  dove  condiziona  lo  svolgimento  della  sua
potesta'  amministrativa  (artt.  8  e  9)  e la' dove attribuisce al
Ministero il potere sostitutivo nei confronti degli enti locali (art.
10):  di  qui  la  violazione  dell'art. 16 dello statuto, del d.P.R.
n. 469/1975 e dell'art. 1, d.P.R. n. 381/1974.
   L'art.  10  del  d.m. 26 marzo 2008 viola anche l'art. 4, comma 1,
d.lgs.  n. 266/1992  (in  base  al quale «nelle materie di competenza
propria  della  regione  o  delle province autonome la legge non puo'
attribuire  agli  organi  statali  funzioni  amministrative, comprese
quelle  di  vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di
violazioni  amministrative,  diverse  da  quelle spettanti allo stato
secondo  lo statuto speciale e le relative norme di attuazione, salvi
gli   interventi  richiesti  ai  sensi  dell'art.  22  dello  statuto
medesimo»)  e  l'art.  8  d.P.R.  n. 526/1987,  che limita a casi ben
determinati   il   potere  sostitutivo  statale  (attribuendolo,  fra
l'altro,   al   Consiglio   dei  ministri  e  prevedendo  un  «giusto
procedimento»).
   2.  -  Violazione  delle  norme  statutarie  e  di  attuazione che
attribuiscono  alla  Provincia  di  Trento  autonomia  finanziaria  e
potesta' legislativa in materia di finanza locale.
   Come  sopra  esposto,  il  decreto  impugnato,  nel  prevedere  il
meccanismo  del  cofinanziamento,  determina esso la quota comunale e
pone,  attraverso  gli  artt.  6, 7, 8, 9 e 10, una serie di regole e
vincoli per l'utilizzo delle risorse.
   In questo modo, esso lede l'autonomia finanziaria della provincia,
quale risulta dal Titolo VI dello statuto speciale e, in particolare,
dall'art.  5,  legge n. 386/1989, in base al quale le risorse statali
ripartite fra le regioni - che non siano afferenti ai fondi istituiti
per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto
il  territorio nazionale di cui all'art. 5, comma 1 - «affluiscono al
bilancio  delle  stesse  [Provincie]  per  essere utilizzati, secondo
normative  provinciali,  nell'ambito  del corrispondente settore, con
riscontro  nei conti consuntivi delle rispettive province» (comma 2).
Ed  il  comma  3  precisa  che «per l'assegnazione e l'erogazione dei
finanziamenti   di   cui  al  comma  2,  si  prescinde  da  qualunque
adempimento  previsto  dalle  stesse  leggi  ad  eccezione  di quelli
relativi all'individuazione dei parametri o delle quote di riparto».
   Che  tale meccanismo debba applicarsi nel caso in questione non e'
dubbio,  dal  momento  che  l'art.  12,  d.lgs.  n. 268/1992  dispone
chiaramente,  ad  evitare  ogni  discussione, che «le disposizioni in
ordine  alle  procedure e alla destinazione dei fondi di cui all'art.
5,  commi  2  e 3, della legge 30 novembre 1989, n. 386, si applicano
con  riferimento alle leggi statali di intervento ivi previste, anche
se le stesse non sono espressamente richiamate».
   E dunque evidente la violazione delle disposizioni sopra citate.
   Del  resto,  come  ricordato  nel  punto  1),  il decreto del 2001
corrispondente  a  quello  qui  impugnato  (d.m.  27  dicembre  2001)
all'art.  6  rinviava espressamente - per le province autonome - alla
disposizione  di cui all'art. 5, legge n. 386/1989, cioe' esattamente
a quella violata in questa occasione.
   Inoltre,   il  decreto  impugnato  lede  la  potesta'  legislativa
concorrente  della  provincia  in  materia  di finanza locale (v. gli
artt.  80  e  81,  comma  2,  dello  statuto,  e  l'art.  17,  d.lgs.
n. 268/1992):  infatti,  l'art.  4,  comma 3, individua una quota, di
cofinanziamento  comunale,  compiendo una scelta (sia sull'an che sul
quantum) che spetta alla Provincia.
   3. - Violazione degli artt. 2 e 3, d.lgs. n. 266/1992.
   Come  sopra  esposto,  le  norme  del  decreto  26 marzo 2008 sono
illegittirne  e  lesive  dell'autonomia legislativa, amministrativa e
finanziaria della provincia, in relazione alle regole statutarie e di
attuazione sul riparto di competenza tra Stato e provincia: da questo
punto  di  vista,  le  norme impugnate sarebbero illegittime anche se
fossero contenute in una legge.
   E'   pero'   da  sottolineare  un  ulteriore  duplice  profilo  di
illegittimita'.
   In  primo  luogo,  la  disciplina  censurata  e'  contenuta  in un
semplice  decreto ministeriale e non in una legge, il che rappresenta
violazione  dell'art. 2, d.lgs. n. 266/1992, che, come noto, consente
solo  alle  leggi  statali  di  porre  limiti  alle  competenze delle
province nelle materie provinciali. Se anche si ritenesse che qualche
norma del decreto si possa giustificare in virtu' di limiti statutari
alla potesta' primaria, essa avrebbe comunque dovuto essere contenuta
in un atto legislativo.
   Se  poi  si  volesse considerare il decreto un atto di indirizzo e
coordinamento,  esso  sarebbe comunque illegittimo in quanto adottato
in  violazione  delle norme sostanziali e procedurali di cui all'art.
3,  d.lgs. n. 266/1992: in particolare sarebbero violati il principio
del   vincolo   ai   soli   risultati,   la  competenza  del  Governo
all'emanazione  e  la  regola  del  previo  parere obbligatorio della
provincia.
   In  secondo  luogo,  il decreto (a differenza del d.m. 27 dicembre
2001)  non  contiene  alcuna  clausola  di salvaguardia e pretende di
avere  diretta applicabilita' nella Provincia di Trento (come risulta
chiaramente dagli artt. 8 e 9, che impongono precisi adempimenti alle
province): e anche per questo esso si pone in contrasto con il regime
di  separazione  tra  fonti  statali  e  fonti  provinciali delineato
dall'art. 2, d.lgs. n. 266/1992.