LA CORTE DI APPELLO Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa di secondo grado vertente tra Pepe Mario (rappr. e dif. dagli avv. Prof. Giuseppe Abbamonte e Lorenzo Lentini, presso lo studio del secondo dei quali elettivamente domicilia in Salerno, corso Garibaldi n. 103, per mandato a margine dell'atto di appello) e Costantino Giovanni, Lizzi Silvia, Di Poto Giuseppe e Muccio Carmine (tutti rappr. e dif. anche disgiuntamente dagli avv. Franco Morena e Antonio Scuderi, presso lo studio del secondo dei quali elettivamente domiciliano in Salerno, via Velia n. 96, per mandato a margine del controricorso), nonche' il Comune di Postiglione ed il pubblico ministero, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno e del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Salerno; Letti gli atti ed all'esito della discussione svoltasi alla pubblica udienza del 20 dicembre 2007, osserva quanto segue in fatto e in diritto. I n f a t t o 1. - Con ricorso depositato il 27 giugno 2007 Costantino Giovanni, Lizzi Silvia, Di Poto Giuseppe e Muccio Carmine, premessa la loro qualita' di cittadini elettori del Comune di Postiglione, eletti consiglieri comunali all'esito delle precedenti consultazioni elettorali amministrative del 27 e 28 maggio 2007 ed a seguito della deliberazione consiliare 13 giugno 2007 di convalida degli eletti, chiedevano al Tribunale di Salerno di dichiarare l'ineleggibilita' di Pepe Mario alla carica di sindaco e comunque all'ufficio di consigliere comunale di Postiglione, ai sensi dell'art. 60, comma 1, n. 9), decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in quanto egli rivestiva, gia' alla data di presentazione delle liste dei candidati, il ruolo di direttore sanitario della casa di cura «Campolongo Hospital S.p.a.», struttura privata accreditata per il S.S.N. e, siccome ubicata nel territorio del Comune di Eboli, ricadente nel territorio della stessa ASL Salerno 2, nel quale, era compreso pure il Comune di Postiglione. Fissata l'udienza di discussione della causa per il 2 ottobre 2007 con decreto presidenziale 13 luglio 2007 e notificato il ricorso unitamente a quest'ultimo in data 1° agosto 2007 al Pepe ed al comune, era quindi depositata in cancelleria, in data 7 agosto 2007, la copia notificata dell'uno e dell'altro, unitamente alla documentazione a sostegno della domanda. Dal canto suo, costituendosi con controricorso depositato - con la relativa documentazione - il 19 settembre 2007, il Pepe eccepiva, ampiamente argomentando sul punto, l'illegittimita' costituzionale della norma invocata ex adverso per violazione dell'art. 3 Cost. e concludeva per il rigetto del ricorso. All'esito della discussione, il tribunale definiva la controversia dando lettura del dispositivo alla pubblica udienza del 2 ottobre 2007 e, quindi, pronunciando la sentenza n. 2255/2007, depositata il giorno successivo, con cui la questione di legittimita' costituzionale era ritenuta manifestamente infondata e, di conseguenza, accolto il ricorso con dichiarazione di decadenza, per ineleggibilita', del Pepe dalle cariche di sindaco' e consigliere comunale del Comune di Postiglione e con compensazione delle spese di lite. In particolare, i primi giudici, rilevata in capo al Pepe la qualita' di direttore sanitario della casa di cura convenzionata suddetta, aderivano all'indirizzo interpretativo espresso da Cass. 4 marzo 2003, n. 3155, affermando la natura dirigenziale della qualifica di direttore sanitario di casa di cura (secondo la definizione di cui agli articoli 43 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, richiamati dall'art. 60, comma 4, decreto legislativo n. 267/2000), in base agli articoli 20 ss. del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 giugno 1986 e, segnatamente, dei suoi articoli 26 e 27, che compiutamente esaminavano. A tal riguardo, il tribunale osservava come il direttore sanitario di una struttura sanitaria svolgesse un'attivita' continuativa integrativa e sostitutiva di quella dell'imprenditore, connotata da una alta specializzazione ed ampia discrezionalita' di poteri e facolta' di iniziativa, per quanto nei limiti delle direttive generali della proprieta'; rimarcava come egli in concreto espletasse complesse attivita' di promozione, coordinamento, supervisione e gestione, che richiedevano profonda conoscenza della stessa organizzazione aziendale e coinvolgevano la allocazione delle risorse, sia umane che tecnico-strumentali, nonche' la direzione dei servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari, esercitando tutti i poteri e doveri di vigilanza ed organizzazione, tecnico-sanitaria. Era quindi posta in luce la pacifica qualificazione del direttore sanitario nella categoria dei dirigenti, non solo in base alle previsioni del decreto legislativo n. 502/1992, tanto da risultare anteposto - ex art. 7 del codice civile N.L. - a tutte le altre in funzione della qualita' e quantita' delle mansioni riconosciutegli. con il ricordato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1986, ma anche in forza della legislazione di numerose regioni. Era poi affermata l'irrilevanza delle mansioni effettivamente svolte, essendo sufficiente l'attribuzione formale della qualifica di dirigente, con conseguente irrilevanza delle istanze istruttorie formulate dal Pepe estendenti a dimostrare che la sua attivita' si esaurisse in compiti di mera organizzazione interna tecnico-sanitaria: e tanto perche' la previsione legislativa delle cause di ineleggibilita' prescindeva dalle peculiarita' concrete di limitazione del normale e fisiologico ambito dei poteri - e quindi delle possibilita' di influire sulla liberta' di determinazione degli elettori - di una categoria di soggetti. Di conseguenza, il tribunale, una volta ricordato che, benche' con riferimento alla precedente previsione dell'art. 2, n. 9) della legge n. 154/1981, l'ineleggibilita' era stata comminata anche a coloro che' svolgessero di fatto le funzioni dirigenziali, aderiva alla prospettazione della richiamata Cass. 3155/2003 anche in ordine alla valutazione della ratio dell'ineleggibilita' comminata ai dirigenti delle strutture convenzionate, da ricercarsi nella salvaguardia della par condicio tra tutti i concorrenti alla gara elettorale, mediante l'impedimento, ad alcuni soggetti formalmente investiti di una posizione funzionale apicale oppure anche solo esercenti la medesima in via di fatto, di sfruttare a fini elettorali la loro capacita' di adottare decisioni intrinsecamente idonee a sollecitare scelte altrimenti non volute dall'elettore: del resto, gia' Cass. 15 giugno 2000, n. 8178, aveva evidenziato che la sanzione dell'ineleggibilita' si fondava sul sospetto di inquinamento della pubblica funzione derivante dal potenziale conflitto di interesse tra amministratore dell'ente locale e professionista operante nell'ambito di una struttura privata convenzionata. Il tribunale ricordava poi l'evoluzione normativa in tema di ineleggibilita' delle figure di vertice delle Unita' Sanitarie Locali - prima ex art. 2, n. 9, legge n. 154/1981 e poi ex art. 3, comma 9, d.lgs. n. 502/1992 - e ricostruiva la persistenza, anche dopo la riforma del 1992, di significativi poteri gestori dei sindaci dei comuni nei confronti delle unita', e poi, delle aziende sanitarie locali operanti sui territori dei rispettivi comuni sotto forma di definizione delle linee di indirizzo per l'impostazione programmatica delle attivita', di esame dei bilanci, di verifica dell'andamento generale dell'attivita', di contributo alla definizione dei piani programmatici, di parere sulla verifica dei risultati conseguiti, di proposta o parere per la decadenza o la revoca del direttore generale, di nomina di uno dei membri del collegio sindacale. Ne conseguiva, ad avviso del tribunale, la persistenza di un conflitto di interesse idoneo ad essere sanzionato con l'espressa ineleggibilita', del resto in modo conforme alla delega legislativa conferita con l'art. 31, comma 3, lettera e), della legge 3 agosto 1999, n. 265. Infine, i primi giudici escludevano la lamentata incostituzionalita' dell'art. 60, comma 1, n. 9), decreto legislativo n. 267/2000 in riferimento all'art. 3 Cost. con riguardo all'illegittima equiparazione tra le posizioni di direttore sanitario dell'ASL e di direttore sanitario di case di cura private, sotto il profilo della carenza, in capo al secondo, di qualsiasi potere direttivo dell'impresa: e tanto perche' i poteri del direttore sanitario della casa di cura privata non si limitavano a compiti di direzione tecnica di servizi, ma si estendevano, in concreto, anche e proprio alla gestione dell'azienda, si' da collocarlo istituzionalmente in una posizione di interferenza o di potenziale conflitto con le funzioni di sindaco del comune. 2. - Avverso tale sentenza proponeva peraltro appello il Pepe, con ricorso depositato nella cancelleria di questa Corte il 29 ottobre 2007, ampiamente censurandola. In particolare, egli poneva in evidenza come la disparita' di trattamento ai fini dell'art. 3 Cost. invocata a sostegno dell'eccezione di incostituzionalita' riguardasse un duplice profilo, vale a dire non solamente quello dell'ingiustificata equiparazione tra comparto pubblico e privato a dispetto della carenza di potere gestorio in capo al direttore sanitario di casa di cura privata, ma anche un altro, cioe' quello dell'ingiustificata differenziazione tra le posizioni di direzione sanitaria del presidio ospedaliero pubblico e quelle di direzione sanitaria di una struttura privata convenzionata, solo la seconda delle quali comportava la sanzione dell'ineleggibilita'. In particolare, l'appellante ricordava come, in conseguenza dell'abrogazione dell'art. 2, n. 8 della legge n. 154/1981 (che comminava l'ineleggibilita' dei dirigenti sanitari di secondo livello delle poi disciolte unita' sanitarie locali), l'ineleggibilita', nel comparto pubblico, era ormai limitata alla triade di vertice aziendale e cioe' al direttore generale ed ai direttori amministrativo e sanitario: mentre i dirigenti gia' di secondo livello (direzione sanitaria o amministrativa di distretti e presidi ospedalieri pubblici) erano tornati ad essere liberamente eleggibili; con evidente disparita' di trattamento con i dirigenti sanitari di strutture private convenzionate e violazione non solo dell'art. 3 Cost. (sotto il chiaro profilo dell'ingiustificata disparita' di. trattamento di situazioni analoghe), ma anche dell'art. 51 (quanto al profilo della liberta' di' accesso alle cariche elettive) e 97 Cost. Tale disparita', sulla quale i primi giudici non si erano neppure soffermati, era vieppiu' evidente, a detta del Pepe, alla stregua: dell'equiparazione, in un unitario comparto, del settore privato a quello pubblico; della sostanziale identita' delle funzioni tecniche in concreto esercitate dal direttore dei presidi ospedalieri pubblici - di cui all'art. 4, comma 9, decreto legislativo n. 502/1992 e, in Campania, all'art. 11, comma 7, legge regionale n. 32/1994 - e delle case di cura private - di cui al richiamato art. 26 d.P.C.m. 27 giugno 1986 - convenzionate con il servizio sanitario nazionale; dell'identita' di disciplina giuridica delle due figure dirigenziali in esame (direttore di presidio ospedaliero e direttore di casa di cura privata); dell'identica rilevanza delle funzioni svolte dall'uno e dall'altro nei confronti dell'utenza. Ancora, l'appellante censurava la prima sentenza per la valutazione di manifesta infondatezza del primo profilo di incostituzionalita', avendo essa pretermesso la valutazione della struttura dell'impresa privata e quindi dell'attribuzione all'imprenditore e non al direttore sanitario dei poteri di gestione ed amministrazione della struttura convenzionata. Inoltre, il Pepe denunciava la violazione degli articoli 26 e 27 del d.P.C.m. 27 giugno 1986 ed in particolare censurava l'esclusione della natura meramente tecnica delle funzioni di direttore sanitario di casa di cura privata, fondata dal tribunale sul divieto di esercitare funzioni di diagnosi e cura, sulla stessa incompatibilita' con la qualita' di proprietario o socio dell'impresa proprietaria, sulla configurabilita' di. attivita' consistenti in un facere altamente professionale, idonee ad influenzare le scelte del potenziale elettorato: ed al riguardo controbatteva punto per punto, argomentando per la natura squisitamente tecnica delle funzioni esercitate, per l'irrilevanza dello svincolo tra il controllo delle attivita' tecniche e lo scopo dei profitto di impresa, per la carenza di contatti diretti con il potenziale elettorato nel concreto espletamento delle attivita' rientranti nelle sue funzioni, per la mancanza di poteri di determinazione dell'indirizzo della impresa, i quali rimanevano in capo alla proprieta'. In fine, il Pepe si doleva dell'illegittima equiparazione, operata con l'appellata sentenza, della figura di direttore sanitario di casa di cura privata e di quella di direttore apicale della A.S.L., nonostante l'evidente limitazione dei poteri del primo ad attivita' di rilevanza meramente interna. E concludeva perche', previa rimessione degli atti alla Consulta per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dei numeri 8) o 9) dell'art. 60, decreto legislativo n. 267/2000, per violazione degli articoli 3, 51 e 97 Cost. e per contrasto con gli articoli 2086 e 2095 del codice civile, la gravata sentenza fosse riformata, con rigetto del ricorso in primo grado e vittoria delle spese del doppio grado. Fissata l'udienza con decreto presidenziale del 30 ottobre 2007, questo era notificato, in uno al ricorso, alle controparti, ma anche al comune, al pubblico ministero presso il tribunale ed a quello presso la Corte di appello, per tutti in data 8 novembre 2007, mentre alla pubblica udienza si acquisiva la prova della ricezione, avutasi il 12 novembre 2007, della raccomandata con cui era stata effettuata la sola notifica a mezzo posta, cioe' quella al Comune di Postiglione. A seguito di tanto si costituivano, depositando controricorso il 23 novembre 2007, i ricorrenti in primo grado, Costantino Giovanni, Lizzi Silvia, Di Poto Giuseppe e Muccio Carmine, i quali: quanto al primo motivo di appello, negavano l'abrogazione tacita di ipotesi di incompatibilita' nell'assetto della legge n. 154/1981, ma soprattutto rimarcavano l'irrilevanza della riforma di cui al decreto legislativo n. 502/1992 ai fini delle ipotesi di ineleggibilita', con conseguente giustificazione della previsione della norma di cui al n. 9 dell'art. 60, comma 1, testo unico n. 267/2000; sempre quanto al primo motivo, negavano la correttezza dell'equiparazione delle figure del direttore sanitario di casa di cura privata convenzionata e di direttore di presidio ospedaliero, sottolineando la subordinazione del secondo alla triade dirigenziale apicale della A.S.L. e la sua esclusione dal coinvolgimento nelle scelte operative e strategiche di questa; ancora sul primo motivo di appello, rimarcavano la responsabilita' autonoma e diretta del direttore sanitario di casa di cura privata nei confronti dell'A.S.L. e dei terzi, ma anche l'ampiezza dei suoi poteri, di vera e propria direzione dell'azienda, che appunto piuttosto lo equiparavano al direttore sanitario dell'A.S.L. e non a quello di un semplice presidio ospedaliero pubblico; quanto agli altri motivi di appello, contestavano la ricostruzione del Pepe sulla natura meramente tecnica delle funzioni svolte dal direttore sanitario di casa di cura privata, a lui competendo invece tutta l'organizzazione sanitaria, nonche' ogni decisione - e correlativa responsabilita' anche verso l'esterno - per la concreta erogazione del servizio sanitario; ritenevano cosi' giustificata - e pertanto costituzionalmente legittima - la previsione della ineleggibilita' in considerazione della qualificabilita' del direttore sanitario di casa di cura privata quale dirigente, per l'ampiezza della funzione, l'autonomia totale delle sue decisioni e l'assenza di subordinazione gerarchica all'infuori delle direttive generali dettate dal consiglio di amministrazione; concludevano per il rigetto del gravame, con conferma della gravata sentenza ed ogni conseguenza in ordine alle spese. Depositata in data 14 novembre 2007 dall'appellante anche la copia notificata del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, con nota dep. il 12 dicembre 2007 il Procuratore generale presso la Corte di appello concludeva per il rigetto dell'appello (ma, per la complessita' interpretativa della questione, con compensazione delle spese), sulla base della considerazione per cui, nonostante effettivamente la gravata sentenza non avesse nemmeno esaminato il secondo profilo di illegittimita' costituzionale prospettato dal Pepe, questo era comunque infondato, siccome il direttore, di struttura ospedaliera privata andava assimilato piuttosto al direttore sanitario dell'A.S.L., anch'egli ineleggibile. La causa perveniva quindi all'udienza del 20 dicembre 2007, alla quale, dopo la discussione orale, le parti, concludevano come in atti riportato e questa Corte si ritirava in camera di consiglio per deliberare: ed all'esito pronunciava la presente ordinanza. I n d i r i t t o 3. - Ai fini della decisione del presente gravame occorre ricordare che oggetto del giudizio e' la doglianza di ineleggibilita' di Pepe Mario alla carica di consigliere comunale e di sindaco del Comune di Postiglione (SA), alla stregua dell'art. 60, comma 1, n. 9, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento, degli enti locali, in Gazzetta Ufficiale n. 227, suppl. ord. del 28 settembre 2000, emanato ai sensi dell'art. 31, legge 3 agosto 1999, n. 265); e che i motivi di appello non si incentrano sulla contestazione dei presupposti di fatto di tale norma, ma si esauriscono - benche' con ampie argomentazioni e sotto diversi e concorrenti profili - nella prospettazione della illegittimita' costituzionale della norma applicata dai primi giudici per accogliere l'azione popolare e dichiarare, a motivo della sua ineleggibilita', decaduto il Pepe dalla carica di sindaco e di consigliere comunale. La disposizione in esame prevede che non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero del comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate. La norma da applicare al caso in esame, come ricavata da tale complessiva disposizione, e' quindi quella per la quale, «non sono eleggibili a sindaco ... e consigliere comunale ... i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli ... dei comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate». La questione di legittimita' costituzionale di una tale norma, essendo quest'ultima il solo parametro di valutazione della fondatezza della doglianza dei ricorrenti in primo grado, e' evidentemente rilevante, in quanto esclusivamente alla sua stregua puo' stabilirsi se sussista o meno l'ineleggibilita' resa oggetto dell'azione popolare ex art. 70, decreto legislativo n. 267/2000, in concreto dispiegata con il presente giudizio. Deve allora esaminarsi se la questione stessa sia manifestamente infondata. Giova premettere che, per quanto attiene in generale all'ineleggibilita', la verifica di legittimita' costituzionale deve effettuarsi innanzitutto alla luce del diritto di elettorato passivo, che l'art. 51 della Costituzione assicura in via generale, e che la Corte costituzionale ha ricondotto alla sfera dei diritti inviolabili sanciti dall'art. 2 della Costituzione (Corte cost. n. 571/1989 e n. 235/1988); la previsione della ineleggibilita', e della conseguente nullita' dell'elezione, e' misura che comprime, in un aspetto essenziale, le possibilita' che l'ordinamento costituzionale offre al cittadino di concorrere al processo democratico (tra molte, v. Corte cost. 6 maggio 1996, n. 141). Ne deriva che le restrizioni del contenuto di un diritto inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, e cio' in base alla regola della necessarieta' e della ragionevole proporzionalita' di tale limitazione (cfr. Corte cost. n. 141/1996, cit.; ad esempio, sui limiti posti a diritti inviolabili da esigenze di conservazione dell'ordine pubblico, v., fra le varie; Corte cost. numeri 138/1985 e 102/1975); e va allora accertato se la non candidabilita' - ovvero non eleggibilita' - sia dunque indispensabile per assicurare la salvaguardia di detti valori, se sia misura proporzionata al fine perseguito o non finisca piuttosto per alterare i meccanismi di partecipazione dei cittadini alla Vita politica, delineati dal titolo IV, parte I, della Carta costituzionale, comprimendo un diritto inviolabile senza adeguata giustificazione di rilievo costituzionale. Nel compiere tale verifica, principio indefettibile e' che l'eleggibilita' e' la regola, e l'ineleggibilita' l'eccezione: le norme che derogano al principio della generalita' del diritto elettorale passivo sono di stretta interpretazione e devono contenersi entro i limiti di quanto e' necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate (Corte cost. n. 141/1996, cit.; in precedenza, v. gia' Corte cost. n. 46/1969, Corte cost. n. 166/1972, via via fino a Corte cost. numeri 571/1989 e n. 344/1993). Benche' le cause di ineleggibilita' siano sempre rimovibili dall'interessato, si richiede comunque che il limite sia effettivamente indispensabile (Corte cost. n. 141/1996, cit.; quanto alla giurisprudenza di legittimita', basti un richiamo, tra le piu' recenti, a Cass. 29 novembre 2000 n..15284). Cio' posto ed entro questi insuperabili confini, puo' allora ritenersi acquisito alla cultura giuridica italiana: (secondo l'icastica espressione .di Cass.; ord. 6 marzo 2003, n. 3388) il principio per il quale l'ineleggibilita' trova il suo logico fondamento nella volonta' del legislatore d'impedire a persone rivestite di una determinata carica pubblica, o legate da vincoli di interessi alla pubblica amministrazione, l'utilizzazione, ai fini di una loro elezione, delle condizioni di particolare favore in cui. esse si trovano, condizioni che, in riferimento alla nostra Costituzione, violano di fatto sia il principio della liberta' di voto degli elettori (art. 48 Cost.), sia quello dell'accessibilita' alle cariche elettive pubbliche in condizioni di uguaglianza (art. 51 Cost.). 4. - Cio' posto, va precisato che i primi giudici si pongono il problema della costituzionalita' della norma, ma soltanto sotto il primo dei due profili di illegittimita' prospettati dal convenuto Pepe; in particolare, il tribunale non esamina, come del resto nota anche il procuratore generale nelle sue conclusioni scritte, il differente profilo di illegittimita' costituzionale per il quale l'ineleggibilita' del direttore sanitario di struttura convenzionata privata comporterebbe un'ingiustificata differenziazione rispetto all'eleggibilita' del direttore di presidio ospedaliero pubblico: con evidente violazione del precetto costituzionale di cui all'art. 3, comma 1, della Carta fondamentale, in quanto sarebbero ingiustificatamente trattate in modo eguale due situazioni sostanzialmente assimilabili o analoghe, ma anche dell'art. 51, primo comma, della Costituzione, poiche' sarebbe irragionevolmente compresso il diritto di ogni cittadino a concorrere e di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza. La relativa eccezione, siccome rilevante ai fini della decisione, va pertanto esaminata da questa Corte nel presente grado di gravame: ed essa non puo' qualificarsi manifestamente infondata. Effettivamente, la complessiva ristrutturazione della sanita' pubblica, avutasi con il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (recante «riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421» e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 4, suppl. ord., del 7 gennaio 1994), ha comportato un cospicuo cambiamento di assetto dell'apparato del servizio sanitario nazionale. Originariamente, le unita' sanitarie locali potevano, alla stregua della prevalente interpretazione, qualificarsi come caratterizzate da un forte legame con gli enti pubblici territoriali di riferimento e da una struttura fortemente influenzata, anche in ordine alle scelte organizzative, gestionali e tecniche, dalle valutazioni di questi; attraverso i loro rappresentanti od altri organi di loro diretta emanazione; inoltre, significativamente le unita' sanitarie locali erano distribuite sul territorio con una peculiare capillarita', che esaltava quella sorta di contiguita' con gli enti territoriali, tanto da prospettarle come dirette emanazioni di questi. Il sistema delineato dalla riforma del 1992, invece, ha introdotto apertis verbis il rivoluzionario concetto dell'economicita' della gestione, connotando le originarie unita' della qualifica di «aziende» ed esigendo la necessaria tendenza al pareggio di bilancio anche per tutte le articolazioni intermedie, ma soprattutto; ridottone drasticamente il numero, ha introdotto un sistema di guida sensibilmente diverso dal precedente, in grado - almeno in teoria - di sottrarsi almeno alle piu' immediate e pressanti tra le interferenze degli enti territoriali sulla gestione delle politiche sanitarie pubbliche. Il nuovo sistema di vertice di ogni azienda sanitaria od ospedaliera e' invero organizzato sulla limitazione delle figure dirigenziali ed in particolare esso e' incentrato su quella di direttore generale e su quelle, immediatamente sottoposte ma con elevato grado di autonomia anche rispetto ad essa, di direttore amministrativo e di direttore sanitario. E' corretto quindi sostenere che, nel comparto della sanita' pubblica: la sanzione di ineleggibilita' e' espressamente prevista, ai sensi dell'art. 60, comma 1, n. 8, del decreto legislativo n. 267/2000 in esame, alla triade di vertice aziendale e cioe' al direttore generale ed ai direttori amministrativo e sanitario; non puo' piu' considerarsi in vigore il divieto di cui all'art. 2, n. 8 della legge n. 154/1981, che comminava l'ineleggibilita' dei dirigenti sanitari di secondo livello delle poi disciolte unita' sanitarie locali, ma inseriti in peculiari organismi direttivi ormai soppressi con la riforma del 1992: e tanto, del resto, a seguito dell'espressa previsione dell'art. 274 del gia' richiamato decreto legislativo18 agosto 2000, n. 267 (che la prima norma ha espressamente abrogato, tranne che per i consiglieri regionali); i dirigenti gia' di secondo livello (direzione sanitaria o amministrativa di distretti e presidi ospedalieri pubblici) devono pertanto nuovamente qualificarsi tutti come liberamente eleggibili. 5. - Orbene, le funzioni di direttore sanitario di struttura ospedaliera convenzionata sono senz'altro sussumibili entro la qualifica di dirigente, come in maniera peraltro condivisibile argomentano - e con dovizia di argomenti, in adesione del resto ad un indirizzo interpretativo della suprema Corte sufficientemente univoco (Cass. 3155/03) - i primi giudici, siccome dette funzioni sono ben piu' che meramente tecniche: al riguardo, l'ampiezza dei loro poteri e la loro autonomia - come si desume dalla puntuale disamina operata anche dal tribunale - e' evidente e decisiva, derivandone una concreta capacita' di incidere, per quanto pur sempre limitato le loro scelte organizzative e gestionali concrete e benche' nel pur sempre limitato ambito loro lasciato dalle direttive dell'assetto proprietario, anche in misura sensibile nella concreta estrinsecazione dell'offerta di servizi riconducibili a quel settore della sanita' pubblica organizzata su soggetti privati in regime di convenzionamento. Il punto dirimente, ad avviso di questa Corte, e' che altrettanto, vale a dire per la sussistenza di funzioni poteri assolutamente analoghi, non sanzionati pero' con identica previsione di ineleggibilita', potrebbe argomentarsi per i dirigenti di presidi ospedalieri pubblici. Si ricordi che, proprio a seguito della riforma del servizio sanitario nazionale di cui al d.lgs. n. 502/1992, non tutte le strutture ospedaliere pubbliche sono state costituite in aziende sanitarie; al contrario, queste ultime si articolano a loro volta in complesse strutture intermedie, denominate distretti e presidi, negli ultimi dei quali si risolvono la maggior parte degli ospedali pubblici, siccome privi di determinate caratteristiche dimensionali ed operative. Invero, ai sensi dell'art. 4 del richiamato decreto legislativo (e delle successive modifiche, di cui al d.lgs. n. 502/1992, a cominciare dall'art. 5, d.lgs. n. 517/1993), le strutture ospedaliere pubbliche sono costituite in aziende solo in presenza di determinati presupposti (alta specializzazione o rilievo nazionale) e requisiti (comma 2 dell'art. 4 cit.: presenza di almeno tre strutture di alta specialita' - ex d.m. emanato ex art. 5, legge 23 ottobre 1985, n. 595 - ed organizzazione funzionalmente accorpata ed unitaria di tipo dipartimentale di tutti i servizi), tanto che, in assenza di essi e quindi come ipotesi normale ovvero ordinaria, quelle conservano la limitata qualifica di presidi dell'azienda sanitaria locale (art. 4, comma 9, d.lgs. cit.). Le funzioni dei direttori medici dei distretti ospedalieri pubblici sono variamente disciplinate. dalle singole normative regionali; in Campania, peraltro, l'art. 11, comma 7, della legge regionale 3 novembre 1994, n. 32 (in Gazzetta Ufficiale - serie speciale - n. 3 dell'11 marzo 1995 ed in B.U. Regione Campania n. 53 del 4 novembre 1994), si limita, una volta qualificatili come direttori sanitari, a riproporne la qualifica di responsabile delle funzioni igienico-organizzative, gia' fissata in via generale dal richiamato art. 4, comma 9, d.lgs. n. 502/1992. 6. - A tale onnicomprensiva dizione - «responsabile delle funzioni igienico-organizzative» - puo' pero' riferirsi ognuna delle prerogative e dei compiti dei direttori sanitari delle strutture private convenzionate, quali delineati dal d.P.C.m. 27 giugno 1986 (n. 495600, pubbl. in Gazzetta Ufficiale 4 luglio 1986, n. 153) gia' richiamato in narrativa ed esaminato dai primi giudici. A parte l'applicazione del regolamento e le proposte in tema di sua variazione, essi in primo luogo curano adempimenti burocratici, organizzativi e statistici, quali la tenuta di elenchi del personale e di alcuni eventi clinici rilevanti ed anche dei registri degli stupefacenti, ovvero quali il rilascio di documentazione ai degenti, ma poi dispiegano la loro attivita' nella predisposiziane delle destinazioni e dei turni - ivi compresi quelli di guardia medica, ostetrica e ginecologica, nonche' delle ferie - del personale di tutte le categorie, con compiti di vigilanza e di promozione di eventuali provvedimenti disciplinari; e, quindi, per assicurare l'erogazione regolare dell'assistenza agli infermi, garantiscono il funzionamento e l'efficienza delle strutture, impianti ed apparecchiature della casa di cura, nonche' il regolare approvvigionamento e somministrazione di vettovaglie e medicinali, formulando proposte per l'acquisto di apparecchi, attrezzature ed arredi, nonche' pareri sullo stesso assetto edilizio della casa di cura. In nessun caso pero' essi adottano direttamente decisioni sulla modifica o sulla variazione del patrimonio o del personale, ne' sull'identita' o sulla qualita' dei servizi da erogare, ne' possono mai impegnare in alcun modo la volonta' del soggetto che gestisce l'impresa sanitaria della struttura convenzionata: in sostanza, non solo le scelte strategiche, ma anche quelle di straordinaria. amministrazione sono loro istituzionalmente precluse. Pare a questa Corte che tali pur complessi compiti rientrino de plano nel concetto di quelle funzioni igienico-organizzative riconosciute anche al, direttore medico - ovvero, come in Campania, direttore sanitario - di presidio ospedaliero pubblico, del resto in carenza di una analitica ricostruzione, analoga a quella prevista per le case di cura private: ma non paiono, invero, ne' in un caso ne' nell'altro in grado di incidere sulle scelte di carattere generale e di straordinaria amministrazione operate dalla struttura sanitaria, che competono appunto - di diritto ed in fatto - o alla triade apicale dell'ASL di riferimento (quanto al presidi ospedalieri pubblici) o agli organi decisionali ed esecutivi propri della forma giuridica in concreto prescelta (quanto alle case di cura private convenzionate). Eppure, tali dirigenti sanitari, pur avendo analoghi compiti, non sono ineleggibili, attesa la mancata estensione ad essi della relativa sanzione di cui al n. 8) del comma 1 dell'art. 60 del d.lgs. n. 267/2000 e l'intervenuta abrogazione della previgente norma di cui all'art. 2, n. 8), legge 23 aprile 1981, n. 154 (che prevedeva che non fossero eleggibili a consigliere regionale, provinciale, comunale e, circoscrizionale «i dipendenti dell'unita' sanitaria locale facenti parte dell'ufficio di direzione di cui all'art. 15, nono comma, n. 2, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 ed i coordinatori dello stesso per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell'unita' sanitaria locale da cui dipendono o lo ricomprende»). Del resto, gia' prima del decreto legislativo n. 267/2000 e della rimodulazione delle previsioni di ineleggibilita' per gli organi delle aziende sanitarie locali la suprema Corte aveva riconosciuto che una tale sanzione poteva essere applicata solo a quelle figure dirigenziali che, in relazione alla loro collocazione nella struttura, esercitano una funzione apicale assimilabile a quelle del direttore generale, ovvero del direttore amministrativo e di quello sanitario dell'Azienda, escludendo pertanto - e ben significativamente l'ineleggibilita' per il responsabile di un'unita' operativa interdistrettuale (Cass. 29 novembre 2000, n. 15284, con compiuta ed ampia ricostruzione dell'evoluzione normativa e degli istituti sottesi, nonche' con l'enunciazione del principio del collegamento della ineleggibilita' alla apicalita' della funzione dirigenziale in seno all'azienda sanitaria). 7. - In sostanza e pertanto: e' pacifica in giurisprudenza (Cass. 3155/2003) la sussunzione del direttore sanitario di casa di cura privata convenzionata entro la mozione di dirigente rilevante ai fini della sanzione, di ineleggibilita' prevista dall'art. 60, comma 1, n. 9, d.lgs. n. 267/2000; tale sanzione e' applicata a prescindere dalle dimensioni e dalle caratteristiche delle strutture private convenzionate, cosi' applicandosi anche ai dirigenti di quelle minori, o comunque di quelle che, non possedendo i requisiti stabiliti dall'art. 4, comma 2, decreto legislativo n. 502/1992, non potrebbero assimilarsi a quei presidi ospedalieri di alta specializzazione o di rilievo nazionali (significativamente costituiti in aziende ospedaliere), ma soltanto ai presidi ospedalieri pubblici inseriti nel piu' ampio contesto delle aziende sanitarie locali; peraltro, anche i presidi ospedalieri pubblici non costituiti in aziende sanitarie locali prevedono la figura di un dirigente medico (art. 4, comma 9, d.lgs. n. 502/1992), in alcune regioni, come la Campania, denominato direttore sanitario, la quale non puo' assimilarsi alle figure apicali dell'azienda sanitaria locale cui i presidi stessi afferiscono; la figura di direttore sanitario di casa di cura privata convenzionata e' strutturalmente e funzionalmente analoga a quella di direttore sanitario di presidio ospedaliero pubblico, in quanto analoghe sono le funzioni normativamente previste (rispettivamente, art. 27 d.P.C.m. 27 giugno 1986 ed art. 4, comma 9, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502); sia il direttore sanitario di presidio ospedaliero pubblico che il direttore sanitario di casa di cura privata espletano dette funzioni in un contesto caratterizzato ormai da una sostanziale equipollenza tra pubblico e privato nella stessa articolazione del servizio sanitario nazionale: equipollenza garantita dall'imposizione ai soggetti privati di obiettivi e standard minimali, stabiliti in via generale ed astratta dalla competente p.a. quali condizioni imprescindibili per il convenzionamento e singolarmente coincidenti con quelli imposti alle strutture pubbliche; l'identita' di funzioni svolte e la totale analogia di contesto operativo giustificherebbero una identita' di regime giuridico, ivi compresa la disciplina delle ineleggibilita', apparendo nelle due situazioni identici i' rischi tenuti in considerazione dal testo unico n. 267/2000 e richiamati dalla suprema Corte (Cass. n. 3155/2000); sebbene sia evidente la ragionevolezza di un trattamento uguale da riservare a dette situazioni analoghe, pero', il direttore sanitario di casa di cura privata convenzionata non e' eleggibile a sindaco o consigliere, comunale (di uno dei comuni compresi nel territorio dell'A.S.L. con cui vi e' il regime di convenzionamento), mentre il direttore sanitario di presidio ospedaliero pubblico di analogo contesto territoriale, purche' non costituito in azienda sanitaria locale, e' - ben al contrario - liberamente eleggibile (siccome non gli si estende la sanzione di ineleggibilita' di cui al n. 8 del comma 1 dell'art. 60, d.lgs. n. 267/2000 cit., una volta abrogato, ex art. 274 di tale T.U., l'art. 2, n. 8, legge 23 aprile 1981, n. 154). La conseguente irragionevole diversita' di trattamento di situazioni sostanzialmente identiche, soprattutto in quanto limitativa del diritto di ogni cittadino di accedere liberamente alle cariche elettive, si pone quindi in contrasto con gli articoli 3, primo comma, nonche' 51, primo comma, della Carta fondamentale. Va pertanto qualificata rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento ad un possibile contrasto con dette ultime norme, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60, comma 1, n. 9) d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), nella parte in cui estende ai direttori sanitari delle case di cura private convenzionate la sanzione dell'ineleggibilita' a sindaco e consigliere comunale dei comuni che concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate: e tanto in riferimento alla libera eleggibilita' dei direttori sanitari di presidi ospedalieri pubblici, ricavabile sia dall'esclusione di questi dalla previsione di ineleggibilita' di cui all'art. 60, comma 1, n. 8) d.lgs. n. 267/2000 che dall'abrogazione, di cui all'art. 274 del medesimo d.lgs. n. 267/2000, del previgente art. 2, n. 8 della legge 23 aprile 1981, n. 154. Ne deriva la necessita' di rimetterne la risoluzione e la disamina alla Corte costituzionale, con le modalita' e gli adempimenti di cui in dispositivo e con la conseguente sospensione del presente giudizio fino alla decisione del Giudice delle leggi.