Ordinanza
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge 3
ottobre  2001,  n. 366  (Delega al Governo per la riforma del diritto
societario),  e,  «per  derivazione»,  degli  articoli  da 2 a 17 del
decreto   legislativo   17   gennaio   2003,  n. 5  (Definizione  dei
procedimenti  in  materia  di diritto societario e di intermediazione
finanziaria,  nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione
dell'art.  12  della  legge  3  ottobre  2001,  n. 366), promossi dal
Tribunale  di Napoli nei procedimenti civili vertenti tra E. D. L. ed
altra e tra O. C. ed altri e il Monte dei Paschi di Siena s.p.a., con
ordinanze  del  31 e 29 gennaio 2007, rispettivamente iscritte ai nn.
40  e  41  del  registro  ordinanze  2008 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 10, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 25 giugno 2008 il giudice
relatore Francesco Amirante.
   Ritenuto  che,  nel  corso  di due giudizi promossi da privati nei
confronti  di  un  istituto  di  credito,  il Tribunale di Napoli, in
composizione   collegiale,   con  altrettante  ordinanze  di  analogo
contenuto,   ha   sollevato,   in   riferimento   all'art.  76  della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 12
della  legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma
del  diritto  societario),  «nella  parte  in  cui,  in  relazione al
giudizio ordinario di primo grado in materia societaria, non indica i
principi  e  criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare le scelte
del legislatore delegato» e, «per derivazione», degli articoli da 2 a
17  del  decreto  legislativo  17 ottobre 2003, n. 5 (Definizione dei
procedimenti  in  materia  di diritto societario e di intermediazione
finanziaria,  nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione
dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366);
     che il giudice remittente - dopo aver ricordato come, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, i principi e criteri direttivi di cui
all'art.  76  Cost.  «non  escludono  la  possibilita' di lasciare al
legislatore   delegato   un   ampio   margine   di   discrezionalita'
nell'individuazione  delle  modalita'  attraverso le quali realizzare
gli  obiettivi prefissati dalla legge delega» - sostiene il contrasto
della  norma  di  delega  di  cui al censurato art. 12 con l'invocato
parametro  in  quanto  -  rispetto  all'unico obiettivo dichiarato di
voler   assicurare   una  piu'  rapida  ed  efficace  definizione  di
procedimenti  nelle  materie  ivi individuate - non ha fornito alcuna
indicazione  in ordine allo schema processuale da adottare, lasciando
il  legislatore  delegato  libero  di  creare  a  suo  arbitrio  - e,
pertanto,  travalicando il limite della discrezionalita' - un modello
di procedimento del tutto nuovo;
     che  da  cio' si fa derivare la non manifesta infondatezza della
sollevata  questione,  rilevante in quanto dall'esito della decisione
di  questa  Corte dipende l'applicabilita', o meno, dell'intera nuova
disciplina processuale censurata alle controversie in corso;
     che,  in  entrambi  i  giudizi, e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato, chiedendo, con atti di contenuto identico, la
declaratoria di manifesta inammissibilita';
     che  a  tale  soluzione  dovrebbe  pervenirsi,  innanzitutto, in
quanto  le  ordinanze  di rimessione si appuntano «piu' su un sistema
che su norme»;
     che,  oltre  a  questo,  l'interveniente  ricorda come questioni
identiche a quella attuale siano state oggetto di molteplici pronunce
di   questa   Corte,  tutte  conclusesi  nel  senso  della  manifesta
inammissibilita'.
   Considerato  che  le  ordinanze  di rimessione sollevano questioni
identiche,  riguardanti  la  delega  legislativa  per  la riforma dei
procedimenti  in  materia  di  diritto  societario,  onde  i relativi
giudizi devono essere riuniti e decisi con unica pronuncia;
     che  il  Tribunale  di  Napoli,  in  composizione collegiale, ha
sollevato,  in  riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  12 della legge 3 ottobre
2001,   n. 366   (Delega  al  Governo  per  la  riforma  del  diritto
societario),  nonche',  per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del
decreto   legislativo   17   gennaio   2003,  n. 5  (Definizione  dei
procedimenti  in  materia  di diritto societario e di intermediazione
finanziaria,  nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione
dell'art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366);
     che,  secondo  il remittente, l'indicazione della piu' rapida ed
efficace  definizione dei procedimenti, quale finalita' da perseguire
con   la   normativa  da  emettere  in  attuazione  della  delega,  e
l'indicazione della concentrazione del procedimento e della riduzione
dei  termini  processuali  quali principi e criteri direttivi, per la
loro  genericita',  hanno  reso  «libero  il  legislatore delegato di
creare  un  nuovo  modello  processuale che esula completamente dallo
schema   del   procedimento  ordinario  disciplinato  dal  codice  di
procedura civile»;
     che  la  delega,  pertanto, sarebbe carente dei requisiti di cui
all'art.  76 Cost. e da cio' deriverebbe anche l'illegittimita' degli
articoli da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003;
     che  la questione e' manifestamente inammissibile per le ragioni
gia'  indicate  nelle  ordinanze  n. 404 del 2007, n. 23 e n. 207 del
2008  di  questa  Corte,  che  hanno  esaminato  identiche  questioni
sollevate dal medesimo remittente;
     che, infatti, anche nel presente giudizio il remittente denuncia
la  genericita'  della  delega,  ma  sembra soprattutto dolersi della
possibilita'  per  il legislatore delegato di creare un nuovo tipo di
procedimento  anziche'  modificare,  per  le  materie  in oggetto, lo
schema del processo civile ordinario;
     che   riflesso   di  tale  perplessita'  e'  l'esclusione  dalla
richiesta  di  illegittimita'  dell'art. 1 e, inoltre, degli articoli
successivi  al 17 del d.lgs. n. 5 del 2003, esclusione implicante una
dichiarazione  di illegittimita' della delega solo nella parte in cui
il Governo ha inteso darne attuazione con le disposizioni di cui agli
articoli da 2 a 17 del decreto delegato;
     che, quindi, contrariamente a quanto espressamente enunciato dal
Tribunale   remittente,  le  suddette  disposizioni  della  normativa
delegata  potrebbero  essere  illegittime  per  vizi propri e non per
derivazione dall'illegittimita' della delega;
     che  il remittente non precisa di quali disposizioni del decreto
delegato   debba  fare  applicazione,  essendosi  questa  Corte  gia'
pronunciata su alcune di esse - successivamente alla remissione delle
presenti questioni - con le sentenze n. 54, n. 321, n. 340 del 2007 e
n. 71 del 2008;
     che  le rilevate contraddittorieta' e carenze delle ordinanze di
rimessione  si risolvono in difetti della motivazione sulla rilevanza
e sulla non manifesta infondatezza della questione.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.