IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  di rimessione alla Corte
costituzionale  sul  ricorso in appello n. 102 del 2008, proposto dal
sig. Roberto Mario Sergio Commercio, rappresentato e difeso dall'avv.
Antonio  Vitale,  con domicilio eletto in Palermo, via Cordova n. 76,
presso la segreteria del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la
Regione Siciliana;
   Contro  l'Ufficio  elettorale  centrale  nazionale  per l'elezione
della  Camera  dei  deputati  anno  2006, insediato presso la suprema
Corte di cassazione, in persona del Presidente in carica, e l'Ufficio
centrale  circoscrizionale  per  l'elezione della Camera dei deputati
anno  2006 per la Circoscrizione 11ª Emilia-Romagna, insediato presso
la  Corte di appello di Bologna, in persona del Presidente in carica,
entrambi  costituiti  in  giudizio  con il patrocinio dell'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato  di  Palermo,  presso  i cui uffici in via
Alcide De Gasperi n. 81, sono per legge domiciliati, con l'intervento
ad  adiuvandum  di  «La  Sinistra L'Arcobaleno» in persona dei legali
rappresentanti  Sergio  Bboccadutri,  Guido  Galardi,  Marco  Lion  e
Roberto Soffriti, anche in proprio, rappresentati e difesi dagli avv.
Giovanni e Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto in Palermo, via
Notarbartolo  n. 5,  presso  lo  studio dell'avv. Ester Daina, per la
riforma  della  sentenza del Tribunale amministrativo regionale della
Sicilia -  sezione  staccata  di Catania (sez. I) - n. 2178/06 del 10
novembre 2006.
   Visto il ricorso in appello di cui in epigrafe;
   Visto  l'atto  di costituzione in giudizio dell'Ufficio elettorale
centrale  nazionale  anno  2006  e  dell'Ufficio  elettorale centrale
circoscrizionale anno 2006, Circoscrizione 11ª Emilia-Romagna;
   Visto   l'atto   di  intervento  ad  adiuvandum  de  «La  Sinistra
L'Arcobaleno» in persona dei legali rappresentanti anche in proprio;
   Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Relatore  alla  pubblica  udienza del 2 aprile 2008 il consigliere
Chiarenza Millemaggi Cogliani;
   Uditi,  altresi',  l'avv.  D.  Sammartino,  su delega dell'avv. A.
Vitale,   per   l'appellante,   l'avv.  dello  Stato  Tutino  per  le
amministrazioni   appellate   e   l'avv.   G.   Pellegrino   per  gli
intervenienti;
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  la  sentenza  in  epigrafe, la Sezione I della Sezione
staccata  di  Catania  del  Tribunale  amministrativo regionale della
Sicilia  ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del
giudice  amministrativo  il  ricorso  proposto dal sig. Roberto Mario
Sergio Commercio, per l'annullamento:
     del  provvedimento  datato 7 marzo 2006 e contenuto nel processo
verbale  di  esame di lista dei candidati, con cui l'Ufficio centrale
circoscrizionale di Bologna per l'elezione della Camera dei deputati,
Circoscrizione  11ª  Emilia-Romagna,  ha  disposto  la cancellazione,
dalla  lista  Forza  Italia,  del  candidato  Commercio Roberto Mario
Sergio   in   ragione   della  mancata  presentazione  del  documento
contenente la dichiarazione di accettazione della candidatura;
     del provvedimento dello stesso Ufficio centrale circoscrizionale
datato  8  marzo  2006,  con  cui,  nonostante la presentazione della
dichiarazione  in  occasione  dell'audizione  dei  delegati  di lista
prevista  dall'art. 22 u.c. del T.U. per le elezioni della Camera dei
deputati  (D.P.R.  n. 361  del 1957 e s.m.i.), e' stata confermata la
cancellazione  del  candidato  Commercio  Roberto  Mario Sergio dalla
lista Forza Italia;
     del  provvedimento  datato 12 marzo 2006, con il quale l'Ufficio
elettorale  centrale  nazionale, insediato presso la Corte suprema di
cassazione, ha rigettato il ricorso proposto dal delegato della lista
Forza Italia on. avv. Isabella Bertolini avverso la cancellazione del
candidato Commercio Roberto Mario Sergio;
     di  ogni  altro  atto antecedente, susseguente, consequenziale o
comunque connesso a quelli espressamente impugnati.
   Il  giudice  di  primo  grado,  ribadendo  il  convincimento  gia'
espresso  nella decisione n. 629/2006 del 22 aprile 2006, ha ritenuto
che,  nel sistema delineato dal d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, sarebbe
rinvenibile  un  esplicito  riparto delle attribuzioni, tra l'Ufficio
centrale  nazionale  (al  quale  sarebbe  riservato il giudizio sulla
ammissione  delle  liste  e  dei  candidati)  e  le Camere chiamate a
pronunciarsi  sui  reclami  relativi  alla fase dello scrutinio (art.
87),  riconoscendo  al  primo  natura  di  sezione  specializzata del
giudice  ordinario,  chiamata a pronunciarsi su «posizioni giuridiche
fondamentali  ...  che  hanno  rilievo  nella fase preparatoria delle
elezioni»  analogamente  al  giudizio  dell'Ufficio  centrale  per il
referendum istituito presso la Corte di cassazione dalla legge n. 352
del  1970  (cui  e'  riconosciuta  dalla  dottrina prevalente, natura
giurisdizionale).
   Su  tale base e' stata esclusa (con l'appartenenza della questione
alla  cognizione  del  giudice  amministrativo)  la configurabilita',
altresi',   di  un  vuoto  di  tutela  giurisdizionale  ed  e'  stata
dichiarata   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
legittimita'  costituzionale  sollevata  dal  ricorrente  in  sede di
discussione in pubblica udienza.
   2. - Con l'appello in esame, il ricorrente in primo grado:
     A)   sottopone   a  censura  il  procedimento  logico  giuridico
attraverso  cui  il  giudice di primo grado e' pervenuto alle proprie
conclusioni:
      in  ordine  alla  natura  «paragiurisdizionale»  (o ibrida) del
procedimento   svolto   davanti   all'Ufficio   elettorale   centrale
nazionale;
      in  ordine  alla  sussistenza  del  lamentato  vuoto  di tutela
giurisdizionale,   considerata   anche,  al  riguardo,  la  presa  di
posizione  della  Giunta  per le elezioni per la Camera dei deputati,
che,  espressasi  (in  composizione  plenaria)  nella  seduta  del 13
dicembre  2006,  proprio  con  riferimento  al  ricorso  dell'odierno
appellante,  ha  negato la propria competenza su di una questione che
riguarda  atti  preliminari  del procedimento elettorale, concernente
soggetti esclusi;
     B)  ripropone  la questione di legittimita' costituzionale degli
artt.  22 e 23 T.U. di cui al d.P.R. n. 361/1957 per violazione degli
artt. 3, 24, primo comma, 25, primo comma e 113 Cost.;
     C)  propone  nuovamente,  nel merito, il complesso delle censure
dedotte  in  primo  grado,  assumendo,  in  conformita' all'originale
ricorso    introduttivo,    l'erronea   interpretazione   (da   parte
dell'Ufficio  circoscrizionale e di quello nazionale) della normativa
relativa  alla  presentazione ed ammissione di nuovi documenti (nella
specie,  la  dichiarazione  di  accettazione della candidatura, nella
lista  Forza  Italia,  originariamente  non  allegata  al certificato
elettorale per mero disguido materiale (perche' erroneamente allegata
ad   altra   documentazione   elettorale  relativa  al  Senato  della
Repubblica  e  consegnata  nella  stessa sede in limite alla scadenza
dell'orario  di  presentazione) e tuttavia contenuta in documento con
data certa (in quanto rilasciata davanti a pubblico ufficiale addi' 6
marzo   2006),   sollevando,   in   argomento,   ulteriori  dubbi  di
legittimita' costituzionale;
     D)  conclude  per l'accoglimento nel merito del ricorso di primo
grado,  previo,  occorrendo,  rinvio  alla Corte costituzionale della
questione di legittimita' costituzionale sollevata, ovvero al giudice
di  primo  grado, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine
alle spese del giudizio.
   3.  -  Intervenuti,  nel  giudizio  di appello, ad adiuvandum, «La
Sinistra  l'Arcobaleno»  in  persona  dei  legali  rappresentanti  in
carica,  i  quali hanno dichiarato di intervenire anche in proprio, e
costituitisi   altresi',   per   resistere  all'appello,  gli  Uffici
elettorali  appellati,  la  causa  e'  stata  chiamata  alla pubblica
udienza del 2 aprile 2008 e trattenuta in decisione.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  problema  della  sussistenza  della giurisdizione sulla
materia e' pregiudiziale ed assorbente.
   2.  -  Il  giudice  di  primo  grado  e'  pervenuto alla soluzione
negativa  attraverso  una  ricostruzione  minuziosa  e pregevole che,
pero'  si  discosta  - salvo che per cio' che concerne la conclusione
relativa  del  difetto  assoluto di giurisdizione - dall'orientamento
delle  sezioni  unite  della  suprema  Corte di cassazione, in quanto
giunge  ad  affermare la compiutezza del sistema (e a negare, dunque,
negare  la  sussistenza  di un vuoto di tutela giurisdizionale quanto
meno  per  quei  soggetti  per  i  quali si determini, in forza della
esclusione dal procedimento, un arresto procedimentale che precede la
fase  stessa del procedimento elettorale in senso stretto) sulla base
della  ritenuta  natura giurisdizionale (o paragiurisdizionale) della
decisione  emessa  dall'Ufficio  elettorale  centrale  nazionale  sui
ricorsi degli interessati avverso l'esclusione.
   Cio' in quanto l'organo stesso, in ragione della sua composizione,
della  sua  collocazione  e  delle  funzioni  decisorie  assegnatigli
dall'ordinamento, si configurerebbe quale sezione specializzata della
suprema  Corte  di  cassazione  o,  a  tutto  concedere,  come organo
paragiurisdizionale  atipico (soluzione, questa, negata dalla suprema
Corte di cassazione e dalla stessa Corte costituzionale).
   3. - Questo Consiglio di Giustizia Amministrativa non condivide il
procedimento  logico  attraverso  cui  il  giudice  di primo grado e'
pervenuto  alle  proprie  conclusioni  -  in  particolare  per quanto
attiene  la natura dell'Ufficio elettorale centrale nazionale e degli
atti  decisori  dallo stesso emessi - ritiene di dovere prendere atto
linea  interpretativa della Corte suprema di cassazione sulla materia
e, nel contempo, della definizione restrittiva dei poteri assegnati -
in  tale  ambito  -  dall'art.  66  Cost.  e  dall'art. 87 T.U. delle
elezioni  della  Camera,  assunta  di  recente, in piu' riprese dalla
giunta  delle  elezioni presso la Camera dei deputati, e dall'omologo
organo  presso  il  Senato, e ritiene che nell'assetto che ne deriva,
alla  luce  delle suddette interpretazioni, le disposizioni contenute
nell'art.  23  e 87 del T.U. 30 marzo 1957 n. 361, nella parte in cui
non  assicurano  nessuna  tutela  giurisdizionale  (quanto  meno, con
connotati   di  effettivita)  delle  posizioni  soggettive  lese  dai
provvedimenti  di  esclusione  dal  procedimento  elettorale,  emessi
dall'Ufficio  elettorale  centrale  nazionale,  non si sottraggono al
sospetto  di  legittimita'  costituzionale sollevato dall'appellante,
dal  momento  che  lasciano  scoperti  una  larga fascia di posizioni
soggettive costituzionalmente garantite, in violazione degli artt. 3,
51  primo  comma,  24  primo  comma,  103  primo  comma  e  113 della
Costituzione,   nonche'   dell'art.  117  della  stessa  Costituzione
repubblicana  nella  parte  in  cui vincola lo Stato a legiferare nel
rispetto,  oltre che della Costituzione, dell'ordinamento comunitario
e  degli  impegni  assunti  in  ambito  internazionale,  in relazione
all'art.  6  della  Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle
liberta'     fondamentali,    attraverso    cui    deve    intendersi
costituzionalizzato  il  principio  della  effettivita'  della tutela
giurisdizionale.
   Delle  ragioni  che  sorreggono il suddetto dubbio di legittimita'
costituzionale sara' detto in appresso.
   Immediatamente,  deve  essere,  invece, precisato che la questione
(sollevata  dall'appellante  e, per quanto, dallo stesso non dedotto,
d'ufficio,  da  questo  stesso consesso), assume rilievo nel presente
giudizio,  per  via  della  natura dell'interesse di cui e' lamentata
lesione,   che   deve  annoverarsi  nell'ambito  delle  posizioni  di
interesse   legittimo,   secondo  i  criteri  di  ordinario  riparto,
individuati  dalla Corte regolatrice della giurisdizione, nell'ambito
differente  (ma  analogo, per i profili che interessano tale aspetto)
delle  elezioni  amministrative  (Cass.,  SS.UU.,  6  febbraio  2006,
n. 2451;  4 maggio 2004, n. 8469; 22 gennaio 2002, n. 717; 27 gennaio
1999,   n. 1),   trattandosi   di  controversie  relative  alla  fase
preparatoria  delle  operazioni  elettorali  ed alla esclusione di un
candidato da una delle liste ammesse alla competizione per vizi della
candidatura.
   L'interesse all'impugnazione sussiste indipendentemente dalla fase
attuale  di  scioglimento  delle  Camere  e della indizione dei nuovi
comizi  elettorali,  essendo  in  giuoco problematiche afferenti alla
effettivita'  della  tutela  ed  essendo,  la  sfera  degli interessi
legittimi,  suscettibile di riparazione, quanto meno sotto il profilo
del   risarcimento   del   danno  ingiusto,  indipendentemente  dalla
circostanza  che  la  relativa  domanda sia stata o meno azionata nel
presente  giudizio  (v. in fattispecie relativa ad elezioni nazionali
Cass. SS.UU. 22 marzo 1999, n. 172).
   Dall'esame   di   ogni   ulteriore  questione  il  Consiglio  deve
astenersi,  in  questo  grado  del  giudizio,  non essendo consentito
entrare  nel  merito delle censure dedotte in primo grado, riproposte
in  appello e devolute, se del caso, in sede di rinvio, all'esame del
giudice di primo grado.
   4.   -   Tanto  premesso,  occorre  evidenziare  l'erroneita'  del
procedimento  logico  giuridico  attraverso  cui  il giudice di primo
grado   e'   pervenuto   alle  proprie  conclusioni  in  ordine  alla
paragiurisdizionalita'   dei  provvedimenti  dell'Ufficio  elettorale
centrale nazionale e dello stesso organo.
   L'accostamento  fatto,  nella  sentenza  impugnata,  agli  atti di
volontaria   giurisdizione,   non  resiste  alla  considerazione  che
presupposto  essenziale,  acciocche'  possa  parlarsi  di  volontaria
giurisdizione,  non  e'  certamente  che  il  soggetto  o  i soggetti
chiamati  a  costituire l'organo appartengano all'ordine giudiziario,
bensi'  che  sussista,  a  livello  ordinamentale,  la strutturazione
giurisdizionale della funzione assegnata.
   In  altri  termini, occorre che la funzione sia assegnata in forza
della  qualificazione  giurisdizionale  dell'organo,  che  l'art. 102
della  Costituzione  attribuisce  al giudice (civile) in quanto operi
come imparziale attuatore della legge.
   Al  di  fuori  di  tale  investitura,  allorche'  il  soggetto  (o
l'organo)  sia  esso stesso investito della «cura» dell'interesse che
e'  «causa»  del  provvedimento,  lo  stesso  e'  chiamato a svolgere
funzioni  amministrative  e  gli  atti  da  esso  posti in essere non
possono  qualificarsi  altrimenti  (neppure  sub  specie  di  atti di
volontaria giurisdizione).
   Di cio' non dubita, del resto, la Corte suprema di cassazione (per
tutte,  sentt.  n. 2036 del 31 luglio 1967, n. 172 del 22 marzo 1999,
n. 8118  del  2 aprile 2006) le cui affermazioni in ordine al difetto
assoluto  di  giurisdizione  poggia  su  ben  altre  ragioni,  ovvero
sull'autodichia   delle  Camere  e  sulla  interpretazione  estensiva
dell'art. 87 del testo unico sulle elezioni della Camera (applicabile
anche  alle  elezioni del Senato), in relazione alla disposizione di'
cui al citato art. 66 Cost.
   La  verita'  e'  che  il  ricorso  all'accostamento  analogico  ai
provvedimenti  di  volontaria  giurisdizione appare piuttosto dettato
dalla  esigenza di reperire, ad ogni costo elementi che giustifichino
l'ipotesi di chiusura del sistema, a fronte di un complesso normativo
che  solo  una  interpretazione  fortemente  espansiva puo' indurre a
ritenere  applicabile  anche  alla fase preparatoria del procedimento
elettorale.
   Ed  invero,  proprio  su  tale aspetto sono di recente intervenute
determinazioni  delle  Giunte  di  Camera e Senato che hanno denegato
ogni cognizione sui provvedimenti di arresto procedimentale.
   Nella  seduta  plenaria  del  13  dicembre  2006,  la Giunta delle
elezioni  per  la Camera dei deputati, nel decidere (fra l'altro) sul
ricorso presentato dall'attuale appellante, avverso la sua esclusione
dalla  lista «Forza Italia» (ovvero sul medesimo oggetto del presente
giudizio), si e' pronunciata nel senso che «La verifica dei titoli di
ammissione  degli  eletti  esclude  per  definizione che nella stessa
possa  ritenersi  ricompresso  anche  il  controllo  sulle  posizioni
soggettive  di  coloro  i  quali  (singoli  o intere liste) non hanno
affatto  partecipato alla competizione elettorale. i vizi dedotti ...
riguardano, invece un momento della fase preliminare del procedimento
elettorale  (il  deposito  delle  liste  e  il  controllo  sulla loro
regolare  presentazione  e  composizione)  rimesso alla cognizione di
organi  appositi  e  i cui effetti non hanno rilievo nella successiva
base  della votazione, se non sulla base di argomentazioni ipotetiche
in  fatto  o  di  considerazioni  di mera legittimita' riguardanti il
procedimento  che in nessuna misura incidono sui titoli di ammissione
degli  eletti  e  che,  per  tali  ragioni  esulano  del  tutto dalla
competenza della Giunta delle elezioni». In considerazione di cio' la
Giunta  ha archiviato, per manifesta inammissibilita', il ricorso del
sig. Commercio.
   Nello  stesso  senso  si e' pronunciata la Giunta delle elezioni e
delle  immunita'  parlamentari  del  Senato  della  Repubblica, nella
seduta  del  26  febbraio  2008,  nel  decidere  sul  ricorso avverso
l'esclusione  di  un  diverso  candidato,  da  una delle liste per il
Senato,   nel   collegio   della   Lombardia  (disposta  dall'Ufficio
elettorale  circoscrizionale  e  confermata  dall'Ufficio  elettorale
centrale nazionale presso la Corte di cassazione).
   Peraltro,  la  giunta  del  Senato,  muovendo  da una approfondita
analisi storico/sistematica, che rende conto delle oscillazioni della
stessa  giurisprudenza  parlamentare  fra  orientamenti  estensivi  e
restrittivi  del dettato costituzionale (art. 66) - nel dichiarare il
proprio  difetto  di  competenza  sulle  questioni relative alla fase
preparatoria  del  procedimento  elettorale,  per  la  parte  in  cui
investono posizione di soggetti (o liste) esclusi - si e' spinta piu'
in  la'  dell'omologo organo della Camera dei deputati, ricercando la
«chiave»  per  la  soluzione della questione e rinvenendola (sia pure
con  formula dubitativa) nella linea indicata, dalla medesima Sezione
staccata  di  Catania  del  Tribunale  amministrativo regionale della
Sicilia,   nella   sentenza   22  aprile  2006,  n. 629,  confermata,
successivamente,   nella  sentenza  2178/2006  oggetto  del  presente
giudizio di appello.
   Viene  dunque  dato credito alla tesi della natura giurisdizionale
dell'Ufficio   elettorale   centrale   nazionale   e  della  funzione
esercitata,   e   tuttavia,   ne'   la   sentenza   impugnata  ne'  i
pronunciamenti delle Giunte (di Camera e Senato) contengono argomenti
convincenti    per    avallare    la    natura   giurisdizionale   (o
paragiurisdizionale)  dell'Ufficio  in  questione e dei suoi atti, in
aperto   contrasto   con   le  indicazioni  della  suprema  Corte  di
cassazione,  ferma nel ritenere la natura amministrativa degli atti e
dell'Ufficio  e nel negare che questo sia sezione specializzata della
Cassazione  civile,  piuttosto  qualificandolo  quale  «organo  delle
future  Camere»,  di identica natura degli Uffici elettorali centrali
circoscrizionali,  con  esso istituiti non «per dichiarare od attuare
una  volonta'  di legge attraverso un procedimento in contraddittorio
fra  piu'  parti,  bensi'  per  svolgere  una  attivita' diretta alla
soddisfazione di un interesse generale con la osservanza della legge»
(Cass.,  SS.UU.,  n. 2036  del  31 luglio 1967 e, nello stesso senso,
piu' recente, fra le tante, n. 8118 del 6 aprile 2006).
   In  piu',  il giudice di primo grado - che, peraltro, non manca di
svolgere  argomenti  volti  a  contestare  i  dubbi  di  legittimita'
costituzionale sollevati dal ricorrente - sembra avere perso di vista
la  difficolta',  da  un  lato,  di  configurare,  da  punto di vista
organizzativo, l'Ufficio elettorale centrale nazionale, quale sezione
specializzata  della  suprema Corte e, dall'altro, che ad attribuirvi
natura   paragiurisdizionale   atipica   osta  il  parametro  desunto
dall'art.   102,   secondo   comma,   della  Costituzione  che  vieta
l'istituzione di giurisdizioni speciali.
   In  conclusione,  salvo  interventi  legislativi  che  immutino la
configurazione  giuridica  delle  funzioni,  gli atti dell'Ufficio in
questione sono di natura amministrativa, e cio', tanto che riguardino
il  procedimento in senso stretto quanto che si risolvano, nella fase
preparatoria, in un arresto procedimentale, senza che sul punto possa
avere  efficacia vincolante il differente opinamento della Giunta del
Senato (espresso, peraltro, in forma dubitativa).
   5. - Vincolante sembra invece, a questo consesso, sotto molteplici
aspetti, la presa di posizione assunta dalle Giunte delle due Camere,
nello spogliarsi, in linea generale, di ogni cognizione relativa alle
decisioni  sugli  atti  preparatori dalle quali sia comunque derivata
l'esclusione del candidato (o della lista) dal procedimento.
   La  Giunta  della  Camera dei deputati, con la decisione di cui al
comunicato  presidenziale  del  20 marzo 2006, ha innanzitutto negato
che  la  Camera  uscente  potesse  avere cognizione in ordine ad atti
preparatori del futuro procedimento elettorale.
   L'argomento   di   chiusura  adoperato,  successivamente,  con  la
determinazione  adottata  nella  seduta plenaria del 13 dicembre 2006
(sostanzialmente  fatta  propria  anche dalla Giunta delle elezioni e
delle immunita' del Senato nella seduta del 26 febbraio 2008) e' che,
ove  la  Giunta  delle  elezioni  ritenesse  di  poter esaminare, nel
merito,  un  ricorso  avverso  la  ricusazione  di  una lista o di un
singolo   candidato,   dovrebbe   ammettersi   conseguentemente   «la
possibilita' di un suo accoglimento; dal che tuttavia non potrebbe in
ogni   caso   derivare  alcuna  conseguenza  pratica  sui  titoli  di
ammissione  dei  deputati  proclamati  (non  essendovi,  per  mancata
partecipazione alle elezioni, candidati proclamabili) se non quella -
palesemente estranea alle finalita' proprie della verifica dei poteri
-  di  provocare  la  ripetizione  delle  elezioni,  non  solo  nella
circoscrizione interessata ma - tenuto conto del sistema, attualmente
vigente  per la Camera, di calcolo e assegnazione dei seggi unificato
a  livello  nazionale  -  in  tutte  le  circoscrizioni  territoriali
italiane  (ad  eccezione della XXVII Circoscrizione Valle d'Aosta) al
fine  di  consentire  alla lista esclusa di parteciparvi con i propri
candidati.
   Invero, viene fatto di chiedersi quanto, in termini di autodichia,
il  limite cosi' rinvenuto alle attribuzioni di ciascuna Giunta delle
elezioni possa ritenersi giuridicamente vincolante per l'interprete.
   Lo e', certamente, in
   p
unto  di fatto, dal momento che la reiterazione, da parte della Corte
regolatrice,  della  affermazione  relativa  al  difetto  assoluto di
giurisdizione   (sull'argomento   della   sostanziale   tutela  delle
posizioni soggettive rimessa alle stesse Camere, attraverso le Giunte
di  rispettiva  promanazione), e' destinata a rimanere mera petizione
di  principio,  che  evidenzia,  ma  non  risolve  il  problema della
irrimediabilita'  (per  assoluta mancanza di tutela) della lesione di
posizioni  soggettive  costituzionalmente garantite, in una fase che,
esterna  al  procedimento  in  senso stretto, vede muoversi un organo
amministrativo   (ancorche'  autorevole  e  coperto  da  garanzia  di
indipendenza  ed  eccellente  professionalita',  ma  privo  di poteri
giurisdizionali   e   politici),   senza   controllo   alcuno   sulla
legittimita'  dei  suoi  atti, ne' da parte degli organi di giustizia
amministrativa  (deputati,  per  legge, al controllo di legittimita),
ne' da parte dei rami del Parlamento di cui (per costruzione teorica)
sarebbe organo.
   6. - Assume, a questo punto, rilievo l'orientamento gia' espresso,
in  materia,  da  questo stesso Consiglio di Giustizia Amministrativa
(proprio  con ordinanza cautelare - n. 218 del 6 aprile 2006 - emessa
su  appello avverso l'ordinanza che, in questo stesso giudizio, aveva
pronunciato il giudice di primo grado denegando la giurisdizione), la
natura   amministrativa   del   provvedimento   di   esclusione   dal
procedimento   elettorale   nazionale,   dall'altro   affermando   la
giurisdizione, in materia, del giudice amministrativo.
   E, tuttavia, questo consesso non puo' fingere di ignorare che, sul
punto  della giurisdizione, univoco ed irremovibile e' l'orientamento
della suprema Corte di cassazione, ne' puo' lasciarsi sorreggere, nel
proprio   convincimento,  dall'isolata,  recentissima  adesione  alla
propria  tesi del Consiglio di Stato, (Cons. Stato, sez. V, ordinanza
n. 1774  del  1°  aprile  2008, assunta alla vigilia della udienza di
trattazione  del presente giudizio, tuttavia senza alcuna motivazione
del  mutato  orientamento  se non il richiamo all'ordinanza di questo
Consiglio di giustizia, n. 218 del 6 aprile 2006, sopra citata).
   Deve,  al contrario, aderire alle indicazioni della suprema Corte,
e  concludere  nel  senso  della  impossibilita'  di  rinvenire - nel
sistema stesso delineato dagli artt. 23 e 87 del T.U. n. 361 del 1957
-  una  disposizione,  anche  implicita,  che  assicuri, al candidato
escluso   dal  procedimento  elettorale,  un'azione  a  tutela  della
posizione  giuridica  lesa  dal provvedimento dell'Ufficio elettorale
centrale nazionale.
   D'altra  parte,  l'univoco  atteggiamento  di chiusura a qualsiasi
revisione dei provvedimenti di tal genere, a proclamazione avvenuta e
nell'ambito  del  procedimento di cui all'art. 87 T.U, da parte delle
nuove  Camere,  finisce  con  l'escludere,  di  fatto,  ogni  tipo di
controllo  (ovvero  anche quello spettante alle Giunte sulla base del
citato  articolo)  nei  riguardi  dell'organo  amministrativo, che si
trova, dunque ad operare in una posizione del tutto anomala.
   E'  lecito  ritenere  che  le  prese di posizioni delle due Giunte
delle   elezioni,   non   possano  assumere  forza  ed  efficacia  di
interpretazione  autentica,  e nulla esclude che Giunte di differenti
legislature assumano contrastanti posizioni interpretative: tuttavia,
gli  argomenti addotti a sostegno della tesi restrittiva sono tali da
fare ritenere fortemente improbabili un mutamento di rotta.
   Le  indicazioni  della  suprema  Corte  sono  dunque  destinate  a
rimanere  lettera  morta,  dal  momento che le Giunte si rifiutano di
prendere  cognizione  dei  ricorsi  (o  meglio,  reclami)  avverso  i
provvedimenti di esclusione emessi dall'Ufficio nazionale e non vi e'
un  giudice  che possa risolvere il problema, in quanto, fra l'altro,
quale che sia la tipologia del conflitto che, per tale verso, viene a
determinarsi,  fra  Cassazione  e  Giunte,  non  sembra  che la Corte
costituzionale sia in qualche modo intenzionata a risolverlo (si veda
Corte costituzionale, ordinanza n. 117 del 23 marzo 2006).
   Emerge,  pertanto, nella sua reale consistenza, il vuoto di tutela
giurisdizionale  nelle  ipotesi,  come  quella  in  esame,  in cui il
candidato  incorra  in  un arresto procedimentale che gli preclude la
partecipazione alla competizione elettorale.
   Cio'  avvalora  il  dubbio  di illegittimita' costituzionale degli
artt.  23  e  87  del  T.U.  di  cui  al  d.P.R.  n. 361 del 1957 per
violazione  degli  artt. 3, 51 primo comma, 24 primo comma, 103 primo
comma,   e   113   della  Costituzione,  nonche'  dell'art.  6  della
Convenzione   europea   dei   diritti   dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali.
   Ed  infatti  tali  articoli,  nella  parte di interesse, ledono il
diritto  di  elettorato  passivo  (art.  51,  primo comma, Cost.), in
relazione  all'art.  24  della Costituzione, che garantisce a ciascun
cittadino  la  tutela giurisdizionale dei propri diritti ed interessi
legittimi.
   La  suddetta lesione e' irragionevole ed immotivata a fronte della
natura  amministrativa  dell'organo  cui  e'  rimesso  il  potere  di
determinare  l'arresto  procedimentale,  e della differente posizione
nella  quale  vengono  a  trovarsi  gli aspiranti a cariche elettive,
nell'ambito  delle  elezioni  amministrative, con evidente violazione
degli  art.  3,  103  e  113,  dal momento che sottraggono al giudice
naturale il controllo sulla legittimita' della lesione dell'interesse
legittimo senza che di cio' si rinvenga giustificazione nella formula
dell'art.  66 Cost., la quale non ricomprende, nel proprio ambito, il
controllo   sulle   posizioni   di   soggettive  esclusi  per  motivi
procedimentali.
   Sotto  differente profilo, le norme citate violano l'art. 117, che
impone  al  legislatore  nazionale di operare nel rispetto (oltre che
della   Costituzione,   anche)  dei  vincoli  derivanti  dalle  norme
comunitarie e dagli obblighi internazionali, con riferimento all'art.
6  della  Convenzione  europea dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali   che  imprime  valore  costituzionale  all'esigenza  di
effettivita' della tutela giurisdizionale.
   7.  - Il giudizio, pertanto, deve essere sospeso e gli atti devono
essere  inviati alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla
questione di legittimita' costituzionale sopra formulata.