Ordinanza
nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito delle deliberazioni della Camera dei deputati del 2
maggio  2007,  relative alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dai deputati
Mario   Borghezio   ed   altri,  promosso  con  ricorso  del  Giudice
dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di  Verona  depositato  in
cancelleria  il  24  aprile  2008  ed  iscritto al n. 10 del registro
conflitti tra poteri dello Stato 2008, fase di ammissibilita'.
   Udito  nella  Camera  di  consiglio dell'8 ottobre 2008 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
   Ritenuto  che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di
Verona  ha sollevato conflitto di attribuzione «in ordine al corretto
uso   del  potere  di  decidere  con  riguardo  alla  ricorrenza  dei
presupposti  di  applicabilita'  dell'art.  68,  primo  comma,  della
Costituzione,  come  esercitato  dalla  Camera  dei  deputati  con le
delibere  del  2  maggio  2007 relativamente al procedimento penale»,
pendente  dinanzi  al  medesimo giudice, «a carico dei deputati Mario
Borghezio,   Umberto  Bossi,  Enrico  Cavaliere,  Giacomo  Chiappori,
Giancarlo  Pagliarini,  Luigino  Vascon,  Roberto  Maroni  e  Roberto
Calderoli»;
     che  il  ricorrente  precisa  che  nei  confronti  dei  suddetti
deputati  -  dopo  la  sentenza di proscioglimento per i reati di cui
agli artt. 241, 283 e 271 del codice penale, trattandosi di fatti non
piu'  previsti dalla legge come reato a seguito della declaratoria di
incostituzionalita' recata dalla sentenza n. 243 del 2001 della Corte
costituzionale  e  della  successiva  legge 24 febbraio 2006, n. 85 -
residua  la richiesta di rinvio a giudizio per l'imputazione relativa
al  reato  di  cui agli artt. 81 cod. pen. e 1 del d.lgs. 14 febbraio
1948, n. 43;
     che   nel   ricorso   si   evidenzia   altresi'   che  la  Corte
costituzionale,  con ordinanza n. 102 del 2007, richiamata la propria
sentenza   di   inammissibilita'   n. 267  del  2005,  ha  dichiarato
inammissibile  il  ricorso  per  conflitto di attribuzione tra poteri
dello  Stato  sollevato dallo stesso Giudice ricorrente nei confronti
del  Senato della Repubblica in relazione alle deliberazioni adottate
dall'Assemblea  nella  seduta  del  31  gennaio  2001 (doc. IV-quater
n. 60),  con  le  quali  e'  stato  ritenuto  che i fatti oggetto del
procedimento  penale  a  carico  dei senatori Vito Gnutti e Francesco
Speroni   concernono  opinioni  espresse  da  membri  del  Parlamento
nell'esercizio   delle   loro   funzioni  e,  in  quanto  tali,  sono
insindacabili:  e  cio'  in  quanto  il  conflitto  contro  la stessa
delibera  del Senato e' stato «riproposto nel corso della stessa fase
del giudizio e dall'identico giudice»;
     che,  pertanto,  nei  confronti dei senatori Gnutti e Speroni e'
stata  pronunciata all'udienza preliminare del 31 marzo 2008 sentenza
di  non  doversi  procedere,  ai  sensi  dell'art.  129 del codice di
procedura  penale e dell'art. 6, comma 8, della legge 20 giugno 2003,
n. 140, per difetto della condizione di procedibilita', essendo stati
gli  imputati  «ritenuti  immuni  ai sensi dell'art. 68, comma primo,
della Costituzione»;
     che,  successivamente,  con  ordinanza  del  9  ottobre 2006, lo
stesso  Giudice rimetteva gli atti, ai sensi degli artt. 3, commi 4 e
5,  della  legge  n. 140  del  2003  e  68,  primo  comma,  Cost., al
Parlamento  italiano in relazione alla posizione dei deputati innanzi
indicati   ed   al  Parlamento  europeo  in  riferimento  all'analoga
posizione di Gian Paolo Gobbo, parlamentare europeo;
     che,  con  decisione  del 24 ottobre 2007, il Parlamento europeo
riteneva   di   «non   difendere  l'immunita'  ne'  i  privilegi  del
parlamentare  europeo  On.  Gian  Paolo  Gobbo, reputando che i fatti
attribuitigli non siano coperti da immunita' parlamentare»;
     che,  con nota del 4 maggio 2007, il Presidente della Camera dei
deputati comunicava «che l'Assemblea, nella seduta del 2 maggio 2007,
ha  approvato  la  relazione  doc.  IV-quater n. 9, deliberando che i
fatti per i quali e' in corso il presente processo penale a carico di
Mario  Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori,
Giancarlo  Pagliarini,  Luigino  Vascon,  Roberto  Maroni  e  Roberto
Calderoli, deputati all'epoca dei fatti, concernono opinioni espresse
da membri del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni, ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione»;
     che,  tanto  premesso,  il  ricorrente sostiene che, non essendo
stata  mai  investita la Corte costituzionale della risoluzione di un
conflitto  di  attribuzione  contro la predetta delibera della Camera
dei  deputati,  sussisterebbe,  nel  caso  di  specie,  l'interesse a
ricorrere,  non  potendo  spiegare effetti nei confronti dei deputati
anzidetti  le  declaratorie di inammissibilita', di cui alle pronunce
della  Corte  costituzionale sopra ricordate, dei ricorsi con cui era
stato   sollevato   conflitto  contro  il  Senato  della  Repubblica,
concernenti  unicamente  le  posizioni dei senatori Gnutti e Speroni,
allora imputati;
     che,  dunque, ad avviso del Giudice dell'udienza preliminare del
Tribunale  di  Verona,  nel caso in esame, «il ricorso viene proposto
contro  la  Camera  dei  deputati  e avverso la delibera del 2 maggio
2007, ossia avverso un atto nuovo e distinto dalla delibera all'epoca
adottata  da  un  altro ramo del Parlamento, e cioe' dal Senato della
Repubblica, e che si ritiene viziato da incompetenza»;
     che  il  ricorrente,  dopo  aver descritto i fatti addebitati ai
singoli  imputati, nonche' i risultati delle indagini promosse a loro
carico,  sostiene che «gli atti integranti il reato di partecipazione
ad  una  associazione  di  tipo  militare,  svolgendo in essa compiti
promozionali,  direttivi e organizzativi, nonche' sovrintendendo alle
adesioni  al  gruppo  da  parte  di  terze  persone, sono estranei al
concetto   di   opinioni   espresse   nell'esercizio  delle  funzioni
parlamentari,  ancorche'  letti  nel contesto ideologico da cui si e'
mossa l'azione politica della Lega Nord ed il programma secessionista
cui i parlamentari imputati hanno aderito»;
     che,  pertanto,  secondo il giudice confliggente, nella proposta
di  insindacabilita'  della Giunta per le autorizzazioni della Camera
dei  deputati, poi approvata dall'Assemblea nella seduta del 2 maggio
2007,  non  sarebbe  stato  adeguatamente  affrontato  «il tema della
connessione   tra   l'esercizio  delle  funzioni  parlamentari  e  le
attivita' svolte, invece, in relazione all'associazione vietata dalla
legge», ne' sarebbero state esplicitate le ragioni «per cui attivita'
materiali  come  quelle  piu' volte descritte nei paragrafi superiori
possano   ricondursi   alla   categoria   delle  "opinioni"  espresse
nell'esercizio  delle  funzioni  di  parlamentare», limitandosi detta
proposta  a  qualificare  le condotte oggetto di imputazione come una
proiezione di uno specifico «disegno politico»;
     che,   quindi,   la  delibera  di  insindacabilita'  si  sarebbe
discostata  dai  principi espressi dalla Corte costituzionale in piu'
di   un'occasione  circa  l'ambito  di  operativita'  della  garanzia
prevista dall'art. 68, primo comma, Cost.;
     che,  difatti, argomenta ancora il ricorrente, nei comportamenti
addebitati  ai predetti parlamentari «manca del tutto la riproduzione
o divulgazione di una precedente attivita' parlamentare rispetto alla
quale  i  fatti  in  esame  presentino  una "sostanziale identita' di
contenuti" tale da comportare un "nesso funzionale"»;
     che, in definitiva, conclude il Giudice dell'udienza preliminare
del   Tribunale  di  Verona,  la  delibera  impugnata,  nel  ritenere
sostanzialmente che la prerogativa dell'insindacabilita' copra «tutti
i  comportamenti  riconducibili  all'attivita'  politica  lato  sensu
intesa del parlamentare, e che la sua ricorrenza non e' esclusa anche
di  fronte  a  comportamenti che in astratto possono rivestire natura
illecita»,    esorbiterebbe   «dall'ambito   derogatorio   consentito
dall'art.  68,  primo  comma,  Cost., risultando violati, da un lato,
anche  gli  artt.  101, secondo comma, 102, primo comma, e 104, primo
comma,  Cost.,  posti  a  tutela  della  titolarita'  della  funzione
giurisdizionale  in  capo  alla  magistratura  e  della  legalita' ed
indipendenza  del  suo  esercizio; dall'altro, l'art. 3, primo comma,
Cost.,  per  la  disparita'  di  trattamento  che  in  tal modo viene
introdotta  tra  cittadini  ordinari  e parlamentari, consentendosi a
questi ultimi condotte in ipotesi integranti figure di reato prive di
qualsiasi connessione con la funzione parlamentare».
   Considerato  che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'
chiamata,  a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11
marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso
sia  ammissibile  in quanto vi sia la «materia di un conflitto la cui
risoluzione  spetti  alla  sua competenza», sussistendone i requisiti
soggettivo  ed  oggettivo  e  restando  impregiudicata ogni ulteriore
questione, anche in punto di ammissibilita';
     che,  sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta
la  legittimazione del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale
di Verona a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in
posizione  di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a
dichiarare  definitivamente  la  volonta'  del  potere cui appartiene
nell'esercizio delle funzioni attribuitegli;
     che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione della
Camera  dei  deputati  ad  essere parte del presente conflitto, quale
organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volonta'
in   ordine  all'applicabilita'  dell'art.  68,  primo  comma,  della
Costituzione;
     che,  per  quanto  attiene  al  profilo  oggettivo,  il  giudice
ricorrente  lamenta  la  lesione della propria sfera di attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo,  per  inesistenza  dei  relativi presupposti, del potere
spettante  alla Camera di appartenenza dei parlamentari di dichiarare
l'insindacabilita'  delle opinioni espresse da questi ultimi ai sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
     che,   dunque,   esiste  la  materia  di  un  conflitto  la  cui
risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.