Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 47, comma 2,
della  legge  della  Regione Puglia 20 febbraio 1995, n. 3 (Procedure
per  l'attuazione  del  Programma  operativo  plurifondo  1994-1999),
promosso   con   ordinanza   del   29  novembre  2007  dal  Tribunale
amministrativo  regionale della Puglia, sezione di Lecce, sul ricorso
proposto  da Licastro Scardino Raffaele contro la Regione Puglia e la
Societa' Alberghiera Fitto e Portaluri s.p.a., iscritta al n. 162 del
registro  ordinanze  2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 23, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visto l'atto di costituzione di Licastro Scardino Raffaele;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  4  novembre  2008  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella;
   Udito   l'avvocato  Gianluigi  Pellegrino  per  Licastro  Scardino
Raffaele.
                          Ritenuto in fatto

   1. Con ordinanza del 29 novembre 2007, il Tribunale amministrativo
regionale   della   Puglia,   sezione  di  Lecce,  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  articoli 3, 41 e 120 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  47, comma 2, della legge
della   Regione   Puglia   20  febbraio  1995,  n. 3  (Procedure  per
l'attuazione  del  Programma  operativo  plurifondo 1994-1999), nella
parte  in  cui  richiede, per l'accesso agli incentivi riservati alle
strutture   turistico-ricettive   previsti  dal  Programma  operativo
plurifondo per il 1994-1999, che il richiedente abbia la sede legale,
amministrativa ed operativa, nel territorio regionale.
   Il  giudizio  a quo era stato promosso da un imprenditore operante
nel  settore turistico-alberghiero, al quale la Giunta Regionale, con
delibera  n. 5097  del  21 novembre 1995, aveva negato l'accesso alla
graduatoria  finale,  perche'  la  sua impresa non aveva sede legale,
amministrativa ed operativa nel territorio regionale.
   Premette  il  rimettente che, pur essendo stata abrogata dall'art.
56 della legge della Regione Puglia 6 maggio 1998, n. 14 (Bilancio di
previsione   per   l'esercizio  finanziario  e  bilancio  pluriennale
1998-2000),  la  norma  censurata  continua ad applicarsi ai rapporti
sorti  nel  periodo della sua vigenza e per l'esecuzione dei relativi
impegni di spesa: di qui la perdurante rilevanza della questione.
   A  giudizio del rimettente, la norma impugnata non e' suscettibile
di  interpretazione  adeguatrice,  stante  la perentorieta' della sua
formulazione  testuale,  ne' puo' essere oggetto di «disapplicazione»
per  contrasto  con  il  diritto  comunitario, in quanto, nel caso di
specie, la vicenda non coinvolge interessi sovranazionali.
   Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice
a  quo  osserva  che  la ratio dei finanziamenti pubblici finalizzati
alla  incentivazione  di attivita' latu sensu economiche e' quella di
agevolare lo sviluppo economico del territorio regionale. Ne consegue
che,  unica condizione rilevante, potrebbe essere costituita, semmai,
dal  fatto  che  l'attivita'  economica  sovvenzionata  con  i  fondi
pubblici  si insedi in un determinato territorio e che l'imprenditore
beneficiario abbia una sede operativa nel medesimo territorio. Con la
conseguenza che la richiesta di requisiti ulteriori rispetto a quello
appena   indicato   e   non  strettamente  necessari  ai  fini  della
valutazione   dei   progetti   per  i  quali  sono  stati  chiesti  i
finanziamenti  comporta una violazione dei principi di cui agli artt.
3,  41  e  120  Cost.,  traducendosi  essa  in una compressione della
liberta'  di attivita' economica attraverso l'imposizione di barriere
«protezionistiche»   di   natura  territoriale  non  giustificate  da
esigenze di tutela di interessi particolari.
   Una conferma di tale assunto puo' trarsi - secondo il rimettente -
dal  fatto  che la norma censurata e' stata in seguito abrogata dallo
stesso legislatore regionale (art. 56 della legge regionale n. 14 del
1998), persuasosi della sua illegittimita' costituzionale.
   2.  Si  e'  costituito  in  giudizio  il  ricorrente il quale, nel
condividere  la  perdurante  operativita'  della  norma  censurata in
riferimento al periodo di sua vigenza, sottolinea che quest'ultima e'
stato  oggetto,  da parte della giurisprudenza amministrativa, di una
diversa  interpretazione,  «costituzionalmente  orientata»,  coerente
all'obiettivo  che  la  ricaduta  dei  benefici  finanziari rimanesse
all'interno  della  Regione,  cosi' da ritenere che la predetta norma
non puo' che fare riferimento alla sede effettiva e direzionale e non
anche alle altre sedi.
   Conclude   il   ricorrente   che  l'adozione  di  un  criterio  di
territorialita'  nella  determinazione delle ditte da invitare ad una
pubblica  gara  confligge  col  principio generale del favor verso la
piu'  ampia  partecipazione,  che  ispira la legislazione nazionale e
comunitaria.  Del  resto  la stessa Corte costituzionale ha affermato
che  la  Regione  non  puo'  adottare provvedimenti che ostacolino in
qualsiasi  modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra
le  regioni  ne' puo' limitare il diritto dei cittadini di esercitare
in  qualunque  parte  del  territorio  nazionale la loro professione,
impiego o lavoro.
                       Considerato in diritto

   1. Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia dubita della
legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 41 e 120
della  Costituzione,  dell'articolo  47,  comma  2, della legge della
Regione Puglia 20 febbraio 1995, n. 3 (Procedure per l'attuazione del
Programma operativo plurifondo 1994-1999) - successivamente soppresso
dall'art.  56  della  legge della Regione Puglia 6 maggio 1998, n. 14
(Bilancio  di  previsione per l'esercizio finanziario 1998 e bilancio
pluriennale 1998-2000) - nella parte in cui esige, per l'accesso agli
incentivi agli investimenti nel settore turistico previsti dal citato
Programma  operativo,  che  il  richiedente  abbia  la  sede  legale,
amministrativa ed operativa, nel territorio regionale.
   La questione e' fondata.
   Il  rimettente non implausibilmente ritiene che la norma impugnata
-  pur  essendo stata abrogata dall'art. 56 della legge della Regione
Puglia  6  maggio  1998,  n. 14  - continua ad applicarsi ai rapporti
sorti  nel  periodo  della  sua  vigenza,  tra  i  quali  rientra  la
fattispecie oggetto del giudizio a quo.
   Stante la perentorieta' della sua formulazione testuale, che esige
la  compresenza,  nel  territorio  regionale,  di tutte e tre le sedi
(amministrativa,  legale ed operativa) dell'impresa, quale condizione
indispensabile  per  accedere  agli  incentivi  riservati dalla legge
regionale  a sostegno delle strutture turistico-ricettive programmate
per   il  periodo  1994-1999,  tale  norma  non  e'  suscettibile  di
interpretazione adeguatrice.
   La  norma  censurata  - secondo lo stesso giudice rimettente - non
puo' essere neppure oggetto di «disapplicazione» per contrasto con il
diritto  comunitario, in quanto la fattispecie in esame riguarderebbe
situazioni puramente interne.
   La    ratio   dei   finanziamenti   pubblici,   finalizzati   alla
incentivazione  di  attivita'  economiche,  e'  certamente  quella di
agevolare  lo sviluppo sociale ed economico del territorio regionale.
Rispetto   a  questa  finalita',  la  necessita'  dell'esistenza  nel
territorio  regionale  di  tutte  e  tre  le sedi dell'impresa non e'
funzionale,  risultando  sufficiente  la sola presenza in loco di una
sede operativa.
   Questa  Corte  ha affermato, inoltre, che «discriminare le imprese
sulla  base  di un elemento di localizzazione territoriale» contrasta
con  il  principio  di  eguaglianza,  nonche' con il principio di cui
all'art  120,  comma  1, Cost., in base al quale la regione «non puo'
adottare  provvedimenti  che  ostacolino  in qualsiasi modo la libera
circolazione  delle  persone e delle cose fra le regioni» e «non puo'
limitare  il  diritto  dei cittadini di esercitare in qualunque parte
del  territorio  nazionale  la  loro  professione,  impiego o lavoro»
(sentenza n. 207 del 2001).
   Tale  ultimo principio e' stato piu' volte applicato all'esercizio
di  attivita'  professionali  ed  economiche (sentenze n. 6 del 1956,
n. 13  del  1961, n. 168 del 1987, n. 372 del 1989, n. 362 del 1998).
Questa  Corte  ha  affermato,  infatti, «il divieto per i legislatori
regionali  di  frapporre  ostacoli  di carattere protezionistico alla
prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere
imprenditoriale  da  parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del
territorio  nazionale  (nonche', in base ai principi comunitari sulla
liberta'  di  prestazione dei servizi, in qualsiasi Paese dell'Unione
europea)» (sentenze n. 64 del 2007 e n. 440 del 2006).
   La  norma  censurata  si  traduce,  quindi,  nella  imposizione di
barriere  «protezionistiche» di natura territoriale e, dunque, in una
limitazione  della  liberta'  di  iniziativa economica, nonche' in un
ostacolo  alla  libera circolazione delle persone e delle cose tra le
regioni.  Essa, in conseguenza, viola i principi di cui agli artt. 3,
41 e 120 della Costituzione.
   Deve  pertanto  essere  dichiarata l'illegittimita' costituzionale
del comma 2 dell'art. 47 della legge della Regione Puglia 20 febbraio
1995,  n. 3  (Procedure  per  l'attuazione  del  Programma  operativo
plurifondo  1994-1999),  nella  parte  in cui esige, per la spettanza
degli  incentivi agli investimenti nel settore turistico previsti dal
citato Programma operativo, che il richiedente abbia, oltre alla sede
operativa,  anche  quelle  legale  ed  amministrativa  sul territorio
regionale.