IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Visti  gli  atti  del  procedimento  penale di cui in epigrafe nei
confronti  di:  1)  Valentino  Giuseppe,  nato  a  Reggio Calabria 19
dicembre 1945 [Senatore della Repubblica]; 2) Sinibaldi Michele, nato
a  Roma  19  dicembre 1949; indagati per il reato di cui all'art. 378
c.p.  (favoreggiamento  personale)  in  particolare per avere aiutato
Giampiero  Fiorani  ad  eludere  le  indagini  sul medesimo condotte,
riferendogli  l'esistenza di operazioni di intercettazione telefonica
a suo carico, per il tramite di Ricucci Stefano.
   Premesso  che  in  data  13  novembre  2006, con duplice ordinanza
adottata  ai  sensi  dell'art.  6  della  legge 20 giugno 2003 n. 140
questo giudice ha:
     a) dichiarato necessaria l'utilizzazione dei tabulati telefonici
riferiti  all'utenza 335465719 in uso a Sinibaldi Michele nella parte
relativa  ai contatti intercorsi con l'utenza n. 3356893834 in uso al
sen. Giuseppe Valentino;
     b)  richiesto  al  Senato della Repubblica l'autorizzazione alla
utilizzazione dei predetti tabulati;
   Atteso  che con nota del 21 dicembre 2007 il Presidente del Senato
della  Repubblica  ha  comunicato  al Procuratore della Repubblica di
Roma  «il  diniego  dell'autorizzazione  richiesta dal Giudice per le
indagini  preliminari presso il Tribunale di Roma in data 13 novembre
2006  ai  sensi dell'art. 6 della legge n. 140 del 2003, in relazione
ad  un'utenza  in  uso  all'avvocato  Michele Sinibaldi all'epoca dei
fatti contestati».
                            O s s e r v a
   Con  richiesta  del 22 luglio 2007, il p.m. presso il Tribunale di
Roma ha chiesto a questo giudice, ai sensi degli artt. 268 c.p.p. e 6
legge  n. 140/023,  di  voler  richiedere  al Senato della Repubblica
l'autorizzazione  alla utilizzazione dei tabulati delle comunicazioni
riferiti  all'utenza  n. 335465719  in  uso a Sinibaldi Michele nella
parte  relativa ai contatti con l'utenza n. 3356893834 in uso al sen.
Giuseppe Valentino.
   All'esito  di  Camera di consiglio all'uopo fissata, con ordinanza
del  13  novembre  2007 lo scrivente giudice ha dichiarato necessaria
l'utilizzazione  dei  predetti  tabulati  sulla  base  delle seguenti
considerazioni.
   «La   legge  n. 140/2003  ha  inteso,  tra  le  altre,  introdurre
un'ulteriore  immunita'  per i membri del Parlamento nel caso in cui,
nel    contesto   di   operazioni   di   intercettazione   telefonica
legittimamente  eseguite  nell'ambito  di  un  procedimento  penale a
carico  di  terzi,  emergano comunicazioni o conversazioni in cui gli
stessi siano stati parte.
   In  tal  caso,  come  testualmente  recita l'art. 6 della legge, a
tutela   della  loro  riservatezza,  sentite  le  parti  (tra  cui  i
parlamentari  interessati),  il  giudice  per le indagini preliminari
dispone  la  distruzione  integrale  o  parziale  dei verbali e delle
registrazioni  delle  comunicazioni  o  comunicazioni intercettate in
qualsiasi forma, qualora le ritenga irrilevanti; la stessa disciplina
la  legge  stabilisce,  inoltre,  per  i tabulati delle comunicazioni
acquisiti nel corso del procedimento.
   Tuttavia,   mentre   nel   caso   delle   comunicazioni   o  delle
conversazioni  il  relativo  significato  emerge  immediatamente  dai
verbali  che  ne  cristallizzano  il  contenuto, non altrettanto puo'
dirsi dei tabulati, i quali dimostrano unicamente che sono intercorsi
contatti  tra  una  o  piu'  utenze telefoniche e quella o quelle dei
parlamentari interessati.
   Ne  consegue  che  necessariamente  differenziata  deve  essere la
valutazione in ordine alla rilevanza che la legge demanda al giudice:
nel  caso  delle conversazioni o comunicazioni si tratta di stabilire
l'esistenza  di  un collegamento, diretto o indiretto ma comunque non
equivoco,  con  i  fatti  oggetto  del  procedimento;  nel  caso  dei
tabulati,  la  rilevanza  non  puo'  che  attenere, invece, alla mera
pertinenza  dei  medesimi  alle  risultanze  delle indagini in corso,
posto  che  una  diversa  interpretazione  si  porrebbe  in immediato
contrasto   con   il   principio  costituzionale  di  obbligatorieta'
dell'azione penale di cui all'art. 112 Cost.
   Tanto  premesso,  non  si vede il motivo per cui si debba definire
irrilevante l'acquisizione dei tabulati in questione, posto che il il
p.m.  sta  sviluppando  un'ipotesi  investigativa  che  vuole il sen.
Valentino  essere l'autore della divulgazione di notizie riservate in
favore  di  Giampiero  Fiorani, per il tramite di Sinibaldi Michele e
Ricucci  Stefano  e  che  trova,  allo stato, riscontro (peraltro non
univoco,   v.   difformi   dichiarazioni   rese   da  Ricucci)  nelle
dichiarazioni gia' rese in altro procedimento dal citato Fiorani (ff.
da  012770  a  012782 dell'interrogatorio reso al G.i.p. di Milano in
data 17 dicembre 2005)».
   Con  separato  atto  del  13  gennaio  2006,  ha  conseguentemente
disposto  inoltrarsi  richiesta  di  autorizzazione  al  Senato  alla
utilizzazione  dei predetti tabulati ai sensi dell'art. 6 della legge
n. 140/2003,  precisando di avere «con separata ordinanza, (...) gia'
ritenuto  necessaria l'utilizzazione dei tabulati delle comunicazioni
riferite  all'utenza 335465719 in uso a Sinibaldi Michele nella parte
relativa  ai  contatti  con  l'utenza  n. 3356893834  in  uso al sen.
Valentino» ed allegando copia dei medesimi e della richiesta del p.m.
   Con  delibera  del 21 dicembre 2007, il Senato della Repubblica ha
deciso di approvare la proposta formulata dalla giunta delle elezioni
e delle immunita' parlamentari di denegare l'autorizzazione richiesta
per le seguenti ragioni.
   «La  giunta  ritiene di dover muovere dal disposto dell'articolo 6
della  citata  legge  n. 140  per sottolineare che da tale previsione
normativa  risulta  evidente  come  le  richieste  di  autorizzazione
all'utilizzazione  di  tabulati  telefonici  (non  diversamente dalle
richieste  di  autorizzazione  all'utilizzazione  di intercettazioni)
debbano  indicare  la "necessita'" di utilizzare i tabulati cui nelle
stesse  si  fa riferimento. In particolare, il concetto di necessita'
e' espressamente richiamato nel comma 2 del citato articolo 6 e trova
riscontro  sia nel successivo comma 3 sia, soprattutto, nella nozione
di utilizzazione richiamata sia nel comma 2 che nel comma 6. In altri
termini,  la  lettura  del complesso delle disposizioni contenute nel
citato   articolo   6   induce  a  ritenere  conclusivamente  che  la
concessione   dell'autorizzazione   all'utilizzazione   di   tabulati
telefonici  (e  analogamente  deve  ritenersi per le intercettazioni)
presuppone  la  necessita'  di  utilizzare  il tabulato telefonico in
relazione  "al  fatto  per il quale e' in corso il procedimento" come
individuato nella richiesta di autorizzazione.
   Le  considerazioni che precedono vanno completate evidenziando che
la  nozione  di "utilizzazione" alla quale deve farsi riferimento non
puo'  che essere quella tecnica - e cioe' quella di utilizzazione dei
tabulati  o  delle  intercettazioni  ai  fini della ricostruzione dei
fatti  oggetto  di  prova  - potendosi a tale proposito rinviare alle
considerazioni  contenute  nella  sentenza della Corte costituzionale
n. 366  del  1991,  in  occasione  della  quale la Corte ebbe modo di
precisare  che  l'utilizzazione  in  giudizio  come elementi di prova
delle  informazioni  raccolte  con  le intercettazioni legittimamente
disposte  nell'ambito  di  un  processo deve essere circoscritta alle
informazioni strettamente rilevanti del processo stesso.
   Alla luce dei rilievi sopra esposti la giunta ha dovuto constatare
che  nella  richiesta  di  autorizzazione del Giudice per le indagini
preliminari  presso  il Tribunale di Roma, nel testo cosi' formulato,
non  veniva  dato  conto di nessuna "necessita' di utilizzazione" dei
tabulati  telefonici  in  questione,  affermandosi,  invece,  la loro
pertinenza   (elemento   indispensabile  certo  ma  non  sufficiente)
rispetto al fatto oggetto del procedimento.
   La   predetta   "necessita'",   peraltro,   poteva,  al  contrario
positivamente  escludersi  in quanto la notorieta' e la frequenza dei
rapporti  tra  l'avvocato  Sinibaldi  e il senatore Valentino rendono
evidente  che  gli  eventuali  contatti telefonici tra gli stessi - i
quali risultano dai tabulati telefonici relativi all'utenza intestata
all'avvocato   Michele  Sinibaldi  -  non  possono  rivestire  alcuna
specifica   valenza   ai   fini   della   ricostruzione  dell'ipotesi
accusatoria, potendo gli stessi trovare la loro naturale collocazione
nel contesto di un rapporto di frequentazione assidua quale e' quello
che  caratterizza  i rapporti fra le predette persone, come lo stesso
senatore   Valentino  ha  pacificamente  riconosciuto  nella  memoria
depositata presso la giunta.
   Il  giudice  per  le  indagini  preliminari,  in altri termini, ha
argomentato,  circa  il  punto  della  "necessita' di utilizzazione",
calibrando  la  motivazione  su di un parametro (la mera "pertinenza"
alle  risultanze  delle indagini in corso) inconferente rispetto alla
"necessita'"   della   stessa,   atteso  che  esso  non  consente  di
individuare  un  collegamento  inequivoco  con  i  fatti  oggetto del
procedimento,  ben  potendo  detta  deduzione,  tra  l'altro,  essere
agevolmente  superata  dalla  allegata  molteplicita' e frequenza dei
contatti, anche quotidiani, tra i soggetti coinvolti (...)».
   Tanto  premesso,  si  rileva  che,  esprimendo  le valutazioni ora
riportate,  il  Senato  si e' arrogato in maniera palese attribuzioni
che appartengono in via esclusiva al giudice penale.
   L'art.  6,  comma  2  della legge n. 140 e' chiaro nell'attribuire
esclusivamente  al giudice per le indagini preliminari la valutazione
inerente  la necessita' di utilizzare le intercettazioni o i tabulati
di  cui  al comma 1 e lo scrivente vi ha all'uopo provveduto, dandone
succintamente  conto  nella richiesta di autorizzazione presentata al
Senato (v. supra).
   All'organo  parlamentare spettava, invece, unicamente stabilire se
la  richiesta  denotasse la sussistenza di una manifesta persecuzione
nei  confronti  del  sen.  Valentino  o  di  un'indebita  (in  quanto
immotivata)  ingerenza  nella  sua  sfera  privata  o  ancora  se  il
procedimento   rappresentasse   il  mero  pretesto  per  svolgere  un
indiretto,   quanto   del   pari   indebito,   condizionamento  sulle
determinazioni  connesse  al mandato parlamentare, mediante invasione
della sua sfera riservata.
   Che  questo  sia  l'ambito  della  garanzia prevista dall'art. 68,
comma  3 della Costituzione e' stato del resto ribadito dalla recente
sentenza  della  Corte  costituzionale n. 390 del 19 novembre 2007 la
quale  ha  affermato  che  «l'art.  68 Cost. mira a porre a riparo il
parlamentare  da  illegittime interferenze giudiziarie sull'esercizio
del  suo  mandato  rappresentativo; a proteggerlo, cioe', dal rischio
che   strumenti  investigativi  di  particolare  invasivita'  o  atti
coercitivi  delle  sue liberta' fondamentali possano essere impiegati
con  scopi  persecutori,  di condizionamento o comunque estranei alle
effettive  esigenze  della  giurisdizione»  e  ancora  che  «il  bene
protetto  si  identifica,  infatti,  con  l'esigenza di assicurare il
corretto  esercizio  del  potere  giurisdizionale  nei  confronti dei
membri  del  Parlamento  e  non  gli  interessi sostanziali di questi
ultimi   (riservatezza,   onore,   liberta'  personale),  in  ipotesi
pregiudicati   del   compimento  dell'atto;  tali  interessi  trovano
salvaguardia  nei  presidi,  anche  costituzionali,  stabiliti per la
generalita' dei consociati».
   Con  l'adozione  della  citata  delibera,  il  Senato  ha, dunque,
espresso   valutazioni   inerenti   la  necessita'  dell'acquisizione
probatoria,  rappresentata  dai  tabulati gia' presenti agli atti, in
rapporto   allo   sviluppo  attuale  del  procedimento  ed  alle  sue
prospettive  future  (ha, cioe', deciso della gestione processuale di
una  prova  gia'  formata),  invadendo  palesemente  le  attribuzioni
conferite  dalla  legge e dalla Costituzione al giudice penale, cosi'
interferendo illegittimamente sull'andamento del procedimento.
   Ne',   infine,  la  portata  invasiva  dell'atto  parlamentare  e'
attenuata  dalla  pronunzia  di illegittimita' costituzionale, dovuta
alla  stessa  sentenza n. 390/2007, dell'art. 6, comma 2, 5 e 6 della
legge n. 140/2003 nella parte in cui stabilisce che la disciplina ivi
prevista si applichi anche nei casi in cui le intercettazioni debbano
essere  utilizzate  nei  confronti di soggetti diversi dal membro del
Parlamento,   le   cui   conversazioni  o  comunicazioni  sono  state
intercettate,  perche'  anche  ove  si  ritenga  (come ritiene questo
giudice)   che  la  citata  pronunzia  comprenda  anche  i  tabulati,
l'utilizzazione  di  cui e' stata chiesta l'autorizzazione all'organo
parlamentare  e'  di  tipo bilaterale, riguardando cioe' sia il terzo
che ha interloquito con lui, sia il parlamentare in prima persona.
   Con  recentissima decisione, dettata per risolvere un conflitto di
attribuzione   tra   p.m.   e  Commissione  parlamentare  d'inchiesta
(sentenza  n. 26  dell'11 febbraio 2008), la stessa Corte ha, infine,
ribadito  il  principio  gia'  affermato in altra pronunzia (sentenza
n. 13 del 1975) secondo cui «il normale corso della giustizia ... non
puo' essere paralizzato a mera discrezione degli organi parlamentari,
potendo   e   dovendo   arrestarsi  unicamente  nel  momento  in  cui
l'esercizio  di questa varrebbe illegittimamente ad incidere su fatti
soggettivamente  e  oggettivamente  ad  essa sottratti e in ordine ai
quali sia stata ritenuta la competenza degli organi parlamentari».
   Visti gli artt. 68, 101, 104 Cost.