LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'istanza di sospensione dell'atto impugnato relativa al ricorso n. 331/08, depositato il 6 febbraio 2008, avverso ingiunzione di pagamento n. 1572/2006 pubblicita', contro Comune di Genova, proposto dalla ricorrente I.M.C. s.n.c. di Fabrizio Pinna e Luigi Vezzosi, riassunzione a seguito sent.1983/07 Trib. civ. Genova - Sez. 1, corso Sardegna n. 54 A/2 - 16142 Genova, difeso da Mauceri Corrado, via Palestro 2/3 - 16100 Genova. O s s e r v a Il Comune di Genova - Direzione tributi, con l'atto indicato in epigrafe, ingiungeva alla s.n.c. IMC di Fabrizio Pinna e Luigi Vezzosi, ai sensi degli artt. 8, 11, 18 della legge n. 689/1981; dell'art. 107 del d.lgs. n. 267/2000 e dell'art. 58 dello statuto del Comune di Genova, il pagamento della somma di complessivi 24.775,00 euro, oltre spese di notifica, a titolo di sanzione amministrativa per violazione di norme, artt. 62, comma 2, lett. e) del d.lgs. n. 446/1997 e 29 del vigente regolamento comunale approvato con deliberazione di C.C. n. 132 del 16 dicembre 2003, in materia di effettuazione della pubblicita', sull'applicazione del canone per istallazione di mezzi pubblicitari, anno 2004. Avverso questo atto di ingiunzione la I.M.C. International Media Company s.n. c. di Fabrizio Pinna e Luigi Vezzosi in persona del socio nonche' legale rappresentante pro tempore sig. Pinna Fabrizio ha proposto ricorso, per riassunzione del giudizio, gia' promosso nanti il Tribunale civile di Genova, dichiaratosi incompetente con sentenza n. 1983/2007, notificandolo, mezzo ufficiale giudiziario, addetto all'Ufficio notifiche presso la Corte d'appello di Genova, al Comune di Genova. Con l'unico e complesso motivo deduce l'illegittimita dell'atto impugnato perche' non avrebbe mai effettuato installazione pubblicitaria di cui all'atto impugnato (fondato su un cartello pubblicitario monofacciale, illuminato da faretti, della superficie di mq. 108, con dicitura «Sorridi c'e' il sole New Beetle ecc.» installato sulla parte del condominio di p.zza Paolo da Novi, civico 1, lato c.so Buenos Aires), ne' avrebbe mai avuto la disponibilita' dell'immobile su cui tale installazione e' stata effettua, ne' avrebbe la proprieta' del materiale pubblicitario oggetto dell'installazione medesima, ne' sarebbe titolare del contratto pubblicitario in esame. Precisa che l'installazione in argomento e' stata effettuata dalla Trend Promotion s.r.l., con sede in Milano, via Ludovico di Breme, n. 79, la quale aveva la disponibilita' della facciata dell'edificio di p.zza Paolo da Novi 1, in conseguenza del contratto di affitto stipulato tra la stessa e il condominio di p.zza Paolo da Navi, 1. La quale sarebbe, inoltre, stata proprietaria dei teli e delle relative strutture di supporto, cosi' come titolare dei relativi contratti pubblicitari con i soggetti reclamizzati ed avrebbe, infine, sempre, corrisposto al Comune di Genova, per l'affissione in questione, la pertinente imposta di pubblicita'. Chiede, pertanto, l'annullamento dell'impugnata ingiunzione di pagamento, con vittoria di spese, previa sua cautelare sospensione. Si e' costituito, per la riassunzione del giudizio gia' pendente nanti il Tribunale civile di Genova, dichiaratosi incompetente con la sentenza sopraccitata, il Comune di Genova in persona dei sindaco pro tempore, prof. Marta Vincenzi, rappresentato e difeso dal dott. Ennio Dina, e in sua sostituzione dalla dott.ssa D'Amore e dal dott. Domenico Finocchietti, in forza dell'ordinanza n. 20 del 31 gennaio 2007, autorizzato con delibera di Giunta. Con l'atto di costituzione in giudizio e controdeduzioni depositato il 20 marzo 2008, il Comune, evidenziato la violazione dell'art. 8 del Regolamento comunale, nonche' dell'art. 62, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997, afferma la sussistenza della giurisdizione delle commissioni tributarie ai sensi dell'art. 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 546/1992 come modificato dall'art. 3-bis del decreto legge n. 203/2005 e chiede il rigetto dell'istanza di sospensione per mancanza del periculum in mora e del fumus boni iuris; e, nel merito, il rigetto del ricorso poiche' infondato in fatto e in diritto. Con vittoria di spese ed onorari di giudizio. Nell'odierna camera di consiglio, per la trattazione dell'istanza di sospensione dell'atto impugnato, le parti presenti, hanno insistito nei rispettivi assunti. Motivi della decisione In via preliminare occorre sollevare la questione di costituzionalita' dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma l, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art, 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui si stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria .... le controversie attinenti .... il canone sulla pubblicita'...», in riferimento all'art. 102, secondo comma, Costituzione, considerato che la decisione sulla controversia, oggetto di ricorso, postula che la stessa abbia natura tributaria e che il relativo difetto e' rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, a norma dell'art. 3, d.lgs. n. 546/1992. La controversia sottoposta all'attenzione di questa Commissione tributaria ha ad oggetto non gia' il pagamento di un tributo quale era certamente l'imposta sulla pubblicita', disciplinata dal Capo I del d.lgs. n. 507/1993, ma il pagamento del «canone per l'istallazione di mezzi pubblicitari» - relativo all'anno 2004 - introdotto con l'art. 62 del d.lgs. n. 15 dicembre 1997, n. 446, in sede di riordino della disciplina dei tributi locali, quale corrispettivo, in base a tariffa, dell'autorizzazione all'installazione del mezzo pubblicitario. Questo canone rientrando nel novero delle entrate pubbliche patrimoniali, non ha piu' natura tributo. Ne consegue che ogni controversia al riguardo dovrebbe appartenere non gia' alla giurisdizione tributaria bensi' a quella del giudice ordinario. Tanto si ricava dalla sentenza n. 64/2008 della Corte costituzionale, che ha dichiarato «L'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui si stabilisce che "Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall'art. 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni"» proprio per contrasto con l'art. 102, secondo comma Costituzione, poiche' prive di natura tributaria. Ne vale a far ritenere manifestamente infondata la questione di costituzionalita' che si intende qui sollevare evocare quanto gia' sostenuto in sede di legittimita', sia pure in materia di TIA, per affermare la riconducibilita' del canone che qui interessa nell'ambito della materia tributaria, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che l'ha introdotto - «riordino della disciplina dei tributi locali» - trattandosi di' fattispecie in qualche misura simile a quella che in precedenza rivestiva indiscussa natura tributaria. Siffatto argomentare si scontra innanzi tutto con il principio affermato del Giudice delle leggi con la sentenza n. 64/2008: «il difetto della natura tributaria della controversia fa necessariamente venir meno il fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario, con la conseguenza che l'attribuzione a tale giudice della cognizione della suddetta controversia si risolve inevitabilmente nella creazione, costituzionalmente vietata, di un "nuovo" giudice speciale». Esso si pone poi in netto contrasto con il chiaro dettato dell'art. 62, comma 1, d.lgs. n. 446/1997 che ha previsto l'altrenativita' tra «imposta comunale sulla pubblicita» e «canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari», in base a tariffa, quale corrispettivo della relativa autorizzazione. Se fosse sostanzialmente identica la natura giuridica delle due entrate (imposta e canone) non si comprende la ragione per la quale il legislatore nel riordinare la disciplina dei tributi locali abbia attribuito ai comuni la potesta' regolamentare «di escludere l'applicazione nel proprio territorio dell'imposta comunale sulla pubblicita' di cui al Capo I del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, sottoponendo le iniziative pubblicitari che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente, ad un regime autorizzatorio e assoggettandolo al pagamento di un canone in base a tariffa». Il persistere, sia pure in via alternativa, di «imposta» e «canone» sulla pubblicita', depone per la differente «natura» delle due entrate ancorche' pubbliche: «tributaria» la prima, «patrimoniale» la seconda. Tanto basta a rendere non manifestamente infondata e giuridicamente rilevante nel caso di specie, la questione di legittimita' costituzionale dall'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui si stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria .... le controversie attinenti ..... il canone sulla pubblicita' .....», in riferimento all'art. 102, secondo comma, Costituzione.