IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. B. Z., ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato con provvedimento del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Ascoli Piceno del 25 febbraio 2008, ha chiesto a questo tribunale, con ricorso ai sensi dell'art. 9, legge n. 898/1970, di modificare le statuizioni contenute nella sentenza n. 174/2007 emanata da questo tribunale tra la medesima ricorrente e G.P. all'esito della causa di divorzio. Nel ricorso, la suddetta B., ha chiesto la modifica delle statuizioni sia in relazione all'assegno divorzile, sia in relazione all'assegno posto a carico del G., quale contributo al mantenimento della figlia S., nata dal matrimonio, lamentando l'inadeguatezza di tali statuizioni in relazione alle esigenze della stessa ricorrente e della figlia. Il procedimento si e' concluso con declaratoria d'inammissibilita' del ricorso, in quanto, come da costante e notoria giurisprudenza di legittimita', nei procedimenti ai sensi dell'art. 9, legge n. 898/1970, il giudice e' tenuto solo a valutare se sono sopravvenute circostanze che giustifichino una diversa misura dell'assegno divorzile o dell'assegno da corrispondere quale contributo al mantenimento dei figli o eventualmente diversa modalita' di corresponsione (si veda tra le piu' recenti, la sentenza della Corte di cassazione, sez. I, n. 22249 del 23 ottobre 2007). Con il provvedimento che ha rigettato il ricorso, questo tribunale ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento sostenute da controparte, liquidate in complessivi € 800,00, di cui € 500 per onorari, oltre IVA e CPA come per legge. Il difensore della ricorrente, avv. Roberta Alessandrini, ha presentato istanza di liquidazione dei compensi per l'attivita' difensiva svolta, per € 5.049,91. Ritiene il tribunale che, nel caso di specie, sin dall'inizio, la parte ricorrente, non dovesse essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato, per i seguenti motivi. L'art. 126, d.P.R. n. 115/2002, al riguardo, stabilisce che «il Consiglio dell'ordine degli avvocati, verificata l'ammissibilita' dell'istanza, ammette l'interessato in via anticipata e provvisoria al patrocinio se, alla stregua della dichiarazione sostitutiva della certificazione prevista, ricorrono le condizioni di reddito cui l'ammissione al beneficio e' subordinata e se le pretese che l'interessato intende far valere non appaiono manifestamente infondate»; L'art. 82, sia pure in relazione all'entita' della liquidazione degli onorari, stabilisce che occorra tener conto dell'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona offesa». L'art. 127, quarto comma prevede che «l'effettivita' e la permanenza delle condizioni previste per l'ammissione al patrocinio e in ogni tempo, anche successivo all'ammissione, (va) verificata su richiesta dell'autorita' giudiziaria...». L'art. 127, quarto comma del d.P.R. n. 115/2002 sembra limitare l'accertamento demandato all'autorita' giudiziaria ai soli presupposti economici relativi all'effettivita' ed alla permanenza delle condizioni previste per l'ammissione al patrocinio, con esclusione, quindi, della verifica (con valutazione ex ante) della non manifesta infondatezza delle pretese che l'interessato intendeva far valere in giudizio, illustrate (presumibilmente) con la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato. Tutto cio' premesso, osserva il Collegio che le norme contenute negli artt. 126 e 127 quarto comma, d.P.R. n. 115/2002 si pongono, nel loro complesso, in contrasto con il disposto dell'art. 24 della Costituzione, il quale, al comma n. 3, stabilisce che «sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione». Dalla lettura di tale norma costituzionale sembra al Collegio potersi desumere che: il gratuito patrocinio non e' assicurato in ogni caso al non abbiente che intenda agire in giudizio, ma solo nell'ipotesi in cui questi si trovi nella necessita' di far valere una pretesa che si assume ragionevolmente fondata, sia pure in base ad una valutazione sommaria: in altri termini, non appare coerente al disposto costituzionale assicurare al non abbiente la difesa in ogni caso in cui questi, in base a mere convinzioni personali, ritenga di poter far valere un diritto che in realta' non appare sussistente o, addirittura, si proponga di porre in essere iniziative giudiziarie palesemente infondate anche al solo scopo di arrecare disturbo ai soggetti che intende convenire in giudizio; il gratuito patrocinio (che e' l'istituto in concreto adottato dal legislatore ordinario per assicurare ai non abbienti i mezzi economici necessari per la tutela giurisdizionale dei loro diritti soggettivi o interessi legittimi) dovrebbe essere assicurato in ogni caso in cui il non abbiente sia convenuto in giudizio, non avendo egli adottato l'iniziativa di adire il giudice, ma trovandosi nella necessita' di doversi difendere in giudizio a seguito di iniziativa giudiziaria altrui e sempre che, anche in tal caso, la linea difensiva adottata non sia meramente pretestuosa o dilatoria e, come tale, si traduca in un'ingiustificata opposizione alle pretese fatte valere in giudizio dalla controparte. Cio' posto, si sottolinea che la norma contenuta nell'art. 126, d.P.R. n. 115/2002 in esame appare coerente con tale costruzione nella parte in cui subordina l'ammissione in via provvisoria del soggetto non abbiente al gratuito patrocinio alla valutazione preventiva del Consiglio dell'ordine degli avvocati che e' tenuto ad accertare la sussistenza non solo dei presupposti di reddito per l'ammissione, ma anche la non manifesta infondatezza delle pretese che l'interessato intende far valere. Si rileva, tuttavia, che l'ammissione in via provvisoria da parte del Consiglio dell'ordine non e' subordinata ad alcun obbligo di motivazione da parte del medesimo consiglio sul punto relativo alla valutazione della non manifesta infondatezza della pretesa che il non abbiente intende far valere in giudizio, rendendo in tal modo impossibile al giudice, che dovra' poi provvedere alla liquidazione dei compensi spettanti al difensore del soggetto ammesso al gratuito patrocinio, accertare su quali basi il Consiglio dell'ordine abbia ritenuto la pretesa «non manifestamente infondata». La mancanza della motivazione (sia pure sommaria) da parte del Consiglio dell'ordine degli avvocati rende assolutamente impossibile la verifica, da parte del giudice, della completezza e della correttezza del procedimento che si e' concluso con il provvedimento di ammissione in via provvisoria al gratuito patrocinio a spese dello Stato, nel senso non sempre il giudice, sia pure rapportandosi al momento precedente all'inizio della causa, e' in grado di stabilire se ricorressero le condizioni della «non manifesta infondatezza del diritto» previste dall'articolo in esame. Cio' appare evidente, ove si consideri (ed e' appena il caso di rilevarlo) che l'esito di ogni vertenza appare quasi spesso incerto, in quanto le previsioni iniziali prescindono dalla disamina della linea difensiva avversaria (e di cio' occorre tener conto quando l'ammissione al gratuito patrocinio sia antecedente all'inizio della causa); inoltre, quando l'ammissione al gratuito patrocinio intervenga in corso di causa, le valutazioni sulla fondatezza della pretesa sono parimenti difficili, soprattutto quando l'oggetto della causa e le deduzioni istruttorie delle parti non siano state compiutamente definite. Nonostante cio', nel caso di specie, come in ogni altro caso in cui, sin dall'inizio, la pretesa fatta valere dall'ammesso al gratuito patrocinio era palesemente infondata (e quindi l'esito del giudizio, sfavorevole al soggetto ammesso la gratuito patrocinio, appariva scontato), appare illogico e contrario alle previsioni dell'art. 24, terzo comma della Costituzione il disposto dell'art. 127, ultimo comma, d.P.R. n. 115/2002 nella parte in cui non prevede che il giudice, chiamato a provvedere sulla liquidazione dei compensi spettanti al difensore, non possa, oltre a verificare la sussistenza effettiva e la permanenza, nel corso del giudizio, delle condizioni economiche necessarie per l'ammissione (o per la conservazione) del beneficio del gratuito patrocinio, valutare se, in relazione alla pretesa fatta valere in giudizio dal soggetto ammesso al gratuito patrocinio, sussistessero, sin dall'inizio (e quindi con un giudizio ex ante), le condizioni previste dall'art. 126, primo comma, d.P.R. n. 115/2002. Tale rilievo appare fondato anche ove si consideri che il giudice, nel liquidare il compenso al difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio, deve valutare, ai sensi dell'art. 82, d.P.R. n. 115/2002 (dettata, a quanto sembra, con riferimento al gratuito patrocinio in favore della parte civile nei procedimenti penali), «l'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona offesa». Ove si dovesse tenere conto di tale principio, che appare di portata generale, appare chiaro che, in tutti i casi di palese infondatezza della pretesa fatta valere in giudizio dal soggetto ammesso al gratuito patrocinio, dovendosi escludere che a quest'ultimo sia derivata un'utilita' di qualunque genere dal giudizio intrapreso, mancherebbero del tutto i parametri di valutazione del compenso da liquidare in favore del suo difensore: infatti, se l'«incidenza» dell'intero giudizio rispetto alla posizione processuale dell'interessato e' inesistente, non si dovrebbe riconoscere alcun diritto al difensore dell'ammesso al gratuito patrocinio a percepire compensi, da porre a carico dello Stato, per l'attivita' svolta. In altri termini, quando la pretesa fatta valere in giudizio appariva, sin dall'inizio, palesemente infondata, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato non determina alcun vantaggio per la parte ammessa, sicche' non puo' ritenersi raggiunta (nonostante l'impegno economico che grava sulla finanza pubblica) la finalita' di tutela del non abbiente alla quale l'art. 24 della Costituzione tende. In aggiunta alla denunciata irrazionalita' della norma in questione ed al suo contrasto con il disposto del terzo comma dell'art. 24 della Costituzione, appare opportuno aggiungere che l'elevatissimo numero di cause intentate dai soggetti ammessi al gratuito patrocinio (che agiscono senza il «deterrente» degli effetti economici negativi derivanti dalla condanna alle spese del giudizio) ha, quale ulteriore (innegabile) effetto, un evidente pregiudizio alla funzionalita' dell'intero sistema giudiziario, essendo gli organi giurisdizionali spesso chiamati a provvedere su pretese del tutto infondate, con distrazione di risorse che potrebbero essere diversamente (e piu' fruttuosamente) impiegate. Sotto questo aspetto, il sistema di norme in esame si pone in contrasto anche con l'art. 97 della Costituzione, il quale stabilisce, come e' noto, che le leggi che regolano l'organizzazione dei pubblici uffici devono assicurare il buon andamento dell'amministrazione, come tale dovendosi intendere anche l'amministrazione della giustizia, la quale subisce gravi disfunzioni ricollegabili a numerose iniziative giudiziarie rivelatesi poi relative a pretese del tutto infondate. Nel caso di specie, il tribunale ritiene che al difensore della suddetta B. Z. non debba essere liquidato alcun compenso, perche' la ricorrente non ha tratto alcuna utilita' dal giudizio intrapreso per motivi del tutto noti e prevedibili gia' al momento della presentazione dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato e della successiva presentazione del ricorso. Il tribunale, tuttavia, non puo' pervenire a tale determinazione indipendentemente dalla risoluzione della questione di illegittimita' costituzionale sopra illustrata.