IL TRIBUNALE
   Nella  causa  iscritta  al n. R.G.A.C. 335/07 tra Memoli Raffaele,
rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Sergio  Mameli, domicilio eletto
presso  lo  studio  in  Trieste,  Foro Ulpiano 2, appellante, contro,
Ministero  dell'interno,  nella  persona  del  Ministro in carica pro
tempore,   domiciliato  ex  lege  presso  l'Avvocatura  dello  Stato,
appellato,  avente  ad oggetto: opposizione all'ordinanza ingiunzione
ex artt. 22 ss., legge n. 689/1981;
                        C o n c l u s i o n i
   Per  l'appellante:  «La  nullita'  della  sentenza  impugnata  con
conseguente invio degli atti al giudice di primo grado. In subordine,
applicare  la  sanzione amministrativa piu' favorevole o ritenere non
manifestamente  infondata  e  rilevante  la  succitata  questione  di
legittimita'  costituzionale  con  rimessione degli atti alla Corte e
sospensione del presente procedimento».
   Per  l'appellato:  «Ogni  domanda, deduzione, eccezione avversaria
disattesa,  voglia l'ill.mo Tribunale di Trieste rigettare il ricorso
in  appello  avversario  in  quanto infondato in fatto e in diritto e
confermare  la  sentenza del G.d.P. di Trieste n. 1288 del 7 novembre
2006. Con vittoria di spese diritti e onorari».
                           P r e m e s s o
   Con  ricorso  depositato  in  data 26 gennaio 2006, il sig. Memoli
Raffaele,  rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Mameli del Foro di
Trieste,  proponeva appello avverso la sentenza del Gudice di pace di
Trieste  dd.  7 novembre 2006 n. 288/2006, con la quale il giudice di
prime  cure,  confermando  la  sanzione,  aveva  respinto  il ricorso
presentato  in  opposizione  ex  legge  n. 689/1981  dallo  stesso in
riferimento  al  verbale  di  violazione del c.d.s. per la violazione
dell'art. 170, commi 2 e 6, c.d.s.
   Esponeva  l'appellante  che il giudice di pace aveva rilevato che,
alla  prima  ed unica udienza, il ricorrente o il suo procuratore non
si  erano  presentati,  senza addurre alcun giustificato impedimento,
mentre  il  procuratore aveva depositato in precedenza in cancelleria
giustificazione  dell'impedimento  (nella  specie:  assistenza ad una
detenuta  dinanzi al Tribunale della liberta). Chiedeva il ricorrente
la pronuncia della nullita' della sentenza di primo grado impugnata e
la trasmissione degli atti al giudice di pace.
   In   subordine,  pur  ritenendo  insussistente  della  violazione,
perche'  il quadriciclo era tecnicamente inidoneo al trasporto di due
persone,  il  ricorrente  chiedeva l'applicazione della sanzione piu'
favorevole  al trasgressore, poiche' la modifica dell'art. 170 c.d.s.
ha  sostituito la confisca con il fermo amministrativo del mezzo e il
pagamento  di una sanzione pecuniaria. Nel caso si propendesse per la
non  retroattivita'  della  sanzione  piu'  favorevole, il ricorrente
sollevava  eccezione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 213
c.d.s.,  comma  2-sexies,  nella  parte in cui dispone la confisca in
tutti  i  casi  in cui un ciclomotore o motociclo sia stato adoperato
per  commettere una delle violazioni amministrative di cui agli artt.
169,  commi  2  e  7,  170 e 171 in relazione agli artt. 3 e 42 Cost,
rispettivamente  per  irragionevolezza e sproporzione della misura di
sicurezza  amministrativa  di  carattere  patrimoniale della confisca
obbligatoria  del  veicolo  e  per  l'ingiustificata compressione del
diritto di proprieta' privata.
   Con  atto  depositato  in  data  4  maggio  2007, si costituiva il
Ministero  dell'interno,  in  persona  del  Ministro  in  carica  pro
tempore,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura distrettuale dello
Stato,  contestando  sotto  ogni  profilo  meritale  e  probatorio il
contenuto dell'atto di appello. Esponeva il Ministero, in fatto, che,
per essere stato sorpreso alla guida di un quadriciclo con a bordo un
passeggero,   al   sig.  Memoli  era  stata  comminata  una  sanzione
pecuniaria  di  euro  74,00  e  disposta quale sanzione accessoria la
confisca  del  mezzo,  previo  sequestro  amministrativo del mezzo ai
sensi  dell'art.  213 c.d.s., cosi' come modificato dal nuovo dettato
normativo  (legge  n. 168  del 17 ottobre 2005) e che in data 6 marzo
2007  la  Prefettura,  Ufficio  territoriale  di  Trieste, sospendeva
l'esecuzione  dell'ordinanza  prefettizia.  In  diritto, l'Avvocatura
dello   Stato   osservava   che   e'   sempre  disposta  la  confisca
amministrativa  in  tutti  i casi in cui un ciclomotore o un motorino
sia   stato   utilizzato   per   commettere   una   delle  violazioni
amministrative di cui agli artt. 169, comma 2 e 7, e 170 e 171 c.d.s.
o per commettere un reato.
   Osservava, inoltre, il Ministero che il secondo comma dell'art. 1,
legge  n. 689/1981  specifica  che  le  leggi  che prevedono sanzioni
amministrative  si  applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse
considerati,  per  cui,  anche in presenza della nuova normativa meno
severa  che  prevede  il  fermo  e non la confisca, per le infrazioni
compiute prima della riforma si applicherebbe la confisca, vigendo il
principio del tempus regit actum.
   All'udienza  del  12  giugno  2007,  la  parti  insistevano per le
istanze  cosi' come formulate. Il giudice fissava per la precisazione
delle conclusioni l'udienza del 10 ottobre 2007, in cui il ricorrente
precisava  come  in  ricorso,  insistendo sul legittimo impedimento e
conseguente  nullita'  della  sentenza, e sull'inapplicabilita' della
sanzione  della  confisca;  il  resistente  precisava come da memoria
difensiva, insistendo per la non retroattivita' della norma. Le parti
concordemente  rinunciavano  al  deposito di comparse conclusionali e
memorie di replica, e il giudice si riservava la decisione.
   Il  giudice,  tanto  premesso,  letti  gli  atti  ed  esaminata la
documentazione,  ritenuto  di non poter decidere nella presente causa
senza  prima  sollevare la questione di illegittimita' costituzionale
della norma applicabile nel caso di specie;
   Letti  gli  artt.  170  e  213 del c.d.s., letto l'art. 1, secondo
comma  della  legge  n. 689/1981,  letto  l'art.  1 della legge cost.
n. 1/1948 e l'art. 23 della legge n. 87/1953;
   Ritenuta la rilevanza della questione, non potendo essere definito
il   presente  giudizio  indipendentemente  dalla  risoluzione  della
questione   di   legittimita'  costituzionale  dell'art.  213,  comma
2-sexies, c.d.s., in quanto ritiene questo tribunale che il principio
di  cui  al secondo comma dell'art. 1 della legge n. 689/1981 imponga
necessariamente,   nell'ambito   delle  sanzioni  amministrative,  di
applicare  la  sanzione  -  nel  caso di specie la confisca - che era
prevista  dalla  disciplina  vigente al momento della commissione del
fatto illecito;
   Ritenuta   la   non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'   costituzionale,   in  quanto,  a  giudizio  di  questo
tribunale,   vi   e'   certamente  un  fumus  di  irragionevolezza  e
sproporzione  tra  la  condotta  e la sanzione accessoria, anche alla
luce  dei successivi interventi del legislatore che e' parso prendere
atto   delle   incongruenze   della   norma,  per  cui,  nell'attuale
riformulazione,  non  applicabile  alla  vicenda  sottoposta a questo
tribunale,  l'art.  213,  comma  2-sexies, c.d.s., stabilisce che «e'
sempre  disposta  la  confisca  del veicolo in tutti i casi in cui un
ciclomotore  o  un  motoveicolo sia stato adoperato per commettere un
reato,  sia  che  il  reato  sia  stato  commesso  da  un  conducente
maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne»;
   Ricordato  che l'orientamento maggioritario della suprema Corte di
cassazione  e'  nel  senso che in materia di illeciti amministrativi,
l'adozione  dei  principi  di  legalita',  di  irretroattivita', e di
divieto  di  applicazione dell'analogia, risultanti dall'art. 1 della
legge   n. 689/1981,  comporta  l'assoggettamento  del  comportamento
considerato alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente
inapplicabilita' della disciplina posteriore piu' favorevole, sia che
si  tratti  di illeciti amministrativi derivanti da depenalizzazione,
sia  che  essi debbano considerarsi tali ab origine, senza che rilevi
in  contrario  la  circostanza  che  la  piu'  favorevole  disciplina
posteriore  alla  data  della  commissione  del  fatto sia entrata in
vigore anteriormente all'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione per il
pagamento  della  sanzione  pecuniaria  e  senza  che possano trovare
applicazione   analogica,  attesa  la  differenza  qualitativa  delle
situazioni  considerate,  gli  opposti  principi  di  cui all'art. 2,
commi secondo e terzo del c.p. (cfr. Cass. pen., sez. un., 29 gennaio
1994, n. 890);
   Ricordato  inoltre  che  i  suddetti principi, recando deroga alla
regola  generale  dell'irretroattivita'  della  legge, possono, al di
fuori  della  materia penale, trovare applicazione solo nei limiti in
cui  siano espressamente richiamati dal legislatore (cfr. Cass. civ.,
6 febbraio 1997, n. 1127);
   Ricordato   infine   che,   come   statuito   dalla  stessa  Corte
costituzionale  (ordd.  140/2002  e 502/2002) non sussistono dubbi di
legittimita'  costituzionale sulla disciplina in oggetto, dal momento
che, in caso di successione di leggi nel tempo, non e' dato rinvenire
un  vincolo  per  il  legislatore  nel senso della applicazione della
legge   piu'   favorevole,   rientrando  nella  discrezionalita'  del
legislatore,  nel  rispetto del limite di ragionevolezza, modulare le
proprie  determinazioni  secondo criteri di maggiore o minore rigore,
ferma la possibilita' di una disciplina diversificata per le condotte
poste  in  essere  da  una  medesima  categoria  di soggetti in tempi
diversi (Cass. civ., 6 aprile 2004, n. 6769);
   Ricordato,  per  completezza, che la recente pronuncia della Corte
costituzionale  con  cui  ha  dichiarato  infondata,  in  riferimento
all'art.   3  Cost.,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata con riferimento all'art. 213, comma 2-sexies, c.d.s., comma
introdotto  dall'art.  5-bis, comma 1, lettera c), numero 2, del d.l.
30   giugno  2005,  n. 115,  nel  testo  risultante  dalla  legge  di
conversione  17  agosto  2005,  n. 168, nella parte in cui dispone la
confisca  di  ciclomotori  o  di  motocicli  nei  casi  in  cui siano
adoperati  per  commettere  un  reato  (Corte cost., 19 ottobre 2007,
n. 345),  non  fa  venir  meno,  non  solo  ratione temporis ma anche
ratione    materiae,   ammissibilita',   rilevanza,   non   manifesta
infondatezza della questione;
   Solleva incidente di costituzionalita' per i seguenti
                             M o t i v i
   La  norma  di  cui  all'art. 213, comma 2-sexies, del c.d.s. e' in
palese  contrasto  con gli artt. 3 e 42 Cost., nella versione vigente
al tempo dei fatti, nella parte in cui disponeva la confisca in tutti
i  casi  in  cui un ciclomotore o motociclo fosse stato adoperato per
commettere una delle violazioni amministrative di cui agli artt. 169,
commi 2 e 7, 170 e 171:
     a)  in  relazione  all'art. 3 Cost., per l'irragionevolezza e la
sproporzione  della  misura  amministrativa di carattere patrimoniale
della  confisca  obbligatoria  del  veicolo; incostituzionale pare la
previsione  della medesima sanzione accessoria, con ingiustificata ed
incoerente  equiparazione  fra  posizioni  giuridiche  differenziate,
ossia con riferimento all'uso di ciclomotore/motociclo per commettere
violazioni  amministrative  (artt. 169, commi 2 e 7, 170, 171 c.d.s.,
cit.,  oggetto  di  tale sanzione secondo il testo vigente al momento
dei  fatti) e all'uso degli stessi per commettere invece un reato, id
est fattispecie penalmente rilevante;
     b)   in   relazione   all'art.   42   Cost.,  sotto  il  profilo
dell'ingiustificata   compressione   del  diritto  costituzionalmente
protetto  della proprieta' privata come conseguenza di una violazione
amministrativa;