Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4, 52,  63  e
64 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della
legge 24 novembre 1999,  n.  468),  promosso  con  ordinanza  del  25
ottobre 2007 dalla Corte di  cassazione  nel  procedimento  penale  a
carico di M. R., iscritta al n. 59  del  registro  ordinanze  2008  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2008. 
    Udito nella Camera di consiglio del 3 dicembre  2008  il  giudice
relatore Paolo Maddalena. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 25  ottobre  2007,  la  Corte  di
cassazione ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 4, 52, 63 e 64 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.
274 (Disposizioni sulla competenza penale  del  giudice  di  pace,  a
norma dell'articolo  14  della  legge  24  novembre  1999,  n.  468),
deducendone il contrasto con gli artt. 3, 27, terzo comma, e 32 della
Costituzione, «nella parte in cui attribuiscono il reato  di  lesioni
personali  colpose  commesso  con  violazione   delle   norme   sulla
disciplina della circolazione stradale alla competenza del giudice di
pace con la conseguente applicabilita' delle  sanzioni  previste  dal
predetto art. 52»; 
    che il rimettente espone in punto di fatto che il 15 maggio 2000,
M. R., alla guida di una moto di grossa  cilindrata  e  procedendo  a
forte velocita' in  posizione  di  impennamento,  invadeva  l'opposta
corsia di marcia e andava a collidere con il motoveicolo condotto  da
T. R., che procedeva regolarmente nella propria corsia di marcia; 
    che a seguito della collisione, T.R. riportava  «un'ampia  ferita
lacero contusa con lesioni nervoso tendinee e vascolari al  ginocchio
sinistro, con frattura del condilo femorale  allo  stesso  lato,  una
sospetta lesione ossea dell'emivitreo dell'occhio sinistro»; 
    che, con sentenza del 13 novembre 2002, il  Tribunale  di  Napoli
riteneva M. R. colpevole del  reato  di  «lesioni  personali  colpose
gravissime   commesse   con   violazione   della   disciplina   della
circolazione stradale» e lo sanzionava, «in applicazione del  decreto
legislativo 28 agosto  2000,  n.  274,  istitutivo  della  competenza
penale del giudice di pace in relazione a tale reato», con «30 giorni
di permanenza domiciliare, nei giorni di sabato e  domenica,  con  il
diniego delle circostanze attenuanti generiche, oltre  alla  condanna
al risarcimento dei danni  in  favore  della  parte  civile,  con  il
pagamento di una provvisionale nella misura di euro centomila»; 
    che avverso detta sentenza interponevano appello sia  l'imputato,
che il pubblico  ministero  e  la  parte  civile,  eccependo,  questi
ultimi,  l'incostituzionalita',  sotto  vari  profili,  del   sistema
sanzionatorio previsto dagli artt. 52 e seguenti del  d.lgs.  n.  274
del 2000 e la parte civile anche  l'errata  qualificazione  giuridica
del fatto, che avrebbe dovuto  ritenersi  integrativo  del  reato  di
lesioni personali dolose  gravissime,  ai  sensi  dell'art.  582  del
codice penale; 
    che la Corte d'appello di Napoli, con  ordinanza  del  14  aprile
2004, sollevava,  in  riferimento  agli  artt.  3,  27  e  32  Cost.,
questione di costituzionalita' degli artt. 52, 63 e 64 del  d.lgs  n.
274  del  2000,  argomentando  sulla  «irragionevole  disparita'   di
trattamento rispetto alle altre ipotesi di lesioni colpose per  colpa
professionale   del   medico    e    per    violazioni    di    norme
antinfortunistiche, parimenti  a  difesa  del  diritto  alla  salute,
tenuto conto della pena prevista da ritenersi  del  tutto  inadeguata
rispetto alla gravita' del fatto»; 
    che la Corte costituzionale,  con  ordinanza  n.  187  del  2005,
dichiarava la manifesta inammissibilita'  della  questione,  sia  per
aver il rimettente omesso di sottoporre a scrutinio l'art.  4,  comma
1, lettera a), del d.lgs. n. 274 del 2000, con la conseguenza che  un
eventuale accoglimento della questione stessa, cosi' come  formulata,
avrebbe reso «privo di sanzione il reato, che  rimarrebbe  attribuito
alla competenza del giudice di pace  e  non  potrebbe  quindi  essere
punito con sanzioni diverse da  quelle  stabilite  dall'art.  52  del
decreto legislativo n. 274 del 2000 - neppure ai sensi  dell'art.  2,
secondo comma, del codice penale - ove si tratti  di  fatti  commessi
precedentemente all'entrata in vigore di tale decreto»;  sia  perche'
lo stesso giudice a  quo,  «chiedendo  per  il  reato  in  esame  una
pronuncia che consenta di ripristinare  il  meccanismo  sanzionatorio
applicabile prima dell'entrata in vigore del decreto  legislativo  n.
274 del 2000», invocava «nella sostanza un intervento additivo  e  di
sistema in malam partem», non consentito alla  Corte  «in  forza  del
principio della riserva di legge in materia penale»; 
    che, ripreso  il  giudizio  d'appello,  la  stessa  eccezione  di
incostituzionalita', estesa anche all'art. 4 del d.lgs.  n.  274  del
2000, veniva riproposta, ma la Corte d'appello la disattendeva per il
fatto che, nonostante il coinvolgimento dell'art. 4, la questione  di
costituzionalita' si sarebbe ugualmente risolta in una  inammissibile
richiesta di intervento additivo in malam partem; 
    che la Corte d'appello partenopea decideva, quindi, nel merito le
impugnazioni, respingendole tutte e  cosi'  disattendendo  anche  «la
richiesta della difesa di parte civile di qualificare il  reato  come
lesioni personali dolose»; 
    che contro tale sentenza  proponeva  ricorso  per  cassazione  il
Procuratore generale della Repubblica presso la  Corte  d'appello  di
Napoli, «deducendo violazione  di  legge  e  vizio  motivazionale  in
ordine alla qualificazione del fatto, reiterando in proposito la tesi
della  configurabilita'  del  reato  di  cui  all'art.  582   c.   p.
caratterizzato  dal  dolo  eventuale»  e  riproponendo  la   medesima
eccezione di incostituzionalita' dedotta nel giudizio di appello; 
    che, tanto premesso, il giudice a quo argomenta  sulla  rilevanza
della questione, osservando come  il  Procuratore  generale,  con  il
ricorso proposto, sottoponga all'esame di essa Corte di  legittimita'
«la tesi  della  configurabilita'  del  reato  di  lesioni  personali
volontarie (nella forma del dolo eventuale) non condivisa dalla Corte
territoriale»,  evidenziando,  ulteriormente,  il  contrasto  tra  la
gravita' del fatto da  giudicare  e  «l'estrema  mitezza  della  pena
irrogabile» in applicazione del trattamento sanzionatorio  sospettato
di incostituzionalita', nel caso in cui fosse ritenuta «infondata  la
censura  concernente   l'elemento   psicologico   ravvisabile   nella
condotta»; di qui, appunto,  secondo  il  rimettente,  «la  rilevanza
della dedotta questione, per  l'evidente  incidenza  della  decisione
della Corte costituzionale nel [...] giudizio» principale; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza della  questione,  il
giudice a quo - nel constatare  che  «al  reato  di  lesioni  colpose
commesso  con  violazione  delle   norme   sulla   disciplina   della
circolazione stradale sono applicabili le sanzioni previste dall'art.
52 del decreto legislativo n. 274 del 2000  per  i  reati  attribuiti
alla competenza del giudice di  pace,  mentre  ai  reati  di  lesioni
connesse a colpa professionale o commessi con violazione delle  norme
per  la  prevenzione  degli  infortuni  sul  lavoro  o  che   abbiano
determinato una malattia  professionale,  che  continuano  ad  essere
attribuiti  alla  competenza  del  tribunale,  sono  applicabili   le
sanzioni previste dal codice penale» - ritiene che cio' comporti  una
«diversificazione  di  trattamento  sanzionatorio  [...]  del   tutto
irragionevole, trattandosi di condotte che offendono il medesimo bene
(l'integrita' fisica) e che possono provocare danni  quanto  meno  di
pari gravita»; 
    che, inoltre, non sarebbe assicurata in egual misura  «la  tutela
del diritto alla salute (art. 32 della  Costituzione)  essendo  stata
prevista per le lesioni personali  colpose  commesse  con  violazione
della  normativa  sulla  disciplina  della   circolazione   stradale,
rispetto alle altre fattispecie di  lesioni  colpose  sottratte  alla
competenza del giudice di pace, una pena che, in quanto non  adeguata
alla gravita' del fatto,  viene  anche  meno  alle  sue  funzioni  di
dissuasione e rieducazione»; 
    che, ad avviso della Corte di cassazione, sussisterebbe,  quindi,
una sperequazione normativa tra fattispecie omogenee che  supera  «la
soglia della manifesta irragionevolezza», giacche' il  bene  tutelato
e', in tutte le ipotesi predette, quello della salute e  che,  «cosi'
come il medico o il datore di  lavoro,  anche  il  conducente  di  un
veicolo  riveste  una  posizione  di  garanzia  essendo   tenuto   ad
osservare, oltreche' specifiche norme, anche i principi  generali  di
prudenza, perizia e diligenza per la tutela del bene  della  pubblica
incolumita', proprio in considerazione della intrinseca pericolosita'
del mezzo da lui condotto»; 
    che il rimettente osserva, altresi', che la Corte  costituzionale
ha ammesso, in piu' occasioni, il sindacato  sulle  cosiddette  norme
penali di favore, ribadendo recentemente il proprio orientamento  con
la sentenza n. 394 del 2006, in materia di reati elettorali; 
    che, secondo il  giudice  a  quo,  le  argomentazioni  addotte  a
sostegno  della  questione  di  costituzionalita'  non   troverebbero
«ostacolo  nel  principio  della  retroattivita'  della  legge   piu'
favorevole» proprio in  ragione  di  quanto  affermato  dalla  citata
sentenza n. 394 del 2006, per cui  «il  principio  di  retroattivita'
della norma penale piu' favorevole in tanto e'  destinato  a  trovare
applicazione, in quanto  la  norma  sopravvenuta  sia,  di  per  se',
costituzionalmente legittima»; 
    che,  si   argomenta   ancora   nell'ordinanza   di   rimessione,
risulterebbero evidenti «le analogie» tra  la  presente  questione  e
quella decisa dalla richiamata  sentenza  n.  394  del  2006,  tenuto
conto, segnatamente, che il fatto addebitato all'imputato e' avvenuto
anteriormente all'entrata in vigore del decreto  legislativo  n.  274
del 2000,  con  la  conseguenza  che  la  richiesta  declaratoria  di
incostituzionalita' «non costituirebbe una  interpretazione  additiva
in malam partem della norma sulla competenza del giudice di pace, non
violandosi  ne'  il  principio  di  irretroattivita'  ne'  quello  di
colpevolezza». 
    Considerato che la Corte di cassazione ha sollevato questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 4, 52, 63 e  64  del  decreto
legislativo 28 agosto 2000, n.  274  (Disposizioni  sulla  competenza
penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della  legge  24
novembre 1999, n. 468), «nella parte in cui attribuiscono il reato di
lesioni personali colpose commesso con violazione delle  norme  sulla
disciplina della circolazione stradale alla competenza del giudice di
pace con la conseguente applicabilita' delle  sanzioni  previste  dal
predetto art. 52»; 
        che il rimettente sostiene  che  le  disposizioni  denunciate
violino gli artt. 3, 27, terzo  comma,  e  32  Cost.,  comportando  -
rispetto «ai reati  di  lesioni  connesse  a  colpa  professionale  o
commessi  con  violazione  delle  norme  per  la  prevenzione   degli
infortuni  sul  lavoro  o  che  abbiano  determinato   una   malattia
professionale, che continuano ad essere  attribuiti  alla  competenza
del tribunale» e per i quali sono applicabili  le  sanzioni  previste
dal  codice   penale   -   una   «diversificazione   di   trattamento
sanzionatorio che appare  del  tutto  irragionevole,  trattandosi  di
condotte che offendono il medesimo bene (l'integrita'  fisica)  [...]
che possono provocare danni quanto meno di pari gravita» e  che  sono
commesse  «da  soggetti  parimenti  titolari  di  una  posizione   di
garanzia»; 
    che, d'altro canto, la pena prevista  per  le  lesioni  personali
colpose commesse con  violazione  della  normativa  sulla  disciplina
della circolazione stradale, «in quanto non  adeguata  alla  gravita'
del fatto», verrebbe «anche meno alle sue funzioni di  dissuasione  e
rieducazione»; 
    che,  preliminarmente,  non  puo'  ravvisarsi  identita'  tra  la
presente questione e quella sollevata dalla Corte d'Appello di Napoli
nel corso dello stesso giudizio principale e decisa con ordinanza  n.
187 del 2005 di questa Corte, giacche', nonostante la  comunanza  dei
parametri costituzionali e delle  censure,  l'attuale  rimettente  ha
denunciato anche l'art. 4 del d.lgs. n. 274 del 2000, cosi' emendando
la carenza che  inficiava  la  precedente  ordinanza  di  rimessione,
connessa al fatto che - come rilevato dalla  ricordata  ordinanza  n.
187 del 2005 - il citato art.  4,  quale  norma  che  attribuisce  al
giudice di pace la competenza per il reato  considerato,  costituisce
il necessario presupposto del sistema sanzionatorio  che  si  intende
sottoporre al vaglio di costituzionalita'; 
    che, peraltro, sempre in via preliminare, il  rimettente  afferma
la rilevanza della questione senza risolvere il quesito,  oggetto  di
specifico  motivo  di   ricorso   per   cassazione,   relativo   alla
qualificazione del fatto reato in rapporto all'elemento  psicologico,
la' dove la sussistenza del dolo eventuale -  affermata  nel  ricorso
proposto dal Procuratore generale  -  condurrebbe  a  qualificare  la
condotta contestata come reato di lesioni personale dolose, come tale
sottratto alla competenza del giudice di pace ed al  relativo  regime
sanzionatorio; 
    che, viceversa, la mancata preliminare risoluzione del dubbio  in
ordine alla esatta qualificazione giuridica del  reato,  rende,  allo
stato, soltanto ipotetica la rilevanza della questione (ex  plurimis,
ordinanza n. 374 del 2004); 
    che, in aggiunta a cio', il rimettente - come gia'  affermato  da
questa Corte con la citata ordinanza n. 187 del 2005 - «chiedendo per
il reato in esame una  pronuncia  che  consenta  di  ripristinare  il
meccanismo sanzionatorio applicabile prima dell'entrata in vigore del
decreto legislativo  n.  274  del  2000,  invoca  nella  sostanza  un
intervento additivo e di sistema in malam partem,  non  consentito  a
questa Corte in forza del principio della riserva di legge in materia
penale»; 
    che non  puo'  indurre  a  diverso  avviso  il  richiamo  che  il
rimettente fa della sentenza n.  394  del  2006,  peraltro  adducendo
soltanto una generica analogia tra la fattispecie allora scrutinata e
quella attualmente oggetto di esame, giacche' non si verte, nel  caso
di specie, in ipotesi di norme penali di favore; 
    che,  dunque,   la   questione   va   dichiarata   manifestamente
inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.