il GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale ex art. 23, legge n. 87/1953 I n f a t t o La Rocca Trasporti S.r.l. ha proposto, con atto di citazione del 22 ottobre 2007, domanda di risarcimento dei danni riportati dalla Renault tg. CM 560KA, di sua proprieta', a seguito di uno scontro di detto veicolo, avvenuto il 1° marzo 2007, con l'autovettura Hyundai tg. CJ028NP di proprieta' della Mediterranea S.r.l., assicurata, per la R.C.A., dalla Zurigo Assicurazioni s.a., nei confronti di queste ultime societa', nella qualita', rispettivamente, di proprietaria dell'autovettura Hyundai e dunque di responsabile civile del danno derivante dalla circolazione del suddetto veicolo e di impresa assicuratrice della responsabilita' civile della prima societa', affermando «di non riconoscere l'applicazione della speciale procedura di indennizzo diretto». La Zurigo Assicurazioni s.a. si e' costituita in giudizio, eccependo preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, poiche', in base al disposto dell'art. 149 d.lgs. n. 209/2005 (c.d. codice delle assicurazioni, denominato in seguito, «c.d.a.»), l'azione andava proposta nei soli confronti dell'impresa che assicurava, per la R.C.A., il veicolo attoreo al momento del sinistro. L'attrice all'udienza del 26 febbraio 2008 ha sollevato la questione della illegittimita' dell'art. 149 c.d.a. per violazione degli artt. 3, 24 e 76 Cost., chiedendo la rimessione degli atti alla Corte costituzionale o, in alternativa, la interpretazione costituzionalmente orientata della norma censurata che attribuisca ad essa il significato, non gia' di escludere, nei casi da essa contemplati, l'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile e di quest'ultimo, bensi', di aggiungere, in alternativa ad essa, la procedura di risarcimento diretto, richiesta sulla quale il giudice si riservava. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale La questione di legittimita' costituzionale sopraindicata incide sulla decisione relativa alla eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Zurigo Assicurazioni s.a., atteso che la domanda giudiziale in esame e' stata proposta nei confronti di un soggetto (impresa di assicurazione del responsabile civile del danno) diverso da quello, da individuarsi nella «impresa di assicurazione che stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato», nei cui «soli confronti», in base all'art. 149 c.d.a., l'azione di risarcimento in oggetto - avente ad oggetto i danni riportati dal veicolo attoreo a seguito di scontro tra due veicoli a motore identificati, assicurati per la responsabilita' civile obbligatoria (ed immatricolati in Italia) - andava proposta. Si fa presente, per completezza, che, poiche' la societa' sopraindicata e' stata messa in mora con lettera raccomandata del 13 aprile 2007 nel rispetto dei termini e delle modalita' prescritte dall'art. 145, comma 1, c.d.a., il procedimento in oggetto non e' suscettibile di essere definito con pronuncia di tipo processuale, per insussistenza della condizione di proponibilita' prevista da detta norma, ne' vi sono altre questioni idonee a precludere l'esame del merito della causa, nel quale e' compreso, come primo elemento, la contestata legittimazione passiva dell'impresa di assicurazione convenuta. Si fa presente, inoltre, che, nel caso di specie, sussistono tutti i presupposti richiesti dall'art. 149 c.d.a. per l'applicazione della procedura di indennizzo diretto, trattandosi, come emerge dall'atto di citazione e dalla comparsa di risposta, di scontro tra veicoli identificati, immatricolati in Italia, e, come risulta dal comportamento processuale dell'attrice, che non ha contestato la scopertura assicurativa del proprio veicolo e che ha anzi prodotto la lettera di messa in mora inoltrata al proprio assicuratore (...), assicurati. Si da', inoltre, atto che, per la data di accadimento del sinistro, alla domanda in esame va applicata la normativa introdotta dal d.lgs. n. 209/2005. Orbene, ricordato che il disposto dell'art. 144 c.d.a. prevede in via generale che «il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante per i quali vi e' obbligo di assicurazione ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile», e che «nel giudizio promosso contro 1'impresa di assicurazione e' chiamato anche il responsabile del danno» e rilevato che l'attrice ha convenuto in giudizio i soggetti indicati nella suddetta norma generale, non puo' che concludersi nel senso della rilevanza della questione sollevata, stante che, ove l'art. 149 c.d.a. fosse ritenuto costituzionalmente illegittimo, la eccezione di difetto di legittimazione passiva in esame andrebbe disattesa, e si procederebbe oltre nel giudizio, mentre, in caso contrario, la decisione non potrebbe che essere di rigetto della domanda per difetto di legittimazione passiva delle convenute (o quanto meno, ma sul punto vedi oltre, della impresa assicuratrice convenuta). Sulla impossibilita' di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma censurata Premesso che la verifica di una interpretazione orientata al rispetto dell'art. 76 Cost sara' affrontata oltre («sulla non manifesta infondatezza della questione della violazione dell'art. 76 Cost.»), deve ritenersi che la conformita' dell'art. 146 c.d.a. al disposto degli artt. 3 e 24 Cost., potrebbe essere ritenuta sussistente solo ove si interpreti la norma censurata nel senso che essa attribuisca ai danneggiati, nei casi da essa contemplati, la facolta' di esperire la procedura di indennizzo diretto in alternativa alla procedura ordinaria di risarcimento di cui agli artt. 144 e 148 c.d.a. La norma in esame non appare pero' suscettibile di essere interpretata in tale senso. A cio' osta, in primo luogo, il dato letterale del disposto normativo de quo. La disposizione censurata stabilisce, infatti, nei casi da essa previsti - ossia «in caso di sinistro tra due veicoli a motore », «non immatricolati all'estero», «identificati ed assicurati per la responsabilita' civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti», con riguardo ai «danni al veicolo», ai «danni alle cose trasportate di proprieta' dell'assicurato o del conducente», nonche' «al danno alla persona subito dal conducente non responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall'articolo 139» - che «i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato», la quale «e' obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime». Stabilisce, inoltre, che, in caso di mancata o insoddisfacente offerta risarcitoria «il danneggiato puo' proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione». Orbene, non si vede come si possano interpretare le parole «devono» e «puo' proporre l'azione... nei soli confronti» nel senso, rispettivamente, di «possono» (hanno la facolta' di) e di «puo' proporre l'azione... anche nei confronti», senza con cio' attribuire alla norma in esame un significato completamente diverso ed opposto rispetto a quello «fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse», in aperta violazione del principio secondo il quale in claris non fit interpretatio e del canone ermeneutico primario prescritto dall'art. 12 delle cc.dd. «preleggi», che e' quello letterale. La parola «dovere» rimanda, infatti, a un comportamento che si e' tenuti a compiere (obbligo), ovvero, nel senso in cui qui tale termine e' usato, a un comportamento che si e liberi di attuare o meno, ma che si deve compiere necessariamente ove si intenda raggiungere un determinato risultato (onere), risultato che nel caso in esame e' rappresentato dall'esercizio dell'azione risarcitoria. La locuzione «puo' agire nei soli confronti» del proprio assicuratore, poi, vuol dire, con evidenza, che il danneggiato puo' agire soltanto nei confronti del proprio assicuratore, ossia che non puo' agire nei confronti di altri, ed, in particolare, dell'assicuratore del responsabile civile. Tale interpretazione letterale coincide, peraltro, con quella teleologica prevista, successivamente a quella letterale, dall'art. 12 delle preleggi, ossia con il significato «fatto palese... dalla intenzione del legislatore». La procedura in esame e' infatti stata introdotta, come e' notorio (v. stenografico Aula in corso della seduta n. 161 del 30 maggio 2007, intervento Borghesi avente ad oggetto la proposta di abrogazione della norma censurata: «infatti, il principio che stava e che sta alla base dell'indennizzo diretto, in campo assicurativo, intende agire per abbassare i costi dei risarcimenti, quindi le liquidazioni dei sinistri; il che obbligherebbe, per effetto di una legge di mercato, le compagnie assicuratrici ad abbassare le tariffe e i premi delle assicurazioni. Tale e' appunto l'effetto che si vorrebbe ottenere attraverso la normativa dell'indennizzo diretto», v. anche parere del Consiglio di Stato, del 19 dicembre 2005, sullo schema del, successivamente emanato, decreto del Presidente della Repubblica n. 229/2006: «i benefici derivanti agli assicurati... assumono un significato cruciale nel meccanismo» del risarcimento diretto), allo scopo di ridurre i costi connessi alla gestione dei sinistri stradali gravanti sulle compagnie assicurative e, attraverso tale mezzo, in ultima analisi, di ridurre i premi assicurativi. Tale scopo trova conferma nella previsione dell'art. 150 c.d.a. il quale demanda ad un emanando decreto del Presidente della Repubblica il compito di stabilire, fra l'altro, i criteri di determinazione del grado di responsabilita' delle parti (con la connessa semplificazione della procedura liquidatoria e la conseguente, auspicata, riduzione dei costi di gestione), nonche' i limiti e le condizioni di risarcibilita' dei danni accessori (con la conseguente riduzione dell'ammontare delle somme erogate a titolo di risarcimento del danno dalle imprese di assicurazione, riduzione di costi cui dovrebbero seguire «benefici agli assicurati», che sarebbe sempre compito del d.P.R. citato stabilire, ex lett. f) dell'art. 150 in esame). Che la ratio legis della procedura in esame sia quella sopra esposta trova piena conferma nel d.P.R. n. 254/2006, che, essendo stato emanato in attuazione del sopra citato art. 150, dallo stesso autore del decreto legislativo n. 209/2005 (il governo) e a distanza temporale ravvicinata dal primo, costituisce un utile elemento di interpretazione teleologica dell'istituto in esame. Tale decreto, attraverso la esclusione della risarcibilita' delle spese legali affrontate nella fase stragiudiziale (ove, con l'accettazione dell'offerta risarcitoria, la fase stragiudiziale abbia avuto esito positivo) e la contestuale previsione che l'impresa assicurativa debba fornire - peraltro, stante la coincidenza tra il soggetto che e' tenuto a formulare l'offerta risarcitoria e il soggetto che assiste il danneggiato affinche' sia in grado di valutare la correttezza, congruita' e convenienza, per se', dell'offerta, in palese conflitto di interessi - il servizio di assistenza «informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno» (reso, finora, da professionisti indipendenti dal debitore finale) ha, infatti, predisposto appropriati strumenti affinche' lo scopo della riduzione dei costi per le imprese assicurative possa essere raggiunto. Eevidente, infatti, che le imprese di assicurazione, con la nuova procedura, cosi' come regolamentata, avranno un minore esborso, non solo perche' non dovranno rimborsare le spese legali, ma anche perche' verosimilmente avranno la concreta possibilita' di corrispondere somme inferiori all'entita' del danno (principale) effettivamente patito dal danneggiato. Quest'ultimo, infatti, che sa che le spese di assistenza tecnica da parte di un professionista autonomo non gli saranno rimborsate, sara' portato ad usufruire dell'assistenza tecnica fornitagli dal proprio debitore, e non sara' verosimilmente in grado di valutare se i pareri sulla congruita' della somma offerta, fornitagli, in conflitto di interessi, dall'assistente tecnico del proprio debitore, siano improntati a correttezza e formulati nell'interesse di esso assistito e non invece nell'interesse del datore di lavoro dell'assistente. Verosimilmente molti danneggiati si accontenteranno di quanto offertogli dall'assicuratore senza avere alcuna consapevolezza della corrispondenza del risarcimento ottenuto a quello cui avrebbero avuto diritto, e le imprese assicurative, le quali sono imprese e, dunque, agiscono a scopo di lucro, avranno la concreta possibilita' di erogare somme inferiori a quelle idonee a ristorare pienamente il pregiudizio (principale) subito dal danneggiato. Orbene, posto che la ratio legis della norma in esame e' da rinvenire nella riduzione dei costi relativi alla gestione dei sinistri, non vi e' dubbio che debba ritenersi contraria alla realizzazione di detto scopo la facoltativita' del ricorso alla suddetta procedura, essendo evidente che la facoltativita' della procedura di risarcimento diretto frusterebbe detto risultato. Invero, va rilevato che gli svantaggi del ricorso a tale procedura (non solo la sostanziale lesione del diritto di essere assistito da un professionista autonomo e non da un dipendente del proprio debitore, in palese conflitto di interessi, con conseguente rischio di offerte risarcitorie incongrue, ma anche la perdita dei propri contraddittori natali, ossia il responsabile civile e l'assicuratore di quest'ultimo, con conseguente grave lesione del diritto di difesa, come sotto si esporra), contrariamente alle affermazioni di principio provenienti dall'ISVAP e dal Governo (cfr. Campagna di informazione sul risarcimento diretto, presentata dal ministro il Ministro dello sviluppo economico, Pierluigi Bersani, realizzata in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con l'Isvap, consultabile in rete: «Questo sistema presenta diversi vantaggi: abbrevia i tempi di risarcimento del danno, in quanto e' il proprio assicuratore a liquidare tempestivamente 1'assicurato; aumenta il rapporto fiduciario con il proprio assicuratore, che e' tenuto a fornire all'assicurato tutta l'assistenza tecnica di cui ha bisogno; portera', nel medio-lungo periodo, una diminuzione dei premi, anche grazie alla diminuzione di comportamenti non virtuosi spesso alla base di contenziosi artficiosi»), non sono affatto compensati: ne' da tempi piu' rapidi di definizione del sinistro - si ricorda al riguardo che nella procedura ordinaria sono previsti tempi identici, sia per la formulazione dell'offerta risarcitoria, sia per inoltrare al danneggiato l'invito a integrare la richiesta incompleta (si confronti al riguardo l'art. 148 c.d.a. e gli artt. 7 e 8 d.P.R. n. 254/2006) ed identiche sono le conseguenze giuridiche previste in caso di omesso rispetto di tale tempistica; ne', certamente, da vantaggi patrimoniali (v., al riguardo, il citato parere del C.D.S., secondo cui nel sistema de quo, assumerebbero un «valore cruciale i benefici - anche patrimoniali - che il danneggiato puo' ottenere a fronte di una indubbia restrizione preventiva... dell'area dei danni risarcibili»), dei quali non vi e' traccia nel testo normativo in esame ne' nel successivo decreto di attuazione; ne', e, al riguardo non pare necessario alcun commento, dall'aumento del «rapporto fiduciario con il proprio assicuratore, che e' tenuto a fornire all'assicurato tutta l'assistenza tecnica di cui ha bisogno» (!); ne' dalla diminuzione dei premi assicurativi, la quale rappresenta, come si dira' oltre, un auspicio non giuridicamente assicurato ai contraenti, e, comunque, non riguarda i danneggiati che non abbiano stipulato alcun contratto di assicurazione (ad es. i conducenti non proprietari del mezzo). Ne consegue che, ove detta procedura fosse intesa come facoltativa, verosimilmente, i danneggiati continuerebbero a rivolgere l'azione risarcitoria nei confronti dei loro naturali contraddittori, ossia il responsabile civile e l'assicuratore di quest'ultimo, facendosi assistere da un professionista di loro fiducia, vanificando completamente l'obiettivo prefissato dal legislatore, con la conseguenza che la norma in esame resterebbe scarsamente applicata, a fronte di significativi costi pagati dalle imprese di assicurazione per ottemperare all'obbligo di fornire l'assistenza tecnica ai propi clienti. Deve, infine, Osservarsi che la interpretazione della procedura di risarcimento diretto quale obbligatoria si impone, qualora si tenga conto della legge n. 229/2003, la quale ha delegato il Governo ad emettere il decreto legislativo in esame, stabilendone finalita' e criteri direttivi in ordine al contenuto. Detta legge, intitolata «Interventi in materia di qualita' della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001», finalizzata a realizzare, il «riassetto normativo e codificazione» dell'ordinamento giuridico, soprattutto in materie caratterizzate da un vasto e disordinato ricorso alla legislazione speciale, all'art. 4, ha delegato il Governo «ad adottare... uno o piu' decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni... nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu' deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio; ...». Tralasciando gli ulteriori criteri direttivi, palesemente estranei al tema in esame, va ritenuto che, poiche' non vi e' alcuna normativa comunitaria o accordo internazionale che imponga 1'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano della procedura di indennizzo diretto, ovvero strumenti finalizzati a ridurre i costi di gestione dei sinistri stradali, l'istituto in esame deve intendersi come introdotto al fine di tutelare i «consumatori e, in generale, i "contraenti piu' deboli"», ossia coloro che stipulano il contratto di assicurazione e coloro a cui favore tale contratto e' stipulato, ossia, per semplificare, gli assicurati, i quali beneficerebbero, attraverso il sistema de quo, di una riduzione del premio assicurativo, quale conseguenza (auspicata, ma normativamente non assicurata) della riduzione dei costi dell'impresa assicurativa. In conclusione, atteso che la interpretazione letterale, teleologica e quella effettuata alla luce degli scopi e dei criteri direttivi della legge delega n. 209/2003 conducono univocamente in tal senso, non puo' che concludersi che l'art. 149 c.d.s. ha eliminato per i danneggiati dei sinistri stradali in essa indicati l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile ed ha sostituito a quest'ultimo, quale legittimato a curare la fase stragiudiziale e la eventuale fase processuale della controversia inerente al risarcimento dei danni conseguenti alla circolazione di un veicolo a motore, l'assicuratore del veicolo «utilizzato» - per usare il termine di cui alla norma in esame - dal danneggiato. Non puo' in contrario sostenersi, come pure si e' fatto, che la circostanza che l'art. 144 c.d.a. - il quale stabilisce in via generale che il danneggiato per sinistro stradale ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile - non contenga alcuna menzione di possibili deroghe ad essa, comporti che l'art. 149 c.d.a. non possa essere interpretato come norma speciale rispetto a quella generale di cui all'art. 144 c.d.a. Enoto, infatti, che il carattere speciale di una norma non dipende affatto dalla previsione, da parte della norma generale, della possibilita' di deroghe ad essa, ma dipende dalla circostanza che una norma, di pari rango rispetto alla norma generale, disciplini in modo diverso dalla norma generale una serie di casi rientranti, altrimenti, nella previsione generale. Ne consegue che tale argomentazione non osta affatto alla interpretazione sopra esposta. Sulla non manifesta infondatezza della questione della violazione dell'art. 76 Cost. Va preliminarmente ricordato che, secondo la giurisprudenza costante della Corte Costituzionale, il sindacato di costituzionalita' sulla delega legislativa si esplica attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l'uno, relativo alle norme che determinano l'oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalita' poste a fondamento della legge di delegazione; l'altro, relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega (ex plurimis, sentenze n. 340 del 2007; 170 del 2007; 54 del 2007; n. 280 del 2004; n. 199 del 2003). Va altresi' ricordato che, al riguardo la Corte costituzionale ha precisato che «siffatti principi... vanno pero' applicati non disgiuntamente da altri che pure, come si e' affermato, debbono presiedere allo scrutinio di legittimita' costituzionale di disposizioni di provvedimenti legislativi delegati sotto il profilo della loro conformita' alla legge di delegazione e che delimitano il cosiddetto potere di riempimento del legislatore delegato. Infatti, per quanta ampiezza possa a questo riconoscersi, «il libero apprezzamento del legislatore delegato non puo' mai assurgere a principio od a criterio direttivo, in quanto agli antipodi di una legislazione vincolata, quale e', per definizione, la legislazione su delega» (sentenza n. 68 del 1991; e, sul carattere derogatorio della legislazione su delega rispetto alla regola costituzionale di cui all'art. 70 Cost., cfr. anche la sentenza n. 171 del 2007)» (sentenza n. 340 del 2007). Cio' Premesso, si ricorda che la disposizione censurata, introdotta dal d.lgs. n. 209/2005, stabilisce, nei casi da essa previsti - ossia «in caso di sinistro tra due veicoli a motore», «non immatricolati all'estero», «identificati ed assicurati per la responsabilita' civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti» - che i danneggiati - ove il pregiudizio concerni il veicolo, ovvero cose trasportate dell'assicurato o del conducente, ovvero, consista in un «danno alla persona subito dal conducente non responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall'articolo 139» - «devono rivolgere la richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato», la quale «e' obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime». Stabilisce, inoltre, che, in caso di mancata o insoddisfacente offerta risarcitoria «il danneggiato puo' proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione». Detta norma introduce una innovazione sostanziale e significativa nell'ordinamento giuridico, eliminando, come sopra si e' ampiamente esposto, il diritto, spettante a qualunque danneggiato da fatto illecito (ex art. 2043 c.c., ed in particolare, per i danneggiati in conseguenza di sinistri stradali, ex art. 2054 c.c.), di agire (anche) contro il responsabile del danno e sostituendo, quanto all'azione diretta, alla legittimazione passiva dell'assicuratore per la RCA di quest'ultimo (prevista in via generale dall'art. 144 c.d.a., e, secondo la disciplina previgente, dall'art. 18/990/1969), quella dell'assicuratore dello stesso danneggiato. Tale innovazione avrebbe, quindi, dovuto essere oggetto di una delega in tal senso (delega contenente criteri direttivi sufficienti a circoscrivere la potesta' normativa del Governo), ma tale delega non si rinviene nella legge n. 209/2003. Quest'ultima, infatti, e' essenzialmente finalizzata, non gia' ad innovare il diritto positivo vigente, bensi' a realizzare, come reso chiaro anche dalla intitolazione di essa, sopra riportata, una semplificazione e un riassetto, attraverso la codificazione, dell'ordinamento giuridico, soprattutto in talune materie caratterizzate da una legislazione speciale particolarmente disordinata, quale quella assicurativa. Con riferimento a quest'ultima, accanto allo scopo primario del riassetto e' presente, quale criterio guida della codificazione quello, per quel che qui rileva, come sopra detto, quello dell'adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali e della «tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu' deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio». a) Orbene, al riguardo e' da ritenersi, in primo luogo, che la finalita' del riassetto e' primaria, e, in quanto tale, consente soltanto quelle modifiche dell'ordinamento previgente che si rendano necessarie od opportune in conseguenza della codificazione e riassetto normativo, e non anche le modifiche la cui necessita' sorga per motivi diversi da quelli della riduzione ad unita' organica di cio' che precedentemente era oggetto di svariate fonti normative, modifiche che, ove siano giustificate dalle esigenze della codificazione dovrebbero essere effettuate dal legislatore delegato nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati (cfr. «adottare... uno o piu' decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni... rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi»: ossia: il riassetto, e non gia' la innovazione, deve avvenire nel rispetto dei principi indicati). b) In secondo luogo, ricordato che, secondo la Corte costituzionale, «qualora la delega abbia ad oggetto il riassetto di norme preesistenti, questa finalita' giustifica l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente soltanto se siano stabiliti principi e criteri direttivi volti a definire in tal senso l'oggetto della delega ed a circoscrivere la discrezionalita' del legislatore delegato» (v. sentenze Corte Cost. n. 239 del 2003 e n. 354 del 1998 e n. 170/2007) e' da rilevarsi che nella legge delega in esame non vi e' alcun cenno circa la introduzione nell'ordinamento giuridico di una modifica della normativa relativa all'esercizio dell'azione risarcitoria del danneggiato da sinistro stradale e, di conseguenza mancano i principi e criteri direttivi cui il delegato avrebbe dovuto attenersi nella introduzione di detta innovazione. c) In ogni caso, non puo' non rilevarsi che la censurata disposizione del decreto delegato 209/2005 non trova fondamento ne', per quanto detto sopra, nella necessita' di adeguare il nostro ordinamento giuridico alla normativa comunitaria e internazionale, ne' alla direttiva del rafforzamento della tutela dell'assicurato o contraente debole e cio' in quanto detta tutela, secondo la direttiva in esame, doveva essere realizzata esclusivamente «sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio». Al riguardo si osserva quanto segue. Il riferimento al processo di liquidazione dei sinistri non e' autonomo ma e' agganciato alla tutela del soggetto che stipula il contratto di assicurazione e di colui, se non coincidente, a cui favore detto contratto e' stipulato («tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu' deboli... avendo riguardo anche alla correttezza... del processo di liquidazione dei sinistri»). Esso trova, dunque, fondamento nel rapporto contrattuale tra assicurato e assicuratore e non puo' espandersi al di la' di detto rapporto (rapporto che, si ricorda, ha ad oggetto l'assicurazione della responsabilita' civile del proprietario di un veicolo a motore per danni che terzi patiscano in conseguenza della circolazione del suddetto mezzo). Ne consegue che la modifica della regolamentazione dei diritti del danneggiato da sinistro stradale, ed in particolare, dell'azione risarcitoria ad esso spettante, e' da ritenersi non compresa nel criterio direttivo in esame, ed e', dunque, non coperta dalla delega de qua. Si fa presente, per completezza, che il danneggiato, in detta veste, non rileva, rispetto ai danni da esso subiti in un sinistro stradale, quale eventuale parte di un contratto di assicurazione della responsabilita' civile automobilistica, e cio' in quanto detta assicurazione copre soltanto i danni patiti dai terzi e non gia' i danni subiti dallo stesso responsabile civile. Si ricorda, inoltre, che il danneggiato (ad esempio il conducente, non proprietario, del mezzo, che abbia riportato lesioni a seguito del sinistro) puo' non essere legato da alcun contratto assicurativo avente ad oggetto il veicolo utilizzato. E' evidente, allora, che l'istituto in esame, ossia l'art. 149 c.d.a. che quest'ultimo introduce, in nessun modo puo' ricondursi al criterio direttivo in esame, ed in particolare alla tutela dell'assicurato. Ne' il danneggiato puo' in alcun modo essere considerato quale consumatore, essendo evidente che la figura del consumatore va collocata nell'ambito dei rapporti negoziali, in particolare commerciali, mentre il danneggiato da sinistro stradale costituisce il termine passivo di un illecito extracontrattuale. La «correttezza del procedimento di liquidazione dei sinistri» non puo', allora, atteso il legame strumentale di detto criterio con la esigenza di tutelare l'assicurato, che fare riferimento alle conseguenze che nel rapporto contrattuale ricadono sull'assicurato dalla concreta gestione del sinistro. Salta alla mente immediatamente, dunque, il c.d. malus ossia l'aumento del premio assicurativo che consegue, a carico dell'assicurato, all'esborso effettuato dal proprio assicuratore a favore di colui che avanzi richiesta risarcitoria ponendo a fondamento della domanda un'asserita riconducibilita' causale dei lamentati danni alla circolazione del veicolo assicurato e un'asserita colpa del conducente del mezzo assicurato. La correttezza del processo di liquidazione dei sinistri, pare allora debba essere intesa, tenuto conto del soggetto cui la tutela deve essere rivolta, come idonea a consentire all'assicurato la partecipazione a detto procedimento, al fine di consentirgli di far valere le proprie ragioni, ove ritenga di non essere responsabile del sinistro e intenda opporsi alla formulazione da parte del proprio assicuratore dell'offerta risarcitoria, con conseguente pregiudizio economico a proprio carico in termini di aumento del premio assicurativo, nonche' a risolvere il conflitto di interessi che puo' sorgere tra l'impresa di assicurazione e l'assicurato nei casi in cui la prima trovi conveniente formulare l'offerta nonostante il proprio assicurato declini la propria responsabilita' e si opponga, per evitare il c.d. malus, al risarcimento dei danni. c) Escluso, per quanto sopra esposto, che la modifica della normativa concernente i diritti dei danneggiati da sinistro stradale, possa ritenersi compresa nella delega, deve ora valutarsi se l'obiettivo di ridurre i costi di gestione dei sinistri delle imprese assicuratrici, al fine di ottenere una riduzione dei premi assicurativi (costituente la ratio legis dell'istituto in esame, come sopra si e' detto), possa o meno esse ritenuto compreso nella direttiva di cui alla legge delega in esame. Al quesito sembra doversi dare risposta negativa, dovendo rilevarsi, in primo luogo, che la delega non riguarda affatto la esigenza, puramente economica, della riduzione dell'ammontare dei premi assicurativi, bensi' la tutela giuridica dell'assicurato. In secondo luogo e' da evidenziarsi che il decreto legislativo in esame, se da un lato predispone gli strumenti per risolvere la questione economica della riduzione dei costi della gestione dei sinistri, dall'altro nulla contiene con riguardo ai benefici che da cio' dovrebbero conseguire per gli assicurati, benefici che, sul piano normativo non sono assicurati e che, dunque, rimangono un mero auspicio, dipendendo la realizzazione di detto obiettivo dalla libera scelta delle imprese (che pure sono, in quanto tali, mosse dallo scopo di lucro) di distribuire i vantaggi ricavati da detta riforma agli assicurati, in luogo di godere un maggiore profitto. Vero e' che l'art. 150 c.d.a. demanda al successivo d.P.R. il compito di stabilire i benefici derivanti agli assicurati dal sistema di risarcimento diretto, ma e' anche vero che, da un lato, non e' il decreto legislativo in esame a provvedere riguardo a quello che rappresenterebbe l'obiettivo primario della stessa normazione delegata in esame, e, dall'altro, che detto decreto legislativo non contiene alcun criterio atto a circoscrivere la potesta' regolamentare attribuita al Governo in materia. D'altro lato, ancora, va rilevato che, come ha affermato il Consiglio di Stato nel parere sopra citato, «i benefici derivanti agli assicurati che... assumono un significato cruciale nel meccanismo in esame, nello schema in esame» (d.P.R. n. 229/2006) «sono genericamente rimessi alla possibilita' di contemperare» (contemplare) «clausole che prevedano anche la contestuale riduzione del premio per l'assicurato ove sia inserito nel contratto il meccanismo del risarcimento in forma specifica (articolo 14, comma 1)», previsione, questa, «alquanto generica a fronte della specifica previsione della legge che richiede la definizione dei benefici derivanti agli assicurati dal sistema del risarcimento diretto». Non puo', dunque, che concludersi che la norma censurata non trova fondamento in alcun modo nella legge delega n. 209/2003, la quale pare essere stata una mera occasione per introdurre nell'ordinamento giuridico una innovazione che, mutando in modo significativo la normativa previgente in materia di risarcimento del danno da sinistro stradale, avrebbe richiesto una precisa volonta' espressa dal Parlamento. 3B). Il vizio dell'eccesso di delega si rileva anche sotto un altro profilo. L'art. 1 della legge delega in esame stabilisce che: «1. L'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni e' sostituito dal seguente: «art. 20. - 1. Il Governo, sulla base di un programma di priorita' di interventi... presenta al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno, un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalita' e le materie di intervento...; 2. Il disegno di legge di cui al comma 1 prevede l'emanazione di decreti legislativi, relativamente alle norme legislative sostanziali e procedimentali... 3. Pienezza ed effettivita' della tutela giurisdizionale, ulteriormente rafforzati dal nuovo testo dell'art. 111 Cost. Salvi i principi e i criteri direttivi specifici per le singole materie, stabiliti con la legge annuale di semplificazione e riassetto normativo, l'esercizio delle deleghe legislative di cui ai commi 1 e 2 si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta, con determinazione dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente; ...». Cio' premesso, va rilevato che, in ordine all'art. 149 c.d.a. (nonche' ai connessi artt. 145, comma 2 e 150 c.d.a.), il Consiglio di Stato non e' stato sentito, in violazione dell'art. 1, comma 3, lett. a), della legge delega de qua, come emerge dallo stesso parere di detto organo - Sezione atti consultivi - parere 19 dicembre 2005, avente ad oggetto lo schema di d.P.R. recante attuazione dell'articolo 150 del d.lgs. 209/2005, concernente la disciplina del sistema di risarcimento diretto, nel quale si legge: «Al riguardo va osservato che le disposizioni recanti la procedura di risarcimento diretto (articolo 149) e la relativa disciplina (articolo 150), risultano inserite nel «Codice delle assicurazioni» sulla base degli elementi e delle indicazioni contenuti nel parere reso dalle competenti Commissioni parlamentari non erano presenti nello schema di decreto legislativo sul quale questa Sezione ha previamente espresso il suo parere (Adunanza del 14 febbraio 2005)». Sulla non manifesta infondatezza della questione della violazione dell'art. 3 Cost. La procedura, obbligatoria per il danneggiato, del risarcimento diretto si applica alle domande di risarcimento danni causati dallo scontro fra due veicoli, entrambi regolarmente assicurati ed immatricolati in Italia, ove detti danni riguardino il veicolo, ovvero cose trasportate di proprieta' dell'assicurato o del conducente, ovvero, ancora, la persona del conducente, salvo che quest'ultimo (non, anche parzialmente, responsabile) abbia subito lesioni con postumi permanenti inabilitanti non superiori al 9%. Orbene, mentre, per la stessa natura e struttura della procedura in oggetto, ben si comprende la non estensibilita' di essa ai casi di incidenti senza scontro di veicoli, e ai casi di scontro tra veicoli dei quali almeno uno di essi non sia coperto da assicurazione ovvero non sia immatricolato in Italia, cosi' come si comprende, per la stessa ragione, la esclusione della ipotesi di scontro tra piu' veicoli, nonche' la esclusione delle ipotesi di sinistri in cui siano coinvolti, per semplificare, terzi, appare, invece, del tutto irragionevole, ossia priva di adeguata giustificazione oggettiva, la disparita' di trattamento tra le ipotesi di diversa entita' dei danni. La circostanza che l'art. 149 c.d.a. ha ad oggetto sia i danni patrimoniali che le lesioni dell'integrita' fisica, conduce a ritenere che la distinzione tra ipotesi cui e' applicabile la procedura ordinaria e le ipotesi cui e' applicabile il procedimento di risarcimento diretto si fonda, non gia' sulla natura e sulle caratteristiche del tipo di danno, bensi' sulla entita' di esso. La diversita' tra le due ipotesi (danni fisici lievi o danni al veicolo e danni dalle cose trasportate, da un lato, e danni fisici gravi e perdita di un congiunto, dall'altro) non appare una adeguata e convincente giustificazione della diversita' di trattamento introdotta dalla norma in esame, la quale non incide esclusivamente sulla procedura di liquidazione del danno e sul riferimento soggettivo passivo dell'azione risarcitoria diretta, ma incide anche sul piano sostanziale. L'art. 150 c.d.a. demanda, infatti, a una fonte normativa secondaria di tipo regolamentare (ossia a un decreto del Presidente della Repubblica) il compito di stabilire, senza, peraltro, al contempo indicare alcun criterio direttivo idoneo a circoscrivere la potesta' regolamentare del Governo, i gradi di responsabilita' delle parti ed i limiti di risarcibilita' dei danni accessori, introducendo, attraverso la delegificazione di detta materia, una diversita' di trattamento sostanziale dei diritti dei danneggiati da sinistro stradale che e' fondata sulla fonte normativa di detto trattamento: atto normativo primario (legislativo) per coloro cui e' applicabile la procedura ordinaria e atto normativo secondario (regolamentare) caratterizzato dalla piu' ampia discrezionalita' per l'assenza di criteri guida, per coloro cui si applica la procedura di risarcimento diretto. Orbene, Premesso che le ipotesi in esame non presentano differenze strutturali atte a giustificarne la significativa diversita' di trattamento si Osserva che, se la procedura di risarcimento diretto fosse ritenuta vantaggiosa per il danneggiato, ne conseguirebbe che apparirebbe irragionevole la esclusione da essa di coloro che, stante la rilevanza dei danni subiti, piu' ne beneficerebbero. Anche ove la procedura in esame fosse ritenuta piu' svantaggiosa, sul piano sia procedurale che sostanziale, per i danneggiati cui e' applicabile, cosi' come sembrerebbe, non potrebbe rinvenirsi a tale disparita' di trattamento un ragionevole fondamento, non potendo ritenersi tale - premesso che comprimere il diritto al risarcimento del danno derivante dalla lesione di un diritto significa ridurre la tutela di quel diritto, ed evidenziato che la compressione attuata dal decreto legislativo in esame riguarda il diritto al risarcimento dei danni conseguenti alla lesione all'integrita' fisica, bene primario della persona costituzionalmente protetto (art. 32 Cost.) e alla lesione della proprieta' privata (art. 42 Cost.) (sotto quest'ultimo profilo la questione rileva nel presente giudizio, avente ad oggetto danni al veicolo) - ne' l'interesse economico delle imprese di assicurazione alla riduzione dei costi di gestione dei sinistri stradali, ne' l'interesse dei responsabili civili del sinistro, che abbiano assicurato la propria RCA, ovvero gli assicurati in genere, di ricevere, in via indiretta ed eventuale, un beneficio in termini di riduzione del premio assicurativo. Tali interessi economici non appaiono, infatti, meritevoli di una tutele giuridica maggiore rispetto a quelli delle c.d. vittime della strada, che riportino danni fisici o al veicolo di non rilevantissima entita', al pieno ristoro del pregiudizio patito in conseguenza di un illecito extracontrattuale. Sulla non manifesta infondatezza della questione della violazione dell'art. 24 Cost. La questione della violazione dell'art. 24 Cost. non appare manifestamente infondata. Si premette che nessun rilievo puo' essere fatto in questa sede riguardo alla lesione del diritto di difesa conseguente alla esclusione della risarcibilita' delle spese legali attuata dal d.P.R. 229/2006 e cio', non tanto in considerazione del carattere secondario della fonte normativa de qua, che non consente il sindacato di legittimita' dell'organo adito (e cio' in quanto ad essere viziata sarebbe la previsione di cui all'art 150 c.d.a.), quanto perche' irrilevante ai fini della decisione della presente causa. La questione va, invece, sollevata con riguardo alla sostituzione, quale riferimento passivo dell'azione risarcitoria, dell'assicuratore del veicolo utilizzato dal danneggiato al responsabile civile e all'assicuratore di quest'ultimo. Va in primo luogo, al riguardo, premesso che la norma censurata, laddove afferma che l'azione puo' essere proposta nei soli confronti dell'assicuratore del danneggiato, va interpretata nel senso di escludere la legittimazione passiva, non solo dell'assicuratore del responsabile civile, ma anche di quest'ultimo. Oltre al dato letterale («nei soli confronti» dell'assicuratore del veicolo danneggiato), va, infatti, tenuto presente che, interpretare l'art. 149 c.d.a. nel senso di ritenere tuttora sussistente, nei casi in cui e' applicabile la procedura di risarcimento diretto, la legittimazione passiva del responsabile civile prevista dagli artt. 2043 e 2054 c.c., frustrerebbe la ratio legis dell'istituto in esame, tenuto conto che il responsabile civile nei cui confronti fosse proposta l'azione risarcitoria potrebbe chiamare in giudizio il proprio assicuratore esercitando la domanda di garanzia. Ne conseguirebbe, inevitabilmente, una duplicazione delle spese processuali sostenute complessivamente dalle imprese di assicurazione per la gestione dei sinistri, ed un aumento dei premi assicurativi, il che e' l'esatto contrario dell'obiettivo avuto di mira dal legislatore delegato. In ogni caso, quand'anche si ritenesse consentita la partecipazione in giudizio del sponsabi1e civile, la lesione del diritto di difesa sussisterebbe ugualmente. a) In primo luogo, infatti la scelta di chiamare in garanzia il proprio assicuratore sarebbe rimessa al responsabile civile, che spesso rimane contumace in questo tipo di giudizio e comunque potrebbe anche non averne interesse. b) In secondo luogo, anche nel caso in cui detto assicuratore fosse chiamato in giudizio dall'assicurato, il danneggiato sarebbe comunque privo di esercitare l'azione diretta nei suoi confronti, con le ovvie implicazioni in ordine ai mezzi istruttori esperibili nei confronti di detta impresa. c) In terzo luogo, poiche' il responsabile civile non sarebbe piu' litisconsorte necessario, ma facoltativo, la sua confessione (resa nell'interrogatorio formale o nella denuncia di sinistro) non potrebbe che valere nei suoi confronti, essendo inapplicabile l'art. 2733, comma 3, c.c. - in base al quale, secondo la condivisibile giurisprudenza piu' recente della suprema Corte (sent. n. 1680/2008), la confessione resa dal litisconsorte necessario e' liberamente valutabile dal giudice nei confronti di tutti i litisconsorti (ossia anche nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile, in caso di procedura ordinaria di risarcimento del danno ex art. 144 c.d.a.). Ma vi e' di piu'. Si ritiene, infatti, che sostituire al danneggiato il suo contraddittore naturale (il danneggiante e il suo garante) con un soggetto del tutto estraneo al responsabile del danno, comporti una lesione del diritto di difesa del danneggiato. Quest'ultimo, ad esempio, non potrebbe piu' avvalersi di alcuni dei mezzi istruttori di cui gode qualunque altro soggetto leso ed in particolare la vittima della strada cui la procedura in esame non sia applicabile, ossia l'interrogatorio formale, mirante ad ottenere una confessione, liberamente valutabile dal giudice (si fa presente, al riguardo, che il responsabile non potrebbe essere sentito nel processo, nemmeno come testimone, in quanto interessato all'esito del giudizio), la richiesta di ordine di esibizione della denuncia di sinistro fatta dal responsabile del danno (denuncia che va presentata, ex art. 143 c.d.a., dal conducente o dal proprietario del veicolo coinvolto in un sinistro, non all'assicuratore del danneggiato ma al proprio assicuratore), nonche' la richiesta di ordine di esibizione della perizia comparativa effettuata anche sul veicolo assicurato o delle fotografie riproducenti quest'ultimo. Al danneggiato sarebbe, altresi', precluso di avvalersi di uno degli elementi di prova piu' significativi, recentemente valorizzati dalla riforma del codice di procedura civile (che impone al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda), e particolarmente rilevanti nell'ambito del processo del lavoro, ossia il tenore delle difese espletate nel primo atto difensivo, ma anche globalmente il comportamento processuale e anche preprocessuale delle parti. Non puo' sfuggire, infatti, che, mentre il responsabile civile e' a conoscenza diretta dei fatti di causa riguardanti la propria posizione, e il suo assicuratore, in virtu' del rapporto contrattuale che lo lega al primo, ne e', di norma, in via indiretta (ossia per il tramite del l'assicurato) a conoscenza (si pensi alla possibilita' per l'assicuratore del responsabile di visionare il veicolo assicurato, per verificare la compatibilita' dei danni, o di chiedere al proprio assicurato chiarimenti sulla dinamica del sinistro), la conoscenza dei fatti di causa riguardanti il responsabile del danno, da parte dell'assicuratore del danneggiato, comunque di terzo grado, e', o potrebbe essere, scarsa, dipendendo in gran parte dalla collaborazione dell'assicuratore del responsabile (sul quale, peraltro, il peso economico del risarcimento, per i meccanismi di compensazione vigenti, grava in minor misura). Ne deriva che il danneggiato non potra' avvalersi ne' delle ammissioni di controparte, ne' degli argomenti di prova forniti dal comportamento processuale e preprocessuale di quest'ultimo, il quale, quindi, potra' legittimamente trincerarsi dietro una difesa del tutto generica e neutra, con grande danno per l'attore, il quale, ove sfornito di attendibilissimi testimoni (si ricorda che l'attendibilita' dei testimoni e' di norma valutata con riferimento ad ogni elemento di prova a disposizione del giudice, elementi che, in questo tipo di processo, sarebbero del tutto scarsi) potrebbe avere estrema difficolta' nell'ottenere il riconoscimento del proprio diritto. Va, poi, rilevato che gli obblighi derivanti dal rapporto contrattuale tra danneggiato e controparte possono intralciare la piena esplicazione del diritto di difesa, il quale, in quanto tale, comprende anche la facolta' di tenere comportamenti non contrari ai propri interessi di difesa, comportamenti che potrebbero, invece, concretare un inadempimento contrattuale nei confronti del proprio assicuratore. Sulla non manifesta infondatezza della questione della violazione dell'art. 111 Cost. Quanto sopra esposto induce questo giudice a nutrire dubbi sulla compatibilita' dell'art. 149 c.d.a. con il diritto a un giusto processo, che si svolga tra le parti in condizioni di parita'. Non appare infatti che, da un lato, gli obblighi contrattuali e legali (obbligo di denunciare il sinistro) dell'attore-danneggiato nei confronti del proprio assicuratore - convenuto e, dall'altro, la netta differenza di strumenti processuali e mezzi probatori tra le parti (ad es. l'assicuratore del danneggiato si puo' avvalere, contro il danneggiato, della denuncia di sinistro da lui presentata in adempimento dell'obbligo di legge, puo' avvalersi, contro di lui, - e, di fatto, per quanto sopra esposto, non viceversa - di ogni argomento di prova fondato sul suo comportamento processuale e preprocessuale, nonche' puo' avvalersi, se lo ritiene conveniente, di ogni atto trasmesso ad essa dall'assicuratore del responsabile, senza al contempo che il danneggiato attore possa chiederne utilmente l'esibizione) possa ritenersi pienamente conforme al precetto costituzionale de quo.