ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 119, secondo
comma,  del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare),
promosso  con  ordinanza  del 10 aprile 2003 dalla Corte d'appello di
Napoli  nel  procedimento  civile  vertente  tra Cangiano Antonella e
Giaquinto  Angelo  ed altri, iscritta al n. 45 del registro ordinanze
2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, 1ยช
serie speciale, dell'anno 2008.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 25 giugno 2008 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
   Ritenuto  che  la  Corte  d'appello  di  Napoli  -  nel  corso del
procedimento  sul  reclamo  proposto da A. C., titolare di un credito
prededucibile  non  integralmente  soddisfatto, avverso il decreto di
chiusura  del  fallimento della Arredamenti Duegi di Giaquinto Angelo
s.a.s.  e  di Giaquinto Angelo - con ordinanza del 10 aprile 2003, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3 e 24, secondo comma, della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 119,
secondo  comma,  del  regio  decreto  16  marzo  1942,  n. 267 (legge
fallimentare),  nella parte in cui prevede che il termine di quindici
giorni  per  proporre  reclamo  avverso  il  decreto  di chiusura del
fallimento  decorre,  per i soggetti legittimati a tale impugnazione,
agevolmente  identificabili  sulla  base  degli  atti della procedura
fallimentare,  dalla  data  dell'affissione  alla  porta  esterna del
tribunale,  anziche' dalla data della comunicazione dell'estratto del
medesimo decreto che a tali soggetti deve essere inviata, a norma del
combinato disposto degli artt. 119, secondo comma, e 17, primo comma,
della  legge  fallimentare  e  136 del codice di procedura civile, in
violazione   dei   richiamati   parametri   costituzionali,   per  la
irragionevolezza   dell'individuazione   del   dies   a  quo  per  la
proposizione  del  reclamo  nell'affissione dell'estratto del decreto
anche  con  riguardo  ai creditori agevolmente identificabili, solo a
causa   della   difficolta',   agli   stessi   non  addebitabile,  di
identificare  gli  altri  creditori,  e  per  il vulnus al diritto di
difesa dei primi;
     che  il Collegio rimettente rileva che, nella specie, il reclamo
avverso  il  decreto di chiusura del fallimento - mai comunicato alla
reclamante  -  risulta  proposto  successivamente  alla  scadenza del
predetto  termine,  previsto  dalla  norma  impugnata,  e,  pertanto,
dovrebbe  essere dichiarato inammissibile perche' tardivo, sulla base
della norma della cui legittimita' costituzionale si dubita;
     che nel giudizio innanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello Stato, che ha concluso per la restituzione degli atti
al rimettente affinche' possa rivalutare la rilevanza della questione
sollevata  alla  luce  dello ius superveniens rappresentato dall'art.
109  del  decreto  legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica
della  disciplina  delle  procedure  concorsuali a norma dell'art. 1,
comma  5, della legge 14 maggio 2005, n. 80), e dall'art. 9, comma 2,
del  decreto  legislativo  12  settembre  2007,  n. 169 (Disposizioni
integrative  e  correttive  al r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nonche' al
d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, in materia di disciplina del fallimento,
del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa,
ai  sensi  dell'art.  1, commi 5, 5-bis e 6, della l. 14 maggio 2005,
n. 80).
   Considerato  che,  successivamente all'ordinanza di remissione, la
norma  impugnata  e'  stata  modificata, dapprima, con l'art. 109 del
d.lgs.  9  gennaio  2006,  n. 5, la cui entrata in vigore e' regolata
dall'art.  153  dello stesso decreto legislativo, e poi con l'art. 9,
comma  2, del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, con le quali norme e'
stato,  fra  l'altro, stabilito che contro il decreto che dichiara la
chiusura del fallimento o ne respinge la richiesta e' ammesso reclamo
a norma dell'articolo 26 della legge fallimentare;
     che  la norma sembra essere stata modificata nel senso auspicato
dal  giudice  rimettente,  con  il  richiamo, a proposito del reclamo
avverso  il  decreto  di  chiusura del fallimento, dell'art. 26 legge
fallimentare, che, in materia di dichiarazione di fallimento, dispone
che  il  reclamo  e' proposto nel termine perentorio di dieci giorni,
decorrente    dalla   comunicazione   o   dalla   notificazione   del
provvedimento  per  il  curatore, per il fallito, per il comitato dei
creditori  e  per chi ha chiesto o nei cui confronti e' stato chiesto
il  provvedimento;  mentre,  per  gli  altri  interessati, il termine
decorre  dall'esecuzione  delle formalita' pubblicitarie disposte dal
giudice  delegato  o  dal  tribunale,  se  quest'ultimo  ha emesso il
provvedimento;
     che,  pertanto,  deve essere ordinata la restituzione degli atti
al  rimettente  affinche'  rivaluti,  alla  luce  del  descritto  ius
superveniens,  non  solo la persistente rilevanza della questione nel
giudizio  a  quo,  ma altresi' la possibilita' di una interpretazione
costituzionalmente  orientata  della  norma  censurata,  proprio alla
stregua del mutamento intervenuto nel quadro normativo.