IL TRIBUNALE
   Nel procedimento penale in epigrafe rubricato a carico di Pasquali
Massimiliano  nato  a Milano il 13 dicembre 1942 ivi residente in via
Lamennais  9,  domiciliato  a  Griffa via Victor Hugo n. 3, difeso di
fiducia  dall'avv  Maurizio  Bernascono  imputato  del  reato  p  e p
dall'art.  594  c.p.  in  Griffe  8  dicembre  2003, con parte civile
costituita   la  sig.ra  Milena  Caretti  con  avv.  Giovanni  Aquino
appellante,  agli  effetti  civili,  avverso la sentenza n. 86/07 del
giudice  di  pace  di  Verbania  del  12  giugno  2007  con  la quale
l'imputato e' stato assolto dal reato ascritto
                            O s s e r v a
   Non  e' manifestamente infondata la questione di costituzionalita'
dell'art.  576  c.p.p. di procedura penale nella parte in cui prevede
la  facolta' di appellare della parte civile di appellare le sentenze
di  proscioglimento  al  di  fuori  della ipotesi di cui all'art. 603
c.p.p. commi primo, secondo e quarto.
   La  questione  appare  intrinsecamente  rilevante  dovendo  questo
giudice,   a   seguito  dell'appello  di  cui  in  epigrafe  e  della
conseguente   citazione,   celebrare   il  giudizio  di  appello  nel
procedimento  di  cui  sopra  e  non  rientrando  l'atto  di  appello
nell'ipotesi di cui all'art. 603 primo, secondo e quarto comma.
   La   questione  appare  anche  non  manifestamente  infondata  con
riferimento agli artt. 3 e 111 Cost.
   Premesso   che   la  scelta  di  esercitare  l'azione  civile  nel
procedimento  penale  implica  che  la  stessa  soggiace  agli stessi
principi  procedurali  del procedimento penale questo giudice osserva
che,   con  la  definizione  dei  principi  del  giusto  processo  il
legislatore   sia   vincolato   a   piu'   stringenti   parametri  di
ragionevolezza     ed    al    rispetto    specifico    dei    canoni
costituzionalizzati  ex  art.  111  Cost. e che il mantenimento «tout
court» dell'appello quale secondo grado di giurisdizione del processo
penale e' incompatibile con la disciplina degli artt. 3 e 111 cost.
   Ed invero:
     la  scelta  legislativa  del  doppio  grado di giurisdizione non
fruisce di per se' di diretto riconoscimento costituzionale;
     la   scelta   legislativa  di  prevedere  un  secondo  grado  di
giurisdizione  trova  un  suo  fondamento  indiretto  nel solo valore
espresso  dal  diritto  di  difesa  ex  art 24 Cost.quale facolta' di
impugnazione  dell'imputato  (e di riflesso, per il solo principio di
parita'  delle  parti  e  quale  mera  proiezione  non necessaria del
principio  di  obbligatorieta'  dell'azione penale, nella facolta' di
appellare della parte pubblica);
     poiche'  il  legislatore  non  e'  vincolato  da  uno  specifico
precetto  costituzionale(ne' da norme internazionali) l'uso della sua
discrezionalita'  deve  essere sottoposto a vaglio costituzionale con
riferimento   agli   specifici   parametri   costituzionale  previsti
nell'art. 111 Cost.
   Tale vaglio appare di esito negativo.
   Ed invero:
     l'appello  devia  dal  principio  dell'oralita'  e di formazione
della  prova  quale  costituzionalizzato  affidando in via generale e
normale  il  finale  giudizio  di  merito  a  giudici  che  non hanno
partecipato alla formazione della prova;
     la deviazione da questo principio non ha carattere eccezionale e
motivato  (come  ad  esempio  per  gli  incidenti probatori, o per la
lettura  di  atti  consentiti),  ma e' la regola del giudizio, regola
derogabile solo a precise e limitate condizioni;
     tali    eccezioni   non   sono   idonee   a   salvaguardare   la
costituzionalita'  del  giudizio cosi' come strutturato atteso che la
costituzionalizzazione   del  principio  di  formazione  della  prova
implica  una  scelta del costituente di un modello processuale che si
ritiene  essere  il  modello  costituzionalmente idoneo per pervenire
alla migliore decisione;
     la  legge  per  garantire il giusto processo di cui all'art. 111
cost. in appello deve limitare l'appello alle ipotesi di cui all'art.
603 c.p.p. comma primo, secondo e quarto.
   Solo  con tale limitazione infatti la discrezionalita' legislativa
di  prevedere  un  secondo grado di giudizio non si pone in contrasto
con la previsione dell'art. 111 Cost.
   Con  tale limitazione infatti la deroga al principio di formazione
della  prova  diviene  giustificata  dalla  necessita'  intrinseca di
rielaborazione  del giudizio e contemporaneamente giustifica anche un
allungamento  dei tempi processuali altrimenti non compatibile con il
principio di ragionevole durata.
   Non  puo'  infine ritenersi neppure in se ragionevole, a fronte di
una  disciplina  che  fissa quale regola fondamentale base a garanzia
della  correttezza  della decisione (e quindi dello stesso diritto di
difesa  dell'imputato)  che  la  prova si formi avanti al giudice che
decide, che la reale decisione di merito sia sistematicamente assunta
da un giudice meramente cartolare.
   Giova  infine rimarcare che la questione dedotta e' dirompente per
gli  appelli  avverso  la  sentenze del giudice di pace ove il nucleo
probatorio, in relazione alla usuale tipologia dei reati,si fonda per
lo  piu'  su  prove orali ed i motivi di appello sulla valutazione di
credibilita'  e  attendibilita'  di  dichiaranti sempre (tale essendo
normativamente  «di  regola» la verbalizzazione) riportati in verbali
sintetici.
   Cio'  comporta  ineluttabilmente una surrettizia trasformazione de
facto del giudizio di appello in giudizio di legittimita'.
   Tale regola deve estendersi anche all'ipotesi di cui a processo di
appello,  ai  soli  effetti della responsabilita' civile, della parte
civile avverso la sentenza di proscioglimento.