Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  26, comma
7-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero), promosso dal Giudice di pace
di   Viterbo   sul   ricorso  proposto  da  P.  A.  contro  l'Ufficio
Territoriale  del  Governo  di Viterbo, con ordinanza del 1° dicembre
2005,  iscritta  al  n. 113  del registro ordinanze 2008 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 17, 1ª serie speciale,
dell'anno 2008;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 22 ottobre 2008 il giudice
relatore Francesco Amirante;
   Ritenuto   che,  nel  corso  di  un  giudizio  avente  ad  oggetto
l'opposizione  avverso  un  decreto  di  espulsione  del  Prefetto di
Viterbo  in  data  23  settembre  2005,  il Giudice di pace locale ha
sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 13 e 25, terzo comma, della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26,
comma  7-bis,  del  decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui prevede
l'automatica  espulsione  del  cittadino  straniero,  condannato  con
provvedimento  irrevocabile  (anche  in seguito a patteggiamento) per
alcuno  dei  reati  previsti  dalle disposizioni del titolo III, capo
III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633 e dagli artt. 473
e 474 del codice penale;
     che  -  precisa  il  remittente  -  il  ricorrente - il quale ha
censurato  anche  l'illegittimita'  dell'omissione  della  preventiva
revoca  del  permesso  di soggiorno - e' stato espulso dal territorio
nazionale,  in  applicazione  degli artt. 4, 5 e 26, comma 7-bis, del
d.lgs.  n. 286  del 1998 (come modificati dalla legge 30 luglio 2002,
n. 189,  e  dal  decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, convertito,
con  modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n. 271), in quanto,
con  sentenza  in  data  16  dicembre  2004 del Tribunale di Viterbo,
sezione  distaccata  di Montefiascone, divenuta definitiva, era stato
condannato,  in seguito a patteggiamento, per i reati di cui all'art.
171 della legge n. 633 del 1941 e all'art. 648 cod. pen.;
     che,  quanto al merito della questione, il Giudice di pace, dopo
aver  rilevato  che  l'espulsione  come  conseguenza  di una condanna
penale  e',  in  linea  generale,  configurata  come  una  misura  di
sicurezza  da  disporre  in  sede  giurisdizionale previa valutazione
della   pericolosita'   sociale  dell'interessato,  sostiene  che  il
denunciato contrasto con gli invocati parametri deriverebbe, in primo
luogo,  dal  fatto che la disposizione censurata attribuisce, invece,
all'autorita'  amministrativa  il  potere di irrogare automaticamente
l'espulsione  in  assenza di qualsiasi pronuncia al riguardo da parte
dell'autorita' giudiziaria;
     che,  in  secondo  luogo,  la  disposizione  stessa, da un lato,
comporterebbe  una irragionevole parita' di trattamento tra stranieri
espulsi  per  effetto  di  condanne  per reati di scarsissimo allarme
sociale   (come   quelli   conseguenti  all'attivita'  dei  venditori
ambulanti)  e  stranieri  espulsi in seguito a condanne per reati ben
piu' rilevanti e, dall'altro lato, determinerebbe una discriminazione
dei   cittadini   extracomunitari   rispetto  ai  cittadini  italiani
riconosciuti  colpevoli dei medesimi reati, i quali sono assoggettati
esclusivamente  alla  relativa  sanzione penale: e cio' ancorche', in
base  all'art.  2  del  d.lgs. n. 286 del 1998, allo straniero, anche
irregolarmente  presente  nel  territorio  dello Stato, sia garantita
«parita'  di  trattamento  con il cittadino relativamente alla tutela
giurisdizionale dei diritti»;
     che, inoltre, la disposizione in oggetto creerebbe una ulteriore
disparita' di trattamento tra stranieri economicamente indipendenti -
e, quindi, in grado di affrontare il giudizio ordinario e di proporre
le  previste  impugnazioni,  procrastinando per anni l'espulsione - e
stranieri  che vivono in condizioni di poverta' e che, pertanto, sono
indotti a chiedere il patteggiamento e a scontare subito la pena;
     che,  infine,  ad avviso del remittente, la norma censurata, del
tutto  irragionevolmente,  discriminerebbe coloro che, in conseguenza
della  scelta  del  rito del patteggiamento, possono usufruire di una
pena diminuita per il commesso reato;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.
   Considerato  che il Giudice di pace di Viterbo - con ordinanza del
1° dicembre 2005, pervenuta a questa Corte il 25 marzo 2008 - dubita,
in   riferimento   agli   artt.  3,  13  e  25,  terzo  comma,  della
Costituzione,  della  legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma
7-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione e
norme  sulla  condizione dello straniero), nella parte in cui prevede
l'automatica  espulsione  del  cittadino  straniero,  condannato  con
provvedimento  irrevocabile  (anche  in seguito a patteggiamento) per
alcuno  dei  reati  previsti  dalle disposizioni del titolo III, capo
III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633 e dagli artt. 473
e 474 cod. pen.;
     che  il giudice remittente non solo omette qualsiasi motivazione
sulla  rilevanza  della  questione,  ma non descrive adeguatamente la
fattispecie  sub  iudice, limitandosi a riferire che il ricorrente ha
censurato  anche  l'illegittimita'  dell'omissione  della  preventiva
revoca  del  permesso di soggiorno (che, peraltro, costituisce l'atto
presupposto   del   provvedimento  di  espulsione  impugnato),  senza
specificare di che tipo di permesso di soggiorno si tratti;
     che,  comunque, dopo l'emissione dell'ordinanza di remissione il
quadro  normativo  di  riferimento ha subito considerevoli modifiche,
soprattutto  -  per  quanto  interessa nella specie - per effetto del
decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, che ha dato attuazione alla
direttiva  2003/86/CE  del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa
al diritto al ricongiungimento familiare;
     che  tale  decreto  (recentemente  integrato  e  modificato  dal
decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 160) ha, fra l'altro, aggiunto
un periodo finale al comma 5 dell'art. 5 del d.lgs. n. 286 del 1998 -
ove  si afferma che per il rifiuto del rilascio, ovvero per la revoca
o  il  diniego  di  rinnovo  del  permesso  di soggiorno, nel caso di
straniero   che  abbia  esercitato  il  diritto  al  ricongiungimento
familiare  o  di  familiare  ricongiunto, «si tiene conto anche della
natura  e della effettivita' dei vincoli familiari dell'interessato e
dell'esistenza  di  legami  familiari  e  sociali con il suo Paese di
origine,  nonche',  per  lo  straniero  gia'  presente sul territorio
nazionale,   anche  della  durata  del  suo  soggiorno  nel  medesimo
territorio  nazionale»  -  ed ha apportato analoga modifica, per quel
che  riguarda  il provvedimento di espulsione, all'art. 13 del d.lgs.
n. 286 del 1998, con l'inserimento del comma 2-bis;
     che,  di  conseguenza,  appare  opportuno restituire gli atti al
giudice  remittente  affinche' proceda - anche ai fini della verifica
delle  condizioni  di  ammissibilita'  -  ad una nuova valutazione in
merito  alla  rilevanza  e  alla  non  manifesta  infondatezza  della
sollevata questione.