Ricorso  della  Regione  Basilicata,  in   persona   del   legale
rappresentante,il Presidente della Giunta Regionale,  dott.  Vito  De
Filippo, rappresentato e difeso, giusta procura speciale ad  litem  a
margine del presente atto, dall'avv. Valerio Di Giacomo, dell'Ufficio
legale e del contenzioso dell'ente, abilitato al  patrocinio  innanzi
alle  magistrature  superiori,  con  il   quale   e'   selettivamente
domiciliato presso l'Ufficio rappresentanza in Roma, alla via  Nizza,
n. 56; 
    Nei confronti  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  in
carica,  on.  dott.  Silvio  Berlusconi;  per  la  dichiarazione   di
illegittimita'  costituzionale,  ai  sensi  degli  artt.  127   della
Costituzione, 2, legge costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948 e  32,
legge n. 87 dell'11 marzo 1953, dell'art. 3 del decreto-legge n.  154
del 7 ottobre 2008 «Disposizioni urgenti per  il  contenimento  della
spesa  sanitaria  e  in  materia  di  regolazioni  contabili  con  le
autonomie locali» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235  del  7
ottobre 2008), con cui e' stato aggiunto, dopo il comma  6  dell'art.
64 del d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008, il comma 6-bis che  dispone  «I
piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche,  rientranti
nelle competenze delle regioni e degli enti locali, devono essere  in
ogni caso ultimati in tempo utile  per  assicurare  il  conseguimento
degli obiettivi di razionalizzazione della rete  scolastica  previsti
dal presente comma, gia' a decorrere dall'anno  scolastico  2009/2010
e, comunque, non oltre il 30 novembre di ogni anno. Il Presidente del
Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'art. 8, comma  1,
della  legge  5  giugno  2003,  n.  131,  su  proposta  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  di  concerto   con   il   Ministro
dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,   sentito   il
Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni e gli enti
locali inadempienti ad adottare, entro  quindici  giorni,  tutti  gli
atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il
conseguimento  degli  obiettivi  di  ridimensionamento   della   rete
scolastica. Ove le regioni e gli enti locali competenti non adempiano
alla predetta diffida, il Consiglio dei  ministri,  su  proposta  del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con  il  Ministro
dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,   sentito   il
Ministro per i rapporti con le  regioni,  nomina  un  commissario  ad
acta. Gli eventuali oneri derivanti da  tale  nomina  sono  a  carico
delle regioni e degli enti locali.». 
                             M o t i v i 
    I) Violazione dell'art. 117, commi 3 e 6, Costituzione; 
    Il decreto-legge 7 ottobre 2008, n.  154  («Disposizioni  urgenti
per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni
contabili  con  le  autonomie  locali»)  pubblicato  nella   Gazzetta
Ufficiale  n.  235  del  7  ottobre  2008,  all'art.   3,   rubricato
«Definizione  dei  piani   di   dimensionamento   delle   istituzioni
scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni  e  degli  enti
locali» dispone: 
        «1. - All'art. 64 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
dopo il comma 6 e' inserito il seguente: 
          ''6-bis. I piani  di  ridimensionamento  delle  istituzioni
scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e  degli  enti
locali, devono essere in  ogni  caso  ultimati  in  tempo  utile  per
assicurare il  conseguimento  degli  obiettivi  di  razionalizzazione
della rete scolastica previsti dal presente comma, gia'  a  decorrere
dall'anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di
ogni anno. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura
di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno  2003,  n.  131,  su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto  con
il  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della   ricerca,
sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni
e gli enti locali inadempienti ad adottare,  entro  quindici  giorni,
tutti gli atti amministrativi, organizzativi e  gestionali  idonei  a
garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della
rete scolastica. Ove le regioni e  gli  enti  locali  competenti  non
adempiano alla  predetta  diffida,  il  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto  con
il  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della   ricerca,
sentito il  Ministro  per  i  rapporti  con  le  regioni,  nomina  un
commissario ad acta. Gli eventuali oneri  derivanti  da  tale  nomina
sono a carico delle regioni e degli enti locali''. 
        La norma che si censura collide innanzitutto con l'art.  117,
comma 3, Costituzione, secondo cui  ''Sono  materie  di  legislazione
concorrente quelle relative  a:  ...  istruzione,  salva  l'autonomia
delle istituzioni scolastiche e con  esclusione  della  istruzione  e
della formazione professionale; ...  Nelle  materie  di  legislazione
concorrente spetta alle regioni la potesta'  legislativa,  salvo  che
per la  determinazione  dei  principi  fondamentali,  riservata  alla
legislazione dello Stato.». 
    Collide, inoltre, con l'art. 117, comma 6, Costituzione,  secondo
cui «La potesta' regolamentare spetta allo  Stato  nelle  materie  di
legislazione  esclusiva,  salva  delega  alle  regioni.  La  potesta'
regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia. I comuni, le
province e le citta' metropolitane hanno  potesta'  regolamentare  in
ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento  delle
funzioni loro attribuite». 
    Come da tempo chiarito  da  codesta  ecc.ma  Corte  (sentenza  13
gennaio 2004,  n.  13)  «Nel  quadro  costituzionale  definito  dalla
riforma del titolo V, la materia istruzione (salva l'autonomia  delle
istituzioni scolastiche e con esclusione  della  istruzione  e  della
formazione professionale) forma oggetto di potesta' concorrente (art.
117 comma 3 Costituzione), mentre allo Stato e' riservata soltanto la
potesta'  legislativa  esclusiva  in  materia   di   norme   generali
sull'istruzione,  ai  sensi  dell'art.  117  comma  2  lett.  n);  e'
indubbio, tuttavia,  che  nel  camplesso  intreccio,  in  una  stessa
materia, di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali  e
determinazioni  autonome  delle  istituzioni   scolastiche,   rientri
nell'ambito di legislazione regionale la  programmazione  delle  rete
scolastica, non potendosi ritenere che il legislatore  costituzionale
abbia voluto spogliare le regioni di una funzione  che  era  gia'  ad
esse conferita nella forma della competenza  delegata  dall'art.  138
d.lgs. n. 112  del  1998.»,  puntualizzando  alla  luce  di  siffatta
premessa che  «Una  volta  attribuita  l'istruzione  alla  competenza
concorrente, il riparto imposto dall'art. 117 postula che, in tema di
programmazione scolastica e di gestione amministrativa  del  relativo
servizio, compito dello Stato sia solo quello di fissare principi.  E
la distribuzione del personale tra le  istituzioni  scolastiche,  che
certamente  non  e'  materia  di  norme  generali  sulla  istruzione,
riservate  alla  competenza  esclusiva   dello   Stato,   in   quanto
strettamente connessa  alla  programmazione  della  rete  scolastica,
tuttora di competenza regionale, non puo' essere scorporata da questa
e innaturalmente riservata per intero allo Stato; sicche',  anche  in
relazione ad essa, la competenza statale non puo'  esercitarsi  altro
che con la determinazione dei principi organizzativi che spetta  alle
regioni svolgere con una propria disciplina»  (cfr.  sentt.  7  marzo
2008, n. 50, punto 6 del Considerato in diritto; 29 dicembre 2004, n.
423, punto 8.2. del Considerato in diritto e 26 gennaio 2005, n.  34,
secondo cui «Non e' fondata, in riferimento all'art.  117,  comma  2,
lett. n) Costituzione, la q.l.c. dell'art. 44, comma  1,  legge  reg.
Emilia Romagna 30 giugno 2003 n.  12,  il  quale  stabilisce  che  il
Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva, tra
l'altro, i ''criteri per  la  definizione  dell'organizzazione  della
rete  scolastica,  ivi  compresi  i  parametri   dimensionali   delle
istituzioni scolastiche''. Premesso che gia' la normativa antecedente
alla riforma del  titolo  V  prevedeva  la  competenza  regionale  in
materia   di   dimensionamento   delle    istituzioni    scolastiche,
riconoscendo la competenza sulla  programmazione  scolastica  di  cui
all'art. 138 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112, e dovendosi  escludere  che
il legislatore costituzionale del  2001  abbia  voluto  spogliare  le
regioni  di  una  funzione  che  era  gia'  ad  esse  conferita,   la
disposizione   censurata   e'   riconducibile   all'esercizio   della
competenza  legislativa  concorrente  della  regione  in  materia  di
istruzione,   riguardando   in   particolare   il    settore    della
programmazione scolastica»). 
    Il riferimento della suddetta pronuncia agli artt. 138 e 139  del
d.lgs. n. 112 del 31  marzo  1998  -  in  un  assetto  costituzionale
antecedente alla riforma del titolo V, parte II, della  Costituzione,
che ha addirittura accentuato l'autonomia delle regioni e degli  enti
territoriali minori -  e'  indicativo  della  competenza,  ora  anche
legislativa,  delle  regioni  concernente,  fra   l'altro:   «a)   la
programmazione dell'offerta  formativa  integrata  tra  istruzione  e
formazione professionale; b) la programmazione, sul piano  regionale,
nei limiti delle disponibilita' di risorse umane e finanziarie, della
rete scolastica, sulla base dei  piani  provinciali,  assicurando  il
coordinamento con la programmazione di cui alla  lettera  a);  c)  la
suddivisione, sulla base  anche  delle  proposte  degli  enti  locali
interessati,  del  territorio  regionale  in  ambiti  funzionali   al
miglioramento dell'offerta formativa;» (art. 138 d.lgs. n.  112/1998)
e della competenza regolamentare  ed  amministrativa  di  province  e
comuni concernente,  anche:  «a)  l'istituzione,  l'aggregazione,  la
fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti  di
programmazione; b) la redazione dei  piani  di  organizzazione  della
rete  delle  istituzioni  scolastiche;  c)  i  servizi  di   supporto
organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con  handicap
o in situazione di svantaggio; d) il  piano  di  utilizzazione  degli
edifici e di uso delle  attrezzature,  d'intesa  con  le  istituzioni
scolastiche» (art. 139 d.lgs. n. 112/1998). 
    Non giustifica l'esercizio del potere legislativo statale neanche
la competenza trasversale dello Stato  relativa  alla  determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali: puntualizza, infatti, la giurisprudenza di codesta  ecc.ma
Corte che «non puo' ritenersi  fondato  il  rilievo  secondo  cui  le
suddette norme rinverrebbero un  autonomo  titolo  di  legittimazione
nella competenza statale in materia  di  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il  territorio  nazionale  (art.
117, secondo comma, lettera m), Costituzione). 
    Questa Corte ha, in fatti, piu' volte avuto modo di affermare che
l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva e trasversale di
cui  alla  citata  disposizione  costituzionale  si  riferisce   alla
determinazione  degli   standard   strutturali   e   qualitativi   di
prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti  civili  e
sociali, devono essere garantiti, con  carattere  di  genericita',  a
tutti gli aventi diritto (tra le tante, le sentenze n. 387 del 2007 e
n. 248 del 2006). Le norme in esame, invece, non  determinando  alcun
livello di prestazione, ma prevedendo soltanto meri finanziamenti  di
spesa, non potrebbero giammai rinvenire la propria legittimazione nel
titolo di competenza in esame (sentenza n. 423 del 2004, punto 7.3.1.
del Considerato in diritto).» (sent. 7 marzo 2008, n. 50, punto 4 del
Considerato in diritto). 
    Il legislatore statale, del resto,  aveva  esercitato  il  potere
legislativo di competenza con la legge 28 marzo 2003, n.  53  (Delega
al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione  e
dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di  istruzione  e
formazione professionale), a  cui  ha  fatto  seguito  il  d.lgs.  17
ottobre 2005, n. 226  (Norme  generali  e  livelli  essenziali  delle
prestazioni relativi  al  secondo  ciclo  del  sistema  educativo  di
istruzione e formazione, a norma dell'art. 2  della  legge  28  marzo
2003, n. 53). 
    E' anche  il  caso  di  evidenziare,  ai  fini  di  una  compiuta
ricostruzione della volonta' del legislatore riforma  costituzionale,
che proprio a proposito  della  materia  «istruzione»  di  competenza
legislativa  concorrente  delle  regioni,  in  occasione  dei  lavori
parlamentari, in Senato fu  accolto  dal  Governo,  senza  votazione,
l'ordine del giorno 9.4809.5 Biscardi ed altri, ove si affermava  che
«nella fissazione dei principi fondamentali in materia di  istruzione
la legislazione statale debba comunque  stabilire  i  seguenti  punti
essenziali in armonia con l'art.  33  Costituzione;  a)  liberta'  di
insegnamento; b) stato giuridico e carriera dei  docenti;  criteri  e
procedure nazionali di concorso e di assunzione; d) formulazione  del
piano di studio e delle discipline», quasi a tracciare una  mappatura
delle tematiche entro cui  contenere  la  formulazione  dei  principi
fondamentali di competenza statale in materia di istruzione. 
    Delineato il quadro di riferimento costituzionale circa  l'ambito
di competenza legislativa e regolamentare nella materia «istruzione»,
e' possibile asserire che la norma censurata interviene in materia di
competenza legislativa concorrente delle regioni con  evidente  norma
di dettaglio, sanzionando la mancata adozione, nei termini  indicati,
dei  piani  di  ridimensionamento   delle   istituzioni   scolastiche
rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, con la
previsione e definizione, a seguito di diffida e decorso dei  termini
assegnati, delle modalita' di  esercizio  di  poteri  sostitutivi  da
parte del Governo, affidati ad  un  commissario  ad  acta  di  nomina
governativa per l'esercizio dei  poteri  occorrenti  all'adozione  di
«tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali  idonei  a
garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della
rete  scolastica»,  quindi,  con  sostanziale   estromissione   delle
competenze normative, regolamentari, programmatorie ed amministrative
attestate  in  capo  alle  regioni  e  di  quelle  amministrative   e
gestionali di competenza dell'autonomie locali. 
    Il  Governo,  in  tal  guisa,  con  l'esercizio  del  potere   di
legiferazione  d'urgenza,  non  solo  e  non  tanto  ha  supplito  il
Parlamento nella determinazione dei principi generali, ma, piuttosto,
ha esautorato  la  regione  dalla  determinazione  legislativa  nella
materia  dell'istruzione  rimessa  alla  sua   potesta'   legislativa
concorrente  e,   segnatamente,   in   tema   di   programmazione   e
pianificazione  delle  esigenze  delle  istituzioni  e   della   rete
scolastica e, addirittura, in ordine alla determinazione  dei  poteri
di controllo  dell'operato  degli  enti  locali;  segnatamente  nella
definizione  dei  procedimenti  di  controllo  e  di  attivazione  di
eventuali poteri sostitutivi per il caso di tardivo  esercizio  delle
competenze  degli  enti  locali  in  materia,  compresa  la  potesta'
programmatoria loro attribuita (v. artt. 138 e  139  d.lgs.  n.  112/
1998). 
    Insomma, il  Governo,  ipotizzando  pretestuosamente  la  mancata
adozione dei piani di ridimensionamento della istituzione  scolastica
di  competenza  delle  autonomie  locali,  norma  un  puntuale   iter
procedimentale idoneo ad attivare un potere di controllo  sostitutivo
che  interessa  tutte  le  funzioni  correlate  agli   obiettivi   di
ridimensionamento scolastico, privando le regioni della  potesta'  di
legiferare  e  regolamentare  la  ridetta  materia  di   legislazione
concorrente: segnatamente, le regioni sono esautorate  dall'esercizio
della  loro  potesta'   legislativa   concorrente   in   materia   di
«istruzione» e correlata potesta' regolamentare e  programmatoria  e,
perfino, in ordine alla normazione ed  attuazione  dei  controlli  ed
all'esercizio del potere sostitutivo sugli enti locali  compresi  nel
territorio regionale. 
    II) Violazione dell'art. 118 Costituzione. 
    Come innanzi evidenziato, secondo la norma  che  si  censura,  il
ritardo   delle   regioni   in   ordine   alla   pianificazione   del
ridimensionamento delle istituzioni scolastiche viene sanzionato, con
il totale spoglio delle sue competenze legislative, regolamentari  ed
amministrative garantite loro ed agli enti locali dalla Costituzione. 
    Per le ragioni evidenziate devono  intendersi  violate  anche  le
disposizioni dei primi due commi dell'art.  118  della  Costituzione,
secondo il quale  «Le  funzioni  amministrative  sono  attribuite  ai
comuni  salvo  che,  per  assicurarne  l'esercizio  unitario,   siano
conferite a province, citta' metropolitane, regioni  e  Stato,  sulla
base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. 
    I comuni, le province e le citta' metropolitane sono titolari  di
funzioni amministrative proprie  e  di  quelle  conferite  con  legge
statale o regionale, secondo le rispettive competenze». 
    Il potere sostitutivo  arrogatosi  pretestuosamente  dal  Governo
(addirittura  al  di  fuori   dei   casi   previsti   dall'art.   120
Costituzione) e, per esso, attribuito all'organo straordinario  dallo
stesso  nominato  in  ordine  all'adozione   di   «tutti   gli   atti
amministrativi, organizzativi e  gestionali  idonei  a  garantire  il
conseguimento  degli  obiettivi  di  ridimensionamento   della   rete
scolastica», stride con la norma costituzionale  che,  in  forza  dei
principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza,  assegna
alle autonomie locali le funzioni amministrative  loro  attribuite  o
conferite «con legge  statale  o  regionale,  secondo  le  rispettive
competenze». 
    III) Violazione del principio di leale collaborazione fra Stato e
regioni, art. 120, Costituzione. 
    Nonostante il riferimento (fittizio ed inappropriato al  caso  di
specie) all'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003  -  secondo  cui  «Nei
casi e per le finalita' previsti dall'art. 120, secondo comma,  della
Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri,  su  proposta
del Ministro  competente  per  materia,  anche  su  iniziativa  delle
regioni o degli enti locali assegna all'ente interessato  un  congruo
termine per adottare i  provvedimenti  dovuti  o  necessari;  decorso
inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo
interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del
Consiglio dei  ministri,  adotta  i  provvedimenti  necessari,  anche
normativi ovvero nomina un apposito commissario.  Alla  riunione  del
Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale
della Regione interessata  al  provvedimento.»  -  la  norma  che  si
censura  realizza  una  sostanziale   esautorazione   delle   regioni
dall'esercizio di poteri normativi (legislativi e regolamentari) e di
poteri di controllo ed amministrativi, in materia riservata alla loro
competenza  legislativa  concorrente,  violando  anche   l'art.   120
Costituzione ed il principio di  leale  collaborazione  fra  Stato  e
Regioni, sotto un duplice profilo: 
        I) applica un meccanismo di attivazione di poteri sostitutivi
(normativi,  amministrativi  e  gestionali)  attribuiti  al   Governo
statale  al  di  fuori  delle  ipotesi   tassativamente   contemplate
dall'art. 120  Costituzione  -  tutte  esplicative  dell'esigenza  di
tutela  dell'unita'  nazionale  e  costituenti  esclusivo  ambito  di
legittimo esercizio del suddetto potere di controllo statale, vale  a
dire in «caso di mancato rispetto di norme e trattati  internazionali
o  della  normativa  comunitaria  oppure  di   pericolo   grave   per
l'incolumita' e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la
tutela dell'unita' giuridica o dell'unita' economica e in particolare
la tutela dei livelli  essenziali  delle  prestazioni  concernenti  i
diritti civili e sociali, prescindendo dai confini  territoriali  dei
governi locali.» - sostanziando un ulteriore  ed  illegittimo  limite
alla potesta' legislativa concorrente  delle  regioni,  piuttoso  che
confinare il suddetto potere di controllo sostitutivo, legittimamente
ed ortodossamente, a situazioni di «concorso di competenze» tra Stato
ed autonomie locali, come desumibile dalla circostanza che i predetti
presupposti di legittimo esercizio del potere di sostituzione ex art.
120 Costituzione si identificano con i  limiti  generali  esterni  al
potere legislativo, statale e regionale, esclusivo o concorrente  (ad
es. ex art.  117  comma 1  con  riferimento  ai  ''vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali'') e con
i  limiti  esterni  al  potere  legislativo  regionale  derivanti  da
potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato   (ad   es.   riguardo
all'«ordine  pubblico  e  sicurezza,  ad  esclusione  della   polizia
amministrativa locale» di  cui  all'art.  117,  comma  2,  lett.  h),
Costituzione e riguardo alla «tutela  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» di  cui  all'art.
117, comma 2, lett. m), Costituzione), giammai  come  limiti  interni
alla potesta' legislativa concorrente delle regioni; 
        II) realizza un alternativa procedimento di  attivazione  dei
poteri sostitutivi avendo  cura  di  eliminare  ogni  riferimento  ai
poteri  di  iniziativa  e  partecipazione  degli  organi  di  governo
regionale e locale cioe'  «iniziativa  delle  regioni  o  degli  enti
locali, ... sentito  l'organo  interessato,  ...  Alla  riunione  del
Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale
della regione interessata al provvedimento». 
    Come insegna codesta ecc.ma Corte (cfr. sent. 19 luglio  2004  n.
240) «Perche' possa ritenersi legittima la previsione del  potere  di
sostituzione dello Stato  alle  regioni  e'  infatti  necessario  che
l'esercizio dei poteri sostitutivi sia previsto e disciplinato  dalla
legge, la quale deve altresi' definirne i presupposti  sostanziali  e
procedurali; che la sostituzione riguardi il  compimento  di  atti  o
attivita'  prive  di  discrezionalita'   nell'an;   che   il   potere
sostitutivo sia esercitato da un organo di Governo o  sulla  base  di
una decisione di questo; che la legge  predisponga  congrue  garanzie
procedimentali,   in    conformita'    al    principio    di    leale
collaborazione.». 
    Le  condizioni  suddette  valgono  anche  in  ordine  al   potere
sostitutivo delle regioni, in materie di loro competenza, esclusiva o
concorrente, a fronte dell'inerzia degli  enti  locali,  con  l'unica
variante che il suo esercizio  dev'essere  esercitato  da  organi  di
governo delle regioni o sulla base di  loro  decisioni  (Corte  cost.
sentt. 16 luglio 2004, n. 227; 14 maggio  2004,  n.  140;  11  giugno
2004, n. 172; 27 gennaio 2004, n. 43). 
    Nella fattispecie il potere sostitutivo configurato  dalla  norma
che si censura: a) non e' conforme  alle  ipotesi  considerate  dalla
legge  che  ne  disciplina  presupposti  e  procedimento  (art.   120
Costituzione e legge n. 131/2003);  b)  si  riferisce  ad  una  serie
indeterminata di atti, indipendentemente, dunque, dal loro  carattere
discrezionale  o  meno;  c)  e'  concepito  in  deroga  alla   stessa
richiamata previsione dell'art. 8, comma 1, della legge n.  131/2003,
avendo eliminato ogni strumento idoneo ad  attuare  il  principio  di
leale collaborazione fra Stato e regioni; d) esautora gli  organi  di
governo regionale dall'esercizio di poteri sostitutivi  allorche'  le
inadempienze siano imputabili ad enti locali nell'adozione di atti di
loro competenza. 
    In riferimento all'eventuale esercizio del potere sostitutivo del
commissario ad acta  di  nomina  governativa  nell'adozione  di  atti
inerenti alla competenza di enti locali e, comunque,  in  materia  di
competenza legislativa concorrente delle regioni, la citata sent.  n.
240/2004, pur riferendosi ad  un  assetto  costituzionale  previgente
all'emanazione  della  legge  n.  131/2003,  aveva  l'accortezza   di
puntualizzare  che  «Se  pero'  si  riconosce  che   l'attivita'   di
monitoraggio e di vigilanza spetta allo Stato, non puo'  poi  negarsi
che il compito di individuare inadempienze tali da non consentire  il
regolare svolgimento della campagna di produzione lattiero-casearia e
di invitare le amministrazioni interessate ad  adottare  i  necessari
provvedimenti rientri appieno in quelle  stesse  funzioni  della  cui
attribuzione al Commissario straordinario la ricorrente  non  dubita.
Lesiva della posizione costituzionale delle  regioni  avrebbe  potuto
essere  la  previsione  della   sostituzione   alle   amministrazioni
regionali, da parte del Commissario straordinario, decorso il termine
di  trenta  giorni  per  l'adozione   dei   provvedimenti   di   loro
competenza»: in  definitiva,  la  decisione  presupponeva  poteri  di
vigilanza   dello   Stato,   insussistenti    nell'attuale    assetto
costituzionale  in  materia  di  competenza  legislativa,   ancorche'
concorrente, delle regioni. 
    L'attribuzione al commissario ad acta del potere di  adozione  di
atti rientranti nella competenza di regioni ed enti  locali,  dunque,
realizza, appunto, quella lesiva «previsione della sostituzione  alle
amministrazioni regionali, da parte  del  Commissario  straordinario,
decorso il termine di trenta giorni per l'adozione dei  provvedimenti
di loro competenza». 
    Invero, gia' nella precedente sentenza del 1°  ottobre  2003,  n.
303  codesta  ecc.ma  Corte  aveva  riconosciuto  «ai   principi   di
sussidiarieta'    e    adeguatezza    una    valenza    squisitamente
procedimentale, poiche' l'esigenza di esercizio unitario che consente
di attrarre,  insieme  alla  funzione  amministrativa,  anche  quella
legislativa, puo' aspirare  a  superare  il  vaglio  di  legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina  che  prefiguri  un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative»  ed
aveva avuto premura di evidenziare che «l'inversione della tecnica di
riparto   della   potesta'   legislativa,   operata   dalla   riforma
costituzionale del 2001, dovrebbe  portare  (in  linea  generale)  ad
escludere la possibilita' di dettare norme supplettive statali  nelle
materie di legislazione concorrente». 
    Ai denunciati vizi di costituzionalita' della  norma  sottopposta
al giudizio di codesta ecc.ma Corte,  se  ne  aggiungono  altri,  per
violazioni di ulteriori norme e principi costituzionali, strettamente
connessi alle violazioni innanzi censurate, di seguito esposti. 
    III)  Violazione  dell'art.  77,  comma  2,  Costituzione;  anche
mediatamente per la violazione degli artt. 12, comma 1, lett. a) e 5,
comma 3, legge n. 400 del 23 agosto 1988  e  dell'art.  1,  comma  4,
legge n. 131 del 5 giugno 2003. 
    A) La  disposizione  oggetto  di  impugnativa  costituzionale  e'
contenuta in un decreto-legge, vale a dire  in  un  atto  governativo
avente forza di legge, la cui adozione, tuttavia, non  si  giustifica
in base ai criteri di straordinarieta',  necessita'  ed  urgenza  che
l'art. 77, comma 2, Costituzione pone quale  inderogabile  condizione
all'eccezionale  esercizio  del  potere  legislativo  da  parte   del
Governo,  stabilendo  che  «in  casi  straordinari  di  necessita'  e
d'urgenza,  il  Governo  adotta,  sotto   la   sua   responsabilita',
provvedimenti provvisori con forza di legge,». 
    Nella fattispecie la disposizione che si impugna e'  inserita  in
un  decreto-legge  che  s'intitola  «Disposizioni  urgenti   per   il
contenimento della  spesa  sanitaria  e  in  materia  di  regolazioni
contabili con le autonomie locali», il quale e'  emanato  sulla  base
della  seguente  premessa:  «Visti  gli  articoli  77  e   87   della
Costituzione; 
    Ritenuta la  straordinaria  necessita'  ed  urgenza  di  adottare
disposizioni in materia di gestione commissariale delle  regioni  che
non rispettino gli adempimenti previsti  dai  piani  di  rientro  dai
deficit  sanitari,  al  fine  di  assicurare   il   risanamento,   il
riequilibrio economico-finanziario e la riorganizzazione del  sistema
sanitario  regionale,  anche  sotto  il  profilo   amministrativo   e
contabile, tali da tutelare l'unita' economica e i livelli essenziali
delle prestazioni; 
    Ritenuta, altresi' la  straordinaria  necessita'  ed  urgenza  di
adottare disposizioni in materia di contabilita'  degli  enti  locali
per consentire l'ordinaria gestione contabile in considerazione della
scadenza del termine per l'approvazione del bilancio di  assestamento
dei medesimi enti; 
    Ravvisata, infine, la necessita' e l'urgenza di  provvedere  alla
riprogrammazione delle risorse di  cui  alla  delibera  CIPE  del  30
settembre 2008, per consentire  l'accelerazione  dell'utilizzo  delle
risorse medesime, in funzione degli interventi previsti dalla  stessa
delibera e del relativo possibile differente utilizzo anche per spese
di natura corrente;». 
    Senza alcun aggancio  logico  e  plausibile  con  le  ragioni  di
contenimento della spesa sanitaria e con le altre - invero del  tutto
genericamente ed apoditticamente (senza neanche chiarire quale sia la
ragione  della  straordinaria   necessita'   ed   urgenza)   indicate
nell'illustrata premessa - di ordinaria gestione contabile degli enti
locali e di riprogrammazione delle risorse di cui alla delibera  CIPE
del 30 settembre 2002, la norma che si censura configura in capo allo
Stato un potere sostitutivo delle regioni e delle autonomie locali in
materia di piani di ridimensionamento delle  istituzioni  scolastiche
rientranti nelle loro competenze, da  ultimare  in  tempo  utile  per
assicurare il  conseguimento  degli  obiettivi  di  razionalizzazione
della rete  scolastica  a  decorrere  dal  prossimo  anno  scolastico
2009/2010  (quindi  nemmeno  in  riferimento  al  corrente  anno)  e,
comunque, «a regime», non oltre il 30  novembre  di  ogni  successivo
anno. 
    La norma interviene in tema di piani di  ridimensionamento  delle
istituzioni scolastiche, innestandosi come un corpo  estraneo  in  un
articolato normativo sorretto da ragioni di straordinaria  necessita'
ed urgenza (invero, indicate in modo affatto  evanescente)  tuttavia,
riferite a differenti materie ed oggetti, come si evince  dal  titolo
del decreto-legge e come si legge nello stesso  preambolo  espressivo
delle presunte situazioni straordinarie di necessita' ed  urgenza,  a
conferma della evidente carenza dei presupposti fattuali a cui l'art.
77, comma 2,  Costituzione  condiziona  il  legittimo  esercizio  del
potere legislativo da parte del Governo. 
    L'evidente  estraneita'  del  contenuto  della  norma   impugnata
rispetto alla materia ed alle ragioni di straordinaria necessita'  ed
urgenza figuranti nel titolo e nel preambolo del d.l. n.  2008,  sono
tali da porre un'evidente violazione  del  parametro  costituzionale,
anche mediatamente in ragione della violazione  della  norma  di  cui
all'art. 15, comma 3, legge  n.  400/1988,  secondo  cui  «I  decreti
devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto
deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». 
    Nessuno di siffatti caratteri si attaglia  alla  censurata  norma
del decreto-legge. 
    Mancano  ragioni  e  contenuti  dispositivi  che   ne   impongono
un'immediata attuazione e,  in  ogni  caso,  assolutamente  non  v'e'
omogeneita' del contenuto della censurata  norma  con  le  richiamate
ragioni di urgenza,  anche  a  prescindere  dalla  corrispondenza  al
titolo del decreto-legge, riferito a tutt'altro oggetto. 
    Come insegna codesta ecc.ma  Corte  costituzionale  (sentenze  30
aprile 2008, n. 128 e 23 maggio 2007, n. 171),  «L'utilizzazione  del
decreto-legge non puo' essere sostenuta dall'apodittica  enunciazione
dell'esistenza delle ragioni di necessita' e  di  urgenza,  ne'  puo'
esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza  della  disciplina
che  e'  stata  introdotta.  Di  conseguenza,  e'  costituzionalmente
illegittima la norma che si connota per la sua  evidente  estraneita'
rispetto alla  materia  disciplinata  dalle  altre  disposizioni  del
decreto-legge in cui e' inserita e in ordine alla quale la  relazione
al  disegno  di  legge  di  conversione  del  decreto  giustifica  la
modifica, ma non rende ragione  dell'esistenza  della  necessita'  ed
urgenza di intervenire sulla norma.»). 
    Si puntualizza nel richiamato precedente di codesta ecc.ma  Corte
(n.  171  del  2007)  che  «Il  difetto  dei  requisiti  del   ''caso
straordinario   di   necessita'   e   d'urgenza''   che   legittimano
l'emanazione del decreto-legge, una volta intervenuta la conversione,
si  traduce  in  un  vizio  in  procedendo  della   relativa   legge,
suscettibile di sindacato da parte della  Corte  costituzionale,  sia
perche' ritenere che la legge di conversione sani in ogni caso i vizi
del decreto comporterebbe l'attribuzione in concreto  al  legislatore
ordinario del potere di  alterare  il  riparto  costituzionale  delle
competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione  delle
fonti  primarie,  sia  perche'  le  disposizioni   della   legge   di
conversione in quanto tali non  possono  essere  valutate,  sotto  il
profilo della legittimita' costituzionale,  autonomamente  da  quelle
del decreto stesso, in considerazione  del  rilievo  che  l'immediata
efficacia del decreto-legge condiziona  l'attivita'  del  Parlamento,
che si trova a compiere le proprie valutazioni  e  a  deliberare  con
riguardo ad una situazione modificata da norme poste da un organo cui
di regola, quale titolare dei potere esecutivo,  non  spetta  emanare
disposizioni  aventi  efficacia  di  legge.»  (v.  gia'  sentenza  n.
29/1995). 
    B)  Nell'occasione  il  Governo  ricorrendo  allo  strumento  del
decreto- legge, con il pretesto di una (insussistente)  straordinaria
necessita' ed urgenza, ha  precluso  una  preventiva,  democratica  e
serena riflessione in seno alla istituzionale sede parlamentare, allo
scopo di affidare a se' medesimo, immediatamente e senza una compiuta
ponderazione idonea a consentire il confronto anche  con  le  istanze
rappresentative delle  autonomie  locali,  un  controllo  sostitutivo
sull'operato delle regioni e  delle  autonomie  locali,  espropriate,
come innanzi illustrato, delle competenze legislative,  regolamentari
ed amministrative loro assegnate dalle norme  costituzionali  innanzi
citate. 
    Ha assegnato, infatti, al Presidente del Consiglio dei  ministri,
mediante la procedura di cui all'art.  8,  comma  1,  della  legge  5
giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia  e  delle
finanze,   di   concerto    con    il    Ministro    dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i  rapporti
con le regioni, il potere di diffidare «le regioni e gli enti  locali
inadempienti ad adottare,  entro  quindici  giorni,  tutti  gli  atti
amministrativi, organizzativi e  gestionali  idonei  a  garantire  il
conseguimento  degli  obiettivi  di  ridimensionamento   della   rete
scolastica» prevedendo in  caso  di  perdurante  inadempimento  delle
regioni e gli enti locali competenti che «il Consiglio dei  ministri,
su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,  di  concerto
con il Ministro dell'istruzione, dell'universita'  e  della  ricerca,
sentito il  Ministro  per  i  rapporti  con  le  regioni,  nomini  un
commissario ad acta». 
    In definitiva, con l'inappropriato strumento del decreto-legge il
Governo ha disciplinato  procedimenti  di  controllo  sostitutivo  di
regioni ed enti locali (persino in  deroga  a  quelli  ordinariamente
previsti dalla stessa legge n. 131/2003, art. 8) che, in ragione  del
riferimento ai successivi anni scolastici, a decorrere  dal  prossimo
2009/2010, sono destinati a divenire  meccanismo  di  controllo,  per
cosi'  dire,  «a  regime»,  vale  a  dire  del  tutto   ordinario   e
assolutamente non straordinario. 
    La norma censurata ed impugnata viola,  dunque,  direttamente  il
parametro     costituzionale     sotto     l'evidenziato      profilo
dell'estromissione  delle  istanze  rappresentative  delle  autonomie
legali attraverso il ricorso alla forma legislativa del decreto-legge
ed ancora, mediatamente, perche' viola la norma di  cui  all'art.  5,
lett.  a)  legge  n.  400/1988,  secondo  cui  «La  Conferenza  viene
consultata: a) sulle  linee  generali  dell'attivita'  normativa  che
interessa  direttamente  le  regioni  e  sulla  determinazione  degli
obiettivi di programmazione  economica  nazionale  e  della  politica
finanziaria e di bilancio, salve le ulteriori  attribuzioni  previste
in base al comma 7 del presente articolo;». 
    Non di meno viola  la  norma  costituzionale  anche  mediante  la
violazione della interposta norma di cui all'art. 1, comma  4,  della
legge n. 131/2003, come modificato prima dall'art. 1 della  legge  28
maggio 2004, n. 140 e, successivamente, dall'art. 4  della  legge  27
dicembre 2004, n. 306 secondo cui: «In sede  di  prima  applicazione,
per orientare l'iniziativa legislativa dello Stato  e  delle  Regioni
fino all'entrata in vigore delle leggi con  le  quali  il  Parlamento
definira' i nuovi principi fondamentali, il Governo  e'  delegato  ad
adottare, entro tre anni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri
di  concerto  con  i  Ministri  interessati,  uno  o   piu'   decreti
legislativi meramente ricognitivi dei principi  fondamentali  che  si
traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste  dall'art.  117,
terzo  comma,  della  Costituzione,  attenendosi  ai  principi  della
esclusivita', adeguatezza, chiarezza, proporzionalita' ed omogeneita'
e indicando, in ciascun decreto, gli ambiti normativi che non vi sono
compresi. Gli schemi dei  decreti,  dopo  l'acquisizione  del  parere
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e
le Province autonome di Trento e di Bolzano, di  seguito  denominata:
"Conferenza  Stato-Regioni",   sono   trasmessi   alle   Camere   per
l'acquisizione del  parere  da  parte  delle  competenti  Commissioni
parlamentari, compreso quello della Commissione parlamentare  per  le
questioni   regionali,   da   rendersi    entro    sessanta    giorni
dall'assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti  tali  pareri,
il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con  le
eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed alle Camere
per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro  trenta
e sessanta giorni dalla trasmissione dei testi  medesimi.  Il  parere
parlamentare definitivo e' reso dalla Commissione parlamentare per le
questioni regionali. Gli schemi di decreto legislativo sono esaminati
rilevando  se  in  essi  non  siano  indicati  alcuni  dei   principi
fondamentali ovvero se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto
innovativo dei principi fondamentali, e non meramente ricognitivo  ai
sensi del presente comma, ovvero si riferiscano a norme  vigenti  che
non abbiano la natura di  principio  fondamentale.  In  tal  caso  il
Governo puo' omettere quelle disposizioni  dal  decreto  legislativo,
oppure le puo' modificare in conformita' alle  indicazioni  contenute
nel parere o, altrimenti, deve trasmettere ai Presidenti delle Camere
e al Presidente  della  Commissione  parlamentare  per  le  questioni
regionali una relazione  nella  quale  sono  indicate  le  specifiche
motivazioni di difformita' dal parere parlamentare». 
    La norma interessa ai fini del presente ricorso sotto il  duplice
profilo del coinvolgimento necessario della Conferenza  Stato-Regioni
nel procedimento di definizione dei principi generali in  materie  di
legislazione concorrente tra Stato e Regioni e del  riferimento  alle
leggi emanate dal Parlamento come strumento di definizione dei  nuovi
principi generali in materia di legislazione concorrente. 
    Con  l'adozione  del  decreto-legge,   strumento   che   preclude
l'immediata partecipazione della Conferenza Stato-Regioni e  che  non
si presta alla definizione, preventivamente sottoposta al vaglio  del
predetto organo, dei principi generali, il Governo e' intervenuto  in
materia di legislazione  concorrente;  delle  due  l'una:  o  non  e'
intervenuto in materia per porre principi generali, dunque,  violando
l'art. 117 Costituzione, comma 3, oppure ha inteso porre un principio
generale e, pertanto, violando l'art. 1 comma 4,  legge  n.  131/2003
sotto entrambi i profili illustrati. 
    Occorre infine segnalare che persino in sede di  definizione  del
«piano  programmatico   di   interventi   volti   ad   una   maggiore
razionalizzazione dell'utilizzo delle  risorse  umane  e  strumentali
disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al
sistema scolastico» di cui all'art. 64, comma 3, del d.l.  25  giugno
2008, convertito con modifiche nella legge 6 agosto 2008, n. 133,  e'
previsto  l'obbligatorio  parere  della  Conferenza  Stato-citta'  ed
autonomie locali, unificata per le materie e i compiti  di  interesse
comune delle regioni, delle province, dei comuni  e  delle  comunita'
montane, con la Conferenza Stato-Regioni. 
    Nessuna partecipazione della suddetta conferenza  si  prevede  in
occasione dell'espletamento del  sanzionatorio  potere  di  controllo
sostitutivo attribuito al Governo dello Stato. 
    Violazione del principio di  ragionevolezza  di  cui  all'art.  3
della Costituzione. 
    Come  illustrato,  la  norma  che  si  censura  attribuisce   uno
spropositato potere sostitutivo all'organo di  nomina  governativa  a
fronte del mero inadempimento del piano  di  ridimensionamento  delle
istituzioni  scolastiche,  evidenziando   anche   l'irragionevole   e
spropositato utilizzo dello strumento legislativo del decreto-legge -
si ribadisce - per eludere il confronto nella sede parlamentare e con
le istanze rappresentative di regioni ed autonomie locali. 
    Utilizzo irragionevole e spropositato per porre, s'e' detto,  una
disciplina destinata ad  operare  in  deroga  alla  stessa  legge  n.
131/2001 ed «a regime»,  cioe'  in  riferimento  ad  anni  scolastici
successivi a decorrere da quello venturo 2009/2010. 
    La  norma  censurata  si  rivela  pretestuosa,  spropositata   ed
irragionevole anche per il suo contenuto:  infatti,  mentre,  per  un
verso, presuppone l'inadempimento delle regioni e degli  enti  locali
in  ordine  ai  «I  piani  di  ridimensionamento  delle   istituzioni
scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e  degli  enti
locali», poi, d'altro canto, estende il contenuto  della  diffida  e,
quindi del potere  sostitutivo  a  «tutti  gli  atti  amministrativi,
organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento  degli
obiettivi di ridimensionamento della  rete  scolastica»,  non  meglio
precisati  e  specificati,   ma   genericamente   ed   universalmente
richiamati,  per  affidarne  tutti  i  poteri  di  adozione  ad   «un
commissario ad acta», ed addossandone «Gli eventuali oneri  derivanti
da tale nomina ..., a carico delle regioni e degli enti locali»,  con
evidente maggior esborso di danaro pubblico  ed  evidente  collisione
con le preannunciate ragioni di «contenimento della spesa sanitaria e
in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali». 
    Restano inesplicati ed inesplicabili  i  nessi  tra  i  contenuti
della  censurata  disposizione,  idonei  a  sostanziare  un  generale
esproprio dei poteri assegnati alle autonomie locali  in  materia  di
istruzione,  anche  se  con  imprecisato   riferimento   a   generici
«obiettivi di,  ridimensionamento  della  rete  scolastica»,  con  le
ragioni di «straordinaria necessita' ed urgenza  ...  in  materia  di
gestione  commissariale  delle  regioni  che   non   rispettino   gli
adempimenti previsti dai piani di rientro dai  deficit  sanitari,  al
fine    di    assicurare    il    risanamento,    il     riequilibrio
economico-finanziario e la  riorganizzazione  del  sistema  sanitario
regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tali da
tutelare l'unita' economica e i livelli essenziali delle prestazioni;
... in materia di  contabilita'  degli  enti  locali  per  consentire
l'ordinaria gestione contabile in considerazione della  scadenza  del
termine per l'approvazione del bilancio di assestamento dei  medesimi
enti; ... di provvedere alla riprogrammazione delle  risorse  di  cui
alla  delibera  CIPE  del   30   settembre   2008,   per   consentire
l'accelerazione dell'utilizzo delle  risorse  medesime,  in  funzione
degli interventi  previsti  dalla  stessa  delibera  e  del  relativo
possibile differente utilizzo anche per spese di natura corrente;». 
    Occorre, infine, evidenziare che presupponendo  il  (pretestuoso)
esercizio del controllo  sostitutivo  dello  Stato  un  inadempimento
delle regioni e degli enti locali in ordine all'adozione  dei  «piani
di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti  nelle
competenze delle regioni e degli enti locali», si  determinerebbe  la
spropositata ed irragionevole conseguenza, in ragione  della  vigenza
dell'art. 138, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 117/1998 - secondo cui «Ai
sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, sono delegate
alle regioni le seguenti funzioni amministrative: ... 
    b) la programmazione,  sul  piano  regionale,  nei  limiti  delle
disponibilita' di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica,
sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la
programmazione di cui alla lettera a)», sicche' l'adozione dei  piani
provinciali   costituisce   un   prius   autonomo    rispetto    alla
programmazione regionale (cfr. ad es. T.a.r. Sardegna Cagliari,  sez.
I, 22 aprile 2004, n. 547) - di  esautorare  le  incolpevoli  regioni
dall'esercizio dei loro poteri di programmazione e da tutti gli  atti
di   competenza    riconducibili    al    generico    obiettivo    di
ridimensionamento della rete scolastica, anche allorquando  ritardino
l'adozione della programmazione di  competenza  a  causa  di  ritardi
invece addebitabili agli enti territoriali minori. 
    A  prescindere  dal  pericoloso  innesco   di   una   carica   di
conflittualita' nei rapporti fra regioni ed  enti  locali,  idonei  a
minare   la   leale   collaborazione    ed    il    buon    andamento
dell'amministrazione. 
    In definitiva, il principio di ragionevolezza sotteso all'art.  3
della  Costituzione  e'  violato:   a)   per   l'incomprensibile   ed
insussistente nesso tra il  contenuto  della  norma  censurata  e  le
predette  finalita',  anche   a   prescindere   da   valutazioni   di
straordinaria necessita' ed urgenza; b) per lo spropositato potere di
diffida e controllo  sostitutivo  generalizzato,  esteso  a  tutti  i
poteri di regioni ed enti locali in materia di istruzione, in  ordine
all'obiettivo, non meglio  specificato,  di  ridimensionamento  della
rete scolastica,  a  fronte  della  mancata  adozione  del  piano  di
ridimensionamento  delle  istituzioni  scolastiche;  c)  l'aggiuntivo
esborso di danaro pubblico  a  fronte  dei  dichiarati  obiettivi  di
contenimento della spesa pubblica, del resto riferiti  a  materie  ed
esigenze  estranee  all'oggetto  della  norma   censurata;   d)   per
l'irrazionale esautorazione delle regioni dai  poteri  di  competenza
anche quando l'inadempimento sia invero imputabile ad inadempienze  a
monte di enti locali.