Ordinanza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 26 del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza del
giudice  di  pace, a norma dell'art. 14 della legge 24 novembre 1999,
n. 468),  promosso  con  ordinanza del 16 ottobre 2007 dal Giudice di
pace  di Napoli nel procedimento penale a carico di G.M., iscritta al
n. 20  del  registro  ordinanze  2008  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 8, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  9 luglio 2008 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
   Ritenuto  che  il  Giudice di pace di Napoli, con ordinanza del 16
ottobre  2007,  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 111
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.   26   del  decreto  legislativo  28  agosto  2000,  n. 274
(Disposizioni sulla competenza del giudice di pace, a norma dell'art.
14  della legge 24 novembre 1999, n. 468), nella parte in cui prevede
che,  a  seguito  del  ricorso  immediato  della  persona offesa, «il
giudice  puo'  provvedere  autonomamente  dal  p.m.  nei soli casi di
inammissibilita',  incompetenza  e infondatezza, mentre, laddove egli
ritenga  fondata  la  richiesta  di convocazione, in contrasto con il
parere del p.m., non puo' emettere il decreto» di cui all'art. 27 del
citato decreto delegato;
     che  il giudice a quo e' investito di un procedimento introdotto
con  ricorso  della persona offesa, ai sensi dell'art. 21 del d. lgs.
n. 274  del  2000, nel quale il pubblico ministero ha espresso parere
contrario  in  ordine  alla citazione a giudizio della persona cui e'
attribuito il reato;
     che  egli,  non  condividendo  il parere del pubblico ministero,
lamenta che il giudice di pace, anche se ritiene fondata la richiesta
della  persona  offesa,  non  possa convocare le parti in udienza, in
mancanza  di  un'imputazione, e debba invece disporre la trasmissione
del ricorso all'organo dell'accusa, affinche' questi proceda, «ove vi
siano   i   presupposti  (quindi  anche  la  querela)»,  nelle  forme
ordinarie;
     che,  a  suo avviso, dopo la trasmissione degli atti al pubblico
ministero   il  procedimento  non  potrebbe  proseguire  nelle  forme
ordinarie,  ove,  come  nella  specie, il ricorrente avesse omesso di
presentare la querela nei termini di legge, «con il conseguente grave
e irreparabile vulnus della persona offesa»;
     che,  dunque, il rimettente censura l'art. 26 del d. lgs. n. 274
del  2000,  il quale, limitandosi a stabilire che il giudice di pace,
anche  se  il  pubblico ministero non ha avanzato richieste, adotta i
soli  «provvedimenti di segno negativo» di cui ai commi 2, 3 e 4, non
consente  la convocazione delle parti nell'ipotesi opposta, in cui il
giudice,  dissentendo  dal  parere  negativo dell'organo dell'accusa,
ritenga che l'iter del ricorso immediato debba proseguire;
     che  tale  norma violerebbe innanzitutto l'art. 3 Cost., poiche'
«le  due  parti  non risultano avere eguali diritti, nella prevalenza
del  p.m.»,  nonche' per l'irragionevolezza di una disciplina in base
alla  quale  il  giudice,  mentre  puo' «provvedere autonomamente dal
p.m.» se ritiene il ricorso inammissibile, manifestamente infondato o
presentato  a  giudice  incompetente, «non puo' farlo nei casi in cui
gli appare fondata la richiesta di convocazione» delle parti avanzata
dalla persona offesa;
     che  l'irragionevolezza  del  citato  art. 26 sarebbe desumibile
anche  dal  confronto  con  l'art. 17 del d. lgs. n. 274 del 2000, il
quale   prevede   che   il   giudice  investito  della  richiesta  di
archiviazione del procedimento possa, in piena autonomia, ordinare la
formulazione dell'imputazione al pubblico ministero;
     che,   inoltre,   sarebbero   violati   l'art.   24  Cost.,  per
l'irreparabile  pregiudizio recato al diritto di difesa della persona
offesa, ed il principio di imparzialita' e terzieta' del giudice, cui
e'  impedito  di  discostarsi  da  un  parere che «sembra errato, non
convincente, distratto, irrazionale»;
     che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  deducendo  la manifesta infondatezza della questione, perche'
basata  sull'erroneo  presupposto  che,  a seguito della trasmissione
degli  atti  al  pubblico ministero, la prosecuzione del procedimento
sia impedita dalla mancata presentazione della querela ad opera della
persona offesa.
   Considerato   che   il  Giudice  di  pace  di  Napoli  dubita,  in
riferimento  agli  artt.  3,  24  e  111  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 26 del decreto legislativo 28
agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni  sulla competenza del giudice di
pace,  a  norma  dell'art.  14 della legge 24 novembre 1999, n. 468),
nella parte in cui non consente al giudice di pace, adito con ricorso
della  persona  offesa,  di emettere il decreto di convocazione delle
parti  quando  il  pubblico ministero abbia espresso parere contrario
alla citazione;
     che  il  rimettente  si  duole  che  il  giudice sia obbligato a
disporre  la  trasmissione  del  ricorso  al  pubblico ministero, per
l'ulteriore  corso  del  procedimento,  anche  nel  caso  in  cui non
condivida il parere sfavorevole da quest'ultimo espresso;
     che  egli,  nel  prospettare  la  questione, muove da un erroneo
presupposto  interpretativo,  secondo  il quale, dopo la trasmissione
del  ricorso,  in  mancanza  della  querela  della persona offesa, il
procedimento non potrebbe aver corso;
     che,  viceversa,  ai  sensi  dell'art.  21, comma 5, del d. lgs.
n. 274  del  2000,  la  presentazione  del ricorso produce gli stessi
effetti  della  presentazione  della querela, per cui la trasmissione
degli  atti  in nessun caso inibisce la prosecuzione del procedimento
secondo l'iter ordinario;
     che,  inoltre,  questa  Corte,  pronunciandosi  in  ordine  alla
disciplina  oggetto  del  presente giudizio, ha gia' affermato che la
portata  preclusiva  del  parere contrario dell'organo della pubblica
accusa  deriva  quale  conseguenza  necessitata  della configurazione
dell'istituto  del  ricorso  immediato della persona offesa come atto
meramente  propositivo,  rispetto  al  quale  e'  rimesso al pubblico
ministero  di  aderire o meno, nell'esercizio delle funzioni connesse
alla  esclusiva  titolarita' dell'iniziativa penale (ordinanza n. 114
del 2008);
     che,    pertanto,    la   questione   deve   essere   dichiarata
manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.