il TRIBUNALE
   Ritenuto  che,  alla  fissata  udienza  in  data  19 dicembre 2007
venivano depositate copie degli atti ed asseverate dalle parti;
   Ritenuto  che puo' ricostituirsi il fascicolo ai sensi degli artt.
112  e  113  c.p.p. analogamente applicabili, con la copia degli atti
prodotti;
   Ritenuto  che  rileva il giudice come nella fattispecie sub judice
parte  attrice, deducendo d'avere ricevuto un danno dal comportamento
negligente  del personale dell'amministrazione postale, ne' chiede il
risarcimento;
   Ritenuto   che,  alla  fattispecie  risulta  applicabile,  ratione
temporis, il disposto di cui all'art. 6 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156,
attesocche'  la  spedizione  del  piego  e'  avvenuta  attraverso  il
servizio di posta-celere;
   Ritenuto  che, alla stregua della norma indicata che disciplina la
responsabilita'  del  gestore del servizio postale, stabilendo che in
caso  di  ritardo  nel  recapito  del  piego  anche in riferimento al
servizio   di   posta-celere,   il   risarcimento  del  danno  subito
dall'utente  e'  limitato  alla sola indennita' prevista dalla stessa
prevista;    ritenuto    che,    a   seguito   della   trasformazione
dell'Amministrazione   delle   Poste  e  Telecomunicazioni  in  Poste
Italiane   S.p.a.,  societa'  con  scopo  di  lucro,  sono  prive  di
giustificazione le disposizioni che prevedono dette limitazioni della
responsabilita' della societa' che gestisce il servizio postale;
   Ritenuto   conseguentemente  che,  la  norma  sopra  indicata,  in
violazione  dell'art. 3 della Costituzione della Repubblica, realizza
una  irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra gli imprenditori
commerciali,  in  quanto  stabilisce  in  favore  del  solo «soggetto
imprenditoriale  di  grande  dimensione» una disciplina che limita la
responsabilita' per l'attivita' d'impresa, dando luogo ad ostacoli di
ordine   economico   e   sociale   che   incidono  sulla  liberta'  e
l'eguaglianza  dei  cittadini,  impedendo altresi', il pieno sviluppo
della  persona umana e violando un diritto fondamentale, in contrasto
con  l'art.  2  della  Costituzione;  che, affatto irragionevole e di
natura  meramente  «privilegiata», si configura siffatta normativa in
favore  di  un  soggetto  il  cui  rapporto con l'utente si configura
ormai, in esito alla detta trasformazione, «non piu' con connotazioni
autoritative» «ma in termini puramente contrattuali».