Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 133, comma 5,
della  legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, recante «Legge
finanziaria  regionale per l'esercizio 2006 (art. 11, legge regionale
20  novembre  2001,  n. 25)»,  dell'art. 10 della legge della Regione
Lazio  16  giugno  1994,  n. 18  (Disposizioni  per  il  riordino del
servizio  sanitario  regionale  ai  sensi  del decreto legislativo 30
dicembre  1992,  n. 502  e  successive  modificazioni e integrazioni.
Istituzione  delle  aziende  unita'  sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere)  e  dell'art. 3-ter, comma 3, del decreto legislativo 30
dicembre   1992,   n. 502   (Riordino  della  disciplina  in  materia
sanitaria,  a  norma  dell'articolo  1  della  legge 23 ottobre 1992,
n. 421), promossi con ordinanze del 26 novembre (n. 3 ordinanze), del
6  dicembre, del 12 dicembre e del 26 novembre 2007 (n. 2 ordinanze),
dal  Tribunale  amministrativo  regionale  del Lazio, rispettivamente
iscritte  ai  nn.  152,  153,  154,  178, 179, 180 e 215 del registro
ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 22, 25 e 29, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Maria Maddalena Miuccio ed
altro,  di  Giancarlo  Colatei  ed altro, della Regione Lazio nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 4 novembre 2008 e nella Camera di
consiglio del 5 novembre 2008 il giudice relatore Sabino Cassese;
   Uditi  gli avvocati Aristide Police per Maria Maddalena Miuccio ed
altro  e  per  Giancarlo  Colatei  ed  altro e Claudio Rossano per la
Regione Lazio.
                          Ritenuto in fatto

   1.  -  Il  Tribunale  amministrativo regionale  del Lazio, sezione
III-quater,  ha  sollevato,  con  sei  distinte,  ma  sostanzialmente
analoghe,  ordinanze  (r.o.  n. 152, n. 153, n. 154, n. 178, n. 179 e
n. 215  del  2008),  questione  di  legittimita'  costituzionale, per
violazione  degli  articoli  3  e  97  della  Costituzione, di alcune
disposizioni   legislative   della   Regione   Lazio   relative  alla
composizione dei collegi sindacali delle aziende sanitarie locali. In
particolare,  le  questioni  di legittimita' costituzionale sollevate
dal Tribunale rimettente, da un lato, riguardano l'art. 133, comma 5,
della  legge  della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4 recante «Legge
finanziaria  regionale  per  l'esercizio  2006  (articolo  11,  legge
regionale  20  novembre  2001, n. 25)», nella parte in cui prevede la
«decadenza  automatica»  degli  incarichi  di componente del collegio
sindacale,  e,  dall'altro lato, hanno ad oggetto lo stesso art. 133,
comma  5,  nella parte in cui, per i medesimi incarichi, «consente di
effettuare  nuove  designazioni  senza alcun vincolo procedimentale»,
nonche', di conseguenza, l'art. 10 della legge della Regione Lazio 16
giugno  1994,  n. 18  (Disposizioni  per  il  riordino  del  servizio
sanitario  regionale  ai  sensi  del  decreto legislativo 30 dicembre
1992,  n. 502  e successive modificazioni e integrazioni. Istituzione
delle  aziende  unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere),
come sostituito dallo stesso art. 133 della legge reg. Lazio n. 4 del
2006,  «nella  parte  in cui non disciplina il procedimento di nomina
del collegio sindacale e le relative guarentigie».
   1.1.  -  I  sei  giudizi  principali,  secondo quanto riferisce il
rimettente,   hanno   ad  oggetto  l'impugnazione,  da  parte  di  ex
componenti  di collegi sindacali di diverse aziende sanitarie locali,
dei  provvedimenti  di  revoca  dei rispettivi atti di designazione e
nomina,   ove   espressamente   adottati,   e  dei  provvedimenti  di
designazione  e  nomina dei nuovi componenti, da cui comunque deriva,
in base alle disposizioni legislative censurate, l'effetto della loro
cessazione dalla carica.
   1.1.1.  -  In  particolare,  il  Tribunale a quo riferisce che due
ricorrenti  (r.o. n. 152 e n. 154 del 2008) impugnano la delibera del
direttore  generale della azienda sanitaria locale (d'ora in poi ASL)
di  Viterbo  recante  la  nomina  del nuovo collegio sindacale per il
triennio  2006/2009  e  il decreto con cui il presidente della Giunta
regionale del Lazio ha designato due nuovi sindaci effettivi in luogo
dei   precedenti  nominati.  Osserva  il  Tribunale  che  entrambi  i
ricorrenti,  tra  l'altro,  deducono  l'illegittimita' costituzionale
dell'art.   133,  comma  5,  della  menzionata  legge  regionale  per
violazione  degli artt. 3, 97 e 117 Cost. Riferisce, altresi', che in
entrambi  i  giudizi,  si  sono  costituite  sia la Regione Lazio sia
l'ASL, chiedendo il rigetto del ricorso.
   1.1.2.  -  Il Tribunale rimettente afferma che un altro ricorrente
impugna  (r.o.  n. 153 del 2008) il provvedimento del Ministero della
salute,  avente  ad oggetto la revoca dell'incarico di rappresentante
del  Ministero  della  salute  nel  collegio  sindacale  della ASL di
Viterbo  con  cui  e'  stato  designato un nuovo rappresentante dello
stesso   Ministero   nel  medesimo  collegio  sindacale,  nonche'  la
deliberazione  con  cui il direttore generale della ASL di Viterbo ha
provveduto  alla  costituzione  del  collegio  sindacale della stessa
azienda.  Riferisce, altresi', il rimettente che nel giudizio si sono
costituite   sia  l'ASL  sia  il  Ministero  della  salute,  entrambi
chiedendo  il  rigetto del ricorso, e che e' stata respinta l'istanza
cautelare di sospensione dei provvedimenti impugnati.
   1.1.3.   -  Il  Tribunale  rimettente  espone,  inoltre,  che  due
ricorrenti (r.o. n. 178 del 2008) impugnano i provvedimenti di nomina
dei  nuovi  componenti  del  collegio sindacale della ASL Roma F e le
relative  designazioni  della Regione Lazio e della Conferenza locale
dei  sindaci  del comprensorio ASL Roma F. Osserva il Tribunale che i
ricorrenti  deducono  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 133,
comma  5, della menzionata legge regionale per violazione degli artt.
2,  3, 41, 51, 97 e 117, secondo comma, lettera g), Cost. Aggiunge il
giudice   a   quo  che  e'  stata  respinta  l'istanza  cautelare  di
sospensione dei provvedimenti impugnati. Riferisce, infine, che si e'
costituita nel giudizio principale l'ASL Roma F.
   1.1.4.  -  Il  Tribunale,  da ultimo, riferisce che due ricorrenti
impugnano  i  provvedimenti  di  revoca dai rispettivi incarichi e di
nomina  dei nuovi componenti del collegio sindacale della ASL Roma C,
adottati  in esecuzione dell'art. 133 della legge reg. Lazio n. 4 del
2006.  In  particolare, uno dei due ricorrenti (r.o. n. 179 del 2008)
impugna la nota del Ministero della salute contenente la revoca della
sua   designazione   quale   membro   del  collegio  sindacale  e  il
provvedimento  della ASL Roma C di nomina del nuovo componente, nella
parte  in  cui recepisce la nuova designazione del Ministero. L'altro
ricorrente (r.o. n. 215 del 2008) impugna la nota della ASL Roma C di
revoca dall'incarico, nonche' gli atti presupposti e conseguenti, con
particolare  riferimento  a quelli di designazione e nomina dei nuovi
componenti,  adottati  rispettivamente  dalla  Regione  Lazio e dalla
stessa  ASL  Roma  C. Osserva il Tribunale che i ricorrenti deducono,
tra  l'altro, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 133, comma 5,
della  menzionata  legge  regionale per violazione degli artt. 3 e 97
Cost.  Riferisce,  altresi',  che  si  sono  costituiti  nei  giudizi
principali:  il Ministero della salute, la Regione Lazio e l'ASL Roma
C (r.o. n. 179 del 2008), nonche' l'Amministrazione regionale e l'ASL
Roma  C  (r.o.  n. 215  del  2008), chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Conclude  il  Tribunale  a  quo  riferendo  che,  in  uno dei giudizi
principali  (r.o.  n. 179  del  2008),  l'istanza  cautelare e' stata
accolta e, successivamente, riformata dal Consiglio di Stato.
   1.2.  -  Tanto  preliminarmente rilevato, il Tribunale, in tutte e
sei   le   ordinanze,  afferma,  in  via  pregiudiziale,  la  propria
giurisdizione nelle controversie in esame. Il Collegio rimettente, al
riguardo,   esclude,  innanzitutto,  che  i  provvedimenti  impugnati
possano qualificarsi come determinazioni assunte dall'amministrazione
con  la  capacita' e i poteri del privato datore di lavoro, in quanto
essi non presuppongono un rapporto di impiego con l'amministrazione e
non  spettano,  quindi,  alla  giurisdizione  del  giudice  ordinario
prevista  dall'art.  63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni   pubbliche).   Neppure  tali  provvedimenti  possono
costituire,  secondo  il  giudice  a  quo,  atti negoziali espressivi
dell'autonomia  imprenditoriale  riconosciuta  alle aziende sanitarie
locali  atteso  che queste ultime sono enti pubblici dipendenti dalle
Regioni. Il Tribunale rimettente esclude, ancora, che i provvedimenti
impugnati possano qualificarsi in termini di atti politici, come tali
non  impugnabili,  o  come «atti di alta amministrazione» per i quali
vige  un  onere  di  motivazione  cosiddetto  attenuato  o  come atti
endoprocedimentali  non  impugnabili.  Neppure, infine, ad avviso del
Tribunale  rimettente,  tali  atti  possono  essere  ricondotti  alla
categoria  degli  incarichi  professionali  di  servizi,  per i quali
dovrebbero valere le regole generali in materia di appalti di servizi
di  cui  agli  artt. 54 e 124 del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163  (Codice  dei  contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).
   1.3.   -   La   prima   delle   due   questioni   di  legittimita'
costituzionale,   sollevate  con  le  sei  ordinanze  di  rimessione,
concerne  l'art.  133, comma 5, della legge reg. Lazio n. 4 del 2006,
«nella  parte  in  cui  prevede  la  decadenza  automatica dei vecchi
incarichi».
   L'art.  133,  comma  5,  prevede che: «In sede di prima attuazione
delle  nuove  norme in materia di organi di controllo contabile delle
aziende  sanitarie  ed  ospedaliere  introdotte  dai commi 1 e 3, gli
organi stessi in carica alla data di entrata in vigore della presente
legge sono rinnovati entro quarantacinque giorni dalla medesima data.
A  tal  fine,  i  soggetti  tenuti  alla  designazione dei membri del
collegio  sindacale delle aziende sanitarie ed ospedaliere provvedono
alla  conferma  dei  componenti in carica, ovvero ad effettuare nuove
designazioni  entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata
in  vigore  della  presente  legge, trascorso inutilmente il quale si
intendono  confermati  i  componenti in carica. In caso, comunque, di
mancato  rinnovo  entro il suddetto termine di quarantacinque giorni,
si  applicano  le disposizioni di cui all'articolo 10, comma 9, della
legge regionale n. 18/1994 come modificato dal presente articolo».
   In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza, il Tribunale a
quo  ritiene  che  la norma regionale in esame preveda un meccanismo,
una  tantum  e  generalizzato, di cessazione automatica ex lege degli
incarichi  di  componente  dei collegi sindacali. Tale meccanismo, in
applicazione  del  quale  sono decaduti dalla carica i ricorrenti nei
giudizi  principali,  secondo  il  Collegio  rimettente confligge con
l'art. 97 Cost. e si pone in «radicale e insanabile contrasto con gli
insegnamenti  della  Corte  costituzionale concernenti il confine tra
politica e amministrazione», secondo i quali la revoca delle funzioni
in  precedenza conferite puo' essere conseguenza soltanto dei casi di
accertata  responsabilita',  all'esito di un procedimento nell'ambito
del  quale,  da  un lato, l'amministrazione renda note le ragioni per
cui  ritiene  di  non  consentire  la prosecuzione sino alla scadenza
prevista   del  singolo  componente  e,  dall'altro,  sia  assicurata
all'interessato  la  possibilita'  di far valere il diritto di difesa
nel  rispetto dei principi del giusto procedimento (sentenze n. 104 e
n. 103  del  2007).  Ne',  d'altra parte, ritiene il Tribunale che la
norma  possa  giustificarsi  in quanto disciplina transitoria volta a
consentire  la  prima  fase di attuazione della riforma dettata dalla
legge  regionale,  dal  momento che il passaggio dal vecchio al nuovo
sistema  avrebbe  potuto  essere  assicurato  anche  «con  la proroga
dell'efficacia  dei  vecchi  organi  fino alla scadenza ovvero con la
conferma dei nominativi a termine fino alla scadenza».
   1.4.   -   La   seconda   delle   due   questioni  di  legitimita'
costituzionale,  sollevata  d'ufficio  dal  Tribunale rimettente, con
riferimento  all'art. 97 Cost., concerne lo stesso art. 133, comma 5,
della legge reg. Lazio n. 4 del 2006, «nella parte in cui consente di
effettuare  nuove designazioni senza alcun vincolo procedimentale» e,
di conseguenza, l'art. 10 della legge reg. Lazio n. 18 del 1994, come
sostituito  dallo  stesso  articolo  133,  nella  parte  in  cui «non
disciplina  il  procedimento  di  nomina  del collegio sindacale e le
relative guarentigie».
   In  punto  di  rilevanza  e non manifesta infondatezza, osserva il
Tribunale  che  le  norme  in esame disciplinano in maniera del tutto
sommaria  la  modalita'  di  designazione  dei  membri  del  collegio
sindacale,  non specificando alcunche' relativamente alle guarentigie
di status dei componenti del collegio stesso. A causa di tali carenze
della  disciplina  del  collegio  sindacale  delle  aziende sanitarie
locali, ritiene il Collegio rimettente che non possa non riconoscersi
l'esistenza,  in capo all'amministrazione, di un «potere di carattere
assolutamente  discrezionale  sia  relativamente  alle  modalita'  di
individuazione  dei destinatari delle nuove designazioni e sia all'an
dell'eventuale  revoca». Cio' confligge, secondo il rimettente, con i
principi  di  cui  all'art.  97 Cost., nonche' «con i principi di uno
stato   di  diritto»,  violando,  in  particolare,  il  principio  di
imparzialita',  in  quanto  la  designazione degli interessati non e'
assistita  da  nessuna  forma  di procedimento volta ad assicurare la
trasparenza  delle  scelte. Da tutto cio' il rimettente trae pertanto
la conclusione che le disposizioni censurate siano costituzionalmente
illegittime  in  quanto  «carenti»  o «deficitarie», sotto un duplice
profilo:  per  un verso, in quanto esse non indicano la necessita' di
una  procedura  di selezione «tecnica e neutrale dei piu' capaci» che
consenta   cioe'   la   designazione   «indipendentemente   da   ogni
considerazione  per  gli  orientamenti politici dei vari concorrenti»
(sentenza  n. 104  del  2007);  per  altro  verso, in quanto esse non
contengono  una  specifica  disposizione  che  inibisca una revoca ad
libitum,  in  base  alle  regole generali, per sopravvenuti motivi di
pubblico  interesse ovvero «nel caso di mutamento della situazione di
fatto  o di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario»
(come  previsto  dall'art.  21-quinquies  della  legge  7 agosto 1990
n. 241,   recante   «Nuove   norme   in   materia   di   procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»),
dal  momento  che una tale possibilita' di revoca, appare contrastare
con  il  dettato  costituzionale nella parte in cui non garantisce il
«principio  di  continuita'  dell'azione amministrativa» di controllo
(sentenza n. 103 del 2007).
   1.5.  -  Nel giudizio costituzionale sono intervenute alcune delle
parti  private  dei giudizi principali (r.o. n. 152, n. 154, n. 179 e
n. 215    del    2008)    insistendo    per   la   dichiarazione   di
incostituzionalita'  dell'art.  133,  comma 5, della legge reg. Lazio
n. 4  del  2006. La difesa delle stesse richiama i principi affermati
dalle pronunce della Corte costituzionale in materia di spoils system
con  riferimento ad incarichi dirigenziali (sentenze n. 161 del 2008;
n. 104  e  n. 103  del  2007), ritenendoli «perfettamente conferenti»
rispetto  ai casi di specie. La norma impugnata, difatti, prevede per
gli  incarichi  di  membro  del  collegio  sindacale un meccanismo di
cessazione  automatica,  ex  lege  e  generalizzata, che, non essendo
preceduta da un momento procedimentale di confronto dialettico tra le
parti,  si  pone  in  contrasto  con l'art. 97 Cost. sotto il duplice
profilo dell'imparzialita' e del buon andamento dell'amministrazione.
   1.6. - In quattro dei giudizi costituzionali (r.o. n. 152, n. 153,
n. 154  e n. 215 del 2008) e' intervenuta la Regione Lazio, eccependo
l'inammissibilita'   e   l'infondatezza   di  entrambe  le  questioni
sollevate.
   In  ordine  all'ammissibilita'  della  prima questione, la Regione
eccepisce   «la   assoluta   genericita'»   della  censura  formulata
dall'ordinanza   di   rimessione   con   riferimento   al   parametro
costituzionale  previsto dall'art. 97 Cost., atteso che con la stessa
ordinanza  «si  fa generico riferimento» a principi - quali il giusto
procedimento,  il diritto di difesa, i limiti del potere di revoca da
parte  della  pubblica amministrazione - che non sono riconducibili a
quelli  del  buon  andamento,  dell'efficienza  e  dell'imparzialita'
sanciti  dall'art.  97  Cost.,  essendo  invece  oggetto  di  diverse
previsioni costituzionali.
   Circa  la  infondatezza  della  prima questione, la Regione, da un
lato,  contesta  che la disposizione censurata preveda una cessazione
automatica  dalla  carica  dei  componenti  dei  collegi sindacali e,
dall'altro   lato,  ne  afferma  la  legittimita',  in  quanto  norma
transitoria  giustificata  dall'esigenza  di adeguare la composizione
dell'organo  di  controllo  alla  nuova  disciplina  introdotta dalla
legge.  Sotto  il  primo  profilo,  la  Regione  osserva che la norma
regionale  impugnata  prevede in realta' due alternative: la conferma
dei  componenti  in carica oppure la designazione di nuovi componenti
(in   mancanza   della  quale  i  precedenti  titolari  si  intendono
confermati). Ne deriva, ad avviso della Regione, che la decadenza non
e'   automatica,   ma   ricollegabile  ad  una  scelta  discrezionale
dell'amministrazione.  Sotto  il  secondo profilo, la Regione ritiene
che  risponda  al  principio  di  buona  amministrazione,  quando  la
disciplina di un organo venga modificata, offrire all'amministrazione
competente  la possibilita' di rinnovarne la composizione anche prima
del termine naturale di scadenza.
   In  ordine  all'ammissibilita'  della  seconda questione sollevata
dalle ordinanze di rimessione, la Regione ne eccepisce, innanzitutto,
il difetto di rilevanza nel giudizio principale, il quale concerne la
questione della decadenza dei membri in carica per mancata conferma e
non  le  modalita'  di  designazione dei nuovi componenti. In secondo
luogo,  la Regione ritiene inammissibile la censura poiche' del tutto
immotivata e generica.
   Nel merito, la Regione insiste per l'infondatezza della questione,
sulla  base di diversi argomenti. Anzitutto, deve escludersi, secondo
la  Regione,  che  il  principio di imparzialita' possa dirsi violato
semplicemente  per  la  carenza di una disciplina sul procedimento di
designazione dei componenti del collegio sindacale. In secondo luogo,
a  parere  della  Regione,  la disposizione censurata non attribuisce
all'amministrazione  un  potere  di  revoca ad libitum dei componenti
dell'organo,   ne'  si  pone  in  contrasto  con  la  disciplina  del
procedimento  amministrativo,  derivando  direttamente dalla legge la
possibilita'  della  mancata conferma dei componenti dell'ex collegio
di  revisori.  Infine,  la mancanza di una disciplina specifica sulla
designazione  dei  nuovi  componenti non confligge, secondo la difesa
della  Regione,  con  i  principi  di buon andamento e imparzialita',
giacche'  la  norma  prevede  che  la  scelta  discrezionale da parte
dell'amministrazione  competente  per  la designazione debba comunque
avvenire  nell'ambito  di  personalita'  di elevata professionalita',
come  gli  iscritti  nel  registro  dei  revisori contabili presso il
Ministero  della giustizia e gli appartenenti al ruolo dei funzionari
del  Ministero  dell'economia  con  almeno  tre  anni  di funzioni di
revisore di conti o di componente di collegio sindacale.
   2.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, sezione
III-quater,  con  una  settima  ordinanza  (r.o.  n. 180 del 2008) ha
sollevato   d'ufficio   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.  3-ter, comma 2 (recte comma 3), del decreto legislativo 30
dicembre   1992,   n. 502   (Riordino  della  disciplina  in  materia
sanitaria,  a  norma  dell'articolo  1  della  legge 23 ottobre 1992,
n. 421), per violazione dell'articolo 97 della Costituzione.
   L'art.  3-ter,  comma  3, del d. lgs. n. 502 del 1992 prevede che:
«Il  collegio  sindacale  dura  in  carica tre anni ed e' composto da
cinque  membri, di cui due designati dalla Regione, uno designato dal
Ministro  del  tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
uno  dal  Ministro  della sanita' e uno dalla Conferenza dei sindaci;
per  le  aziende  ospedaliere  quest'ultimo  componente  e' designato
dall'organismo   di  rappresentanza  dei  comuni.  I  componenti  del
collegio  sindacale  sono  scelti  tra  gli iscritti nel registro dei
revisori   contabili  istituito  presso  il  Ministero  di  grazia  e
giustizia,  ovvero  tra  i  funzionari  del Ministero del tesoro, del
bilancio  e della programmazione economica che abbiano esercitato per
almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei
collegi sindacali».
   2.1.  -  Riferisce  il  Tribunale rimettente che il ricorrente nel
giudizio  principale  ha  impugnato  il provvedimento di revoca della
precedente  designazione,  con  cui egli era stato riconfermato quale
rappresentante  in  carica  del  Ministero  della salute nel collegio
sindacale  dell'Azienda  ospedaliera  Sant'Antonio  Abate di Trapani.
Inoltre,  il  Tribunale  a  quo  chiarisce  che il ricorrente impugna
l'atto  di  designazione  del  Ministero  della  salute  e l'atto del
direttore  generale  della  predetta  azienda,  avente  ad oggetto la
nomina  dei  componenti  del  nuovo  collegio  sindacale.  Riferisce,
altresi', che nel giudizio si e' costituito il Ministero della salute
chiedendo il rigetto del ricorso.
   2.2.  -  Tanto  preliminarmente rilevato, il Tribunale afferma, in
via  pregiudiziale,  la  propria  giurisdizione nella controversia in
oggetto  con  motivazione identica a quella contenuta nelle altre sei
ordinanze in esame (cfr. sub par. 1.2).
   2.3. - In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza, osserva
il  Tribunale  che  la norma in esame disciplina in maniera del tutto
sommaria  la  modalita'  di  designazione  dei  membri  del  collegio
sindacale  e  non  specifica alcunche' relativamente alle guarentigie
dello  status  dei  componenti del collegio stesso. Tali lacune della
disciplina,  secondo  il  rimettente,  hanno  l'effetto di attribuire
all'amministrazione  un potere arbitrario di revoca e di designazione
di  nuovi  componenti  dei  collegi  sindacali.  Ritiene  infatti  il
Collegio  rimettente  che «in un sistema nel quale la designazione e'
avvenuta  non  in  base  a trasparenti procedure comparative ma sulla
base  di  una  totalmente immotivata cooptazione dell'organo politico
dei  prescelti,  non  possa  non essere riconosciuto al nuovo vertice
politico  un  corrispondente  potere  di  revocare arbitrariamente le
nomine,   altrettanto   arbitrarie,   del   suo   predecessore».   Di
conseguenza,    secondo    il    rimettente,    ove    si   ritenesse
costituzionalmente  legittimo  un  simile sistema normativo, dovrebbe
«ammettersi  che,  nel  caso  di  mutamento  dei  vertici politici o,
comunque,  del  venir  meno  del rapporto fiduciario, la revoca della
"rappresentanza  istituzionale"  del soggetto designante debba essere
ritenuta  [...] comunque sempre discrezionalmente ammissibile, previo
l'indennizzo  di cui all'art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990,
n. 241  [...]  al  di  fuori  dei  casi  di  dimissioni,  decadenza o
decesso».  Tutto  cio'  si  pone, secondo il Tribunale rimettente, in
contrasto  con l'art. 97 Cost., per le stesse ragioni con le quali il
medesimo  Collegio  rimettente  ha  motivato  circa  la non manifesta
infondatezza  della  seconda  delle  due  questioni  di  legittimita'
costituzionale  sollevate,  dalle  sei  ordinanze  di  rimessione  in
precedenza  illustrate  (cfr.  sub  par.  1.4),  con riferimento alla
disciplina attuativa adottata dalla Regione Lazio.
   2.4.  -  Nel  giudizio costituzionale e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale   dello  Stato,  rilevando  l'infondatezza  della  questione
sollevata.
   In  primo  luogo,  il Governo osserva che i criteri indicati dalla
norma  censurata  per  delimitare  l'ambito  dei soggetti che possono
essere  designati  quali  componenti  del  collegio  sindacale  delle
Aziende  sanitarie  locali escludono che la scelta sia espressione di
«poteri assolutamente discrezionali».
   In  secondo  luogo,  la  difesa  erariale nega che l'esercizio del
potere  di  revoca  sia  «libero»  solo  perche'  non  specificamente
disciplinato  dalle  norme  denunciate,  atteso  che esso e' comunque
assoggettato  al  rispetto  dei principi generali sanciti dalla legge
sul  procedimento  amministrativo  e,  in  particolare,  al  rispetto
dell'obbligo  di  motivazione.  A  parere  della difesa erariale, «la
sicura   applicabilita'  di  tale  principio  anche  alla  revoca  di
componenti  di collegi sindacali ASL sottrae la norma denunciata alle
censure di illegittimita'».
   Infine,  l'Avvocatura  generale  dello Stato rileva che il giudice
rimettente   ha  omesso  di  precisare  il  contenuto  dell'eventuale
pronuncia additiva richiesta alla Corte costituzionale, limitandosi a
prospettare  l'illegittimita'  della norma censurata per il fatto che
essa  «nulla prevede in ordine alla revoca della carica di membro del
collegio sindacale».
   3.  -  Prima della data fissata per l'udienza pubblica, la Regione
Lazio  ha  depositato  un'unica  memoria  (per i giudizi r.o. n. 152,
n. 153,  n. 154  e  n. 215  del  2008),  ribadendo  le  eccezioni  di
inammissibilita'  gia'  formulate  e  insistendo  sulle  ragioni gia'
illustrate di infondatezza di tutte le questioni sollevate.
   4.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  con  due memorie di analogo
contenuto,  la  difesa  dei  ricorrenti di due dei giudizi principali
(r.o.  n. 215  e  n. 179  del  2008)  ha  ribadito  e  sviluppato  le
argomentazioni gia' illustrate nelle memorie di costituzione.
                       Considerato in diritto

   1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, sezione
III-quater,  ha  sollevato,  con  sei  distinte,  ma  sostanzialmente
analoghe,  ordinanze  (r.o.  n. 152, n. 153, n. 154, n. 178, n. 179 e
n. 215  del  2008),  questione  di  legittimita'  costituzionale, per
violazione  degli  articoli  3  e  97  della  Costituzione, di alcune
disposizioni  legislative  della  Regione  Lazio  che  riguardano  la
composizione dei collegi sindacali delle aziende sanitarie locali. Il
Collegio  rimettente  ha censurato, in particolare, l'art. 133, comma
5,  della  legge  della  Regione  Lazio  28 aprile 2006, n. 4 recante
«Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2006 (articolo 11, legge
regionale  20  novembre  2001, n. 25)», nella parte in cui prevede la
«decadenza  automatica»  degli  incarichi  di componente del collegio
sindacale,  nonche'  lo  stesso articolo 133, comma 5, nella parte in
cui,   per  i  medesimi  incarichi,  «consente  di  effettuare  nuove
designazioni  senza alcun vincolo procedimentale», e, di conseguenza,
l'art.  10  della  legge  della  Regione  Lazio 16 giugno 1994, n. 18
(Disposizioni  per  il  riordino  del servizio sanitario regionale ai
sensi  del  decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modificazioni   e  integrazioni.  Istituzione  delle  aziende  unita'
sanitarie  locali e delle aziende ospedaliere), come sostituito dallo
stesso  articolo  133 della legge reg. n. 4 del 2006, «nella parte in
cui non disciplina il procedimento di nomina del collegio sindacale e
le relative guarentigie».
   2.  -  Il  medesimo Collegio rimettente, con una settima ordinanza
(r.o.   n. 180   del  2008),  ha  sollevato  d'ufficio  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 3-ter, comma 2 (recte comma 3),
del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992, n. 502 (Riordino della
disciplina  in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge
23  ottobre  1992,  n. 421),  per  violazione  dell'articolo 97 della
Costituzione.
   3. - Il Collegio rimettente, con le sette ordinanze di rimessione,
solleva essenzialmente due questioni di legittimita' costituzionale.
   3.1.  -  La  prima  questione riguarda il meccanismo di «decadenza
automatica»  previsto  dall'art. 133, comma 5, della legge reg. Lazio
n. 4  del  2006.  Secondo  il  Tribunale  rimettente, tale previsione
legislativa,  in  applicazione  della  quale i ricorrenti nei giudizi
principali  sono  stati  sostituiti  da nuovi componenti del collegio
sindacale   prima  della  scadenza  del  loro  incarico,  sarebbe  in
contrasto  con  gli  artt. 3 e 97 Cost. Essa, infatti, determinerebbe
una  cessazione  anticipata dall'incarico in assenza delle condizioni
indicate  dalla  Corte costituzionale con le sentenze n. 104 e n. 103
del  2007,  ovvero  in  assenza  «di  un  momento  procedimentale  di
confronto dialettico fra le parti, nell'ambito del quale, da un lato,
l'amministrazione   esterni   le  ragioni  per  cui  ritiene  di  non
consentire la prosecuzione sino alla scadenza prevista e, dall'altro,
sia  assicurata  all'interessato  la  possibilita'  di  far valere il
diritto   di   difesa,   nel   rispetto   dei   principi  del  giusto
procedimento».
   3.2.  -  La  seconda questione concerne l'art. 133, comma 5, della
legge  reg.  Lazio  n. 4  del  2006, l'art. 10 della legge reg. Lazio
n. 18 del 1994, come sostituito dallo stesso articolo 133 della legge
reg.  n. 4  del  2006, nonche' l'art. 3-ter, comma 2 (recte comma 3),
del d. lgs. n. 502 del 1992. Tutte queste disposizioni, ad avviso del
Collegio  rimettente,  sarebbero  costituzionalmente  illegittime  in
quanto   contenenti  una  disciplina  carente  e  lacunosa  circa  le
modalita' di designazione, nomina e revoca dei componenti dei collegi
sindacali  delle  aziende  sanitarie  locali.  In  particolare,  esse
sarebbero  carenti,  da  un  lato,  di  «ogni  indicazione  circa  la
necessita' di una "procedura di selezione tecnica e neutrale dei piu'
capaci" che consenta cioe' la designazione "indipendentemente da ogni
considerazione  per  gli orientamenti politici dei vari concorrenti"»
e,  dall'altro  lato, sarebbero prive di specifiche disposizioni «che
inibiscano  una  revoca  ad  libitum»  degli incarichi. Tale lacunoso
sistema  normativo,  secondo  il ragionamento sviluppato dal Collegio
rimettente,  attribuirebbe  agli  organi politici un potere del tutto
arbitrario  di  designazione  e  revoca  dei  componenti  dei collegi
sindacali,  suscettibile  di porsi in contrasto con i principi di cui
all'art. 97 Cost.
   4.  - L'identita' delle disposizioni denunciate e l'analogia delle
censure  prospettate  dal  Collegio rimettente impone la riunione dei
giudizi   di   legittimita'   costituzionale,  al  fine  di  decidere
congiuntamente le sollevate questioni.
   5.  -  Va  anzitutto  disattesa  l'eccezione  di inammissibilita',
sollevata   dalla   Regione   Lazio,   relativamente  alla  «assoluta
genericita'»  della  censura  formulata  dal  Collegio  rimettente in
ordine   alla   prima   questione   di  legittimita'  costituzionale,
concernente   il   meccanismo   di  «decadenza  automatica»  previsto
dall'art.  133,  comma  5, della legge reg. Lazio n. 4 del 2006. Tale
censura,   a   parere   della   difesa  regionale,  farebbe  generico
riferimento  a  parametri, quali i principi del giusto procedimento e
del diritto di difesa, non riconducibili all'art. 97 Cost.
   Questa  Corte  ha  avuto modo di chiarire che e' proprio l'art. 97
Cost.   ad   esigere   che   le   decisioni  di  revoca  di  funzioni
legittimamente conferite ai dirigenti siano assunte nel «rispetto dei
principi  del giusto procedimento». Cio' si rivela infatti essenziale
al  fine  di  garantire  «scelte  trasparenti e verificabili [...] in
ossequio  al  precetto  costituzionale dell'imparzialita' dell'azione
amministrativa» (sentenza n. 103 del 2007). Con specifico riferimento
alle    aziende    sanitarie,   questa   Corte   ha   affermato   che
«l'imparzialita'  e  il  buon  andamento esigono che la posizione del
direttore generale sia circondata da garanzie» e che, in particolare,
il  dirigente  non  venga  posto  «in  condizioni  di precarieta' che
consentano  la  decadenza  senza la garanzia del giusto procedimento»
(sentenza  n. 104  del  2007). La censura formulata dal rimettente e'
dunque  precisa  e  il  parametro  in essa evocato risulta pienamente
conferente.
   6.  -  Nel  merito,  la  questione  concernente  il  meccanismo di
«decadenza  automatica»  previsto dall'art. 133, comma 5, della legge
reg. Lazio n. 4 del 2006 e' fondata con riferimento agli artt. 3 e 97
Cost.
   6.1.  -  Le  aziende  sanitarie  locali,  enti  pubblici dotati di
autonomia  imprenditoriale,  attraverso  cui  le Regioni assicurano i
livelli   essenziali  di  assistenza  definiti  dal  Piano  sanitario
nazionale,  presentano  una  struttura  di  vertice imperniata su due
organi:   il   direttore   generale,   responsabile   della  gestione
dell'azienda;  il  collegio  sindacale,  incaricato  del controllo di
regolarita'  amministrativa  e  contabile  della  gestione stessa. Al
primo,  coadiuvato  dal  direttore  amministrativo  e  dal  direttore
sanitario, sono riservati i poteri di gestione, da esercitarsi per il
raggiungimento  di  obiettivi definiti dalla Regione. Al secondo sono
assegnate  le  funzioni  di controllo, che, in particolare, attengono
alla  verifica  dell'amministrazione  dell'azienda  sotto  il profilo
economico,    alla    vigilanza   sull'osservanza   della   legge   e
all'accertamento della regolare tenuta della contabilita'.
   In   base   alla  disciplina  del  1992,  l'organo  di  controllo,
denominato  «collegio  dei  revisori», durava in carica cinque anni e
risultava composto da tre membri, di cui uno designato dalla Regione,
uno  designato  dal  Ministro del tesoro, scelto fra funzionari della
Ragioneria generale dello Stato, ed uno designato dal sindaco o dalla
Conferenza dei sindaci o dai presidenti dei consigli circoscrizionali
(art. 3, comma 13, del d. lgs. n. 502 del 1992).
   Nella  Regione  Lazio,  al  d.  lgs. n. 502 del 1992 e' stata data
attuazione  con  la  legge  reg.  n. 18 del 1994, la quale ha dettato
norme sulla composizione e durata in carica del collegio dei revisori
del  tutto corrispondenti a quelle contenute nella disciplina statale
di riferimento.
   Quest'ultima, tuttavia, e' stata successivamente modificata con il
decreto   legislativo   19   giugno   1999,   n. 229  (Norme  per  la
razionalizzazione   del   Servizio   sanitario   nazionale,  a  norma
dell'articolo  1  della  legge 30 novembre 1998, n. 419), il quale ha
mutato,  in  particolare,  denominazione,  composizione  e  durata in
carica  dell'organismo  di  controllo di regolarita' amministrativa e
contabile. L'organo di controllo ha cosi' assunto la denominazione di
«collegio sindacale», dura in carica tre anni e si compone di «cinque
membri,  di  cui  due  designati  dalla  regione,  uno  designato dal
Ministro  del  tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
uno dal Ministro della sanita' e uno dalla Conferenza dei sindaci».
   Ad  adeguare  la  disciplina  regionale  del  Lazio ai cambiamenti
intervenuti nella legislazione statale, ha provveduto, infine, l'art.
133  della legge reg. n. 4 del 2006, il quale ha introdotto anche, al
comma 5, la disposizione censurata dal rimettente.
   6.2.  -  L'art. 133, comma 5, della legge reg. Lazio n. 4 del 2006
contiene  una disposizione transitoria rivolta a consentire «la prima
attuazione»  del  rinnovato  quadro  normativo  regionale  in tema di
collegi sindacali delle aziende sanitarie. A tale scopo, essa prevede
che,  entro  trenta  giorni  dall'entrata  in  vigore della legge, le
amministrazioni   competenti  possano  confermare  i  componenti  dei
collegi sindacali in carica, oppure designare nuovi membri. Si tratta
di  un meccanismo di decadenza automatica dei componenti del collegio
sindacale,  che  non  contempla  alcuna  forma  di  contraddittorio a
garanzia  dei  componenti  in  carica. La cessazione dalla carica dei
precedenti   titolari   non  e',  quindi,  l'effetto  di  una  scelta
dell'amministrazione  riferita  al  rapporto  di  ufficio  in corso e
giustificata  alla  luce  delle  vicende  di  questo, ma costituisce,
appunto,   un   effetto  automatico  che  la  disciplina  legislativa
ricollega alla semplice designazione di un nuovo titolare.
   Cio'   premesso,  la  legittimita'  della  previsione  legislativa
censurata deve essere in questa sede valutata alla luce degli artt. 3
e  97 Cost., evocati dall'ordinanza di rimessione, prescindendo dalle
circostanze che una disposizione analoga non e' contenuta nella norma
statale  alla  quale  essa  da'  attuazione;  e  che,  con  essa,  il
legislatore  regionale  ha disposto la decadenza di sindaci che erano
stati  designati anche dalle amministrazioni statali, in base a norme
legislative  dello Stato - come rilevato - che non contemplano alcuna
ipotesi di cessazione automatica.
   6.3.   -  Questa  Corte  ha  gia'  affrontato  il  problema  della
legittimita'  costituzionale  di  una analoga disciplina transitoria,
che  prevedeva  un  meccanismo  di decadenza automatica riferito agli
incarichi    di    funzione    dirigenziale   di   livello   generale
dell'amministrazione  statale  (sentenza  n. 103  del  2007). In tale
occasione,  la  Corte  ha  ritenuto  tale  meccanismo, da un lato, in
contrasto  con  il  principio  del giusto procedimento e, quindi, con
l'art.  97  Cost.  e,  dall'altro  lato,  non  giustificabile in base
all'esigenza   di   dare  immediata  attuazione  alla  riforma  della
disciplina degli incarichi dirigenziali contestualmente introdotta.
   6.4.  -  Ai  fini  della decisione della questione di legittimita'
costituzionale in esame occorre quindi stabilire, per un verso, se il
meccanismo  di  decadenza  automatica  dall'incarico,  previsto dalla
disposizione  censurata  nei  confronti  di  componenti  di organi di
controllo,  si  ponga  in contrasto con l'art. 97 Cost., e, per altro
verso, se tale meccanismo possa giustificarsi in base all'esigenza di
assicurare la immediata applicazione della nuova disciplina regionale
sugli organismi di revisione contabile.
   6.4.1.  -  Sotto  il  primo profilo, nei confronti dei titolari di
organi  con funzioni di controllo, sussistono esigenze di neutralita'
e  imparzialita'  perfino  piu'  marcate  di quelle che hanno indotto
questa   Corte  a  dichiarare  la  illegittimita'  di  meccanismi  di
decadenza automatica riferiti ad incarichi di funzioni dirigenziali.
   Questa  Corte  ha  affermato  che  la  decadenza  automatica dagli
incarichi  dirigenziali  contraddice  il principio di distinzione fra
funzioni di indirizzo politico e funzioni di gestione amministrativa,
cioe'  «tra  l'azione  di  governo  -  che e' normalmente legata alle
impostazioni  di  una  parte  politica,  espressione  delle  forze di
maggioranza    -   e   l'azione   dell'amministrazione,   la   quale,
nell'attuazione   dell'indirizzo   politico   della  maggioranza,  e'
vincolata,  [...]  ad  agire  [...]  al  fine del perseguimento delle
finalita'  pubbliche  obiettivate  dall'ordinamento» (sentenza n. 103
del  2007).  Inoltre,  questa  Corte ha gia' applicato tale ordine di
concetti  ai  rapporti  fra  la Regione e il direttore generale delle
aziende  sanitarie locali, la cui posizione deve essere garantita per
evitare  che  la  «dipendenza  funzionale»  del  direttore  generale,
rispetto alla giunta regionale, si trasformi in «dipendenza politica»
(sentenza n. 104 del 2007).
   Una  simile  esigenza  di  distinzione e autonomia deve, a maggior
ragione,   riconoscersi   in   relazione   all'organo   di  controllo
amministrativo  e contabile della stessa azienda, i cui componenti, a
differenza  del  direttore  generale,  non  sono  chiamati ad attuare
programmi  e  a  realizzare  obiettivi  definiti dall'organo politico
regionale,   ma  svolgono,  in  posizione  di  neutralita',  funzioni
attinenti  al  controllo  del  rispetto  della legge e della regolare
tenuta  della  contabilita'. In nessun caso, quindi, per i componenti
di  simili  organi  sono  ravvisabili  quelle particolari esigenze di
«coesione»   con   l'organo   politico,   le   quali   -  secondo  la
giurisprudenza  di  questa  Corte - possono giustificare, per le sole
posizioni dirigenziali apicali di diretta collaborazione, un rapporto
fondato sull'intuitus personae (sentenza n. 233 del 2006). Tanto piu'
gravi,  pertanto,  appaiono,  con riferimento ai componenti di questi
organi,  la  previsione di un meccanismo automatico di decadenza e la
conseguente violazione del principio del giusto procedimento.
   6.4.2. - Sotto il secondo profilo, questa Corte ha gia' avuto modo
di  escludere  che  un  meccanismo  di decadenza automatica analogo a
quello  in  esame, previsto dalla disciplina statale di riforma degli
incarichi dirigenziali, potesse rinvenire «la propria giustificazione
nell'esigenza   di  consentire  l'attuazione  della  riforma»  stessa
(sentenza   n. 103   del  2007).  In  tale  occasione,  da  un  lato,
confrontando  la nuova disciplina con quella previgente, questa Corte
ha  considerato  che  la  prima,  «pur  apportando  modifiche»  della
seconda,  avesse tuttavia «mantenuto sostanzialmente fermo l'impianto
complessivo».  Dall'altro  lato,  applicando un rigoroso sindacato di
ragionevolezza della scelta legislativa, in ragione del suo carattere
provvedimentale,  la  Corte ha ritenuto che la misura della decadenza
automatica  dei  dirigenti non fosse «proporzionata all'obiettivo che
si intendeva perseguire».
   L'applicazione  di  questi criteri, concernenti la rilevanza delle
modificazioni    normative   introdotte   e   la   ragionevolezza   e
proporzionalita'  della  misura  della  decadenza automatica rispetto
all'obiettivo  di assicurarne l'immediata applicazione, deve indurre,
anche nel caso in esame, ad escludere che la disposizione transitoria
censurata,  prevista  dal quinto comma dell'art. 133 della legge reg.
Lazio  n. 4 del 2006, possa giustificarsi in ragione dell'esigenza di
garantire  l'immediata  applicazione della nuova disciplina da quello
stesso  articolo  introdotta  in  materia  di collegi sindacali delle
aziende sanitarie locali.
   Va   osservato,   in  proposito,  che  tale  nuova  disciplina  ha
introdotto,  rispetto  al  previgente  quadro  legislativo regionale,
modifiche che appaiono complessivamente marginali.
   Lo  stesso  art.  133  non  ha,  infatti,  inciso  sulle  funzioni
dell'organo   di   controllo   della   regolarita'  amministrativa  e
contabile,  ne'  ha  mutato  il  ruolo  di tale collegio nell'assetto
organizzativo complessivo dell'azienda sanitaria. In definitiva, tale
articolo  si e' limitato a modificarne la denominazione, a ridurre la
durata  in  carica  (da  cinque  a tre anni) dei titolari e a variare
parzialmente la composizione, aggiungendo ai tre membri gia' previsti
(le  cui  modalita'  di designazione non sono cambiate) due ulteriori
componenti  effettivi,  designati  l'uno  dalla Regione e l'altro dal
Ministro  della salute. La natura di queste modificazioni non e' tale
da  trasformare  sostanzialmente  l'impianto  normativo previgente e,
quindi,   da   giustificare,   alla   stregua  di  uno  scrutinio  di
ragionevolezza  e  proporzionalita',  la  radicale misura consistente
nella  cessazione  automatica dei componenti dei collegi sindacali in
carica.
   Tale  conclusione  risulta avvalorata anche dalla circostanza che,
come  emerge  dalla  lettura  di  alcune  ordinanze di rimessione, al
momento   dell'entrata   in   vigore   della  disposizione  regionale
censurata,  i  componenti  dei collegi sindacali in carica erano gia'
stati  nominati  nel  numero  di cinque e per un periodo di tre anni,
secondo   quanto  previsto  dalle  modificazioni  della  legislazione
statale  introdotte nel 1999 (d. lgs. n. 229 del 1999), cui poi si e'
adeguato  anche  il  legislatore regionale (art. 133 della legge reg.
Lazio  n. 4  del 2006). Cio' vale definitivamente ad escludere che la
decadenza  automatica  dei  componenti  dei  collegi  sindacali possa
trovare   la   propria  giustificazione  nell'esigenza  di  garantire
l'immediata applicazione di una disciplina di riforma che, nei fatti,
aveva gia' trovato, almeno in parte, applicazione.
   Si  puo' ancora aggiungere che le particolari funzioni dell'organo
sindacale  devono  indurre  il  legislatore, anche in sede di riforma
dell'organo  stesso,  ad  adottare  discipline transitorie che non ne
pregiudichino la indipendenza, eventualmente disponendo la permanenza
nella  carica dei suoi componenti, come avvenuto in un'altra ipotesi,
nella  quale  questa  Corte  ha  riconosciuto  la  legittimita' della
disciplina  che,  in  occasione  di  una riforma organizzativa, aveva
disposto la decadenza dei titolari di altri organi e non del collegio
dei revisori (sentenza n. 288 del 2008).
   6.5. - Pertanto, la disposizione contenuta nell'art. 133, comma 5,
della  legge  reg.  Lazio  n. 4  del  2006,  prevedendo  la decadenza
automatica  dei componenti degli organi di controllo amministrativo e
contabile   delle  aziende  sanitarie  locali,  in  ordine  ai  quali
sussistono   rilevanti   esigenze   di  tutela  della  neutralita'  e
imparzialita'   nell'esercizio   della  funzione,  e  non  risultando
giustificata  dall'esigenza  di garantire l'applicazione di una nuova
disciplina regionale relativa a tali organi, si pone in contrasto con
gli artt. 3 e 97 Cost.
   7.   -   La  seconda  questione  di  legittimita'  costituzionale,
sollevata,   per  violazione  dell'art.  97  Cost.,  con  riferimento
all'art.  133, comma 5, della legge reg. Lazio n. 4 del 2006, nonche'
agli  artt. 10 della legge reg. Lazio n. 18 del 1994 e 3-ter, comma 2
(recte  comma  3),  del  d.  lgs. n. 502 del 1992, nella parte in cui
tutte queste disposizioni omettono di disciplinare il procedimento di
designazione  dei  componenti  del  collegio  sindacale e le relative
garanzie di status, non e' ammissibile.
   La  questione  non  e'  ammissibile, anzitutto, con riferimento ai
giudizi  principali  di  cui  al r.o. n. 152, n. 153, n. 154, n. 178,
n. 179 e n. 215 del 2008, in conseguenza della fondatezza della prima
questione.   Il  rimettente  riferisce,  infatti,  che,  nei  giudizi
principali,   la   mancata   conferma   dei  ricorrenti,  e  la  loro
sostituzione  con  nuovi  componenti del collegio sindacale, e' stata
disposta  in  applicazione  del  meccanismo  di  decadenza automatica
previsto  dall'art.  133,  comma  5,  della legge reg. Lazio n. 4 del
2006.   Ne   deriva   che,  dichiarata  illegittima  tale  previsione
legislativa,  e  venuto  quindi  meno,  con  essa, anche l'effetto di
cessazione  dalla carica dei ricorrenti nei giudizi a quibus, diviene
irrilevante,  ai  fini della decisione di questi ultimi, la questione
relativa  alle  modalita' di designazione dei nuovi componenti e alle
eventuali  carenze  della  disciplina  dello  status  dei  membri dei
collegi sindacali.
   La  questione  non  e'  ammissibile,  inoltre,  con riferimento al
giudizio  principale  di  cui  al  r.o  n. 180  del  2008, nel quale,
tuttavia,  essa  non  si  presenta  collegata  a  quella  relativa al
meccanismo  di  decadenza  automatica  di  cui all'art. 133, comma 5,
della  legge reg. Lazio n. 4 del 2006. Relativamente a tale giudizio,
il   rimettente,   infatti,   muove   da   un   erroneo   presupposto
interpretativo. Dal carattere asseritamente lacunoso della disciplina
statale  sulla designazione e sulle garanzie di status dei componenti
dei  collegi  sindacali,  trae il convincimento che l'amministrazione
disponga   di   un   potere   arbitrario   di  revoca  dall'incarico,
esercitabile  ad  libitum  e anche al di fuori dei casi di cessazione
dalla  carica  espressamente  previsti  dalla  legge.  In realta', la
circostanza che le designazioni dei membri del collegio sindacale non
siano  l'esito  di una procedura selettiva, o che manchino specifiche
disposizioni  sul  potere  di revoca degli incarichi, non comporta la
conseguenza  su  cui il rimettente fonda la rilevanza della questione
nel  giudizio  principale,  e  cioe'  che  i poteri di designazione e
revoca  dei  componenti  dei collegi sindacali, che hanno presupposti
diversi,      possano      essere      esercitati     arbitrariamente
dall'amministrazione.  Tali  poteri  restano comunque sottoposti alle
regole  generali  sull'azione  amministrativa,  alla  cui  stregua il
giudice amministrativo puo' sindacarne gli atti di esercizio.