Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 346,
della  legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria per
il  2005), promosso con ordinanza del 24 settembre 2007 dal Tribunale
di  Napoli,  Sezione  distaccata  di  Ischia, nel procedimento civile
vertente  tra  Del  Monte  Francesco  ed  altra  e  Sollazzo Assunta,
iscritta  al  n. 136  del  registro ordinanze 2008 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 20, 1a  serie  speciale,
dell'anno 2008;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 22 ottobre 2008 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
   Ritenuto che, con ordinanza del 24 settembre 2007, il Tribunale di
Napoli,  sezione  distaccata  di  Ischia,  ha  sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1, comma 346, della legge 30
dicembre  2004,  n. 311  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello Stato, legge finanziaria per il 2005),
per contrasto con gli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione;
     che il rimettente riferisce che i locatori di un immobile ad uso
abitativo  hanno  intimato  sfratto per morosita' alla conduttrice in
forza  di un contratto di locazione concluso in forma scritta in data
11 novembre 2006;
     che  la  conduttrice  si  e' costituita opponendosi all'intimato
sfratto e chiedendo la concessione del termine ex art. 55 della legge
27  luglio  1978,  n. 392  (Disciplina  delle  locazioni  di immobili
urbani),  per  sanare  la  morosita'  ed  eccependo  la  nullita' del
contratto  per  mancata  registrazione in ossequio al disposto di cui
all'art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004;
     che  il  giudice  a  quo rileva che l'adozione dei provvedimenti
richiesti  da  entrambe  le parti e' preclusa rebus sic stantibus dal
disposto  dell'art.  1,  comma  346,  della predetta legge n. 311 del
2004;
     che  -  sempre  secondo il rimettente - le emergenze processuali
non  attestano l'avvenuta registrazione del dedotto contratto scritto
di  locazione,  con  la  conseguenza  che,  in  mancanza di un valido
rapporto  locativo,  esso  giudicante  non  puo'  ne'  convalidare lo
sfratto  per  morosita' per intervenuta opposizione, ne' assegnare il
termine per sanare la morosita';
     che  il  giudice  rimettente  solleva  quindi  la  questione  di
legittimita'  costituzionale,  non  ritenendo applicabile, sulla base
del dato normativo, quell'orientamento della giurisprudenza di merito
per  il  quale l'omessa registrazione del contratto e' da configurare
non  come  requisito  di  validita'  della  locazione,  ma quale mera
condicio  iuris di efficacia del contratto, che puo' intervenire, con
effetto ex tunc, pure in momento successivo rispetto alla conclusione
del negozio;
     che, secondo il giudice a quo, il legislatore ha operato al fine
di  creare  una figura di nullita' a carattere assoluto, collegata ad
una fattispecie esterna rispetto all'accordo negoziale, senza che sia
possibile estendere alla suddetta materia l'interpretazione dei patti
contrari  alla  legge  di  cui all'art. 13, comma 1, legge 9 dicembre
1998,  n. 431  (Disciplina  delle  locazioni  e  del  rilascio  degli
immobili  adibiti  ad  uso  abitativo),  suggerita  dalla  Cassazione
(sentenza  27  ottobre  2003,  n. 16089) e dalla Corte costituzionale
(ordinanza n. 242 del 2004);
     che  la  decisione del legislatore di stabilire la registrazione
quale  vero  e  proprio  requisito  per  la  giuridica  validita' del
contratto  si tradurrebbe in un limite all'autonomia contrattuale, la
quale  costituisce  un  diritto  fondamentale della persona (giacche'
strumentale   al  principio  di  liberta'  dell'iniziativa  economica
tutelato  dall'art.  41, primo comma, Cost.), che deve cedere solo di
fronte a motivi di ordine superiore, economico e sociale, considerati
rilevanti dalla Costituzione (art. 41, secondo comma, Cost.);
     che  il  giudice  a  quo  ritiene  che il mancato rispetto della
normativa  tributaria  non  costituisca, in tale ottica, un legittimo
limite all'autonomia privata (e quindi all'iniziativa economica);
     che  -  osserva  il  rimettente - la violazione della disciplina
tributaria  rimane  innanzitutto  sanzionabile  mediante il recupero,
anche  coattivo,  delle  somme  evase  cosi' da soddisfare pienamente
l'interesse   statuale   al   reperimento  delle  necessarie  risorse
finanziarie;
     che, peraltro - sempre ad avviso del Tribunale - la salvaguardia
degli   interessi   economici   dello   Stato   e'  assicurata  anche
dall'obbligo  imposto  al  giudice civile dall'art. 36, comma quarto,
del  d.P.R.  29 settembre 1973 n. 600 (Disposizioni comuni in materia
di   accertamento   delle   imposte   sui   redditi),   e  successive
modificazioni,   di  trasmettere  idonea  comunicazione  agli  organi
competenti per l'accertamento degli illeciti tributari e fiscali;
     che lo stesso legislatore ha sancito all'art. 10, comma 3, della
legge  27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei
diritti  del  contribuente),  che  le  violazioni  di disposizioni di
rilievo   esclusivamente  tributario  non  possono  essere  causa  di
nullita' del contratto;
     che   tale   principio  sarebbe  coerente,  a  differenza  della
normativa    censurata,   con   la   regola   della   dicotomia   fra
l'interpretazione  a fini fiscali del contratto rispetto al mero dato
civilistico,  posta  dall'art.  19  d.P.R.  26  ottobre  1972, n. 634
(Disciplina  dell'imposta  di registro), poi art. 20 d.P.R. 26 aprile
1986,   n. 131  (Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni
concernenti l'imposta di registro), in virtu' del quale «l'imposta e'
applicata  secondo  l'intrinseca natura e gli effetti giuridici degli
atti  presentati  alla  registrazione, anche se non vi corrisponda il
titolo o la forma apparente»;
     che,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  norma impugnata sarebbe
inoltre  in  contrasto  con  l'art.  3 Cost., in quanto irrazionale e
discriminatoria,    perche'    assoggetta,   in   caso   di   mancata
registrazione,  alla sanzione della nullita', senza alcuna plausibile
giustificazione,   unicamente   alcune  fattispecie  contrattuali  (i
contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi
di  godimento,  di  unita' immobiliari ovvero di loro porzioni) e non
tutte  le  ipotesi  di  atti  privati,  per i quali vige l'obbligo di
registrazione;
     che  la norma impugnata non sarebbe neppure conforme all'art. 24
Cost.,  dal  momento  che  lo  Stato  non  potrebbe mai sanzionare il
mancato  pagamento  di un tributo con la perdita dell'esercizio di un
diritto, mentre la sanzione della nullita' del contratto di locazione
non  registrato  impedirebbe  de  facto  al  locatore di giovarsi del
procedimento  sommario  di  sfratto  per morosita', potendo lo stesso
recuperare  la disponibilita' dell'immobile solo a seguito dell'utile
esperimento  della meno agevole azione ordinaria per occupazione sine
titulo;
     che, peraltro, neanche il conduttore risulterebbe tutelato dalla
normativa  in  esame,  in  quanto  egli, anche in caso di incolpevole
omessa  registrazione,  sarebbe  equiparato ad un mero occupante sine
titulo,  con  tutte  le  conseguenze  in  tema  di  precarieta' della
disponibilita' dell'immobile e di non azionabilita' dei diritti a lui
attribuiti dallo statuto locativo;
     che nel giudizio innanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione venga dichiarata manifestamente
infondata;
     che,  secondo l'Avvocatura, la norma impugnata non introdurrebbe
una  condizione  al  diritto  di agire in giudizio, ma opererebbe sul
piano  sostanziale,  limitandosi  a sancire una nullita' non prevista
dal  codice  civile,  con la conseguenza che tale norma non creerebbe
ostacoli  al  ricorso  alla  tutela giurisdizionale, ma eleverebbe la
norma  tributaria  al  rango  di  norma  imperativa la cui violazione
determina la nullita' del negozio ex art. 1418 cod. civ.;
     che  tale  operazione  non  costituirebbe una novita' nel nostro
ordinamento,  poiche',  ai  sensi  dell'art. 62 del d.P.R. n. 131 del
1986,  sono  nulli  i  patti  contrari  alle disposizioni del decreto
medesimo,  compresi  quelli  che  pongono  l'imposta  e  le eventuali
sanzioni a carico di una delle parti;
     che,  peraltro,  la  stessa  questione  e' stata gia' dichiarata
manifestamente infondata con l'ordinanza n. 420 del 2007;
     che,  quanto  al  limite  all'iniziativa  economica,  il  dubbio
sarebbe  del  tutto  infondato,  in  quanto  le norme sostanziali che
dispongono la sanzione della nullita' vanno rispettate come qualsiasi
altra norma.
   Considerato  che  il  Tribunale  di  Napoli, sezione distaccata di
Ischia,  dubita  della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
346,  della  legge  30  dicembre  2004,  n. 311  (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  per il 2005), nella parte in cui prevede che i contratti
di locazione sono nulli se non registrati;
     che  secondo  il  rimettente  sarebbe  violato  l'art. 41 Cost.,
perche'  si  porrebbe  un limite all'autonomia contrattuale, la quale
invece  costituirebbe  un  diritto fondamentale della persona, che in
quanto  tale  potrebbe  cedere  solo  di  fronte  a  motivi di ordine
superiore,   economico   e   sociale,   considerati  rilevanti  dalla
Costituzione,  fra i quali non rientrerebbe il mancato rispetto della
normativa tributaria;
     che  inoltre  la  norma  impugnata  si porrebbe in contrasto con
l'art.  3  Cost.  in  quanto  assoggetterebbe,  in  caso  di  mancata
registrazione,   alla   sanzione   di   nullita'   unicamente  alcune
fattispecie  contrattuali e non gia' tutte le ipotesi di atti privati
per i quali vige l'obbligo di registrazione;
     che  infine  sarebbe recato un vulnus all'art. 24 Cost., perche'
la  sanzione della nullita' del contratto di locazione non registrato
impedirebbe  al  locatore  di  giovarsi  del procedimento sommario di
sfratto per morosita', potendo lo stesso recuperare la disponibilita'
dell'immobile  solo  a  seguito  dell'utile  esperimento  della  meno
agevole  azione  ordinaria  per occupazione sine titulo e allo stesso
tempo  equiparerebbe  il conduttore ad un mero occupante sine titulo,
con  conseguente precarieta' della disponibilita' dell'immobile e non
azionabilita' dei diritti a lui attribuiti dallo statuto locativo;
     che   il   rimettente  -  evocando  relativamente  agli  effetti
dell'omessa  registrazione  la  diversita' delle conseguenze previste
per  la  fattispecie  oggetto  del  giudizio  a quo rispetto a quelle
sancite  per altri contratti per i quali esiste un analogo obbligo di
registrazione  a  fini  fiscali  -  pone  a  raffronto tipi negoziali
affatto  eterogenei  (i  contratti  di  locazione  di immobili ad uso
abitativo,  da  un  lato,  e  gli altri contratti, dall'altro), senza
pero'  motivare  adeguatamente  in  ordine  a  tale diversita' e alla
dedotta  irragionevolezza  delle  conseguenze  della  sanzione  della
nullita' sulle posizioni dei contraenti;
     che,  in particolare, il medesimo rimettente non individua quali
siano  i  motivi  dell'ipotizzata  irragionevolezza  intrinseca della
norma,  limitandosi  ad  indicare,  in termini meramente descrittivi,
l'ovvia  diversita'  delle  conseguenze  per le parti derivanti dalla
previsione   della   nullita'   del   contratto  rispetto  al  regime
precedente;
     che,  inoltre,  non  vengono  neppure  chiarite le ripercussioni
della      nullita'      sull'interesse      pubblico      perseguito
dall'amministrazione  finanziaria sotto il profilo della possibilita'
o  meno  per la stessa di trattenere le somme eventualmente versate a
titolo  di  imposta di registro, discendendone cosi' una carenza, sul
punto, della motivazione relativa alla dedotta irragionevolezza della
norma   e   al   suo  presunto  contrasto  con  l'ipotizzato  diritto
fondamentale della persona all'autonomia contrattuale;
     che   tali  difetti  di  motivazione  determinano  la  manifesta
inammissibilita'  della questione sollevata in riferimento agli artt.
3 e 41 Cost.;
     che,  con  riferimento  alla violazione dell'art. 24 Cost., deve
confermarsi  la  pronuncia  di  manifesta  infondatezza in precedenza
adottata   con  riferimento  ad  identica  controversia,  perche'  il
parametro invocato non e' conferente in quanto la norma impugnata non
introduce  ostacoli alla tutela giurisdizionale (ordinanza n. 420 del
2007).
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.