Ricorso della Regione  Puglia,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, Presidente  della  giunta,  on.  le  dott.  Nicola  Vendola,
rappresentata e difesa giusta deliberazione di G.R. n.  1919  del  17
ottobre 2008, nonche' procura speciale a margine del  presente  atto,
dall'avv. Sabina Ornella di Lecce  ed  elettivamente  domiciliata  in
Roma - Delegazione Regione Puglia, via Barberini n. 36. 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 64, comma
4 del decreto-legge 25 giugno 2008 n.  112,  convertito  in  legge  6
agosto 2008 n. 133, per violazione  dell'articolo  117  cost.  e  del
principio di leale cooperazione. 
    Nella Gazzetta Ufficiale n. 195  del  21  agosto  2008  e'  stata
pubblicata la legge n. 133/2008, recante «Disposizioni urgenti per lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria». 
    L'impugnata disposizione e' lesiva delle competenze regionali per
il seguente motivo di' 
                            D i r i t t o 
Illegittimita' costituzionale art.  64,  comma  4,  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112, convertito in  legge  6  agosto  2008,  n.  133.
Violazione articolo 117 Cost. 
    Con la legge n.  133/2008  sono  state  approvate  una  serie  di
disposizioni urgenti per lo sviluppo economico,  la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria. 
    In particolare, l'art. 64,  nell'ambito  delle  misure  volte  al
contenimento della spesa per il  pubblico  impiego,  introduce  nuove
disposizioni in materia di organizzazione  scolastica,  individuando,
all'uopo, una serie di «interventi e misure  volti  ad  incrementare,
gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente,  da  realizzare
comunque entro l'anno scolastico 2011/2012, per  un  accostamento  di
tale rapporto ai relativi standard europei tenendo anche conto  delle
necessita' relative agli alunni diversamente abili». 
    Il comma 3 dello stesso articolo, in modo testuale, dispone  che:
«3. Per  la  realizzazione  delle  finalita'  previste  dal  presente
articolo,  il  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca di concerto con il Ministro dell'economia  e  delle  finanze,
sentita la Conferenza unificata di cui  all'articolo  8  del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere
finanziario, predispone, entro quarantacinque giorni  dalla  data  di
entrata in vigore del presente decreto,  un  piano  programmatico  di
interventi volti  ad  una  maggiore  razionalizzazione  dell'utilizzo
delle risorse umane e strumentali disponibili, che  conferiscano  una
maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico». 
    L'attuazione del piano programmatico  citato  viene  disciplinata
dal comma 4, il quale prevede che: «Per l'attuazione del piano di cui
al comma 3, con uno o piu' regolamenti da adottare entro dodici  mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto ed  in  modo  da
assicurare comunque la puntuale attuazione del piano di cui al  comma
3, in relazione  agli  interventi  annuali  ivi  previsti,  ai  sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  su
proposta  del  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca di concerto con il Ministro dell'economia  e  delle  finanze,
sentita la Conferenza unificata di cui al citato decreto  legislativo
28 agosto 1997, n. 281, anche modificando le disposizioni legislative
vigenti,  si  provvede  ad   una   revisione   dell'attuale   assetto
ordinamentale, organizzativo  e  didattico  del  sistema  scolastico,
attenendosi ai seguenti criteri: 
        a)  razionalizzazione  ed  accorpamento   delle   classi   di
concorso, per una maggiore flessibilita' nell'impiego dei docenti; 
        b) ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini  di
scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani  di  studio  e
dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli  istituti
tecnici e professionali; 
        c) revisione dei criteri vigenti  in  materia  di  formazione
delle classi; 
        d) rimodulazione dell'attuale organizzazione didattica  della
scuola primaria ivi  compresa  la  formazione  professionale  per  il
personale   docente   interessato   ai   processi   di    innovazione
ordinamentale senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica; 
        e) revisione dei criteri  e  dei  parametri  vigenti  per  la
determinazione  della  consistenza  complessiva  degli  organici  del
personale docente ed ATA, finalizzata ad una razionalizzazione  degli
stessi; 
        f)  ridefinizione  dell'assetto  organizzativo-didattico  dei
centri di istruzione per gli adulti, ivi  compresi  i  corsi  serali,
previsto dalla vigente normativa; 
        f-bis) definizione di  criteri,  tempi  e  modalita'  per  la
determinazione e  l'articolazione  dell'azione  di  ridimensionamento
della  rete  scolastica   prevedendo,   nell'ambito   delle   risorse
disponibili  a  legislazione  vigente,   l'attivazione   di   servizi
qualificati per la migliore fruizione dell'offerta formativa; 
        f-ter) nel caso di chiusura  o  accorpamento  degli  istituti
scolastici aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le regioni e gli
enti locali possono  prevedere  specifiche  misure  finalizzate  alla
riduzione del disagio degli utenti». 
    L'art. 64, comma 4 demanda, dunque, ad uno o piu' di  regolamenti
ministeriali, adottati sentita la conferenza unificata, idonei  anche
a modificare norme di  legge,  nel  rispetto  dei  precitati  criteri
l'attuazione del piano  programmatico  di  interventi  volti  ad  una
maggiore razionalizzazione dell'utilizzo  delle  risorse  umane,  per
l'efficienza del sistema scolastico. 
    In particolare,  da  quel  che  e'  dato  comprendere  dal  testo
normativo l'emanando regolamento(i) dettera' anche criteri,  tempi  e
modalita' per la  determinazione  e  l'articolazione  dell'azione  di
ridimensionamento  della  rete  scolastica,  potendo   a   tal   fine
modificare anche le leggi, comprese quelle  regionali  legittimamente
emanate per la disciplina di tali ultimi profili. 
    Tanto,   in    assoluta    difformita'    rispetto    all'assetto
costituzionale delle competenze in un ambito nel  quale  sussiste  la
competenza  concorrente  regionale  e  dove,  pertanto,  spetta  alle
regioni dettare la relativa  normativa,  nel  rispetto  dei  principi
posti dalla legge dello Stato. 
    Come noto, l'assetto istituzionale vigente delinea,  infatti,  un
sistema educativo di istruzione e di formazione unitario nel quale lo
Stato detta le norme di carattere generale,  tutela  e  garantisce  i
livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale
e ne definisce i principi fondamentali. 
    Lo  Stato  ha  la  competenza  esclusiva  «sulle  norme  generali
sull'istruzione» e sulla «determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono  essere
garantiti su tutto il territorio nazionale» (art. 117, secondo comma,
lettere n) e m); spetta allo Stato,  inoltre,  la  determinazione  di
principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente,  tra
le quali rientra l'istruzione (art. 117, terzo comma). 
    Alle regioni e' riconosciuta la  potesta'  legislativa  esclusiva
sull'istruzione e sulla formazione  professionale  (art.  117,  terzo
comma),  fatta  salva  l'autonomia  delle  istituzioni   scolastiche,
nonche' su ogni materia non espressamente riservata alla legislazione
dello Stato. 
    Le regioni sono  chiamate  a  svolgere  un  ruolo  di  indirizzo,
programmazione  e  coordinamento,  accompagnato  da  un'attivita'  di
monitoraggio dei processi e di valutazione degli esiti, nel quadro di
un  sistema   legislativo   regionale   ispirato   ai   principi   di
sussidiarieta' e di autonomia. 
    Le regioni, inoltre, sono titolari di una competenza non delegata
dallo Stato, nei seguenti settori: 
        a) la programmazione dell'offerta  integrata  d'istruzione  e
formazione e la definizione di obiettivi  specifici  del  sistema  in
relazione alla vocazione economico-sociale del territorio; 
        b) l'organizzazione territoriale dell'offerta formativa,  con
i conseguenti poteri d'istituzione,  di  fusione  e  di  soppressione
delle istituzioni scolastiche; 
        c) le scelte di diritto allo studio; 
        d) la gestione del personale della scuola. 
    Codesta  ecc.ma  Corte,  oggi  investita   della   questione   di
costituzionalita' dell'art. 64, comma 4 del decreto-legge  25  giugno
2008 n. 112, convertito in legge 6 agosto  2008,  n.  133,  ha  gia',
invero, avuto modo di occuparsi della individuazione degli ambiti  di
competenza nella materia dell'«istruzione»; il  riferimento  e'  alla
pronunzia n. 13 del 2004. 
    Esaminiamone il contenuto per comodita' espositiva: «''3. Secondo
il riparto concepito sotto il vigore dell'art. 117  Cost.  nella  sua
originaria  formulazione,  le  competenze   regionali   proprie   non
oltrepassavano l'istruzione artigiana e professionale e  l'assistenza
scolastica, ogni altra competenza essendo esercitata dalla regione su
delega statale. Lo Stato, conformemente ai caratteri propri  di  tale
strumento organizzativo, poteva dunque trattenere per  se'  qualsiasi
profilo di disciplina della materia, con l'effetto  che  le  funzioni
delegate alle regioni potevano risultare frammentarie e disorganiche. 
    Tutto cio'  non  e'  piu'  possibile  nel  quadro  costituzionale
definito dalla riforma del Titolo V, giacche' la  materia  istruzione
('salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche  e  con  esclusione
della istruzione e della formazione professionale') forma oggetto  di
potesta' concorrente (art. 117,  terzo  comma,  Cost.),  mentre  allo
Stato e' riservata soltanto  la  potesta'  legislativa  esclusiva  in
materia di 'norme generali sull'istruzione' [art. 117, secondo comma,
lettera n)]. 
    Ai fini della  presente  decisione  non  e'  necessario  definire
interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto
tra le 'norme generali sull'istruzione' e i 'principi  fondamentali',
le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a
orientare le regioni chiamate a svolgerli. Nel complesso intrecciarsi
in una stessa materia  di  norme  generali,  principii  fondamentali,
leggi  regionali  e   determinazioni   autonome   delle   istituzioni
scolastiche, si puo' assumere per certo che il prescritto  ambito  di
legislazione regionale sta proprio nella  programmazione  delle  rete
scolastica. E' infatti implausibile che il legislatore costituzionale
abbia voluto spogliare le regioni di una funzione  che  era  gia'  ad
esse conferita nella forma della competenza  delegata  dall'art.  138
del decreto legislativo n. 112 del 1998. Questo, per la parte che qui
rileva, disponeva che  alle  regioni  fossero  delegate  le  funzioni
amministrative relative alla  programmazione  dell'offerta  formativa
integrata   tra   istruzione   e   formazione   professionale,   alla
suddivisione, sulla base  anche  delle  proposte  degli  enti  locali
interessati,  del  territorio  regionale  in  ambiti  funzionali   al
miglioramento   dell'offerta   formativa   e,    soprattutto,    alla
programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle  disponibilita'
di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei
piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione
dell'offerta formativa integrata. In una parola  era  conferito  alle
regioni,  nell'ambito  della  programmazione  e  della  gestione  del
servizio  scolastico,  tutto  quanto  non  coinvolgesse  gli  aspetti
finanziari e  la  distribuzione  del  personale  tra  le  istituzioni
scolastiche. 
    Una volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente, il
riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di  programmazione
scolastica  e  di  gestione  amministrativa  del  relativo  servizio,
compito dello Stato  sia  solo  quello  di  fissare  principi.  E  la
distribuzione del  personale  tra  le  istituzioni  scolastiche,  che
certamente  non  e'  materia  di  norme  generali  sulla  istruzione,
riservate  alla  competenza  esclusiva   dello   Stato,   in   quanto
strettamente connessa  alla  programmazione  della  rete  scolastica,
tuttora di competenza regionale, non puo' essere scorporata da questa
e innaturalmente riservata per intero allo Stato; sicche',  anche  in
relazione ad essa, la competenza statale non puo'  esercitarsi  altro
che con la determinazione dei principi organizzativi che spetta  alle
regioni svolgere con una propria disciplina.''. 
    La  sentenza  innanzi  trascritta,  oggetto  di  ampio  dibattito
dottrinario, conferma, dunque, lo spirito  e  la  ratio  della  legge
costituzionale   n.   3   del   2001,   ove   proprio   la    materia
dell'''istruzione'' ha trovato la regolamentazione piu' complessa  in
ordine all'attribuzione dei rispettivi ruoli tra stato, regioni, enti
locali ed istituzioni scolastiche.  Si  e',  dunque,  passati  da  un
sistema statale ad un sistema in cui alle regioni viene  riconosciuta
la potesta' legislativa  nella  materia  dell'istruzione,  mentre  lo
Stato  mantiene  il  potere  di  fissare   con   legge   i   principi
fondamentali, nonche' il  potere  (esclusivo)  di  dettare  le  norme
generali» (sul punto  nota  a  sentenza  di  Pietro  Milazzo  in  «Le
Regioni» - 2004). 
    Alla luce di quanto innanzi, risulta  evidente  che  l'azione  di
ridimensionamento  della  rete  scolastica,  la   distribuzione   del
personale,  nonche'  l'incremento,  nell'ambito   dell'organico   del
personale docente statale, dei posti attivati  per  le  attivita'  di
tempo  pieno  e  di  tempo  prolungato,  previsti  dalla  norma  qui'
censurata, attengono ad aspetti  di  organizzazione  scolastica  che,
evidentemente, intersecano le suddette competenze regionali, cosi' in
violando frontalmente l'art. 117 Cost. 
    L'impugnata   disposizione   viola,    altresi',    il    dettato
costituzionale sotto differente aspetto. 
    L'art. 117 Cost., al sesto comma,  dispone,  come  noto,  che  la
potesta'  regolamentare  spetta   allo   Stato   nelle   materie   di
legislazione  esclusiva,  salva  delega  alle  regioni.  La  potesta'
regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia. 
    La  innanzi   citata   disposizione   normativa,   demandando   a
regolamento il compito di disciplinare  anche  ambiti  di  competenza
delle  regioni,  ed,  addirittura,  affidando   a   quest'ultimo   la
possibilita' di modificare disposizioni  legislative  vigenti  (anche
regionali?) sembra, invero, ignorare  il  dettato  costituzionale  di
tenore inequivoco. 
    Il regolamento statale, infatti, e' ammesso solo  in  materie  di
competenza esclusiva statale  e,  pertanto,  non  puo'  essere  fonte
idonea a stabilire i principi vincolanti per il legislatore regionale
in una materia soggetta a potesta' legislativa concorrente. 
    Lo Stato non puo' emanare disposizioni regolamentari  in  materie
diverse da quelle di sua competenza legislativa esclusiva.  Eventuali
regolamenti statali, adottati in  materie  regionali,  sono,  quindi,
viziati da illegittimita' costituzionale. 
    L'ambito della potesta' regolamentare dello Stato, delle  Regioni
e  delle  Autonomie  locali  dopo  la  riforma  del  Titolo  V  della
Costituzione  ha  rappresentato  e  rappresenta  oggetto   di   ampio
dibattito,  atteso   l'ampliamento   della   competenza   legislativa
regionale (concorrente ed  esclusiva)  che  comporta  il  conseguente
allargamento, per effetto del parallelismo  previsto  dall'art.  117,
sesto comma, della potesta' regolamentare regionale. 
    Si cita, in proposito, una relazione a firma del  Presidente  del
T.a.r. Lazio, dott. Pasquale de Lise (in Studi e Contributi-Giustizia
Amministrativa.it),  ove  risultano  esaminati  in  modo  attento   i
rapporti  che  intercorrono  tra  competenza  statale  e   competenza
regionale, tenuto conto  del  carattere  «esclusivo»  della  potesta'
regolamentare  regionale  nelle  materie  di  competenza  legislativa
concorrente e regionale esclusiva (con  il  limite  della  competenza
regolamentare delle  autonomie  locali).  Nel  citato  scritto  viene
decisamente esclusa la possibilita' che nuove leggi possano prevedere
la potesta'  regolamentare  statale  in  materie  non  di  competenza
esclusiva  statale;  detta   ipotesi   viene   ritenuta   «senz'altro
inammissibile». 
    La stessa Adunanza generale del Consiglio di  Stato,  con  parere
del  17  ottobre  2002,  nel  ribadire   l'efficacia   immediatamente
precettiva dell'art. 117, sesto comma Cost., ha evidenziato, come  si
legge nella richiamata relazione, che  «e'  precluso  al  legislatore
statale, dopo la modifica del Titolo V, dar vita a  nuove  competenze
regolamentari statali al di la' delle aree attribuite alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato. Spetta, invece,  in  tali  ambiti,
alla legge regionale (in sede di competenza concorrente o  esclusiva)
procedere alla gestione normativa della materia, decidendo, con norme
di carattere generale o di volta in volta, se alla  disciplina  della
materia debba provvedere direttamente la legge regionale stessa o, in
tutto o in parte, anche la normativa regolamentare». 
    Risulta, pertanto, evidente  che  la  disposizione  normativa  in
epigrafe indicata lede le prerogative regionali nella  materia  anche
sotto tale ulteriore profilo.