Il Giudice dell'udienza preliminare dott.ssa Daniela Amato sulla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero; Visti gli atti del procedimento n. 2276/03 R.N. R. - 357/05 g.i.p, nei confronti di: Rositani Guglielmo, nato Varapodio (RC) il 14 febbraio l938, imputato del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 595 commi primo e terzo, c.p., 13, legge 8 febbraio 1948, n. 47 e 30, legge 6 agosto 1990, n. 223 (diffamazione col mezzo della stampa e della televisione) perche', con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nel corso di una conferenza stampa, comunicando con piu' persone, offendeva la reputazione di Mauro Meli - all'epoca dei fatti sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari - dichiarando in tempi diversi, dapprima al pubblico dei giornalisti intervenuti e, successivamente, in occasione di precisazioni rilasciate agli operatori di alcune emittenti televisive presenti: a) «... mafiosi i metodi di gestione di Meli ...»; b) che «... in tutta Italia si parla di Cagliari come di un paese dove si utilizza denaro pubblico per favorire gli amici ...» e che Meli ne e' il responsabile; c) che Meli si sarebbe servito «... di metodi mafiosi e truffaldini per favorire se' e i suoi amici ...»; d) che «... dagli atti esaminati dalla Guardia di Finanza si vede chiaramente che qui ci sono interessi privati e interessi degli amici degli amici che vanno ad inserirsi nel costo della musica ...»; e) che il Meli e' «... responsabile di una gestione mafiosa e corrotta ...»; dichiarazioni poi riportate dal quotidiano «L'Unione Sarda» (suba), dal quotidiano «La Nuova Sardegna» (sub b), dall'agenzia giornalistica «Ansa» (subb), dalle emittenti televisive «Sardegna Uno» (sub c), «Videolina» (sub d) e «T.C.S.» (sub e). Delitto aggravato per essere il fatto stato commesso con i mezzi della stampa e della televisione, nonche' per essere l'offesa consistita anche (sub b, c, d) nell'attribuzione di un fatto determinato. Commesso in Cagliari, nei giorni 3 e 4 marzo 2003. O s s e r v a 1. - Il fatto. A seguito di atto di querela presentato il 10 marzo 2003 da Mauro Meli, all'epoca Sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari, il Procuratore della Repubblica di Cagliari ha chiesto il rinvio a giudizio del deputato on. Guglielmo Rositani per il delitto di diffamazione sopra specificato. L'accusa nei confronti dell'onorevole Rositani e' in particolare fondata su una serie di dichiarazioni rese nel corso della conferenza stampa che il 3 marzo 2003 fu organizzata presso la sala stampa del Consiglio regionale della Sardegna da Antonello Liori, segretario provinciale di Cagliari del partito «Alleanza nazionale», e da Cesare Corda, consigliere regionale dello stesso partito. Nel corso della conferenza stampa l'on. Rositani, deputato anch'egli appartenente ad «Alleanza nazionale», dopo aver precisato di aver aderito all'invito di partecipare all'incontro non in qualita' di vice presidente della Commissione cultura della Camera dei deputati, ma quale esponente del partito, dapprima davanti al pubblico dei giornalisti intervenuti e, successivamente, in occasione di precisazioni rilasciate ai giornalisti di alcune emittenti televisive presenti, defini' «... mafiosi i metodi di gestione di Meli ...» (la dichiarazione fu riportata dal quotidiano L'Unione Sarda); affermo' che «... in tutta Italia si parla di Cagliari come di un paese dove si utilizza denaro pubblico per favorire gli amici ...», attribuendone al Meli la responsabilita' (la dichiarazione fu riportata dal quotidiano la Nuova Sardegna e dall'agenzia giornalistica Ansa); affermo' che il Meli si era servito «... di metodi mafiosi e truffaldini per favorire se' e i suoi amici ...» (la dichiarazione fu trasmessa dall'emittente televisiva Sardegna Uno) e che «... dagli atti esaminati dalla Guardia di Finanza si vede chiaramente che qui ci sono interessi privati e interessi degli amici degli amici che vanno ad inserirsi nel costo della musica ...» (la dichiarazione fu trasmessa dall'emittente televisiva Videolina); disse infine che il Meli era «... responsabile di una gestione mafiosa e corrotta ...» (la dichiarazione fu trasmessa dall'emittente televisiva T.C.S.). 2. - La delibera della Camera dei deputati. La Camera dei deputati con atto adottato dall'Assemblea il 2 febbraio 2005 (doc. IV-quater, n. 112), su proposta della giunta per le autorizzazioni, ha deliberato nel senso che i fatti per i quali e' in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, comma primo, Cost. Secondo la relazione della giunta, le dichiarazioni rese in occasione della citata conferenza stampa sarebbero infatti collegate all'interrogazione a risposta immediata che l'on. Rositani aveva depositato il 17 dicembre 2002 in commissione, con cui aveva chiesto al Ministro per i beni e le attivita' culturali di inviare un'ispezione per fare chiarezza sulle vicende amministrative e contabili del Teatro lirico di Cagliari. Il testo dell'interrogazione (n. 5-01510, del 17 dicembre 2002), allegato alla deliberazione della giunta, e' il seguente: Per sapere, premesso che: il consiglio di amministrazione della fondazione della fondazione del teatro lirico di Cagliari, scaduto il 22 giugno 2002, e' stato precipitosamente convocato dal Presidente il giorno 7 agosto 2002 non solo per l'insediamento che riguarda esclusivamente la verifica dei requisiti richiesti dalla legge e dallo Statuto dei suoi componenti, ma anche per la nomina del sovrintendente; il predetto consiglio e' stato convocato senza il rappresentante della regione (secondo finanziatore dopo lo Stato) e con la presenza di un rappresentante del comune gia' dimissionario, il quale, stranamente si e' presentato all'atto della votazione per ridimettersi il giorno dopo; esiste un netto contrasto tra l'articolo 6, comma 5, dello statuto della fondazione e l'articolo 2 del decreto legislativo 29 giugno 1966, n. 367. Difatti mentre lo Statuto prevede che «il Consiglio e' validamente costituito quando siano in carica cinque dei suoi componenti compreso il Presidente», il decreto legislativo prevede «che il Consiglio opera con la nomina della maggioranza dei suoi componenti»; la nomina del Sovrintendente e', a parere degli interroganti, tra la scorrettezza e l'illegittimita' in quanto 1'articolo 9 dello Statuto prevede che tale nomina deve essere f atta non nella seduta dell'insediamento, ma in quella successiva; dai primi di ottobre 2002 la guardia di finanza e' in visita presso gli uffici dei Sovrintendenti per una puntuale e precisa verifica dei documenti contabili e contrattuali; tale visita e' collegata ai deficit miliardari della fondazione frutto di una gestione, ad avviso dell'interroganti, a dir poco allegra e sconsiderata visti i rilievi di natura sostanziale e formale sollevati dalla corte dei conti sui bilanci d'esercizio 1999 e 2000 in data 8 luglio 2002; se non ritenga opportuno inviare immediatamente un'ispezione ministeriale per fare chiarezza sull'intera vicenda, al fine di salvaguardare il denaro pubblico e di tutelare il buon nome del Teatro di Cagliari e della musica italiana. (5-01510). 3. - L'insindacabilta' delle opinioni rese dal Parlamentare al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale. Si deve ritenere che nel caso specifico la Camera dei deputati abbia erroneamente ritenuto esistente la prerogativa dell'insindacabilita' delle opinioni espresse dal deputato. Alla stregua della consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, non e' infatti ravvisabile nel caso concreto la relazione tra le dichiarazioni assunte come diffamatorie rese extra moenia dall'on. Rositani e l'atto parlamentare in questione, dalla quale deriverebbe l'insindacabilita'; e pertanto devono ritenersi insussistenti i presupposti di cui all'art. 68, primo comma, Cost. E' noto che la Corte costituzionale, anche prima dell'entrata in vigore della legge 20 giugno 2003, n. 140, aveva ripetutamente affermato che l'immunita' di cui all'art. 68, primo comma, Cost. - non dovendosi risolvere in un «privilegio personale confliggente in modo irrimediabile con principi costituzionali fondamentali e diritti di altri soggetti» - non poteva comprendere ogni opinione comunque espressa dal parlamentare, ma che rientravano «nella sfera dell'insindacabilita», oltre a tutte le opinioni manifestate con atti tipici nell'ambito dei lavori parlamentari, anche attivita' non tipizzate, da considerarsi «coperte» dalla garanzia di cui all'art. 68 quando si fossero esplicate mediante strumenti, atti e procedure «innominati», comunque rientranti nel campo di applicazione del diritto parlamentare, e che il membro del Parlamento e' in grado di pone in essere e di utilizzare proprio solo e in quanto riveste tale carica (v. Corte cost., 9 febbraio 2000, n. 56; Corte cost., 20 novembre 2002, n. 509; Corte cost., 4 giugno 2003, n. 219). Per poter ricondurre le dichiarazioni rese extra moenia nell'ambito delle «opinioni» per le quali opera la garanzia costituzionale della irresponsabilita' non potevano bastare «ne' la semplice comunanza di argomenti, ne' l'identita' del "contesto" politico tra quelle dichiarazioni e l'espletamento di atti tipici della funzione parlamentare», occorrendo, invece, «che la dichiarazione possa essere qualificata come espressione di attivita' parlamentare; il che normalmente accade se ed in quanto sussista una sostanziale corrispondenza di significati tra le dichiarazioni rese al di fuori dell'esercizio delle attivita' parlamentari tipiche svolte in Parlamento e le opinioni gia' espresse nell'ambito di queste ultime (Corte cost., 27 febbraio 2002, n. 52). Dopo l'approvazione della legge 20 giugno 2003, n. 140 - il cui art. 3, comma primo, ha previsto che l'art. 68 «si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attivita' di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento» -, con la sentenza 7 aprile 2004, n. 120 la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale di tale norma, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 68, primo comma, e 117 Cost., escludendo che essa abbia ampliato l'ambito dell'immunita' garantita ai parlamentari dall'ari 68, primo comma, quale era stata delineata dalla propria giurisprudenza. In particolare, la Corte ha escluso che la norma abbia eliminato la necessita' del «nesso funzionale» fra le opinioni espresse dal parlamentare fuori dal Parlamento, assunte come diffamatorie, e l'esercizio di funzioni parlamentari, ed ha ribadito - richiamando in particolare le sentenze nn. 10 e 11 dell'11 gennaio 2000 e la citata n. 219 del 2003 - che tali opinioni rientrano nell'area dell'insindacabilita' solo se costituiscano «divulgazione e riproduzione» di attivita' parlamentari, pur non necessariamente tipiche, e che possono considerarsi insindacabili quando «garanzia e funzione sono inscindibilmente legate fra loro da un nesso che, reciprocamente, le definisce e giustifica» (v. sentenza n. 219/2003), individuando in quel «nesso» «il presidio delle prerogative parlamentari e, insieme, del principio di eguaglianza e dei diritti fondamentali dei terzi lesi». Tale orientamento e' stato ribadito dalle sentenze nn. 246/2004 e 298/2004, le quali, in sede di conflitto tra poteri dello Stato, hanno affermato che l'art. 3, comma 1, della legge n. 140 del 2003 «non altera il contenuto dell'art. 68, primo comma, della Costituzione» e' stata percio' ribadita la necessita', ai fini dell'esistenza del «nesso funzionale», che le opinioni in esame costituiscano «divulgazione e riproduzione» di attivita' parlamentari; e, in particolare, la sentenza n. 298/2004 ha ulteriormente sottolineato la necessita' di una «sostanziale identita' di contenuti» tra l'opinione espressa nell'atto parlamentare e l'esternazione che siffatta opinione divulghi. L'elemento determinante individuato dalla Corte e' dunque l'esistenza del nesso funzionale tra l'opinione espressa e l'attivita' - non genericamente politica, bensi' parlamentare, anche se le caratteristiche di quest'ultima, e di conseguenza quelle dello stesso nesso funzionale, non possono essere rigorosamente definite in astratto (v. Corte cost., 7 aprile 2004, n. 120). Cosicche' si e' pervenuti ad affermare che non e' decisiva la localizzazione dell'attivita' in questione all'interno o all'esterno dei palazzi del Parlamento (intra o extra moenia) e che anche con riferimento alla divulgazione delle opinioni espresse da parlamentari, quel che rileva e' la sostanziale identita' di contenuti fra l'opinione espressa in un atto tipico inteso nel senso suindicato, e quindi caratterizzata dal nesso funzionale, ed il messaggio che siffatta opinione divulga (v. Corte cost., 27 settembre 2004, n. 298 e Corte cost., 4 giugno 2003, n. 219, per le quali l'immunita' si estende alla divulgazione di opinioni espresse in un atto legato dal nesso funzionale con l'attivita' parlamentare). Anche sulla scorta della completa rassegna ricavabile dalla sentenza 15 novembre 2004, n. 347, cui la stessa Relazione presentata alla Presidenza il 1 febbraio 2005 fa espresso richiamo, deve ricordarsi che «la semplice comunanza di argomento fra la dichiarazione. che si pretende lesiva e le opinioni espresse dal deputato o dal senatore in sede parlamentare non puo' bastare a fondare l'estensione alla prima della immunita' che copre le seconde. Tanto meno puo' bastare a tal fine la ricorrenza di un contesto genericamente politico in cui la dichiarazione si inserisca». E' infatti necessaria l'identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare e in particolare occorre la «riproduzione» all'esterno delle Camere di dichiarazioni rese in sede parlamentare. Tale riproduzione e' insindacabile solo ove «si riscontri l'identita' sostanziale di contenuto fra l'opinione espressa in sede parlamentare e quella manifestata nella sede esterna» (sentenza n. 10 del 2000). Secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale sinteticamente richiamata, dunque, cio' che il parlamentare dice ed esprime fuori del Parlamento tramite i mezzi di comunicazione o in occasione di dibattiti pubblici non rientra di per se' nell'ambito dell'art. 68 Cost. quando vi sia una generica comunanza di argomento tra le dichiarazioni rese pubblicamente e le opinioni espresse in Parlamento, ma solo quando le prime siano «sostanzialmente riproduttive» delle seconde. 4. - Le ragioni del conflitto. Facendo applicazione nel caso concreto dei principi esposti, si deve osservare che l'interrogazione del deputato Rositani menzionata nella relazione della giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, diversamente da quanto ritenuto dalla Camera di appartenenza, non puo' supportare adeguatamente la dichiarazione di insindacabilita'. Emerge invero dal raffronto tra il testo dell'interrogazione parlamentare e le dichiarazioni oggetto del procedimento, rese dall'on. Rositani in occasione della conferenza stampa e successivamente ai diversi giornalisti intervenuti, che queste ultime in massima parte non riproducevano ne' il contenuto testuale, ne' lo spirito dell'attivita' parlamentare. Nel corso dell'attivita' parlamentare, infatti, il Rositani aveva lamentato l'irregolare convocazione del consiglio di amministrazione della Fondazione del teatro lirico da parte del presidente per la nomina del sovrintendente - che, a parere suo e del cofirmatario era avvenuta «tra la scorrettezza e l'illegittimita', in quanto l'articolo 9 dello Statuto prevede che tale nomina deve essere fatta non nella seduta dell'insediamento, ma in quella successiva» - e aveva fatto presente che «dai primi di ottobre 2002 la guardia di finanza e' in visita presso gli uffici dei Sovrintendenti per una puntuale e precisa verifica dei documenti contabili e contrattuali», sottolineando che «la visita e' collegata ai deficit miliardari della fondazione frutto di una gestione, ad avviso dell'interroganti, a dir poco allegra e sconsiderata visti i rilievi di natura sostanziale e formale sollevati dalla corte dei conti sui bilanci d'esercizio 1999 e 2000 in data 8 luglio 2002»; il deputato aveva quindi concluso rivolgendo al Ministro l'interrogazione se «non ritenga opportuno inviare immediatamente un'ispezione ministeriale per fare chiarezza sull'intera vicenda, al fine di salvaguardare il denaro pubblico e di tutelare il buon nome del Teatro di Cagliari e della musica italiana». Soltanto riguardo alle accuse di natura lato sensu contabile rivolte al sovrintendente Meli - relative al fatto che «dagli atti esaminati dalla Guardia di Finanza si vede chiaramente che qui ci sono interessi privati e interessi degli amici degli amici che vanno ad inserirsi nel costo della musica» - puo' condividersi l'osservazione della giunta secondo cui esse «non sono altro che la proiezione esterna del contenuto dell'atto ispettivo». Ma di tutt'altro contenuto e connotate da diverso sostanziale significato offensivo rispetto a quell'atto sono le dichiarazioni attraverso le quali, come detto, il deputato defini' «mafiosi» i metodi di gestione del Meli, gli attribui' la responsabilita' del fatto che «in tutta Italia» si parlasse di Cagliari come di «un paese dove si utilizza denaro pubblico per favorire gli amici», lo accuso' di usare «metodi mafiosi e truffaldini per favorire se' e i suoi amici» ed ancora di essere «responsabile di una gestione mafiosa e corrotta». Tali ultime dichiarazioni infatti esulano dai confini dell'interrogazione e assumono autonomo significato offensivo del tutto indipendente dall'attivita' parlamentare svolta dall'on. Rositani, consistendo - nell'ambito di una soltanto generica comunanza di argomento - in un attacco diretto a colpire sul piano personale la figura morale del Meli, con la chiara finalita' di attribuirgli indeterminate condotte gestionali corrotte e clientelari, adombrandone, se non l'appartenenza ad organizzazioni mafiose, quantomeno l'utilizzazione dei metodi che quelle organizzazioni connotano. Non si ravvisa dunque quel nesso tra l'atto parlamentare tipico e le dichiarazioni diffamatorie oggetto della contestazione d'accusa che, come si e' detto, costituisce il presupposto della guarentigia prevista dall'art. 68, primo comma, Cost.