Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio   dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i
cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia ex lege;
   Contro  la Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della
Giunta regionale pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita'
costituzionale  della  legge  regionale  n. 7  del  27  maggio  2008,
pubblicata  sul  Bollettino  Ufficiale  della  Regione Emilia Romagna
n. 87  del 28 maggio 2008, concernente «Norme per la disciplina delle
attivita' di animazione e di accompagnamento turistico».
   La   presentazione  del  presente  ricorso  e'  stata  decisa  dal
Consiglio   dei  ministri  nella  riunione  del  4  luglio  2008  (si
depositeranno   estratto   del   verbale  e  relazione  del  ministro
proponente),  in  quanto  la  legge regionale n. 7 del 27 maggio 2008
presenta diversi profili di illegittimita' costituzionale.
   Infatti,  nonostante  le  regioni  abbiano  competenza legislativa
residuale  in  materia  di  «turismo», cosi' come stabilito dall'art.
117,   quarto   comma,   Cost.   e   confermato  da  una  consolidata
giurisprudenza  costituzionale  (cfr. sent. Corte cost. n. 197/2003),
il  settore  delle  professioni turistiche ricade nella materia delle
«professioni»,  nella quale Stato e regioni esercitano una competenza
legislativa  concorrente, ex art. 117, terzo comma, Cost. Cio' posto,
in  presenza  della  materia  concorrente delle professioni e in base
alla   configurazione   ampia  che  ne  e'  stata  data  dalla  Corte
costituzionale  in  varie  pronunce,  e'  inevitabile l'attrazione in
siffatta  materia  anche  del  settore in questione delle professioni
turistiche  che  e',  pertanto,  sottratta  dalla  materia  residuale
regionale del turismo.
   Del  resto,  cio' e' stato confermato anche dal Consiglio di Stato
che,  nel  parere  n. 3165/2003,  chiamato  a  pronunciarsi su alcune
disposizioni   del   d.P.C.m.   13  settembre  2002,  concernente  il
recepimento  dell'accordo  fra  lo  Stato,  le  regioni e le province
autonome  sui  principi  per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo
sviluppo   del   sistema   turistico,   in   attuazione  della  legge
n. 135/2001,  ha affermato, per l'esigenza di garantire l'uniformita'
sul  territorio  nazionale  ed  in  applicazione  del  principio  del
«parallelismo  invertito»  espresso  dalla Corte costituzionale nella
sentenza   n. 303/2003,  che  rientrano  nella  competenza  esclusiva
statale: la disciplina e l'accertamento dei requisiti per l'esercizio
delle  professioni  turistiche  tradizionali  ed  emergenti,  la loro
qualificazione   professionale,   nonche'   i  criteri  uniformi  per
l'espletamento   degli  esami  di  abilitazione  all'esercizio  delle
professioni turistiche.
   Sulla  base  del  citato parere e' intervenuto il d.P.R. 27 aprile
2004  con  il  quale  e'  stato disposto il parziale annullamento del
d.P.C.m. su richiamato adeguandolo a quanto statuito dal Consiglio di
Stato.
   Pertanto,  stabilito  che  il settore delle professioni turistiche
rientra   nella  nozione  di  «professioni»,  materia  di  competenza
legislativa  concorrente, ex art. 117, terzo comma, Cost., la regione
e'   tenuta  a  legiferare  in  materia  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali  dettati  dal  legislatore  nazionale a cui, come detto,
spettano  l'individuazione delle figure professionali, con i relativi
profili ed ordinamenti didattici, e l'istituzione di nuovi albi, come
confermato    da   una   consolidata   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale   (si  vedano  le  sentenze  nn.  355/2005,  153/2006,
424/2006,  57/2007  ed  in  particolare  le  sentenze  nn.  423/2006,
449/2006,).
   E'  da  evidenziare  che,  in  proposito,  e' intervenuto anche il
legislatore   statale   con   il  d.lgs.  n. 30/2006,  contenente  la
«Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai
sensi  dell'art.  1 della legge 5 giugno 2003, n. 131», con il quale,
riconfermando  quanto statuito dal giudice costituzionale si prevede,
da  un  lato, che la potesta' legislativa regionale si esercita sulle
professioni  individuate e definite dalla normativa statale (art. 1 ,
comma  3),  e, dall'altro, che la legge statale definisce i requisiti
tecnico-professionali   e   i   titoli  professionali  necessari  per
l'esercizio   delle   attivita'   professionali  che  richiedono  una
specifica  preparazione  a garanzia di interessi pubblici generali la
cui tutela compete allo Stato (art. 4, comma 2).
   A   fronte   di   tali   premesse  sono  censurabili  le  seguenti
disposizioni della impugnata legge regionale:
     l'art.  3,  comma  7,  laddove  si  individua tra le professioni
turistiche,  l'animatore turistico, ed il collegato comma 7 dell'art.
3  della  l.r.  n. 4/2000  come  novellato dall'art. 4 della legge in
esame.   Tali   disposizioni   istituiscono  una  nuova  professione,
stabilendo  altresi'  i  requisiti  per  il relativo esercizio. Detta
nuova  professione  non  trova  alcun  riferimento  nell'ambito della
legislazione  nazionale, di cui alla legge n. 135/2001 (Riforma della
legislazione  nazionale  del  turismo),  che  all'art.  7,  comma  5,
definisce «professioni turistiche quelle che organizzano e forniscono
servizi  di  promozione  dell'attivita' turistica, nonche' servizi di
assistenza,  accoglienza,  accompagnamento  e  guida dei turisti». Le
norme  regionali, quindi, istituendo una nuova figura professionale e
stabilendo i relativi requisiti di accesso alla stessa, contrasta con
l'art.  117,  terzo comma, Cost., che riconosce in capo allo Stato ed
alle   regioni  competenza  legislativa  concorrente  in  materia  di
professioni,  in  quanto  violano  il  principio fondamentale per cui
l'individuazione  delle figure professionali, con i relativi profili,
e'  riservata  allo Stato, come confermato dalla Corte costituzionale
nelle sentt. nn. 353/2003, 319/2005 e 424/2005;
     l'art.  4, che novella l'art. 3 della l.r. n. 4/2000 della legge
in  esame  relativo alle condizioni per l'esercizio della professione
turistica,  ai  commi  1,  lettera  b)  e 10 di tale ultimo articolo,
prevedendo  che  la Giunta regionale definisca le modalita' attuative
per  il  conseguimento  dell'idoneita'  all'esercizio  delle previste
professioni, eccede dalla competenza regionale concorrente in materia
di  professioni  di  cui all'art. 117, terzo comma, Cost., e viola il
principio  fondamentale  in  base al quale spetta allo Stato non solo
l'individuazione  delle figure professionali, ma anche la definizione
e  la disciplina dei requisiti e dei titoli necessari per l'esercizio
delle    professioni    stesse,   come   confermato   dalla   recente
giurisprudenza  costituzionale.  Infatti la Corte costituzionale, (si
vedano  in  particolare le sentt. nn. 153/2006 e 57/2007) ha statuito
che  «l'indicazione  di  specifici  requisiti  per  l'esercizio delle
professioni,  anche se in parte coincidenti con quelli gia' stabiliti
dalla   normativa   statale,   viola   la   competenza  dello  Stato,
risolvendosi  in  un'indebita  ingerenza  in un settore, quello della
disciplina  dei  titoli  necessari per l'esercizio della professione,
costituente   principio   fondamentale  della  materia  e  quindi  di
competenza  statale,  ai  sensi anche dell'art. 4, comma 2 del d.lgs.
n. 30/2006,  contenente "la ricognizione dei principi fondamentali in
materia"»;
     gli  artt.5  e  6,  che  attribuiscono alle province le funzioni
concernenti  la  programmazione  ed  autorizzazione  delle  attivita'
formativa  relative  alle  professioni  turistiche  ed alla tenuta ed
istituzioni  degli elenchi provinciali delle professioni stesse. Come
piu'  volte  affermato  dalla  Corte  costituzionale (cfr. sentt. nn.
355/2005,  153/2006,  423/2006,  424/2006, 449/2006), rientrano nella
competenza  statale  sia l'individuazione delle figure professionali,
con i relativi profili ed ordinamenti didattici, sia l'istituzione di
nuovi  albi  ed  altresi',  esulano  dalla  competenza  regionale  la
disciplina dell'organizzazione di corsi abilitanti di aggiornamento e
riqualificazione  delle  professioni.  Per  di piu' le autorizzazioni
devono avere validita' sull'intero territorio nazionale e non possono
essere  circoscritte  al  solo  territorio  regionale,  come previsto
invece  dalla  disposizione  regionale  (art.  6,  commi 2 e 4). Tale
limitazione,  infatti, comporta una lesione al principio della libera
prestazione  dei  servizi,  di  cui  all'art.  49  del Trattato CEE e
pertanto  la  violazione  del rispetto del vincolo comunitario di cui
all'art. 117, primo comma, Cost., nonche' della libera concorrenza la
cui  tutela  rientra  nella  competenza  esclusiva  statale,  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.