LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1958/2007 depositato il 17 dicembre 2007 avverso atto contestaz. n. ROLCOT400578 I.V.A. 2005 sanzioni, contro Agenzia entrate - Ufficio Brescia 2, proposto dal ricorrente Savelli S.p.A., via Cacciamali, 4 - 25100 Brescia, difeso da Lascioli Maurizio, via V. Emanuele II, 1 - 25100 Brescia; avverso atto contestaz. n. ROLCOT400578 I.V.A. 2006 sanzioni, contro Agenzia entrate - Ufficio Brescia 2, proposto dal ricorrente Savelli S.p.A., via Cacciamali, 4 - 25100 Brescia, difeso da Lascioli Maurizio, via V. Emanuele II, 1 - 25100 Brescia. Con ricorso presentato in data 17 dicembre 2007, la societa' contribuente impugna l'atto di contestazione n. ROLCOT400578, per IVA riferita agli anni d'imposta 2005 e 2006, emesso dall'Agenzia delle entrate - Ufficio di Brescia II. Detto avviso, scaturito a seguito di P.V.A. del 26 settembre 2007 operato da due funzionari del predetto ufficio, irroga alla societa' attrice la sanzione amministrativa prevista dall'art. 13, commi 1 e 2, d.lgs. n. 471/1997, per aver splafonato rispetto all'importo massimo annuo compensabile di euro 516.456,90. In proposito la ricorrente riconosce di aver portato in compensazione somme superiori al massimo sopra indicato, ma sostiene di averlo fatto in quanto trovatasi in grave crisi finanziaria cagionata da impreviste insolvenze da parte di alcuni clienti, che hanno comportato una grave ricaduta sulle finanze societarie, con gravi perdite di bilancio negli anni 2002/2005. Per estinguere le obbligazioni tributarie e contributive, l'azienda, pur a conoscenza dei ristretti limiti compensabili, ha comunque proceduto con detto comportamento per riequilibrare le finanze e, secondo i propri intendimenti, per estinguere altre obbligazioni tributarie. Cosi' facendo, avrebbe evitato danni ulteriori che avrebbero anche potuto portare al fallimento dell'impresa. Pertanto, vantando da sempre notevoli crediti d'imposta, derivanti dall'esportazione di beni, portava in compensazione, per l'anno 2005, un credito di euro 2.021.304,00, restando peraltro ancora creditrice della somma di euro 74.269,00; detto importo veniva portato in detrazione nell'anno 2006, con una compensazione totale di euro 1.884.942,00, che faceva restare l'azienda ancora creditrice, nei confronti del fisco, di un importo ulteriore pari a euro 1.028.647,00. Secondo quanto sostenuto dalla ricorrente, l'art. 17, d.lgs. n. 241/1997 nulla prescriverebbe, in termini sanzionatori, per l'ipotesi dello splafonamento. Conseguentemente, l'operato dell'ufficio sarebbe illegittimo. Ma analizzando ancora piu' attentamente la portata della norma in materia di compensazione, la societa' contribuente pone all'attenzione di questa Commissione due ipotesi di eccezione d'incostituzionalita': l'una inerisce gli artt. 17 e 25 d.lgs. n. 241/1997 e l'art. 34, legge n. 388/2000, in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost. per la parte in cui, pur riconoscendo l'istituto della compensazione ai fini dell'estinzione delle obbligazioni tributarie, prevedono una soglia massima non superabile, senza alcuna distinzione tra le varie categorie di contribuenti. Tale soglia, unica tra tutti i contribuenti, determinerebbe una grave discriminazione tra quelli c.d. minori, che potrebbero compensare per intero i loro crediti; e quelli c.d. maggiori, che potrebbero, per assurdo, trovarsi a dover rincorrere il loro credito nei confronti dell'erario. L'altra ipotesi prospettata riguarda l'art. 13, d.lgs. n. 471/1997, sempre in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost., nella parte in cui verrebbe equiparata l'irrogazione della sanzione amministrativa all'omesso, parziale o ritardato pagamento dell'imposta dovuta. In via subordinata, inoltre, la ricorrente ritiene non dovuta la sanzione amministrativa irrogatale, in applicazione dell'art. 6, comma 5-bis, del d.lgs. n. 472/1997. Infine, onde evitare un possibile danno grave e irreparabile all'Azienda, chiede la sospensione dell'atto impugnato e la condanna dell'ufficio alle spese. Quest'ultimo, ritualmente costituitosi in giudizio con proprie deduzioni depositate in data 31 gennaio 2008, sostiene la legittimita' del proprio operato, ed insiste per il rigetto del ricorso. In particolare, ribadisce la propria interpretazione della legge vigente, ritenendo trattarsi, nel caso di specie, di omesso versamento, a cui va applicata la sanzione del 30% dell'imposta omessa. Contrariamente, infatti, a quanto sostenuto dalla ricorrente, ritiene che l'aver portato in detrazione una somma maggiore di quanto consentito abbia creato un danno all'Erario, sottraendo a quest'ultimo la necessaria liquidita'. Richiama poi la sentenza n. 9/2003 della CTP di Torino, sez. IV, la quale ha giudicato nel senso che «la compensazione dei crediti IVA, effettuata al di la' dei limiti previsti dalla legge, non puo' qualificarsi violazione di carattere meramente formale». A tale decisione, l'ufficio compiutamente si riporta, chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna della parte alle spese. All'udienza del 29 gennaio 2008 la Commissione, ritenendo motivata l'istanza di danno grave e irreparabile, disponeva per la sospensione del provvedimento. All'udienza del 15 aprile 2008 la Commissione, vista la problematica prospettata, si riservava la decisione. E, a scioglimento della stessa, osserva come non possano primariamente non valutarsi le due sollevate ipotesi di incostituzionalita'. Va anzitutto rilevato che le questioni di costituzionalita' delle norme indicate sono senza dubbio rilevanti, in quanto la decisione sul ricorso e' necessaria conseguenza della applicazione (o disapplicazione) delle norme medesime. Nel merito, la Commissione ritiene che risulti manifestamente infondata la questione di costituzionalita' relativa all'art. 13, d.lgs. n. 471/1997, nella parte in cui parifica l'omesso, parziale e ritardato versamento allo splafonamento della soglia massima di compensazione. Infatti, trattasi di violazione sostanziale del disposto della norma, in quanto incide sul giusto, e dovuto, versamento dell'imposta, i cui limiti compensabili sono precisamente stabiliti. Non si tratterebbe quindi di un pagamento inesatto, ma di una precisa volonta' di violare il disposto legislativo. Ritiene, invece, non manifestamente infondata l'eccezione d'incostituzionalita' inerente gli artt. 17 e 25 d.lgs. n. 241/1997 nella parte in cui, pur riconoscendo l'istituto della compensazione, stabiliscono una soglia massima di compensabilita' uguale per tutti senza tenere conto della grandezza dell'impresa, della sua qualificazione, del volume di affari, dei rapporti economici intra e infra nazionali, dello stato finanziario in cui momentaneamente versa, causato da fatti non imputabili all'impresa, determinando irragionevolmente una disciplina uniforme in relazione a situazioni soggettive e oggettive che possono presentare rilevanti differenze. Richiamati pertanto gli artt. 3, 53 e 97 Cost.