Sentenza
nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
del  regolamento  della  Regione  Marche  del 15 novembre 2007, n. 4,
recante la disciplina delle precedenze tra le cariche pubbliche nelle
cerimonie a carattere locale, promosso con ricorso del Presidente del
Consiglio  dei ministri, notificato il 30 gennaio 2008, depositato in
cancelleria  il  5  febbraio  2008  ed  iscritto al n. 2 del registro
conflitti tra enti 2008.
   Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
   Udito nell'udienza pubblica del 24 giugno 2008 il Giudice relatore
Maria Rita Saulle;
   Udito  l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  notificato il 30 gennaio 2008 e depositato il
successivo  5  febbraio,  il Presidente del Consiglio dei ministri ha
sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei  confronti  della Regione
Marche,  in  relazione  al  regolamento  regionale  15 novembre 2007,
recante la disciplina delle precedenze tra le cariche pubbliche nelle
cerimonie  a  carattere  locale,  per  contrasto  con  gli artt. 117,
secondo  comma, lettere a), c), f), g), p), e 118 della Costituzione,
nonche' con il principio di leale collaborazione.
   Il   ricorrente   chiede   che   la   Corte  dichiari  che  spetta
«esclusivamente»  allo  Stato stabilire l'ordine delle precedenze tra
le  cariche  pubbliche  e  conseguentemente  che  annulli  il cennato
regolamento regionale.
   Premette  il  ricorrente  che «la determinazione dell'ordine delle
precedenze  tra  le  varie  cariche  pubbliche  di qualunque livello»
costituisce  «una delle piu' antiche e tradizionali prerogative dello
Stato», la cui disciplina e' contenuta nel decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 14 aprile 2006.
   La  difesa  erariale,  dopo  aver ricordato che ai sensi dell'art.
117,  secondo  comma,  lettera  a), della Costituzione, la disciplina
delle  relazioni  internazionali  e  diplomatiche  e'  di  competenza
esclusiva  dello  Stato,  ritiene  che  la  Regione  Marche non possa
disciplinare,  con  regolamento  o con legge regionale, «la posizione
protocollare   delle   cariche   straniere   e  delle  rappresentanze
diplomatiche»,   in   quanto  l'intervento  regionale  incide  «sugli
indirizzi  di  politica  estera  e  nelle  relazioni internazionali e
diplomatiche»  e non consente al Governo «di assicurare l'uniformita'
di  trattamento  nel  territorio  nazionale delle autorita' estere in
visita o ospiti».
   Il  regolamento  impugnato, ad avviso del ricorrente, si porrebbe,
altresi',  in  contrasto  con  l'art. 117, secondo comma, lettera c),
della    Costituzione,    poiche'   individuerebbe   «una   posizione
protocollare  distinta  da quella definita dal Governo per le cariche
ecclesiastiche e per le altre figure religiose e del culto».
   Infine,  l'atto  impugnato,  sempre  secondo lo stesso ricorrente,
sarebbe  in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettere f), g) e
p),  della  Costituzione,  in  quanto  «effettua  unilateralmente una
parificazione   tra   Prefetti,   Questori,  Presidente  della  Corte
d'Appello  e  Procuratore  Generale  della Repubblica presso la Corte
d'Appello»,  nonche'  ridisegna «la definizione protocollare data dal
[...]   D.P.C.M   del   14  aprile  2006  alle  cariche  maggiormente
rappresentative  della  Repubblica  e  delle Autonomie territoriali e
locali».  In  particolare, ad avviso del Presidente del Consiglio dei
ministri,  il  regolamento  «antepone  [...]  il  Sindaco  in sede ai
Ministri,  pone  sullo stesso piano Vice Ministri e Sottosegretari di
Stato  con  Assessori regionali, equipara i parlamentari nazionali ed
europei  agli assessori e consiglieri regionali, stabilisce un ordine
di precedenza tra distinzioni cavalleresche, onorifiche e ricompense,
del  tutto  autonomo e diverso rispetto a quello stabilito dall'unico
soggetto competente al conferimento».
   Il  ricorrente rileva che la Corte costituzionale, con la sentenza
n. 496  del  1989, ha gia' riconosciuto la competenza esclusiva dello
Stato  in  tema  di  disciplina dell'ordine delle precedenze fra alte
cariche e fra queste e le altre istituzioni della Repubblica di vario
livello; competenza che non sarebbe venuta meno anche dopo la riforma
del  titolo  V  della  Costituzione.  In proposito, il Presidente del
Consiglio  dei ministri, richiamando il principio di sussidiarieta' e
la  finalita'  dell'esercizio unitario, previsti dall'art. 118, primo
comma,  della  Costituzione, sottolinea che lo Stato sarebbe «l'unico
soggetto  in  grado  di  adeguatamente  ed  opportunamente  dosare ed
apprezzare   il   confronto   e  l'intreccio  dei  poteri  statali  e
costituzionali con quelli regionali e locali, con le autorita' estere
e   con   i   rappresentanti   di   organismi  comunitari  e  con  le
organizzazioni internazionali».
   Sul  punto, il ricorrente, dopo aver precisato che le Regioni sono
state invitate al procedimento di formazione del cennato d.P.C.m. del
2006  e  che  la disciplina generale in materia di protocollo in esso
contenuta  e' stata adottata «sulla base di un testo elaborato con il
continuo  apporto  di  un  tavolo  tecnico Governo-Regioni e Consigli
regionali»,  ritiene  che  la  Regione  Marche  nel  disciplinare «la
materia  gia' oggetto di trattazione unitaria» nel d.P.C.m. del 2006,
abbia violato il principio di leale collaborazione.
   2.  -  Con atto depositato il 19 febbraio 2008 si e' costituita in
giudizio la Regione Marche chiedendo il rigetto del ricorso.
   La  difesa  regionale  assume, in via preliminare, che l'ambito di
applicazione  dell'atto  impugnato  e' limitato «esclusivamente» alle
cerimonie  a carattere locale. In particolare, la resistente, pur non
dubitando   della  competenza  dello  Stato  nello  «stabilire  quali
cerimonie  rivestano  carattere  nazionale  o  internazionale»  e nel
disciplinare  «in via esclusiva le relative precedenze tra le cariche
pubbliche»,  ritiene  che la Regione avrebbe una competenza residuale
nella disciplina dell'ordine delle precedenze nelle cerimonie, «prive
del  carattere  nazionale  o  internazionale»,  che  si  svolgono  ad
iniziativa   propria   ovvero  degli  enti  da  essa  dipendenti.  In
proposito,  la Regione Marche ritiene che la sentenza n. 496 del 1989
non  costituirebbe  «di per se' un precedente in termini da applicare
automaticamente  al  caso  di  specie»  e sottolinea che la posizione
protocollare  non  e' prevista tra le materie elencate dall'art. 117,
secondo comma, della Costituzione.
   Procedendo  nella  disamina  delle singole censure prospettate dal
ricorrente,  la  difesa  regionale,  con  riferimento alla violazione
dell'art.   117,   secondo  comma,  lettera  a),  della  Costituzione
ribadisce  che  il  Regolamento  impugnato  non  si  applica ne' alle
cerimonie  nazionali  ne'  a  quelle  internazionali di cui al citato
d.P.C.m.  del  2006.  Parimenti infondata sarebbe la censura relativa
all'art. 117, secondo comma, lettera c), della Costituzione, poiche',
precisa  la  Regione,  il  Regolamento  non avrebbe introdotto alcuna
disciplina distinta rispetto a quella prevista dal d.P.C.m. del 2006.
   Quanto  all'asserita  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettere  f),  g)  e  p),  della  Costituzione,  la  difesa regionale,
richiamando  la sentenza n. 10 del 2008, ritiene infondate le censure
poiche'  il Regolamento impugnato non inciderebbe «sulle attribuzioni
[...] di organi e amministrazioni dello Stato».
   Ad avviso della Regione Marche, con riferimento all'art. 118 della
Costituzione,  contrariamente  a  quanto sostenuto dal ricorrente, la
«chiamata in sussidiarieta» non potrebbe essere invocata nel presente
conflitto,  poiche' mancherebbe «nel caso di specie l'attrazione allo
Stato di una funzione amministrativa cui ricollegare la normazione ad
essa  strumentale».  Da ultimo, sempre a parere della resistente, non
vi  sarebbe  alcuna violazione del principio di leale collaborazione,
in quanto il coinvolgimento delle Regioni nell'adozione del d.P.C.m.,
sarebbe  avvenuto  attraverso  una  consultazione  «in sedi del tutto
informali»,  nella specie «tavoli tecnici», che non potrebbero essere
considerate  «giuridicamente  impegnative  o  [...] dispositive delle
attribuzioni costituzionali spettanti alle autonomie regionali».
   3.  -  In prossimita' dell'udienza hanno depositato memorie sia la
Regione Marche sia il Presidente del Consiglio dei ministri.
   3.1.   -   La   difesa   regionale,  nel  ribadire  le  precedenti
argomentazioni difensive, precisa che la disciplina delle cerimonie a
carattere  locale,  attenendo  «all'ordinamento  e all'organizzazione
amministrativa  regionale»,  deve  essere  attribuita  alle  Regioni,
poiche' inciderebbe «su interessi esclusivamente locali».
   3.2.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, nell'insistere
nell'accoglimento  del ricorso, precisa che la distinzione, contenuta
nel  citato  d.P.C.m.  del  2006, tra cerimonie nazionali e cerimonie
territoriali   non  sarebbe  fondata  su  «un  criterio  territoriale
afferente   al   luogo   di   svolgimento   della   cerimonia»,   ne'
sull'autorita' che nel caso specifico assuma l'iniziativa dell'evento
o   che  ospiti  l'evento  stesso.  Detta  distinzione  si  baserebbe
piuttosto  «sull'apprezzamento  del  carattere  della  cerimonia, sul
valore  simbolico della stessa (nel caso di festivita' nazionale o di
esequie  di  Stato) e sulla presenza delle cariche istituzionali». Ne
consegue  che,  secondo  il Presidente del Consiglio dei ministri, «a
tali  nozioni  non puo' attribuirsi», come erroneamente riterrebbe la
resistente,  «il  valore  di  discriminante tra cio' che e' interesse
dello Stato e cio' che si ritiene non lo sia».
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  conflitto  di attribuzione sollevato dal Presidente del
Consiglio  dei  ministri nei confronti della Regione Marche, concerne
il regolamento regionale 15 novembre 2007 recante la disciplina delle
precedenze  tra  le  cariche  pubbliche  nelle  cerimonie a carattere
locale, del quale viene chiesto l'annullamento.
   Ad  avviso del ricorrente, l'atto impugnato sarebbe invasivo della
competenza  statale  riguardo  alla  determinazione dell'ordine delle
precedenze  tra le varie cariche pubbliche e si porrebbe in contrasto
con  gli  artt. 117, secondo comma, lettere a), c), f), g), p), e 118
della Costituzione, nonche' con il principio di leale collaborazione.
   2.  -  In  via  preliminare va dichiarata l'inammissibilita' delle
censure  sollevate  con riferimento ai parametri di cui all'art. 117,
secondo  comma,  lettere a), c), f) e p), della Costituzione, poiche'
detti  parametri  non sono contenuti nella delibera di autorizzazione
del Consiglio dei ministri (sentenza n. 275 del 2007).
   3. - Nel merito, il ricorso deve essere accolto.
   4. - La giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 496 del 1989),
invocata   anche   dall'odierno   ricorrente,  secondo  la  quale  la
determinazione  dell'ordine  delle  precedenze  rientra  tra le «piu'
antiche  e  tradizionali  prerogative dello Stato», non e' di per se'
sufficiente  per risolvere il conflitto risalendo ad epoca precedente
alla modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione.
   5.  -  Cio'  nondimeno,  il  coinvolgimento di organi statali che,
nell'individuazione  e  coordinamento  del  sistema  delle precedenze
nelle  cerimonie  pubbliche, viene in rilievo, comporta che ad essere
implicata sia la materia «ordinamento e organizzazione amministrativa
dello  Stato  e degli enti pubblici nazionali»; materia che, ai sensi
dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  g), della Costituzione, e'
attribuita  alla  competenza  esclusiva  dello Stato, per assicurarne
l'esercizio unitario.
   6.  -  Di  conseguenza  il regolamento impugnato, introducendo una
apposita  disciplina  in tema di ordine delle precedenze tra le varie
cariche  pubbliche,  ancorche'  riferita  alle cerimonie di carattere
locale, risulta invasivo della competenza esclusiva dello Stato.
   Pertanto,  va  accolto il ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri e annullato il regolamento della Regione Marche con il quale
si  e'  inteso  disciplinare l'ordine delle precedenze tra le cariche
pubbliche nelle cerimonie locali.