il GIUDICE DI PACE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  di rimessione degli atti alla
Corte costituzionale ex art. 23, legge n. 87/1953
                           I n  f a t t o
   La  Rocca  Trasporti S.r.l. ha proposto, con atto di citazione del
22  ottobre  2007,  domanda di risarcimento dei danni riportati dalla
Renault  tg. CM 560KA, di sua proprieta', a seguito di uno scontro di
detto  veicolo,  avvenuto il 1° marzo 2007, con l'autovettura Hyundai
tg.  CJ028NP di proprieta' della Mediterranea S.r.l., assicurata, per
la  R.C.A.,  dalla Zurigo Assicurazioni s.a., nei confronti di queste
ultime  societa',  nella  qualita',  rispettivamente, di proprietaria
dell'autovettura  Hyundai  e  dunque di responsabile civile del danno
derivante  dalla  circolazione  del  suddetto  veicolo  e  di impresa
assicuratrice  della  responsabilita'  civile  della  prima societa',
affermando   «di   non   riconoscere  l'applicazione  della  speciale
procedura di indennizzo diretto».
   La   Zurigo  Assicurazioni  s.a.  si e'  costituita  in  giudizio,
eccependo   preliminarmente  il  proprio  difetto  di  legittimazione
passiva,   poiche',   in   base  al  disposto  dell'art.  149  d.lgs.
n. 209/2005  (c.d. codice delle assicurazioni, denominato in seguito,
«c.d.a.»),  l'azione  andava proposta nei soli confronti dell'impresa
che  assicurava,  per  la  R.C.A.,  il veicolo attoreo al momento del
sinistro.
   L'attrice  all'udienza  del  26  febbraio  2008  ha  sollevato  la
questione  della  illegittimita'  dell'art. 149 c.d.a. per violazione
degli artt. 3, 24 e 76 Cost., chiedendo la rimessione degli atti alla
Corte   costituzionale   o,   in   alternativa,   la  interpretazione
costituzionalmente orientata della norma censurata che attribuisca ad
essa  il  significato,  non  gia'  di  escludere,  nei  casi  da essa
contemplati,   l'azione   diretta   nei   confronti  dell'impresa  di
assicurazione  del  responsabile civile e di quest'ultimo, bensi', di
aggiungere,  in  alternativa  ad  essa,  la procedura di risarcimento
diretto, richiesta sulla quale il giudice si riservava.
   Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale
   La  questione  di legittimita' costituzionale sopraindicata incide
sulla  decisione relativa alla eccezione di difetto di legittimazione
passiva  sollevata  dalla  Zurigo  Assicurazioni  s.a., atteso che la
domanda  giudiziale  in  esame  e' stata proposta nei confronti di un
soggetto (impresa di assicurazione del responsabile civile del danno)
diverso  da  quello,  da individuarsi nella «impresa di assicurazione
che  stipulato  il contratto relativo al veicolo utilizzato», nei cui
«soli   confronti»,   in   base  all'art.  149  c.d.a.,  l'azione  di
risarcimento  in  oggetto  -  avente ad oggetto i danni riportati dal
veicolo  attoreo  a  seguito  di  scontro  tra  due  veicoli a motore
identificati,  assicurati  per la responsabilita' civile obbligatoria
(ed immatricolati in Italia) - andava proposta.
   Si   fa  presente,  per  completezza,  che,  poiche'  la  societa'
sopraindicata  e' stata messa in mora con lettera raccomandata del 13
aprile  2007  nel  rispetto  dei termini e delle modalita' prescritte
dall'art.  145,  comma  1,  c.d.a., il procedimento in oggetto non e'
suscettibile  di  essere  definito con pronuncia di tipo processuale,
per  insussistenza  della  condizione  di  proponibilita' prevista da
detta  norma, ne' vi sono altre questioni idonee a precludere l'esame
del  merito  della causa, nel quale e' compreso, come primo elemento,
la  contestata  legittimazione  passiva dell'impresa di assicurazione
convenuta.
   Si fa presente, inoltre, che, nel caso di specie, sussistono tutti
i presupposti richiesti dall'art. 149 c.d.a. per l'applicazione della
procedura  di  indennizzo diretto, trattandosi, come emerge dall'atto
di  citazione  e  dalla  comparsa di risposta, di scontro tra veicoli
identificati,   immatricolati   in   Italia,   e,  come  risulta  dal
comportamento  processuale  dell'attrice,  che  non  ha contestato la
scopertura assicurativa del proprio veicolo e che ha anzi prodotto la
lettera  di  messa  in  mora inoltrata al proprio assicuratore (...),
assicurati.
   Si  da',  inoltre,  atto  che,  per  la  data  di  accadimento del
sinistro,  alla domanda in esame va applicata la normativa introdotta
dal d.lgs. n. 209/2005.
   Orbene,  ricordato che il disposto dell'art. 144 c.d.a. prevede in
via   generale   che  «il  danneggiato  per  sinistro  causato  dalla
circolazione  di un veicolo o di un natante per i quali vi e' obbligo
di  assicurazione ha azione diretta per il risarcimento del danno nei
confronti  dell'impresa  di assicurazione del responsabile civile», e
che  «nel  giudizio  promosso  contro  1'impresa  di assicurazione e'
chiamato anche il responsabile del danno» e rilevato che l'attrice ha
convenuto  in  giudizio  i  soggetti  indicati  nella  suddetta norma
generale,  non  puo'  che concludersi nel senso della rilevanza della
questione sollevata, stante che, ove l'art. 149 c.d.a. fosse ritenuto
costituzionalmente   illegittimo,   la   eccezione   di   difetto  di
legittimazione passiva in esame andrebbe disattesa, e si procederebbe
oltre  nel  giudizio,  mentre,  in  caso  contrario, la decisione non
potrebbe   che  essere  di  rigetto  della  domanda  per  difetto  di
legittimazione  passiva  delle convenute (o quanto meno, ma sul punto
vedi oltre, della impresa assicuratrice convenuta).
Sulla   impossibilita'   di  una  interpretazione  costituzionalmente
                   orientata della norma censurata
   Premesso  che  la  verifica  di  una  interpretazione orientata al
rispetto  dell'art.  76  Cost  sara'  affrontata  oltre  («sulla  non
manifesta  infondatezza della questione della violazione dell'art. 76
Cost.»),  deve  ritenersi  che la conformita' dell'art. 146 c.d.a. al
disposto   degli  artt.  3  e  24  Cost.,  potrebbe  essere  ritenuta
sussistente  solo  ove si interpreti la norma censurata nel senso che
essa  attribuisca  ai  danneggiati,  nei casi da essa contemplati, la
facolta'   di   esperire   la  procedura  di  indennizzo  diretto  in
alternativa  alla  procedura  ordinaria  di  risarcimento di cui agli
artt. 144 e 148 c.d.a.
   La  norma  in  esame  non  appare  pero'  suscettibile  di  essere
interpretata in tale senso.
   A  cio'  osta,  in  primo  luogo,  il  dato letterale del disposto
normativo de quo.
   La  disposizione  censurata  stabilisce, infatti, nei casi da essa
previsti  -  ossia  «in  caso di sinistro tra due veicoli a motore »,
«non  immatricolati  all'estero»,  «identificati ed assicurati per la
responsabilita'  civile  obbligatoria, dal quale siano derivati danni
ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti», con riguardo ai «danni al
veicolo»,   ai   «danni   alle   cose   trasportate   di   proprieta'
dell'assicurato  o  del  conducente»,  nonche' «al danno alla persona
subito  dal  conducente  non  responsabile  se  risulta contenuto nel
limite  previsto  dall'articolo  139»  -  che  «i  danneggiati devono
rivolgere  la  richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione
che  ha  stipulato  il  contratto relativo al veicolo utilizzato», la
quale  «e'  obbligata  a  provvedere  alla liquidazione dei danni per
conto  dell'impresa  di assicurazione del veicolo responsabile, ferma
la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime».
   Stabilisce,  inoltre,  che,  in  caso di mancata o insoddisfacente
offerta  risarcitoria  «il danneggiato puo' proporre l'azione diretta
di  cui  all'articolo  145, comma 2, nei soli confronti della propria
impresa di assicurazione».
   Orbene,  non  si  vede  come  si  possano  interpretare  le parole
«devono»  e «puo' proporre l'azione... nei soli confronti» nel senso,
rispettivamente,  di  «possono»  (hanno  la  facolta'  di) e di «puo'
proporre  l'azione... anche nei confronti», senza con cio' attribuire
alla  norma  in esame un significato completamente diverso ed opposto
rispetto  a quello «fatto palese dal significato proprio delle parole
secondo  la  connessione di esse», in aperta violazione del principio
secondo  il  quale  in  claris  non  fit  interpretatio  e del canone
ermeneutico primario prescritto dall'art. 12 delle cc.dd. «preleggi»,
che e' quello letterale.
   La  parola «dovere» rimanda, infatti, a un comportamento che si e'
tenuti  a  compiere  (obbligo),  ovvero,  nel  senso  in cui qui tale
termine e'  usato,  a  un  comportamento che si e liberi di attuare o
meno,  ma  che  si  deve  compiere  necessariamente  ove  si  intenda
raggiungere  un determinato risultato (onere), risultato che nel caso
in esame e' rappresentato dall'esercizio dell'azione risarcitoria.
   La   locuzione   «puo'  agire  nei  soli  confronti»  del  proprio
assicuratore,  poi,  vuol dire, con evidenza, che il danneggiato puo'
agire  soltanto nei confronti del proprio assicuratore, ossia che non
puo'   agire   nei   confronti   di   altri,   ed,   in  particolare,
dell'assicuratore del responsabile civile.
   Tale  interpretazione  letterale  coincide,  peraltro,  con quella
teleologica  prevista,  successivamente a quella letterale, dall'art.
12  delle  preleggi,  ossia con il significato «fatto palese... dalla
intenzione del legislatore».
   La procedura in esame e' infatti stata introdotta, come e' notorio
(v.  stenografico  Aula  in  corso  della seduta n. 161 del 30 maggio
2007,   intervento   Borghesi   avente  ad  oggetto  la  proposta  di
abrogazione della norma censurata: «infatti, il principio che stava e
che  sta  alla  base  dell'indennizzo diretto, in campo assicurativo,
intende  agire  per  abbassare  i  costi  dei risarcimenti, quindi le
liquidazioni  dei sinistri;  il che obbligherebbe, per effetto di una
legge  di mercato, le compagnie assicuratrici ad abbassare le tariffe
e  i  premi  delle  assicurazioni.  Tale  e' appunto l'effetto che si
vorrebbe  ottenere  attraverso la normativa dell'indennizzo diretto»,
v.  anche  parere del Consiglio di Stato, del 19 dicembre 2005, sullo
schema  del,  successivamente  emanato,  decreto del Presidente della
Repubblica  n. 229/2006:  «i  benefici  derivanti  agli assicurati...
assumono  un  significato  cruciale  nel meccanismo» del risarcimento
diretto),  allo  scopo  di ridurre i costi connessi alla gestione dei
sinistri stradali gravanti sulle compagnie assicurative e, attraverso
tale mezzo, in ultima analisi, di ridurre i premi assicurativi.
   Tale scopo trova conferma nella previsione dell'art. 150 c.d.a. il
quale  demanda ad un emanando decreto del Presidente della Repubblica
il compito di stabilire, fra l'altro, i criteri di determinazione del
grado di responsabilita' delle parti (con la connessa semplificazione
della  procedura  liquidatoria e la conseguente, auspicata, riduzione
dei  costi  di  gestione),  nonche'  i  limiti  e  le  condizioni  di
risarcibilita'  dei  danni  accessori  (con  la conseguente riduzione
dell'ammontare delle somme erogate a titolo di risarcimento del danno
dalle  imprese  di  assicurazione,  riduzione di costi cui dovrebbero
seguire  «benefici  agli  assicurati», che sarebbe sempre compito del
d.P.R. citato stabilire, ex lett. f) dell'art. 150 in esame).
   Che  la  ratio  legis  della  procedura  in esame sia quella sopra
esposta  trova  piena  conferma  nel d.P.R. n. 254/2006, che, essendo
stato  emanato  in attuazione del sopra citato art. 150, dallo stesso
autore  del decreto legislativo n. 209/2005 (il governo) e a distanza
temporale  ravvicinata  dal  primo,  costituisce un utile elemento di
interpretazione teleologica dell'istituto in esame.
   Tale  decreto, attraverso la esclusione della risarcibilita' delle
spese   legali   affrontate   nella  fase  stragiudiziale  (ove,  con
l'accettazione  dell'offerta  risarcitoria,  la  fase  stragiudiziale
abbia avuto esito positivo) e la contestuale previsione che l'impresa
assicurativa  debba  fornire - peraltro, stante la coincidenza tra il
soggetto  che  e'  tenuto  a  formulare  l'offerta  risarcitoria e il
soggetto  che  assiste  il  danneggiato  affinche'  sia  in  grado di
valutare   la   correttezza,   congruita'  e  convenienza,  per  se',
dell'offerta,  in  palese  conflitto  di  interessi  - il servizio di
assistenza  «informativa  e  tecnica utile per consentire la migliore
prestazione  del  servizio  e  la  piena realizzazione del diritto al
risarcimento del danno» (reso, finora, da professionisti indipendenti
dal  debitore  finale) ha, infatti, predisposto appropriati strumenti
affinche'   lo  scopo  della  riduzione  dei  costi  per  le  imprese
assicurative possa essere raggiunto.
   Eevidente,  infatti, che le imprese di assicurazione, con la nuova
procedura,  cosi'  come regolamentata, avranno un minore esborso, non
solo  perche'  non  dovranno  rimborsare  le  spese  legali, ma anche
perche'   verosimilmente   avranno   la   concreta   possibilita'  di
corrispondere  somme  inferiori  all'entita'  del  danno (principale)
effettivamente patito dal danneggiato.
   Quest'ultimo,  infatti,  che sa che le spese di assistenza tecnica
da  parte  di  un professionista autonomo non gli saranno rimborsate,
sara'  portato  ad  usufruire  dell'assistenza tecnica fornitagli dal
proprio  debitore, e non sara' verosimilmente in grado di valutare se
i  pareri  sulla  congruita'  della  somma  offerta,  fornitagli,  in
conflitto di interessi, dall'assistente tecnico del proprio debitore,
siano  improntati  a  correttezza  e formulati nell'interesse di esso
assistito   e   non   invece  nell'interesse  del  datore  di  lavoro
dell'assistente.
   Verosimilmente  molti  danneggiati  si  accontenteranno  di quanto
offertogli  dall'assicuratore senza avere alcuna consapevolezza della
corrispondenza del risarcimento ottenuto a quello cui avrebbero avuto
diritto,  e le imprese assicurative, le quali sono imprese e, dunque,
agiscono  a  scopo  di  lucro,  avranno  la  concreta possibilita' di
erogare  somme  inferiori  a  quelle idonee a ristorare pienamente il
pregiudizio (principale) subito dal danneggiato.
   Orbene,  posto  che  la  ratio  legis  della  norma in esame e' da
rinvenire  nella  riduzione  dei  costi  relativi  alla  gestione dei
sinistri,  non  vi  e'  dubbio  che  debba  ritenersi  contraria alla
realizzazione  di  detto  scopo  la  facoltativita'  del ricorso alla
suddetta  procedura,  essendo  evidente  che  la facoltativita' della
procedura di risarcimento diretto frusterebbe detto risultato.
   Invero, va rilevato che gli svantaggi del ricorso a tale procedura
(non  solo  la sostanziale lesione del diritto di essere assistito da
un  professionista  autonomo  e  non  da  un  dipendente  del proprio
debitore,  in  palese conflitto di interessi, con conseguente rischio
di  offerte  risarcitorie  incongrue,  ma anche la perdita dei propri
contraddittori  natali, ossia il responsabile civile e l'assicuratore
di quest'ultimo, con conseguente grave lesione del diritto di difesa,
come sotto si esporra), contrariamente alle affermazioni di principio
provenienti  dall'ISVAP  e dal Governo (cfr. Campagna di informazione
sul  risarcimento  diretto, presentata dal ministro il Ministro dello
sviluppo  economico,  Pierluigi Bersani, realizzata in collaborazione
con   la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  e  con  l'Isvap,
consultabile  in  rete:  «Questo  sistema  presenta diversi vantaggi:
abbrevia  i  tempi di risarcimento del danno, in quanto e' il proprio
assicuratore  a  liquidare  tempestivamente  1'assicurato; aumenta il
rapporto  fiduciario  con  il  proprio  assicuratore, che e' tenuto a
fornire  all'assicurato tutta l'assistenza tecnica di cui ha bisogno;
portera',  nel  medio-lungo periodo, una diminuzione dei premi, anche
grazie  alla  diminuzione  di  comportamenti non virtuosi spesso alla
base di contenziosi artficiosi»), non sono affatto compensati:
     ne'  da  tempi  piu'  rapidi  di  definizione  del sinistro - si
ricorda al riguardo che nella procedura ordinaria sono previsti tempi
identici,  sia per la formulazione dell'offerta risarcitoria, sia per
inoltrare al danneggiato l'invito a integrare la richiesta incompleta
(si  confronti al riguardo l'art. 148 c.d.a. e gli artt. 7 e 8 d.P.R.
n. 254/2006)  ed identiche sono le conseguenze giuridiche previste in
caso di omesso rispetto di tale tempistica;
     ne',  certamente,  da vantaggi patrimoniali (v., al riguardo, il
citato   parere   del   C.D.S.,  secondo  cui  nel  sistema  de  quo,
assumerebbero un «valore cruciale i benefici -
anche patrimoniali - che il danneggiato puo' ottenere a fronte di una
indubbia restrizione preventiva... dell'area dei danni risarcibili»),
dei  quali  non  vi  e'  traccia nel testo normativo in esame ne' nel
successivo decreto di attuazione;
     ne',   e,  al  riguardo  non  pare  necessario  alcun  commento,
dall'aumento  del  «rapporto  fiduciario con il proprio assicuratore,
che  e' tenuto a fornire all'assicurato tutta l'assistenza tecnica di
cui ha bisogno» (!);
     ne'   dalla   diminuzione   dei  premi  assicurativi,  la  quale
rappresenta,  come  si  dira'  oltre,  un auspicio non giuridicamente
assicurato ai contraenti, e, comunque, non riguarda i danneggiati che
non  abbiano  stipulato  alcun  contratto  di assicurazione (ad es. i
conducenti non proprietari del mezzo).
   Ne   consegue   che,   ove   detta  procedura  fosse  intesa  come
facoltativa,   verosimilmente,   i   danneggiati   continuerebbero  a
rivolgere  l'azione  risarcitoria  nei  confronti  dei  loro naturali
contraddittori,  ossia  il  responsabile  civile  e l'assicuratore di
quest'ultimo,  facendosi  assistere  da  un  professionista  di  loro
fiducia,   vanificando   completamente   l'obiettivo  prefissato  dal
legislatore,  con  la  conseguenza  che  la norma in esame resterebbe
scarsamente  applicata,  a fronte di significativi costi pagati dalle
imprese  di  assicurazione  per  ottemperare  all'obbligo  di fornire
l'assistenza tecnica ai propi clienti.
   Deve, infine, Osservarsi che la interpretazione della procedura di
risarcimento  diretto  quale obbligatoria si impone, qualora si tenga
conto  della  legge  n. 229/2003,  la quale ha delegato il Governo ad
emettere  il  decreto  legislativo in esame, stabilendone finalita' e
criteri direttivi in ordine al contenuto.
   Detta  legge,  intitolata «Interventi in materia di qualita' della
regolazione,   riassetto   normativo   e   codificazione.   Legge  di
semplificazione   2001»,  finalizzata  a  realizzare,  il  «riassetto
normativo e codificazione» dell'ordinamento giuridico, soprattutto in
materie  caratterizzate  da  un  vasto  e  disordinato  ricorso  alla
legislazione  speciale,  all'art.  4,  ha  delegato  il  Governo  «ad
adottare...  uno  o  piu'  decreti legislativi per il riassetto delle
disposizioni  vigenti in materia di assicurazioni... nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa
alle  disposizioni  comunitarie  e  agli  accordi  internazionali; b)
tutela  dei  consumatori  e, in generale, dei contraenti piu' deboli,
sotto  il  profilo  della  trasparenza delle condizioni contrattuali,
nonche'  dell'informativa  preliminare, contestuale e successiva alla
conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei
messaggi  pubblicitari  e  del processo di liquidazione dei sinistri,
compresi gli aspetti strutturali di tale servizio; ...».
   Tralasciando gli ulteriori criteri direttivi, palesemente estranei
al tema in esame, va ritenuto che, poiche' non vi e' alcuna normativa
comunitaria  o  accordo  internazionale  che  imponga  1'introduzione
nell'ordinamento  giuridico  italiano  della  procedura di indennizzo
diretto,  ovvero  strumenti finalizzati a ridurre i costi di gestione
dei  sinistri  stradali,  l'istituto  in  esame  deve intendersi come
introdotto  al  fine  di  tutelare  i  «consumatori e, in generale, i
"contraenti piu' deboli"», ossia coloro che stipulano il contratto di
assicurazione  e  coloro  a  cui  favore tale contratto e' stipulato,
ossia,  per  semplificare,  gli  assicurati, i quali beneficerebbero,
attraverso   il   sistema   de  quo,  di  una  riduzione  del  premio
assicurativo,  quale  conseguenza  (auspicata,  ma normativamente non
assicurata) della riduzione dei costi dell'impresa assicurativa.
   In   conclusione,   atteso   che   la  interpretazione  letterale,
teleologica  e  quella effettuata alla luce degli scopi e dei criteri
direttivi  della  legge  delega n. 209/2003 conducono univocamente in
tal  senso,  non  puo'  che  concludersi  che  l'art.  149  c.d.s. ha
eliminato  per  i  danneggiati dei sinistri stradali in essa indicati
l'azione  diretta  nei  confronti  dell'assicuratore del responsabile
civile ed ha sostituito a quest'ultimo, quale legittimato a curare la
fase   stragiudiziale   e   la   eventuale   fase  processuale  della
controversia  inerente  al  risarcimento  dei  danni conseguenti alla
circolazione  di  un  veicolo  a  motore,  l'assicuratore del veicolo
«utilizzato»  - per usare il termine di cui alla norma in esame - dal
danneggiato.
   Non  puo'  in  contrario sostenersi, come pure si e' fatto, che la
circostanza  che  l'art.  144  c.d.a.  -  il  quale stabilisce in via
generale  che  il danneggiato per sinistro stradale ha azione diretta
per   il   risarcimento  del  danno  nei  confronti  dell'impresa  di
assicurazione  del responsabile civile - non contenga alcuna menzione
di  possibili  deroghe  ad  essa,  comporti che l'art. 149 c.d.a. non
possa  essere  interpretato  come  norma  speciale  rispetto a quella
generale di cui all'art. 144 c.d.a.
   Enoto, infatti, che il carattere speciale di una norma non dipende
affatto  dalla  previsione,  da  parte  della  norma  generale, della
possibilita' di deroghe ad essa, ma dipende dalla circostanza che una
norma, di pari rango rispetto alla norma generale, disciplini in modo
diverso   dalla   norma   generale  una  serie  di  casi  rientranti,
altrimenti, nella previsione generale.
   Ne   consegue  che  tale  argomentazione  non  osta  affatto  alla
interpretazione sopra esposta.
Sulla  non  manifesta  infondatezza  della questione della violazione
                         dell'art. 76 Cost.
   Va   preliminarmente  ricordato  che,  secondo  la  giurisprudenza
costante    della    Corte    Costituzionale,    il    sindacato   di
costituzionalita'  sulla  delega legislativa si esplica attraverso un
confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l'uno,
relativo alle norme che determinano l'oggetto, i principi e i criteri
direttivi  indicati  dalla  delega,  tenendo  conto  del  complessivo
contesto  di  norme in cui si collocano e si individuano le ragioni e
le  finalita' poste a fondamento della legge di delegazione; l'altro,
relativo  alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi
nel  significato  compatibile  con  i principi ed i criteri direttivi
della delega (ex plurimis, sentenze n. 340 del 2007; 170 del 2007; 54
del 2007; n. 280 del 2004; n. 199 del 2003).
   Va  altresi' ricordato che, al riguardo la Corte costituzionale ha
precisato   che  «siffatti  principi...  vanno  pero'  applicati  non
disgiuntamente  da  altri  che  pure,  come  si e' affermato, debbono
presiedere   allo   scrutinio   di   legittimita'  costituzionale  di
disposizioni  di  provvedimenti legislativi delegati sotto il profilo
della  loro conformita' alla legge di delegazione e che delimitano il
cosiddetto  potere  di riempimento del legislatore delegato. Infatti,
per   quanta   ampiezza  possa  a  questo  riconoscersi,  «il  libero
apprezzamento  del  legislatore  delegato  non  puo'  mai assurgere a
principio  od  a  criterio  direttivo, in quanto agli antipodi di una
legislazione vincolata, quale e', per definizione, la legislazione su
delega»  (sentenza n. 68 del 1991; e, sul carattere derogatorio della
legislazione  su  delega  rispetto  alla regola costituzionale di cui
all'art. 70 Cost., cfr. anche la sentenza n. 171 del 2007)» (sentenza
n. 340 del 2007).
   Cio'   Premesso,   si   ricorda  che  la  disposizione  censurata,
introdotta  dal  d.lgs.  n. 209/2005,  stabilisce,  nei  casi da essa
previsti - ossia «in caso di sinistro tra due veicoli a motore», «non
immatricolati   all'estero»,   «identificati  ed  assicurati  per  la
responsabilita'  civile  obbligatoria, dal quale siano derivati danni
ai  veicoli coinvolti o ai loro conducenti» - che i danneggiati - ove
il   pregiudizio   concerni   il  veicolo,  ovvero  cose  trasportate
dell'assicurato  o del conducente, ovvero, consista in un «danno alla
persona  subito  dal conducente non responsabile se risulta contenuto
nel  limite  previsto  dall'articolo  139»  -  «devono  rivolgere  la
richiesta   di  risarcimento  all'impresa  di  assicurazione  che  ha
stipulato  il contratto relativo al veicolo utilizzato», la quale «e'
obbligata   a  provvedere  alla  liquidazione  dei  danni  per  conto
dell'impresa  di  assicurazione  del  veicolo  responsabile, ferma la
successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime».
   Stabilisce,  inoltre,  che,  in  caso di mancata o insoddisfacente
offerta  risarcitoria  «il danneggiato puo' proporre l'azione diretta
di  cui  all'articolo  145, comma 2, nei soli confronti della propria
impresa di assicurazione».
   Detta  norma introduce una innovazione sostanziale e significativa
nell'ordinamento  giuridico,  eliminando, come sopra si e' ampiamente
esposto,  il  diritto,  spettante  a  qualunque  danneggiato da fatto
illecito  (ex art. 2043 c.c., ed in particolare, per i danneggiati in
conseguenza  di  sinistri  stradali,  ex  art.  2054  c.c.), di agire
(anche)  contro  il  responsabile  del  danno  e  sostituendo, quanto
all'azione diretta, alla legittimazione passiva dell'assicuratore per
la  RCA  di  quest'ultimo  (prevista  in  via  generale dall'art. 144
c.d.a.,  e, secondo la disciplina previgente, dall'art. 18/990/1969),
quella dell'assicuratore dello stesso danneggiato.
   Tale  innovazione  avrebbe,  quindi,  dovuto essere oggetto di una
delega  in tal senso (delega contenente criteri direttivi sufficienti
a  circoscrivere  la  potesta' normativa del Governo), ma tale delega
non si rinviene nella legge n. 209/2003.
   Quest'ultima,  infatti, e' essenzialmente finalizzata, non gia' ad
innovare  il diritto positivo vigente, bensi' a realizzare, come reso
chiaro  anche  dalla  intitolazione  di  essa,  sopra  riportata, una
semplificazione   e   un   riassetto,  attraverso  la  codificazione,
dell'ordinamento    giuridico,    soprattutto   in   talune   materie
caratterizzate   da   una   legislazione   speciale   particolarmente
disordinata, quale quella assicurativa.
   Con  riferimento  a  quest'ultima, accanto allo scopo primario del
riassetto  e'  presente,  quale  criterio  guida  della codificazione
quello,   per   quel   che  qui  rileva,  come  sopra  detto,  quello
dell'adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli
accordi   internazionali  e  della  «tutela  dei  consumatori  e,  in
generale,   dei  contraenti  piu'  deboli,  sotto  il  profilo  della
trasparenza  delle  condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa
preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto,
avendo  riguardo  anche  alla correttezza dei messaggi pubblicitari e
del  processo  di  liquidazione  dei  sinistri,  compresi gli aspetti
strutturali di tale servizio».
     a)  Orbene,  al riguardo e' da ritenersi, in primo luogo, che la
finalita'  del  riassetto  e'  primaria,  e, in quanto tale, consente
soltanto  quelle modifiche dell'ordinamento previgente che si rendano
necessarie   od   opportune  in  conseguenza  della  codificazione  e
riassetto normativo, e non anche le modifiche la cui necessita' sorga
per  motivi  diversi  da quelli della riduzione ad unita' organica di
cio'  che  precedentemente  era  oggetto di svariate fonti normative,
modifiche   che,   ove   siano   giustificate  dalle  esigenze  della
codificazione  dovrebbero  essere effettuate dal legislatore delegato
nel   rispetto  dei  principi  e  criteri  direttivi  indicati  (cfr.
«adottare...  uno  o  piu' decreti legislativi per il riassetto delle
disposizioni  vigenti  in  materia  di  assicurazioni... rispetto dei
seguenti  principi  e  criteri direttivi»: ossia: il riassetto, e non
gia'   la  innovazione,  deve  avvenire  nel  rispetto  dei  principi
indicati).
     b)   In   secondo   luogo,   ricordato  che,  secondo  la  Corte
costituzionale,  «qualora  la delega abbia ad oggetto il riassetto di
norme  preesistenti,  questa  finalita'  giustifica l'introduzione di
soluzioni  sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo
previgente  soltanto  se siano stabiliti principi e criteri direttivi
volti   a   definire  in  tal  senso  l'oggetto  della  delega  ed  a
circoscrivere  la  discrezionalita'  del  legislatore  delegato»  (v.
sentenze Corte Cost. n. 239 del 2003 e n. 354 del 1998 e n. 170/2007)
e' da rilevarsi che nella legge delega in esame non vi e' alcun cenno
circa  la  introduzione  nell'ordinamento  giuridico  di una modifica
della  normativa  relativa all'esercizio dell'azione risarcitoria del
danneggiato da sinistro stradale e, di conseguenza mancano i principi
e  criteri  direttivi  cui il delegato avrebbe dovuto attenersi nella
introduzione di detta innovazione.
     c)  In  ogni  caso,  non  puo'  non  rilevarsi  che la censurata
disposizione  del decreto delegato 209/2005 non trova fondamento ne',
per  quanto  detto  sopra,  nella  necessita'  di  adeguare il nostro
ordinamento  giuridico  alla  normativa comunitaria e internazionale,
ne'  alla  direttiva del rafforzamento della tutela dell'assicurato o
contraente debole e cio' in quanto detta tutela, secondo la direttiva
in  esame,  doveva essere realizzata esclusivamente «sotto il profilo
della    trasparenza    delle    condizioni   contrattuali,   nonche'
dell'informativa   preliminare,   contestuale   e   successiva   alla
conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei
messaggi  pubblicitari  e  del processo di liquidazione dei sinistri,
compresi gli aspetti strutturali di tale servizio».
   Al riguardo si osserva quanto segue.
   Il  riferimento  al  processo  di liquidazione dei sinistri non e'
autonomo  ma  e'  agganciato  alla tutela del soggetto che stipula il
contratto  di  assicurazione  e  di  colui, se non coincidente, a cui
favore  detto  contratto  e' stipulato («tutela dei consumatori e, in
generale,  dei  contraenti  piu' deboli... avendo riguardo anche alla
correttezza... del processo di liquidazione dei sinistri»).
   Esso  trova,  dunque,  fondamento  nel  rapporto  contrattuale tra
assicurato  e  assicuratore  e non puo' espandersi al di la' di detto
rapporto  (rapporto  che,  si  ricorda, ha ad oggetto l'assicurazione
della  responsabilita' civile del proprietario di un veicolo a motore
per  danni  che terzi patiscano in conseguenza della circolazione del
suddetto mezzo).
   Ne consegue che la modifica della regolamentazione dei diritti del
danneggiato  da  sinistro  stradale,  ed  in particolare, dell'azione
risarcitoria  ad  esso  spettante, e'  da  ritenersi non compresa nel
criterio  direttivo in esame, ed e', dunque, non coperta dalla delega
de qua.
   Si  fa  presente,  per  completezza,  che il danneggiato, in detta
veste,  non  rileva,  rispetto ai danni da esso subiti in un sinistro
stradale,  quale  eventuale  parte  di  un contratto di assicurazione
della  responsabilita' civile automobilistica, e cio' in quanto detta
assicurazione  copre  soltanto  i danni patiti dai terzi e non gia' i
danni subiti dallo stesso responsabile civile.
   Si ricorda, inoltre, che il danneggiato (ad esempio il conducente,
non  proprietario,  del  mezzo, che abbia riportato lesioni a seguito
del  sinistro) puo' non essere legato da alcun contratto assicurativo
avente ad oggetto il veicolo utilizzato.
   E'  evidente,  allora,  che  l'istituto in esame, ossia l'art. 149
c.d.a.  che quest'ultimo introduce, in nessun modo puo' ricondursi al
criterio   direttivo   in   esame,  ed  in  particolare  alla  tutela
dell'assicurato.
   Ne'  il  danneggiato  puo'  in alcun modo essere considerato quale
consumatore,  essendo  evidente  che  la  figura  del  consumatore va
collocata   nell'ambito   dei   rapporti  negoziali,  in  particolare
commerciali,  mentre  il danneggiato da sinistro stradale costituisce
il termine passivo di un illecito extracontrattuale.
   La «correttezza del procedimento di liquidazione dei sinistri» non
puo',  allora,  atteso il legame strumentale di detto criterio con la
esigenza   di   tutelare  l'assicurato,  che  fare  riferimento  alle
conseguenze  che  nel  rapporto contrattuale ricadono sull'assicurato
dalla concreta gestione del sinistro.
   Salta  alla  mente  immediatamente,  dunque,  il  c.d. malus ossia
l'aumento   del   premio   assicurativo   che   consegue,   a  carico
dell'assicurato,  all'esborso  effettuato  dal proprio assicuratore a
favore   di   colui  che  avanzi  richiesta  risarcitoria  ponendo  a
fondamento  della  domanda  un'asserita  riconducibilita' causale dei
lamentati   danni   alla   circolazione   del  veicolo  assicurato  e
un'asserita colpa del conducente del mezzo assicurato.
   La  correttezza  del  processo  di liquidazione dei sinistri, pare
allora  debba  essere intesa, tenuto conto del soggetto cui la tutela
deve  essere  rivolta,  come  idonea  a  consentire all'assicurato la
partecipazione  a  detto procedimento, al fine di consentirgli di far
valere le proprie ragioni, ove ritenga di non essere responsabile del
sinistro  e  intenda  opporsi  alla formulazione da parte del proprio
assicuratore  dell'offerta  risarcitoria, con conseguente pregiudizio
economico   a  proprio  carico  in  termini  di  aumento  del  premio
assicurativo,  nonche' a risolvere il conflitto di interessi che puo'
sorgere tra l'impresa di assicurazione e l'assicurato nei casi in cui
la  prima trovi conveniente formulare l'offerta nonostante il proprio
assicurato  declini  la  propria  responsabilita'  e  si opponga, per
evitare il c.d. malus, al risarcimento dei danni.
     c)  Escluso,  per  quanto  sopra  esposto, che la modifica della
normativa concernente i diritti dei danneggiati da sinistro stradale,
possa   ritenersi  compresa  nella  delega,  deve  ora  valutarsi  se
l'obiettivo di ridurre i costi di gestione dei sinistri delle imprese
assicuratrici,   al   fine   di  ottenere  una  riduzione  dei  premi
assicurativi (costituente la ratio legis
dell'istituto  in  esame,  come sopra si e' detto), possa o meno esse
ritenuto compreso nella direttiva di cui alla legge delega in esame.
   Al   quesito   sembra  doversi  dare  risposta  negativa,  dovendo
rilevarsi,  in  primo  luogo,  che  la delega non riguarda affatto la
esigenza,  puramente  economica,  della  riduzione dell'ammontare dei
premi assicurativi, bensi' la tutela giuridica dell'assicurato.
   In  secondo luogo e' da evidenziarsi che il decreto legislativo in
esame,  se  da  un  lato  predispone  gli  strumenti per risolvere la
questione  economica  della  riduzione  dei  costi della gestione dei
sinistri,  dall'altro  nulla contiene con riguardo ai benefici che da
cio'  dovrebbero  conseguire  per  gli  assicurati, benefici che, sul
piano  normativo non sono assicurati e che, dunque, rimangono un mero
auspicio, dipendendo la realizzazione di detto obiettivo dalla libera
scelta  delle  imprese  (che  pure  sono, in quanto tali, mosse dallo
scopo  di  lucro) di distribuire i vantaggi ricavati da detta riforma
agli assicurati, in luogo di godere un maggiore profitto.
   Vero  e'  che  l'art.  150  c.d.a. demanda al successivo d.P.R. il
compito di stabilire i benefici derivanti agli assicurati dal sistema
di  risarcimento diretto, ma e' anche vero che, da un lato, non e' il
decreto  legislativo  in  esame  a  provvedere  riguardo a quello che
rappresenterebbe   l'obiettivo   primario   della  stessa  normazione
delegata  in  esame, e, dall'altro, che detto decreto legislativo non
contiene   alcun   criterio   atto   a   circoscrivere   la  potesta'
regolamentare attribuita al Governo in materia.
   D'altro  lato,  ancora,  va  rilevato  che,  come  ha affermato il
Consiglio  di  Stato  nel  parere sopra citato, «i benefici derivanti
agli   assicurati   che...   assumono  un  significato  cruciale  nel
meccanismo  in  esame,  nello  schema  in esame» (d.P.R. n. 229/2006)
«sono   genericamente  rimessi  alla  possibilita'  di  contemperare»
(contemplare)  «clausole che prevedano anche la contestuale riduzione
del  premio  per  l'assicurato  ove  sia  inserito  nel  contratto il
meccanismo  del  risarcimento  in forma specifica (articolo 14, comma
1)»,  previsione, questa, «alquanto generica a fronte della specifica
previsione  della  legge  che  richiede  la  definizione dei benefici
derivanti agli assicurati dal sistema del risarcimento diretto».
   Non puo', dunque, che concludersi che la norma censurata non trova
fondamento  in  alcun  modo  nella legge delega n. 209/2003, la quale
pare  essere stata una mera occasione per introdurre nell'ordinamento
giuridico  una  innovazione  che,  mutando  in  modo significativo la
normativa previgente in materia di risarcimento del danno da sinistro
stradale,   avrebbe  richiesto  una  precisa  volonta'  espressa  dal
Parlamento.
   3B).  Il  vizio  dell'eccesso  di  delega si rileva anche sotto un
altro profilo.
   L'art. 1   della   legge  delega  in  esame  stabilisce  che:  «1.
L'articolo  20  della  legge  15  marzo  1997,  n. 59,  e  successive
modificazioni  e' sostituito dal seguente: «art. 20. - 1. Il Governo,
sulla  base di un programma di priorita' di interventi... presenta al
Parlamento,  entro il 31 maggio di ogni anno, un disegno di legge per
la  semplificazione  e  il riassetto normativo, volto a definire, per
l'anno  successivo,  gli  indirizzi,  i  criteri,  le  modalita' e le
materie  di  intervento...;  2. Il disegno di legge di cui al comma 1
prevede l'emanazione di decreti legislativi, relativamente alle norme
legislative   sostanziali   e   procedimentali...   3.   Pienezza  ed
effettivita'  della  tutela giurisdizionale, ulteriormente rafforzati
dal  nuovo  testo  dell'art.  111  Cost. Salvi i principi e i criteri
direttivi  specifici  per  le singole materie, stabiliti con la legge
annuale  di  semplificazione e riassetto normativo, l'esercizio delle
deleghe  legislative  di  cui  ai  commi 1 e 2 si attiene ai seguenti
principi  e criteri direttivi: a) definizione del riassetto normativo
e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa
acquisizione  del  parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di
novanta  giorni  dal  ricevimento della richiesta, con determinazione
dei  principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente;
...».
   Cio'  premesso,  va  rilevato  che,  in ordine all'art. 149 c.d.a.
(nonche'  ai  connessi artt. 145, comma 2 e 150 c.d.a.), il Consiglio
di  Stato  non  e' stato sentito, in violazione dell'art. 1, comma 3,
lett.  a), della legge delega de qua, come emerge dallo stesso parere
di  detto organo - Sezione atti consultivi - parere 19 dicembre 2005,
avente   ad   oggetto   lo   schema   di  d.P.R.  recante  attuazione
dell'articolo  150 del d.lgs. 209/2005, concernente la disciplina del
sistema  di risarcimento diretto, nel quale si legge: «Al riguardo va
osservato  che  le  disposizioni recanti la procedura di risarcimento
diretto  (articolo  149)  e  la  relativa  disciplina (articolo 150),
risultano  inserite nel «Codice delle assicurazioni» sulla base degli
elementi   e  delle  indicazioni  contenuti  nel  parere  reso  dalle
competenti  Commissioni  parlamentari non erano presenti nello schema
di  decreto  legislativo  sul  quale  questa  Sezione  ha previamente
espresso il suo parere (Adunanza del 14 febbraio 2005)».
Sulla  non  manifesta  infondatezza  della questione della violazione
                          dell'art. 3 Cost.
   La  procedura,  obbligatoria  per il danneggiato, del risarcimento
diretto  si  applica alle domande di risarcimento danni causati dallo
scontro   fra   due  veicoli,  entrambi  regolarmente  assicurati  ed
immatricolati  in  Italia,  ove  detti  danni  riguardino il veicolo,
ovvero   cose   trasportate   di  proprieta'  dell'assicurato  o  del
conducente,  ovvero,  ancora,  la  persona  del conducente, salvo che
quest'ultimo  (non,  anche  parzialmente,  responsabile) abbia subito
lesioni con postumi permanenti inabilitanti non superiori al 9%.
   Orbene,  mentre,  per la stessa natura e struttura della procedura
in oggetto, ben si comprende la non estensibilita' di essa ai casi di
incidenti  senza scontro di veicoli, e ai casi di scontro tra veicoli
dei  quali almeno uno di essi non sia coperto da assicurazione ovvero
non  sia  immatricolato  in  Italia,  cosi' come si comprende, per la
stessa  ragione,  la  esclusione  della  ipotesi  di scontro tra piu'
veicoli, nonche' la esclusione delle ipotesi di sinistri in cui siano
coinvolti,   per  semplificare,  terzi,  appare,  invece,  del  tutto
irragionevole,  ossia priva di adeguata giustificazione oggettiva, la
disparita'  di  trattamento  tra  le  ipotesi  di diversa entita' dei
danni.
   La  circostanza  che  l'art.  149 c.d.a. ha ad oggetto sia i danni
patrimoniali   che  le  lesioni  dell'integrita'  fisica,  conduce  a
ritenere  che  la  distinzione  tra  ipotesi  cui  e'  applicabile la
procedura  ordinaria  e le ipotesi cui e' applicabile il procedimento
di  risarcimento  diretto  si  fonda,  non  gia' sulla natura e sulle
caratteristiche del tipo di danno, bensi' sulla entita' di esso.
   La  diversita'  tra  le due ipotesi (danni fisici lievi o danni al
veicolo  e  danni  dalle cose trasportate, da un lato, e danni fisici
gravi  e perdita di un congiunto, dall'altro) non appare una adeguata
e   convincente   giustificazione  della  diversita'  di  trattamento
introdotta  dalla  norma in esame, la quale non incide esclusivamente
sulla   procedura   di  liquidazione  del  danno  e  sul  riferimento
soggettivo  passivo dell'azione risarcitoria diretta, ma incide anche
sul piano sostanziale.
   L'art.   150  c.d.a.  demanda,  infatti,  a  una  fonte  normativa
secondaria  di  tipo regolamentare (ossia a un decreto del Presidente
della  Repubblica)  il  compito  di  stabilire,  senza,  peraltro, al
contempo  indicare alcun criterio direttivo idoneo a circoscrivere la
potesta'  regolamentare del Governo, i gradi di responsabilita' delle
parti   ed   i   limiti   di   risarcibilita'  dei  danni  accessori,
introducendo,  attraverso  la  delegificazione  di detta materia, una
diversita'  di trattamento sostanziale dei diritti dei danneggiati da
sinistro  stradale  che e'  fondata  sulla  fonte  normativa di detto
trattamento:  atto normativo primario (legislativo) per coloro cui e'
applicabile  la  procedura  ordinaria  e  atto  normativo  secondario
(regolamentare)  caratterizzato dalla piu' ampia discrezionalita' per
l'assenza di criteri guida, per coloro cui si applica la procedura di
risarcimento diretto.
   Orbene, Premesso che le ipotesi in esame non presentano differenze
strutturali  atte  a  giustificarne  la  significativa  diversita' di
trattamento  si  Osserva che, se la procedura di risarcimento diretto
fosse  ritenuta  vantaggiosa per il danneggiato, ne conseguirebbe che
apparirebbe irragionevole la esclusione da essa di coloro che, stante
la rilevanza dei danni subiti, piu' ne beneficerebbero.
   Anche  ove la procedura in esame fosse ritenuta piu' svantaggiosa,
sul  piano  sia procedurale che sostanziale, per i danneggiati cui e'
applicabile,  cosi'  come sembrerebbe, non potrebbe rinvenirsi a tale
disparita'  di  trattamento  un  ragionevole  fondamento, non potendo
ritenersi  tale  - premesso che comprimere il diritto al risarcimento
del  danno derivante dalla lesione di un diritto significa ridurre la
tutela  di  quel  diritto, ed evidenziato che la compressione attuata
dal  decreto legislativo in esame riguarda il diritto al risarcimento
dei  danni  conseguenti  alla  lesione  all'integrita'  fisica,  bene
primario  della persona costituzionalmente protetto (art. 32 Cost.) e
alla   lesione  della  proprieta'  privata  (art.  42  Cost.)  (sotto
quest'ultimo  profilo  la  questione  rileva  nel  presente giudizio,
avente ad oggetto danni al veicolo) - ne' l'interesse economico delle
imprese  di  assicurazione  alla  riduzione dei costi di gestione dei
sinistri  stradali,  ne'  l'interesse  dei  responsabili  civili  del
sinistro,   che   abbiano  assicurato  la  propria  RCA,  ovvero  gli
assicurati  in genere, di ricevere, in via indiretta ed eventuale, un
beneficio in termini di riduzione del premio assicurativo.
   Tali  interessi economici non appaiono, infatti, meritevoli di una
tutele  giuridica maggiore rispetto a quelli delle c.d. vittime della
strada, che riportino danni fisici o al veicolo di non rilevantissima
entita', al pieno ristoro del pregiudizio patito in conseguenza di un
illecito extracontrattuale.
Sulla  non  manifesta  infondatezza  della questione della violazione
                         dell'art. 24 Cost.
   La  questione  della  violazione  dell'art.  24  Cost.  non appare
manifestamente infondata.
   Si  premette  che  nessun rilievo puo' essere fatto in questa sede
riguardo   alla  lesione  del  diritto  di  difesa  conseguente  alla
esclusione della risarcibilita' delle spese legali attuata dal d.P.R.
229/2006 e cio', non tanto in considerazione del carattere secondario
della  fonte  normativa  de  qua,  che  non  consente il sindacato di
legittimita'  dell'organo  adito  (e cio' in quanto ad essere viziata
sarebbe  la  previsione  di  cui  all'art 150 c.d.a.), quanto perche'
irrilevante ai fini della decisione della presente causa.
   La questione va, invece, sollevata con riguardo alla sostituzione,
quale riferimento passivo dell'azione risarcitoria, dell'assicuratore
del  veicolo  utilizzato  dal  danneggiato  al  responsabile civile e
all'assicuratore di quest'ultimo.
   Va  in  primo luogo, al riguardo, premesso che la norma censurata,
laddove  afferma che l'azione puo' essere proposta nei soli confronti
dell'assicuratore  del  danneggiato,  va  interpretata  nel  senso di
escludere  la  legittimazione passiva, non solo dell'assicuratore del
responsabile civile, ma anche di quest'ultimo.
   Oltre  al  dato  letterale («nei soli confronti» dell'assicuratore
del   veicolo   danneggiato),   va,  infatti,  tenuto  presente  che,
interpretare   l'art.  149  c.d.a.  nel  senso  di  ritenere  tuttora
sussistente,   nei   casi  in  cui e'  applicabile  la  procedura  di
risarcimento  diretto,  la  legittimazione  passiva  del responsabile
civile  prevista  dagli artt. 2043 e 2054 c.c., frustrerebbe la ratio
legis dell'istituto in esame, tenuto conto che il responsabile civile
nei  cui  confronti  fosse  proposta  l'azione  risarcitoria potrebbe
chiamare  in  giudizio il proprio assicuratore esercitando la domanda
di garanzia.
   Ne  conseguirebbe,  inevitabilmente,  una duplicazione delle spese
processuali sostenute complessivamente dalle imprese di assicurazione
per  la  gestione dei sinistri, ed un aumento dei premi assicurativi,
il  che e'  l'esatto  contrario  dell'obiettivo  avuto  di  mira  dal
legislatore delegato.
   In   ogni   caso,   quand'anche   si   ritenesse   consentita   la
partecipazione  in  giudizio  del  sponsabi1e  civile, la lesione del
diritto di difesa sussisterebbe ugualmente.
   a)  In  primo  luogo, infatti la scelta di chiamare in garanzia il
proprio  assicuratore  sarebbe  rimessa  al  responsabile civile, che
spesso  rimane  contumace  in  questo  tipo  di  giudizio  e comunque
potrebbe anche non averne interesse.
   b)  In  secondo  luogo,  anche  nel caso in cui detto assicuratore
fosse  chiamato  in  giudizio dall'assicurato, il danneggiato sarebbe
comunque privo di esercitare l'azione diretta nei suoi confronti, con
le  ovvie  implicazioni  in ordine ai mezzi istruttori esperibili nei
confronti di detta impresa.
   c) In terzo luogo, poiche' il responsabile civile non sarebbe piu'
litisconsorte  necessario,  ma  facoltativo, la sua confessione (resa
nell'interrogatorio   formale  o  nella  denuncia  di  sinistro)  non
potrebbe  che valere nei suoi confronti, essendo inapplicabile l'art.
2733,  comma  3,  c.c.  -  in base al quale, secondo la condivisibile
giurisprudenza piu' recente della suprema Corte (sent. n. 1680/2008),
la  confessione  resa  dal  litisconsorte  necessario  e' liberamente
valutabile  dal giudice nei confronti di tutti i litisconsorti (ossia
anche  nei  confronti  dell'assicuratore  del responsabile civile, in
caso  di  procedura  ordinaria  di risarcimento del danno ex art. 144
c.d.a.).
   Ma vi e' di piu'.
   Si   ritiene,  infatti,  che  sostituire  al  danneggiato  il  suo
contraddittore  naturale  (il  danneggiante  e il suo garante) con un
soggetto  del  tutto estraneo al responsabile del danno, comporti una
lesione del diritto di difesa del danneggiato.
   Quest'ultimo,  ad  esempio,  non potrebbe piu' avvalersi di alcuni
dei  mezzi istruttori di cui gode qualunque altro soggetto leso ed in
particolare la vittima della strada cui la procedura in esame non sia
applicabile,  ossia l'interrogatorio formale, mirante ad ottenere una
confessione,  liberamente  valutabile dal giudice (si fa presente, al
riguardo,  che  il  responsabile  non  potrebbe  essere  sentito  nel
processo, nemmeno come testimone, in quanto interessato all'esito del
giudizio),  la  richiesta  di  ordine di esibizione della denuncia di
sinistro   fatta   dal   responsabile  del  danno  (denuncia  che  va
presentata, ex art. 143 c.d.a., dal conducente o dal proprietario del
veicolo   coinvolto   in   un   sinistro,  non  all'assicuratore  del
danneggiato  ma  al  proprio  assicuratore),  nonche' la richiesta di
ordine  di  esibizione della perizia comparativa effettuata anche sul
veicolo assicurato o delle fotografie riproducenti quest'ultimo.
   Al  danneggiato  sarebbe,  altresi',  precluso di avvalersi di uno
degli  elementi di prova piu' significativi, recentemente valorizzati
dalla riforma del codice di procedura civile (che impone al convenuto
di  prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della
domanda),  e  particolarmente  rilevanti nell'ambito del processo del
lavoro,  ossia  il  tenore  delle  difese  espletate  nel  primo atto
difensivo,  ma anche globalmente il comportamento processuale e anche
preprocessuale delle parti.
   Non  puo' sfuggire, infatti, che, mentre il responsabile civile e'
a  conoscenza  diretta  dei  fatti  di  causa  riguardanti la propria
posizione, e il suo assicuratore, in virtu' del rapporto contrattuale
che lo lega al primo, ne e', di norma, in via indiretta (ossia per il
tramite  del  l'assicurato)  a conoscenza (si pensi alla possibilita'
per   l'assicuratore   del   responsabile  di  visionare  il  veicolo
assicurato, per verificare la compatibilita' dei danni, o di chiedere
al  proprio  assicurato  chiarimenti sulla dinamica del sinistro), la
conoscenza  dei fatti di causa riguardanti il responsabile del danno,
da  parte dell'assicuratore del danneggiato, comunque di terzo grado,
e',  o  potrebbe  essere,  scarsa,  dipendendo  in  gran  parte dalla
collaborazione   dell'assicuratore   del   responsabile  (sul  quale,
peraltro,  il  peso  economico  del risarcimento, per i meccanismi di
compensazione vigenti, grava in minor misura).
   Ne  deriva  che  il  danneggiato  non  potra'  avvalersi ne' delle
ammissioni  di  controparte, ne' degli argomenti di prova forniti dal
comportamento processuale e preprocessuale di quest'ultimo, il quale,
quindi, potra' legittimamente trincerarsi dietro una difesa del tutto
generica  e  neutra,  con  grande  danno  per l'attore, il quale, ove
sfornito    di    attendibilissimi    testimoni   (si   ricorda   che
l'attendibilita'  dei  testimoni e' di norma valutata con riferimento
ad  ogni  elemento di prova a disposizione del giudice, elementi che,
in  questo  tipo  di  processo,  sarebbero del tutto scarsi) potrebbe
avere estrema difficolta' nell'ottenere il riconoscimento del proprio
diritto.
   Va,   poi,  rilevato  che  gli  obblighi  derivanti  dal  rapporto
contrattuale  tra  danneggiato  e  controparte possono intralciare la
piena  esplicazione  del diritto di difesa, il quale, in quanto tale,
comprende  anche  la facolta' di tenere comportamenti non contrari ai
propri  interessi  di  difesa,  comportamenti che potrebbero, invece,
concretare  un  inadempimento  contrattuale nei confronti del proprio
assicuratore.
Sulla  non  manifesta  infondatezza  della questione della violazione
                         dell'art. 111 Cost.
   Quanto  sopra  esposto induce questo giudice a nutrire dubbi sulla
compatibilita'  dell'art.  149  c.d.a.  con  il  diritto  a un giusto
processo, che si svolga tra le parti in condizioni di parita'.
   Non  appare  infatti  che, da un lato, gli obblighi contrattuali e
legali  (obbligo  di  denunciare il sinistro) dell'attore-danneggiato
nei  confronti del proprio assicuratore - convenuto e, dall'altro, la
netta  differenza  di  strumenti processuali e mezzi probatori tra le
parti (ad es. l'assicuratore del danneggiato si puo' avvalere, contro
il  danneggiato,  della  denuncia  di  sinistro  da lui presentata in
adempimento  dell'obbligo  di legge, puo' avvalersi, contro di lui, -
e,  di  fatto,  per  quanto  sopra  esposto,  non viceversa - di ogni
argomento  di  prova  fondato  sul  suo  comportamento  processuale e
preprocessuale, nonche' puo' avvalersi, se lo ritiene conveniente, di
ogni atto trasmesso ad essa dall'assicuratore del responsabile, senza
al  contempo  che  il  danneggiato  attore  possa chiederne utilmente
l'esibizione)   possa   ritenersi  pienamente  conforme  al  precetto
costituzionale de quo.