Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 213, comma
2-sexies  (comma  introdotto  dall'art.  5-bis,  comma  1, lettera c,
numero   2,   del  decreto-legge  30  giugno  2005,  n. 115,  recante
«Disposizioni  urgenti  per  assicurare  la  funzionalita' di settori
della  pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa
legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo
30  aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice della strada), promosso con
ordinanza  del  3  luglio  2007  dal  Giudice  di  pace  di  Fano nel
procedimento civile vertente tra M. M. ed il Comune di Fano, iscritta
al  n. 91  del  registro  ordinanze  2008 e pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 15, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 5 novembre 2008 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
   Ritenuto  che  il  Giudice  di  pace  di  Fano  ha  sollevato - in
riferimento   all'articolo   3   della  Costituzione -  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  213,  comma  2-sexies (comma
introdotto  dall'art.  5-bis,  comma  1,  lettera  c,  numero  2, del
decreto-legge  30  giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti
per   assicurare   la   funzionalita'   di   settori  della  pubblica
amministrazione»,  nel  testo  risultante  dalla  relativa  legge  di
conversione  17  agosto  2005,  n. 168),  del  decreto legislativo 30
aprile  1992,  n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui
prevede -   nel   testo   modificato  dall'art.  2,  comma  169,  del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, della
relativa  legge  di  conversione,  24  novembre 2006, n. 286 - che e'
«sempre  disposta  la  confisca del veicolo in tutti i casi in cui un
ciclomotore  o  un  motoveicolo sia stato adoperato per commettere un
reato,  sia  che  il  reato  sia  stato  commesso  da  un  conducente
maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne»;
     che  il  remittente -  nel  premettere  di  dover  giudicare del
ricorso  proposto  dal  proprietario  di  un  motociclo, sottoposto a
sequestro  in  vista  della  successiva  confisca,  per  essere stata
contestata  al  conducente la realizzazione del reato di cui all'art.
186,  comma 2, del medesimo codice della strada - deduce che la norma
censurata,  nel  prevedere  una  sanzione  («ossia  il sequestro e la
successiva  confisca»)  che  colpisce  esclusivamente  ciclomotori  e
motoveicoli,  «crea un'ingiustificata disparita' di trattamento tra i
proprietari di tali mezzi e quelli di autoveicoli»;
     che  in  base  alla  norma  censurata,  infatti,  «a  parita' di
violazione»  (ed  esattamente  quella  sanzionata  dall'art.  186 del
codice  della  strada), «solo i primi perdono la disponibilita' ed in
seguito la proprieta' del mezzo»;
     che,  inoltre,  la  sanzione  della confisca - sempre secondo il
giudice  a  quo  -  «appare  ed  e'  sproporzionata in relazione alle
conseguenze   economiche,   che   colpiscono   spesso  chi,  come  il
proprietario  non  conducente,  non  concorre minimante nel reato», e
cio'  anche in relazione al fatto che ciclomotori e motoveicoli hanno
«un   costo  ed  un  valore  normalmente  inferiori  a  quello  degli
autoveicoli»;
     che  in  forza  di  tali  rilievi, pertanto, egli ha chiesto che
venga  dichiarata  l'illegittimita' costituzionale della disposizione
suddetta;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   chiedendo   che  la  questione  sollevata  venga  dichiarata
manifestamente inammissibile o infondata;
     che la difesa statale - nel dedurre, previamente, che il giudice
a quo non avrebbe motivato le ragioni della rilevanza della sollevata
questione -  evidenzia  che,  in ogni caso, la questione sarebbe gia'
stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte costituzionale,
con la sentenza n. 345 del 2007.
   Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di Fano ha sollevato - in
riferimento   all'articolo   3   della  Costituzione -  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  213,  comma  2-sexies (comma
introdotto  dall'art.  5-bis,  comma  1,  lettera  c,  numero  2, del
decreto-legge  30  giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti
per   assicurare   la   funzionalita'   di   settori  della  pubblica
amministrazione»,  nel  testo  risultante  dalla  relativa  legge  di
conversione  17  agosto  2005,  n. 168),  del  decreto legislativo 30
aprile  1992,  n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui
prevede -   nel   testo   modificato  dall'art.  2,  comma  169,  del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, della
relativa  legge  di  conversione,  24  novembre 2006, n. 286 - che e'
«sempre  disposta  la  confisca del veicolo in tutti i casi in cui un
ciclomotore  o  un  motoveicolo sia stato adoperato per commettere un
reato,  sia  che  il  reato  sia  stato  commesso  da  un  conducente
maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne»;
     che, tuttavia, con sentenza n. 345 del 2007, questa Corte - dopo
aver   premesso   che,   in   via  generale,  e'  da  ritenersi  «non
irragionevole la scelta del legislatore di prevedere una piu' intensa
risposta  punitiva, allorche' un reato sia commesso mediante l'uso di
ciclomotori  o  motoveicoli,  con  riferimento  all'adozione  di  una
sanzione  accessoria,  qual  e'  la confisca, idonea a scongiurare la
reiterata  utilizzazione illecita del mezzo» (specie quando sussiste,
«come  avviene  proprio nel caso contemplato dall'art. 186 del codice
della   strada»,   un  «rapporto  di  necessaria  strumentalita'  tra
l'impiego  del  veicolo e la consumazione del reato») - ha escluso la
fondatezza  della  censura  di  «disparita' di trattamento tra utenti
della  strada»,  proposta  anche dall'odierno remittente e basata sul
rilievo  che  «l'operativita' della confisca e' stata limitata ad una
sola categoria di veicoli e non e' stata invece prevista a carico dei
conducenti degli altri mezzi»;
     che  la  citata sentenza, per un verso, ha evidenziato «che tale
disparita'  non  e'  neppure  assoluta»,  in  quanto,  «per  tutte le
tipologie  di  veicoli,  sempre  adoperati  per  commettere un reato,
l'applicazione  della  confisca» potrebbe «comunque avvenire ai sensi
dell'art.  240  del  codice  penale»,  sebbene in tal caso essa operi
«alla stregua non di una sanzione accessoria, bensi' di una misura di
sicurezza  reale»,  misura, oltretutto, divenuta obbligatoria - salvo
il  caso  che  «il  veicolo  stesso  appartenga a persona estranea al
reato» -  proprio  nell'ipotesi  in  cui il reato commesso sia quello
previsto  dall'art.  186  del  codice della strada (e cio' in ragione
della  modificazione apportata al testo di tale articolo dall'art. 4,
comma  1, lettera b, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante
«Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica», come modificato, a
sua volta, dall'art. 1, comma 1, della relativa legge di conversione,
24 luglio 2008, n. 125);
     che,  per  altro  verso,  questa Corte - sempre nella menzionata
decisione -  ha  ribadito  come,  in  ogni  caso,  il «rimodellare il
sistema  della  confisca, stabilendo alcuni canoni essenziali al fine
di    evitare    che   l'applicazione   giudiziale   della   sanzione
amministrativa   produca   disparita'  di  trattamento»  costituisce,
comunque,    un    intervento    «riservato   alla   discrezionalita'
legislativa»;
     che,   pertanto,  non  essendo  stati  prospettati  dall'odierno
remittente argomenti nuovi e diversi rispetto a quelli gia' esaminati
dalla  Corte  (con  la  sentenza  n. 345 del 2007 e con la successiva
ordinanza  n. 239  del  2008),  si  impone  nel  caso  di  specie una
declaratoria di manifesta infondatezza della questione sollevata;
     che,  difatti,  tale  non  puo'  ritenersi  quello  fondato  sul
differente  valore  economico  dei  veicoli  a due o a quattro ruote,
giacche'  esso  si  risolve nella prospettazione di una disparita' di
mero fatto;
     che  secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa Corte «le
cosiddette  disparita'  di  mero  fatto -  ossia quelle differenze di
trattamento  che  derivano da circostanze contingenti ed accidentali,
riferibili  non  alla norma considerata nel suo contenuto precettivo,
ma  semplicemente  alla sua concreta applicazione - non danno luogo a
un   problema   di   costituzionalita',  nel  senso  che  l'eventuale
funzionamento  patologico  della  norma  stessa  non  puo' costituire
presupposto per farne valere una illegittimita' riferita alla lesione
(...)  del  principio di uguaglianza» (da ultimo, ex multis, sentenza
n. 86 del 2008);
     che,  d'altra  parte,  neanche  la  denuncia dell'irrazionalita'
della norma, laddove non escluderebbe l'applicazione della confisca a
carico  del  proprietario  che sia un soggetto diverso dal conducente
del mezzo responsabile della violazione, costituisce un argomento del
tutto  nuovo,  essendo  gia'  stato  affrontato  da  questa Corte con
l'ordinanza n. 125 del 2008;
     che   tale   pronuncia -   nello   scrutinare   la  legittimita'
costituzionale  dell'art.  213,  comma  2-sexies,  del  codice  della
strada,  nella  parte  in  cui prevedeva (nel suo testo originario, e
cioe'  anteriore alle modifiche apportate dall'art. 2, comma 169, del
decreto-legge  n. 262  del  2006)  l'applicazione  della  confisca di
ciclomotori  e  motoveicoli  quale  sanzione  accessoria anche per le
infrazioni  amministrative  di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e
171  del  codice  della strada - ha affermato che «la responsabilita'
del  proprietario  di un veicolo per le violazioni commesse da chi si
trovi   alla   guida   costituisce,   nel   sistema   delle  sanzioni
amministrative  previste  per le violazioni delle norme relative alla
circolazione stradale, un principio di ordine generale»;
     che  la  citata  pronuncia,  inoltre,  ha precisato come a detto
principio  sia  costituzionalmente obbligatorio derogare soltanto per
quelle sanzioni che presentino contenuto «afflittivo personale», tale
pero'  non  essendo «il caso della sanzione accessoria della confisca
prevista  dal  censurato  art.  213,  comma  2-sexies,  giacche' essa
mantiene  i  suoi  effetti  in  un  ambito  puramente "patrimoniale"»
(ordinanza n. 125 del 2008);
     che  alla luce delle suddette considerazioni deve dichiararsi la
manifesta infondatezza della questione sollevata.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.